Imp.Cucci_Tertulliani I TERRAZZI MARINI NELL’AREA DI CAPO VATICANO (ARCO CALABRO): SOLO UN RECORD DI SOLLEVAMENTO REGIONALE O ANCHE DI DEFORMAZIONE COSISMICA? Luigi Cucci & Andrea Tertulliani Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Sezione Sismologia e Tettonofisica, Via di Vigna Murata, 605 – 00143 Roma E-mail: cucci@ingv.it, tertul@ingv.it RIASSUNTO: Cucci L. & Tertulliani A., I terrazzi marini nell’area di Capo Vaticano (Arco Calabro): solo un record di sollevamento regio- nale o anche di deformazione cosismica? (IT ISSN 0394-3356, 2006). In questo lavoro presentiamo uno studio di dettaglio dei terrazzi nell’area di Capo Vaticano (Calabria tirrenica), insieme ad una revisio- ne del piano quotato del terremoto del 1905. Il campo macrosismico rivisitato conferma che le massime intensità sono state raggiunte in un’area estesa fra Vibo Valentia e Capo Vaticano per un evento di magnitudo M=6.8±0.2; la più probabile struttura sismogenetica responsabile dell’evento è una faglia di dimensioni 36x14 km e direzione 80° (faglia “macrosismica”). Lo studio dei terrazzi ha invece messo in evidenza che l’area in studio è in sollevamento attivo da almeno 700.000 anni, che tale processo è in lieve ma progressivo aumento nel tempo, con tassi negli ultimi 124.000 leggermente inferiori a ~1 mm/anno, e che a settentrione di Capo Vaticano i terrazzi sono chiaramente tiltati verso Nord. Inoltre, le variazioni di quota osservate nelle paleolinee di riva a cavallo di una struttura tettonica ad andamento ONO-ESE indicano che tale struttura (faglia “geologica”) è attiva da almeno 330.000 anni, con tassi verticali medi che variano negli ultimi 215.000 anni fra 0,12 e 0,16 mm/anno. Per verificare quanto ognuna di queste due strutture fosse congruente con gli elementi geologici, topografici e macrosismici a disposizione, abbiamo calcolato il campo di deformazione indotto in superficie dal- l’azione della faglia “macrosismica” rispetto a quello della faglia “geologica”. Il confronto qualitativo fra le deformazioni aspettate evi- denzia una buona congruenza nella risposta della faglia “geologica” e rafforza l’ipotesi che a tale struttura possa essere associato l’e- vento del 1905, anche alla luce di recenti localizzazioni ipocentrali ottenute da inversione di registrazioni storiche. ABSTRACT: Cucci L. & Tertulliani A., The marine terraces in the area of Capo Vaticano (Calabrian Arc): only a record of regional uplift or even of coseismic deformation? (IT ISSN 0394-3356, 2006). The area of Capo Vaticano in western Calabria displays a well-developed suite of marine terraces. This same region was hit in 1905 by one of the strongest – and still poorly cleared – earthquakes of the instrumental era. Our revision of the intensity map of the event con- firms the location of the most damaged area (between Vibo Valentia and Capo Vaticano) and indicates that the most likely source is a N80°-trending, 36(L) x 14(W) km structure with a macroseismic magnitude M=6.8±0.2. A detailed study of the marine terraces shows that sustained uplift has been the long-term dominant process of tectonic deformation in this area over the past 700 kyr, with an avera- ge long-term uplift rate slightly less than 1.0 mm/yr, and that terraces are tilted northward. Moreover, the four lowest paleoshorelines are displaced by a WNW-ESE trending fault, that indicates that the fault is active in the last 215,000 years with mean vertical slip rates of 0.12-0.16 mm/yr. Finally, we perform a qualitative comparison between the set of geological, topographic and macroseismic data available and the expected deformation fileds induced by each of the afore-mentioned faults. It is therefore suggested that the good response of the WNW-trending fault strenghtens the hypothesis of this structure as the source of the 1905 earthquake. Parole chiave: terrazzi marini – Arco Calabro – sismicità – Capo Vaticano. Keywords: marine terraces – Calabrian Arc – seismicity – Capo Vaticano. Il Quaternario Italian Journal of Quaternary Sciences 19(1), 2006 - 89-101 INTRODUZIONE L’area di Capo Vaticano nella provincia calabrese di Vibo Valentia fu colpita cento anni fa da uno dei più forti, ma poco chiariti, terremoti italiani del secolo pas- sato, che produsse gravi danni in una vasta zona della Calabria centrale, con massimo risentimento lungo la costa tirrenica fra Lametia e Nicotera. Nonostante la sua energia (Maw=7.1; Gruppo di Lavoro CPTI (2004); Ms=7.5 MARGOTTINI et al., (1993); I=X-XI MCS), la sor- gente dell’evento dell’8 Settembre 1905 è ancora dibat- tuta, poiché gli Autori hanno proposto diversi epicentri sia a mare che a terra, senza associarli in modo univo- co a faglie sismogenetiche conosciute. In questa stessa area è ben visibile una notevole sequenza di terrazzi marini, che sono uno degli effetti più spettacolari del sollevamento Quaternario lungo le coste dell’Arco Calabro. Antiche linee di riva sollevate sono presenti in tutta la regione sia lungo la costa tirre- nica (Fuscaldo, Amantea, Capo Vaticano), che lungo quella ionica (Sibari, Crotone) così come lungo le coste dello stretto di Messina. In questo lavoro presentiamo uno studio di detta- glio dei terrazzi nell’area di Capo Vaticano, lungo un tratto di ~60 km di costa, insieme ad una revisione degli effetti del terremoto del 1905. Confrontiamo quindi i dati geologici di sollevamento e deformazione locale evidenziati dai terrazzi marini con lo scenario del terre- moto desunto dalle osservazioni macrosismiche, per cercare di valutare l’attività di alcune strutture tettoni- che e di verificarne la compatibilità con l’evento del 1905. 