Imp.Carveni-Benfatto LL’’EERRUUZZIIOONNEE EETTNNEEAA DDEELL 11886655 ((MMOONNTTII SSAARRTTOORRIIUUSS)):: AASSPPEETTTTII GGEEOOMMOORRFFOOLLOOGGIICCII EE IINNQQUUAADDRRAAMMEENNTTOO NNEELLLL’’EEVVOOLLUUZZIIOONNEE DDEELL VVUULLCCAANNOO PPiieettrroo CCaarrvveennii11 && SS.. BBeennffaattttoo22 1Dipartimento di Scienze Geologiche dell’Università di Catania, Sezione Geologia e Geofisica, Corso Italia 55, 95129 - Catania, Italia. 2Geologo, libero professionista, Via San Marco 91, 95047 - Paternò, (CT), Italia. RIASSUNTO: Carveni P. & Benfatto S., L’eruzione etnea del 1865 (Monti Sartorius): aspetti geomorfologici e inquadramento nell’evolu- zione del vulcano. (IT ISSN 0394 – 3356, 2004). Sulla base di una rilettura critica delle relazioni di autori testimoni dell'evento, dell’analisi di aerofotografie e di rilievi geomorfologici di dettaglio, viene ricostruita l’eruzione laterale etnea del 1865, durante la quale si sono formati i Monti Sartorius. Nella zona del vulcano interessata dall’eruzione sono presenti edifici piroclastici preistorici, geneticamente collegati a fratture eruttive con direzione ENE- WSW, con progressiva migrazione verso SE delle fratture eruttive. L’eruzione in studio è stata alimentata attraverso due distinte serie di fratture eruttive, una con direzione ENE-WSW, concordante con quella delle strutture distensive riconosciute nel settore d’interesse, l’altra con direzioni comprese tra N 10° ÷ 25° W, e coincidenti con quelle delle faglie normali che formano la scarpata ibleo-maltese. La ricaduta balistica dei materiali piroclastici, condizionata dalle condizioni atmosferiche, ha dato luogo ad edifici asimmetrici. L’analisi morfologica mette in evidenza la ripresa dell’attività in corrispondenza di precedenti apparati e una ripresa recente dell’attività da una delle bocche eruttive. ABSTRACT: Carveni P. & Benfatto S., 1865 Monti Sartorius eruption: morphologic aspects in the frame of Mt. Etna evolution. (IT ISSN 0394 – 3356, 2004). The eruptive phenomenology and the morphological aspects of 1865, January 28th – June 15th Mount Etna lateral eruption are descri- bed in this paper. Mount Etna is the largest European active volcano; it is formed by the volcanic products of many eruptive centres. Mount Etna is located on the margin of the two main structural domains of Eastern Sicily: the Iblean Foreland and the Apennines- Maghrebian Chain; the first belongs to the Northern part of the African Plate and consists of a mainly carbonate succession of Triassic to Pleistocene age, with several intercalations of mafic volcanic rocks; the Apennines-Maghrebian Chain consists