90 L. Cucci & A. Tertulliani GEOLOGIA E SISMOTETTONICA Il promontorio di Capo Vaticano è un alto struttu- rale localizzato nella parte centrale dell’Arco Calabro, in un’area chiave per comprendere alcuni processi diret- tamente connessi alla subduzione di litosfera oceanica Ionica nel piano di Benioff del Tirreno meridionale. Ad esempio, il probabile detachment dello slab in subdu- zione (SPAKMAN et al. 1993; WESTAWAY, 1993; HYPPOLITE ET AL. 1994; GVIRTZMANN & NUR, 1999) o l’arretramento dello slab stesso (MALINVERNO & RYAN, 1986; GIUNCHI et al. 1996; MELETTI et al. 2000; BARBERI et al. 2004) sono alternativamente proposti dagli Autori come responsa- bili dell’estensione attiva instauratasi perpendicolar- mente alla catena e del rapido sollevamento dell’Italia Meridionale (GIGNOUX, 1913; BOUSQUET, 1973; BROGAN et al. 1975; AÏFA et al. 1988; WESTAWAY, 1993; BORDONI & VALENSISE, 1998; FERRANTI et al. 2006). Il basamento cristallino che costituisce l’ossatura del promontorio di Capo Vaticano è rappresentato da graniti, gneiss e quarzofilliti, coperti da affioramenti discontinui di carbonati miocenici-pliocenici e da depo- siti terrigeni. In tutta l’area di studio e a diverse quote affiorano diffusamente depositi terrazzati marini pleisto- cenici a luoghi ricoperti da un sottile velo di sedimenti continentali recenti ed attuali. La storia Quaternaria dell’area di Capo Vaticano ricalca dunque piuttosto fedelmente quella dell’intero Arco Calabro, con l’instaurarsi di un regime estensiona- le sin dal Pliocene superiore, caratterizzato dalla pre- senza di numerose faglie normali sia parallele (NE-SO) che perpendicolari (ONO-ESE) alla direzione generale dell’Arco stesso (Fig. 1). A partire dal Pleistocene medio, i processi estensionali sono stati accompagnati da un forte sollevamento regionale, di cui i numerosi terrazzi marini sono il principale e più spettacolare effetto sul paesaggio costiero. Lo schema tettonico sopra descritto per le zone in affioramento si estende probabilmente anche offshore, lungo il basamento sommerso del promontorio, come Fig. 1 - Mappa sismotettonica dell’area di Capo Vaticano. La sismicità storica (quadrati neri) (217 BC–2002 AD, M≥5.5) è da CPTI (Gruppo di Lavoro CPTI, 2004); la sismicità strumentale (stelle nere) nel periodo 1981-2002 (M≤4) è da CASTELLO et al. (2004). I cerchi neri numerati da 1 a 4 indicano i diversi epicentri calcolati sulla base di dati macrosismici per l’evento del 1905 e proposti rispettivamente da 1) POSTPISCHL (1985); 2) CAMASSI & STUCCHI (1997); 3) Gruppo di Lavoro CPTI (2004), e sulla base di dati sismologici da 4) MICHELINI et al. (2005). Le strutture tettoniche principali (faglie da ‘A’ a ‘E’) sono da GALADINI et al. (2000), VALENSISE & PANTOSTI (2001), e TORTORICI et al. (2003). Non c’è uniformità di vedute fra i vari Autori sulla cinematica e/o sulla cronologia di tali strutture tettoniche. Seismotectonic map of the Capo Vaticano area Black squares indicate M≥5.5 historical earthquakes in the period 217 BC–2002 AD (Gruppo di Lavoro CPTI, 2004) and black stars indicate (M≤4) instrumental seismicity between 1981 and 2002 (CASTELLO et al. 2004). Black circles numbered 1 to 4 correspond to four different epicenters based on macroseismic data and suggested by 1) POSTPISCHL (1985); 2) CAMASSI & STUCCHI (1997); 3) Gruppo di Lavoro CPTI, (2004), and based on seismological data by 4) MICHELINI et al. (2005). Main tectonic structures (faults indicated by letters ‘A’ to ‘E’) are from GALADINI et al. (2000), VALENSISE & PANTOSTI (2001) and TORTORICI et al. (2003). Authors do not fully agree about kine- matics and chronology of these lineaments. suggerito da TRINCARDI et al. (1987) e da ARGNANI & TRINCARDI (1988) sulla base di profili sismici e dati bati- metrici. Inoltre, CHIOCCI & ORLANDO (1996) descrivono ter- razzi marini sommersi lungo la piattaforma continentale a 4-6 km dalla costa di Briatico e Vibo Marina (Fig. 1). L’area in studio risulta caratterizzata da una sismi- cità relativamente sparsa e poco frequente (Fig. 1). Se si eccettua il grande terremoto del 1905, per il quale vengono proposti quattro differenti epicentri a riprova della incertezza associata a tale evento, il Catalogo Parametrico dei Terremoti Italiani (CPTI) riporta in zona solo un altro evento avvenuto nel 1928 (M=6, I=VII-VIII) lungo il bordo meridionale del promontorio. Altri terre- moti storici, avvenuti fra il 1659 ed il 1783, pur avendo causato diffusi risentimenti nell’area studiata sono pro- babilmente ascrivibili all’attività di faglie localizzate nel- l’adiacente Graben del Mesima. Similmente, la sismicità strumentale nel periodo 1981-2002 è caratterizzata da eventi isolati e di bassa magnitudo; anche in questo caso, le uniche sequenze sismiche registrate (comun- que con M≤3.3) sono localizzate nella stessa area del- l’evento storico del 1928. IL TERREMOTO DELL’ 8 SETTEMBRE 1905 Il terremoto dell’ 8 settembre 1905, pur essendo uno dei più forti eventi della storia sismica italiana, resta scarsamente chiarito, soprattutto per quello che riguar- da la definizione di una sorgente di riferimento. Diversi furono gli studi coevi sul terremoto (i.e. BARATTA, 1906; MERCALLI, 1906; RIZZO, 1907) che proposero ipotesi “sismogenetiche” legate alle conoscenze dell’epoca, mentre in tempi più recenti gli studi hanno riguardato maggiormente la distribuzione degli effetti dalla quale è stato ricavato un epicentro macrosismico (POSTPISCHL, 1985; CAMASSI & STUCCHI, 1997; Gruppo di Lavoro CPTI, 2004). L’unica magnitudo calcolata da dati strumentali conosciuta è di MARGOTTINI et al., (1993) Ms=7.5, mentre quella di derivazione macrosismica è Maw=7.1 (Gruppo di Lavoro CPTI, 2004). GALLI & BOSI (2002) sono gli unici che hanno tenta- tivamente associato un epicentro onshore dell’evento ad una struttura ben definita, la faglia di Monte Poro (faglia ‘E’ in Fig. 1). Il maremoto conseguente al terre- moto è stato modellato da PIATANESI & TINTI (2002) su alcune faglie note in letteratura, senza risultati definiti- vamente attendibili. Le due faglie, i cui parametri sono risultati i più vicini al modello numerico risultano quella di Capo Vaticano e quella di Vibo Valentia (faglie ‘A’ e ‘B’ in Fig. 1), anche se la sorgente del maremoto, secondo gli autori andrebbe cercata più ad ovest. Per raccogliere ulteriori elementi utili alla valuta- zione di ipotesi interpretative sulla sorgente del terre- moto è stata avviata la revisione degli effetti dovuti all’evento. Il piano quotato di partenza è quello presen- te sul CFTI (BOSCHI et al. 1995). Scopo di questa parte del lavoro è stato quello di revisionare il piano quotato a partire dalle descrizioni degli effetti su fonti coeve all’e- vento, privilegiando i lavori tecnico-scientifici (BARATTA, 1906; MERCALLI, 1906; RIZZO, 1907). In seconda istanza sono state consultate le cronache locali (COTRONEO, 1906) e giornalistiche (MALAGODI, 1905) ed alcune storie locali (PUGLIESE, 1996; KOSTNER, 2002) pubblicate di recente. Parte della ricerca è stata svolta sul posto al 91I terrazzi marini nell’area ... fine di recuperare materiali inediti, soprattutto di tipo iconografico e urbanistico (Fig. 2). L’insieme delle infor- mazioni raccolte, incrociato con una rilettura critica delle fonti, ha portato in diversi casi a modificare l’in- tensità proposta in BOSCHI et al. (1995), soprattutto in zone maggiormente discoste dall’area più colpita, dove, per molte località, l’intensità al sito è risultata essere più contenuta. Sono stati anche corretti errori di localizzazione di alcuni punti di intensità presenti in BOSCHI et al. (1995). In particolare viene abbassata da X-XI a X l’inten- sità massima che viene assegnata a diverse località nell’area intorno a Monteleone (attuale Vibo Valentia). Gli effetti risultarono particolarmente distruttivi su molte piccole località site all’interno del promontorio, dove si concentrano quasi tutte le intensità più elevate. C’è da rilevare che in questa zona, diversamente che sulla costa, l’edilizia era particolarmente povera e quindi vul- nerabile, come riscontrato direttamente su alcuni edifici superstiti e come già evidenziato da BARATTA (1906) all’epoca del terremoto. Vi è inoltre da considerare la presenza di probabili effetti di sito che hanno aggravato l’impatto del terremoto, spesso in aree lontane dalla zona di massima intensità (a questo proposito vedi MERCALLI, 1906; MUCCIARELLI, 2005). Il riesame dei punti di intensità è stato effettuato allo scopo di poter utilizzare l’algoritmo Boxer (GASPERINI et al. 1999) per il calcolo di localizzazione, dimensioni e orientamento della sorgente. Lo stesso codice Boxer usa, per il calcolo della magnitudo momento (Mw), il metodo di GASPERINI & FERRARI (1995), basato sulla relazione di WELLS & COOPERSMITH (1994) per quanto riguarda l’ipotesi sulla dimensione della rot- tura. Entrambe le procedure necessitano di un set di dati macrosismici il più affidabile possibile. Poiché in linea di massima la distribuzione delle intensità più ele- vate è legata alle caratteristiche della sorgente, il calco- lo dei parametri di faglia è stato effettuato usando i punti con I ≥ VIII-IX, pienamente in accordo con quanto suggerito da GASPERINI et al. (1999). Il risultato (Fig. 3) ci mostra una struttura 36x14 km orientata circa N80° (±21°). La soluzione pone l’epicentro del terremoto a 38.68 N – 16.03 E, con Mw pari a 6.8±0.2. La soluzione epicentrale è fortemente vincolata a terra dalla distribuzione dei punti di intensità, per cui non si può in questa fase escludere che l’origine del terremoto dell’8 settembre 1905 possa essere al largo della costa di Capo Vaticano. I TERRAZZI MARINI I terrazzi marini, visibili fino a quote di diverse centinaia di metri sul livello del mare nell’area di Capo Vaticano così come in gran parte del territorio calabre- se, rappresentano la testimonianza fossile di antichi episodi di abrasione marina. Queste forme del paesag- gio, se datate, sono indicatori molto precisi dei tassi di deformazione verticale, poiché ogni terrazzo rappresen- ta la traccia di un dato regionale incisa nel paesaggio durante una risalita eustatica che culmina con un high- stand (alto picco eustatico interglaciale). Pertanto, se si riesce a datare uno o più terrazzi all’interno di una sequenza (assumendo che ogni paleolinea di riva sia associabile ad uno dei principali highstands della curva 92 F ig . 2 - I n f ig u ra s o n o m o st ra ti a lc u n i e se m p i d e g li e ff e tt i d is a st ro si d e l t e rr e m o to s u lle lo c a lit à d e l V ib o n e se . L e im m a g in i, p re se d a l l ib ro d i P U G L IE S E (1 9 9 7 ), s o n o a n c h e r a p p re se n ta ti ve d e lle ti p o lo g ie e d ili zi e , m o lt o p o ve re , in u so a ll’ e p o c a n e lla z o n a d e l t e rr e m o to . a ) V ib o V a le n ti a ( e x M o n te le o n e ); b ) P is c o p io ; c ) Z a m m a rò ; d ) P a rg h e lia . S o m e p h o to s ab o u t th e d is as tr o u s e ff e c ts o f th e e ar th q u ak e . In t h e p h o to s th e p o o r q u al it y o f b u ild in g s is c le ar ly v is ib le . a) V ib o V al e n ti a (e x M o n te le o n e ); b ) P is c o p io ; c ) Z am m ar ò ; d ) P ar g h e lia . T h e p h o to s ar e f ro m t h e b o o k o f P U G L IE S E (1 9 9 7 ). L. Cucci & A. Tertulliani 93 F ig . 3 - I n f ig u ra v ie n e m o st ra to i l se tt o re c e n tr a le d e l p ia n o q u o ta to d e l te rr e m o to d e ll’ 8 s e tt e m b re 1 9 0 5 . N e l ri q u a d ro è r ip o rt a to i l d e tt a g lio d e ll’ a re a d i m a ss im a i n te n si tà . L a s c a la d e lle in te n si tà è la s te ss a p e r le d u e f ig u re . Il re tt a n g o lo v is ib ile in f ig u ra r a p p re se n ta la s o rg e n te d i r ife ri m e n to c o m e o tt e n u ta d a l p ro g ra m m a B o xe r (G A S P E R IN I e t al ., 1 9 9 9 ). L a s te lla in d ic a l’ e p ic e n - tr o c a lc o la to d a l m e d e si m o c o d ic e . P e r l’i n ve rs io n e s o n o s ta ti u sa ti i p u n ti d i i n te n si tà I ≥8 -9 . In te n si ty d at a m ap o f th e S e p te m b e r 8 , 1 9 0 5 e ar th q u ak e ; w e a ls o s h o w a z o o m o f th e e p ic e n tr al a re a. T h e i n te n si ty s c al e f o r th e t w o f ig u re s is t h e s am e . W e a ls o i n d ic at e t h e s o lu ti o n o f th e so u rc e m o d e l w it h a s o lid b o x, a n d t h e m ac ro se is m ic e p ic e n tr e w it h t h e b la c k st ar , b o th c o m p u te d b y th e B o xe r c o d e ( G A S P E R IN I e t a l., 1 9 9 9 ). O n ly in te n si ti e s I≥ 8 -9 w e re u se d t o c o m p u te t h e so u rc e m o d e l. T h e s o lu ti o n s h o w n is o b vi o u sl y c o n st ra in e d b y th e in te n si ty d at a se t, t h at p ar ti al ly r e p re se n ts t h e a tt e n u at io n f ie ld o f th e e ve n t, e lo n g at e d o n t h e c o as t. I terrazzi marini nell’area ... 94 eustatica) è possibile ricostruire con grande accuratez- za la storia dei sollevamenti della regione costiera in esame, nonché cercare di separare gli effetti del solle- vamento regionale da quelli della deformazione locale imposta dalla vicinanza di faglie attive. I terrazzi di Capo Vaticano sono già stati investiga- ti da alcuni Autori, con risultati ed interpretazioni anche profondamente discordanti. A titolo di esempio, DUMAS et al. (1987) individuano almeno 25 paleolinee di riva Pleistoceniche e suggeriscono che il sollevamento diffe- renziale osservato nel settore settentrionale è in qualche modo connesso all’attività della faglia ‘B’ in Figura 1. W E S T A W A Y (1993) riconosce solo cinque terrazzi Pleistocenici, sollevati uniformemente al tasso di 1 mm/anno e deformati ad un ulteriore tasso di 0,05 mm/anno dalla faglia ‘A’ (Fig. 1). Al contrario, MIYAUCHI et al. (1994) descrivono almeno 12 ordini di terrazzi, solle- vati a tassi oscillanti fra 0,3 e 1,0 mm/anno a causa del- l’alternarsi di “doming uplift” e di “regional uplift”, che costituiscono anche l’unica causa di deformazione nel- l’area. Infine, TORTORICI et al. (2003) riconoscono sei ter- razzi completi (più una superficie superiore) e ricostrui- scono, esclusivamente sulla base di datazioni TL, solle- vamenti compresi fra 0,9 e 4,0 mm/anno, attribuendo la differenza tra questi due valori a deformazione tettonica locale, in gran parte lungo la faglia ‘E’ di Fig. 1. Nel presente lavoro, la ricostruzione dei terrazzi è stata ottenuta tramite interpretazione aerofotogramme- trica, analisi di carte topografiche alla scala 1:10.000, ed osservazioni di campagna; l’errore associato alle quote rilevate è di ±5 m. Margini interni e superfici ter- razzate così mappati sono stati correlati morfologica- Fig. 4 - Mappa dei margini interni e delle superfici terrazzate cartografati nell’area in studio in base alle foto aeree ed al rilevamento di campagna. I terrazzi sono numerati in ordine crescente di quota. L’attribuzione cronologica dei terrazzi è basata sulla correlazione con i picchi interglaciali della curva eustatica di WAELBROECK et al. (2002). Vengono anche riportati gli estremi A-B del profilo altimetri- co di Figura 5 e le tracce dei profili topografici 1 e 2 di Figura 6. Map of the marine terraces (#1 to #11, lowest to highest) that contour the study area; different colours are associated with the wave- cut platforms and black thick lines mark the inner edges. The age of the terraces is based on the correlation with the interglacial peaks of the eustatic curve by WAELBROECK et al. (2002). Black segments marked by “1” and “2” indicate the traces of the topographic profiles in Figure 5; letters “A” and “B” indicate the tips of the profile in Figure 6. L. Cucci & A. Tertulliani mente, basandosi sulla conti- nuità laterale dei terrazzi meglio conservati e sulla spaziatura verticale fra interfluvi adiacenti. Questo processo ha portato all’identificazione di 11 terrazzi marini principali (ordinati da T1 a T11 per quote crescenti, Fig. 4), con quote comprese fra 20 e 575 metri slm. Le piattaforme di abrasione marina possono essere incise sia direttamente sul basamento metamorfico Paleozoico, sia su depositi mari- ni Plio-Pleistocenici. I depositi di terrazzo consistono in sabbie e arenarie marine a contenuto fossilifero quasi sempre scarso. Le superfici terrazzate sono generalmente ben preservate (Fig. 5); i margini interni ad esse associati, spesso chiaramente riconoscibili per chilometri, sono coperti localmente da un sottile strato di depositi colluviali. A causa di una più prolungata degradazione subaerea i terrazzi più alti e vecchi sono morfologi- camente meno evidenti, mentre la superficie sommitale affioran- te fino alla quota di ~700 metri appare più profondamente erosa e priva di margine interno. L’andamento delle quote dei margini interni dei terrazzi su un piano verticale parallelo alla linea di costa (Fig. 6) è piuttosto variabile. È evidente un incre- mento delle altezze procedendo verso SO, fino alla progressiva km 40 del profilo. Il gradiente locale di sollevamento differen- ziale aumenta procedendo verso i terrazzi più antichi e sol- levati, a testimonianza di un processo prolungato nel tempo e tuttora in atto, mentre il progressivo aumento del tasso di basculamento (rapporto fra gradiente locale ed età del singolo terrazzo) in senso inverso è indicativo di un aumento, seppur modesto, delle velocità di solleva- mento. A Sud di Capo Vaticano (km 40-45) i terrazzi raggiungono la massima altezza sul livello del mare, mentre il sollevamento differenziale si annulla. Si osser- vano, inoltre, due zone con evidenti anomalie nell’anda- mento sub-orizzontale dei terrazzi, alle progressive km 18-23 e km 45-50. La ricostruzione della storia dei sollevamenti nel- l’area studiata si basa sulla revisione critica di una serie di datazioni disponibili in letteratura (vedi box in Fig. 4). La datazione-correlazione chiave è quella di Vibo Marina, dove T3 è stato associato al picco dell’ultimo interglaciale (MIS 5.5, ~124 ka), sulla base di una robu- sta convergenza di: a) la presenza di Strombus bubo- nius nel deposito terrazzato (Pata, 1947); b) due data- zioni radiometriche U-Th indipendenti effettuate su campioni di Cladocora caespitosa da DUMAS et al. (1991) e da DAI PRA et al. (1993) con risultati omogenei (130.000 anni ± 8.000 e 121.000 anni ± 7.000, rispetti- vamente); c) una datazione AAR su Glycymeris che ha fornito un ratio di aminoacidi di 0,37±0,03 (DUMAS et al. 1989), in accordo con un’età dell’ultimo interglaciale. A conferma della correlazione T3-MIS 5.5 c’è l’os- servazione che all’highstand più pronunciato e prolun- gato nel tempo corrisponde il terrazzo morfologicamen- te più sviluppato e continuo della zona. Sulla base delle evidenze citate la Figura 7 sugge- risce che la storia dei sollevamenti nell’area può essere tracciata a ritroso nel tempo fino a circa 600-700.000 anni fa, con la formazione e la successiva emersione dei due terrazzi superiori (T10 e T11), per i quali comun- que esiste un margine di incertezza più ampio. Per quanto riguarda la genesi della superficie sommitale, essa è presumibilmente di età Siciliana inferiore (~1 Ma) sulla base della presenza di Globorotalia truncatulinoi- 95 Fig. 5 - Profili topografici lungo due sezioni rappresentative dell’area in studio (vedi Fig. 4 per la localizzazione delle sezioni). I segmenti più spessi marcano le superfici di terrazzo. La scala verticale è esagerata 3x. Topographic profiles along two sections representative of the area (see Fig. 4 for location of the sections). Thicker lines mark the different terrace surfaces. Vertical exaggeration of both profiles is 3x. I terrazzi marini nell’area ... des excelsa nei depositi ad essa associati (MIYAUCHI et al. 1994). Pur mancando evidenze di brusche variazioni nei tassi di sollevamento calcolati per ogni intervallo di tempo fra due terrazzi consecutivi, tale processo sem- bra in lieve ma progressivo aumento nel tempo, con velocità medie che passano da ~0,79 mm/anno (calco- late nel periodo 0,7-0,5 Ma) a ~0,93 mm/anno (a partire dal picco dell’ultimo interglaciale). In particolare, i valori illustrati in Figura 7 sono riferiti alla zona di Capo Vaticano, dove le paleolinee di riva raggiungono le mas- sime quote nell’area in studio e dove la sequenza di ter- razzi è presente quasi al completo. Più in generale, lo studio dei terrazzi marini in quest’area mette in luce un inizio del processo di solle- vamento a 0.7-1.0 Ma e velocità medie leggermente inferiori a 1 mm/anno. Tali caratteristiche sono piena- mente confrontabili con quelle osservate lungo i ~200 km di Arco Calabro che vanno dalla Piana di Sibari a Nord all Stretto di Messina a Sud (vedi, fra gli altri: WESTAWAY, 1993; BORDONI & VALENSISE, 1998; CUCCI, 2004; FERRANTI et al. 2006). A Sud di Capo Vaticano (fra le progressive km 45 e 50 di Fig. 4) le paleolinee di riva sono intersecate da una struttura tettonica ad andamento ONO-ESE (faglia ‘E’ in Fig. 1, “Coccorino Fault” o “Calimera Fault” Auct). Lo stato di attività di questa faglia è piuttosto dibattuto fra gli Autori, dato che alcuni la ritengono tuttora attiva dal Pleistocene superiore (M I C H E T T I et al. 2000; TORTORICI et al. 2003), altri le attribuiscono una generica attività durante il Quaternario (AMBROSETTI et al. 1987; MIYAUCHI et al. 1994), mentre DUMAS et al. (1987), 96 Fig. 6 - Andamento altimetrico delle linee di riva lungo una sezione parallela alla costa. I colori corrispondono a quelli di Figura 4. Elevation profile of inner edges (black thick lines) and wavecut platforms (coloured areas, same colors of Fig. 4) along a vertical section parallel to the coast. Fig. 7 - Il grafico mette in relazione il sollevamento netto delle paleolinee di riva a Capo Vaticano (quota di osservazione cor- retta per il paleolivello del mare all’epoca della formazione) con l’età corrispondente desunta dalla curva eustatica di WAELBROECK et al. (2002). Vengono anche indicati i tassi di sol- levamento calcolati per ogni intervallo di tempo fra due terrazzi consecutivi. Relation between the net uplift of the paleoshorelines at Capo Vaticano, calculated as the observed elevation corrected for the altitude of the paleosea-level, and the corresponding ages from the sea-level curve by WAELBROECK et al. (2002). Figures indicate calculated uplift rates between adjacent couples of terraces. L. Cucci & A. Tertulliani GALADINI et al. (2000) e VALENSISE & PANTOSTI (2001) la considerano inattiva o non la riconoscono. A tale struttura è comunque associata una eviden- te scarpata morfologica di una decina di chilometri di lunghezza, la cui continuazione offshore per un tratto almeno altrettanto lungo è molto probabile dall’osserva- zione della batimetria (ARGNANI & TRINCARDI, 1988). Le paleolinee di riva appaiono chiaramente dislocate e la valutazione dell’entità delle dislocazioni permette di rica- vare informazioni sull’attività di questa faglia. In Figura 8 evidenziamo la separazione verticale osservata sui quat- tro terrazzi inferiori con i corrispondenti tassi verticali medi a lungo termine attraverso la struttura tettonica, che oscillano fra 0,12 mm/anno e 0,16 mm/anno. Tassi verticali su periodi più brevi possono essere desunti dalla dislocazione netta calcolata su ogni coppia di paleolinee consecutive; gli slip rates verticali così otte- nuti variano tra 0,04÷0,06 mm/anno (fra il MIS 9.3 ed il MIS 5.5 – da 330 ka a 124 ka) e 0,21÷0,25 mm/anno (fra il MIS 5.5 ed il MIS 5.1 – da 124 ka a 80 ka). DISCUSSIONE L’applicazione del codice Boxer (GASPERINI et al. 1999) al campo macrosismico revisionato del terremoto del 1905 mostra come la più probabile struttura sismo- genetica responsabile dell’evento possa essere una faglia di dimensioni 36x14 km e direzione ~80º. Parallelamente, abbiamo anche visto come le variazioni altimetriche osservate lungo le paleolinee di riva attra- verso la faglia ‘E’, la cui direzione è invece circa 100°, abbiano permesso di confermare che tale struttura è attiva. Per verificare quanto ognuna di queste due strut- ture sia congruente con gli elementi geologici, topogra- fici e macrosismici a disposizione, abbiamo calcolato e posto a confronto il campo di deformazione indotto in superficie dall’azione della faglia ottenuta da Boxer (faglia “macrosismica”) rispetto a quello della faglia osservata in campagna (faglia “geologica”). La modella- zione, basata sulla teoria della dislocazione elastica ed eseguita con il codice ‘Faultstudio’ (BASILI, 2005) assu- me uno slip uniforme su faglie piane e rettangolari in un semi-spazio elastico (OKADA, 1985). Geometria e dimen- sioni delle due strutture sono vincolate in un caso dal- l’output del programma Boxer per la faglia “macrosi- smica”, nell’altro dalle evidenze morfologiche e batime- triche già descritte, oltre che dall’alto valore di magnitu- do associato all’evento del 1905. La Figura 9 mostra qualitativamente i risultati di questo test applicato a quattro differenti ipotetiche sorgenti sismogenetiche secondo il seguente criterio: una coppia di strutture tipo “macrosismica”, in cui rimanendo costanti tutti gli altri parametri viene fatta variare solo la vergenza della 97 Fig. 8 - In questo ingrandimento fra le progressive km 43 e 53 di Figura 4 evidenziamo la dislocazione verticale delle quattro paleolinee di riva inferiori attraverso la faglia ‘E’. Vengono anche indicati i corrispondenti tassi verticali medi a lungo termine attraverso la struttura tettonica, che oscillano fra 0,12 mm/anno e 0,16 mm/anno. This zoom between km 43 and 53 of Figure 4 shows the vertical separation evidenced along the four lower paleoshorelines across fault ‘E’. Long-term vertical slip rates across this structure range between 0.12 and 0.16 mm/yr. I terrazzi marini nell’area ... 98 F ig . 9 - V a ri a zi o n i a lt im e tr ic h e p re vi st e d a m o d e lla zi o n i d i f a g lie p ia n e e r e tt a n g o la ri in u n s e m i- sp a zi o e la st ic o . P e r o g n i m o d e lla zi o n e r ip o rt ia m o la z o n a d i m a ss im o s o lle va m e n to e s u b si d e n - za a sp e tt a ti ( e sp re ss i c o m e f ra zi o n e d e llo s lip u n it a ri o ), o lt re a lla p ro ie zi o n e v e rt ic a le d e l p ia n o d i f a g lia e d a lla s u a in te rs e zi o n e c o n la s u p e rf ic ie . M o d e lli n g o f e xp e c te d v e rt ic al d is p la c e m e n t (e xp re ss e d a s a fr ac ti o n o f th e u n it ar y sl ip ) al o n g p la n ar f au lt s e m b e d d e d i n a n e la st ic h al f- sp ac e . W e a ls o s h o w t h e c u t- o ff l in e o f th e u p -d ip p ro je c ti o n o f th e m o d e l f au lt a n d it s su rf ac e p ro je c ti o n . L. Cucci & A. Tertulliani faglia (60° verso NNO o verso SSE, rispettivamente), dato che il programma “Boxer” non fornisce informa- zioni al riguardo; una coppia di strutture tipo “geologi- ca” in cui, rimanendo costanti tutti gli altri parametri, viene fatta variare solo la cinematica della faglia (nor- male pura in un caso, transtensiva sinistra nell’altro). Per ogni modellazione la figura riporta la zona di massi- mo sollevamento e subsidenza aspettati (espressi come frazione dello slip unitario), oltre alla proiezione verticale del piano di faglia ed alla sua intersezione con la superficie. Le due modellazioni relative alla faglia “Boxer” forniscono indicazioni piuttosto discordanti. Infatti, il campo di deformazione associato alla faglia Nord-ver- gente interessa marginalmente l’area di massima inten- sità, mentre la soluzione con il piano di faglia Sud-ver- gente è quella che meglio circoscrive all’interno dell’a- rea a massimo gradiente di deformazione aspettato i punti di maggiore intensità osservate. Inoltre, la soluzio- ne con la faglia Sud-vergente è quella che meglio giu- stifica la generazione di un maremoto, dato che produr- rebbe deformazioni verticali apprezzabili nell’area che è stata effettivamente interessata dall’azione dello tsuna- mi associato all’evento del 1905 (vedi anche PIATANESI & TINTI, 2002). D’altro canto, nessuna delle due soluzioni “Boxer” sembra essere in accordo con le evidenze topografiche e/o geomorfologiche, dato che le aree di depressione allungata che esse produrrebbero non hanno riscontro con l’andamento reale della topografia, né tantomeno con l’andamento delle quote dei terrazzi marini. Le due modellazioni ottenute con la faglia “geolo- gica” forniscono indicazioni piu’ omogenee. La soluzio- ne con rake = 270º (faglia normale pura) produrrebbe un gradiente di deformazione simmetrico trasversal- mente al piano di faglia, con una depressione piuttosto pronunciata al margine settentrionale della Piana di Gioia Tauro ed un più modesto sollevamento nella dor- sale di Monte Poro. Questa soluzione conferma inoltre un elevato accordo fra campo di deformazione previsto ed andamento delle quote delle linee di riva, che ver- rebbero cosismicamente sollevate soprattutto nei din- torni di Capo Vaticano e subirebbero una vistosa subsi- denza spostandosi verso Sud fino a Nicotera. La solu- zione con rake = 315º (faglia normale con componente trascorrente sinistra) ricalca sostanzialmente quella appena descritta, all’infuori di un gradiente di deforma- zione leggermente meno ‘piccato’ nei valori assoluti e di un’area di massima subsidenza spostata in mare aperto, che però non ne modifica qualitativamente il confronto con le evidenze topografiche e geomorfologi- che. Entrambe le soluzioni, infine, mostrano un accordo solo parziale con i dati macrosismici a disposizione, mentre produrrebbero deformazioni verticali vistose nell’area interessata dallo tsunami del 1905. I dati geologici e macrosismici presentati in que- sto lavoro, nonché il loro confronto con le elaborazioni provenienti dalle modellazioni di sorgenti sismogeneti- che, forniscono una serie di evidenze ed offrono lo spunto per la discussione di un numero di questioni ancora aperte. Le evidenze sono: a) sono stati riconosciuti undici terrazzi marini principali; b) l’area di Capo Vaticano è in sollevamento attivo da almeno 700.000 anni, a velocità medie leggermente inferiori a ~1 mm/anno; c) il proces- so di sollevamento sembra in lieve ma progressivo aumento nel tempo, con velocità medie che passano da ~0,79 mm/anno (fra 0,7 e 0,5 Ma) a ~0,93 mm/anno (ultimi 124 kyr); d) è evidente un fenomeno di tilting di terrazzi, con altezze delle paleolinee di riva progressiva- mente minori procedendo lungo la costa da Sud (Capo Vaticano) verso Nord (Pizzo). Il tilting diviene trascurabi- le a Sud di Capo Vaticano; e) le variazioni di quota osservate nelle paleolinee di riva a cavallo della faglia ‘E’ indicano che tale struttura è attiva da almeno 330.000 anni; f) i tassi verticali medi sulla faglia ‘E’ variano negli ultimi 215.000 anni fra 0,12 e 0,16 mm/anno. Ci sono evidenze di tassi verticali maggiori (fino a 0,25 mm/anno) relativi a periodi più brevi; g) il piano quotato rivisitato del terremoto del 1905 confer- ma che le massime intensità sono state raggiunte in un’area estesa fra Vibo Valentia e Capo Vaticano; h) la magnitudo macrosismica (M=6.8) conferma l’importan- za dell’evento in termini energetici. Le evidenze appena descritte possono altresì for- nire un contributo importante nell’approccio della que- stione fondamentale riguardante il rapporto fra l’evento del 1905, la sua sorgente, e le faglie sismogenetiche nell’area. Abbiamo visto che i terrazzi marini forniscono una chiara indicazione sullo stato di attività recente della faglia ‘E’, anche se è probabile che tale struttura non sia l’unica attiva nell’area; abbiamo anche consta- tato come la faglia ‘E’, indipendentemente dal tipo di cinematica imposta (normale pura o con componente trascorrente), sia pienamente compatibile con la magni- tudo dell’evento del 1905 (ed indirettamente anche con il dato di magnitudo ottenuto per via macrosismica), e produca deformazioni verticali vistose nell’area interes- sata dall’azione dello tsunami associato all’evento stes- so. Se si considera che la modellazione del dato macrosismico fornisce indicazioni vincolanti soprattutto per le dimensioni della sorgente e che il più recente lavoro di rilocalizzazione del terremoto del 1905 ne col- loca l’epicentro a mare (sebbene con un certo margine di errore) ad una ventina di chilometri ad Ovest di Capo Vaticano (MICHELINI et al. 2005), allora anche l’apparente scarso accordo fra deformazione teorica prodotta dalla faglia e campo macrosismico reale prodotto dal terre- moto potrebbe assumere un significato diverso. In que- sto caso l’epicentro di MICHELINI et al. (2005) potrebbe corrispondere alla nucleazione unilaterale lungo una struttura ad elevata direttività, così da giustificare da un lato la sostanziale omogeneità nelle intensità osservate in tutto il promontorio di Capo Vaticano data la notevo- le distanza dall’epicentro, e dall’altro l’evidente decre- mento delle intensità registrate nella Piana di Gioia Tauro. In questo caso tale faglia agirebbe, con una pos- sibile cinematica transtensiva, come lineamento regio- nale trasversale di trasferimento della deformazione estensionale fra le già citate strutture ad andamento NE-SO nell’offshore tirrenico e quelle, con il medesimo andamento, riportate nella Piana di Gioia Tauro (VALENSISE & PANTOSTI, 2001; GALLI & BOSI, 2002). In conclusione, l’analisi di dati geologici eviden- ziati dai terrazzi marini ed il confronto con lo scenario del terremoto desunto dalle osservazioni macrosismi- che hanno permesso la ricostruzione della storia dei sollevamenti nell’area di Capo Vaticano e la formulazio- ne di alcune ipotesi riguardanti geometria e cinematica della sorgente del terremoto del 1905. Pur nella consa- 99I terrazzi marini nell’area ... pevolezza che esistano soluzioni alternative, ed auspi- cando una più cospicua mole di dati di tipo strutturale soprattutto nell’offshore tirrenico, la soluzione proposta indica una struttura con una chiara espressione morfo- logica e batimetrica, con una attività recente ed attuale testimoniata dalla geologia e dalla microsismicità, in un quadro nel quale la deformazione tettonica locale asso- ciata a sorgenti sismogenetiche rimane comunque quasi un ordine di grandezza inferiore al sollevamento regionale. RINGRAZIAMENTI Desideriamo ringraziare i due referees anonimi per i commenti e i preziosi suggerimenti che hanno contri- buito a migliorare l’articolo. Questo lavoro è stato finan- ziato nell’ambito della convenzione DPC-INGV, Progetto S2: “Valutazione del potenziale sismogenetico e probabilità dei forti terremoti in Italia”. BIBLIOGRAFIA AÏFA T., FEINBERG H. & POZZI J.P. 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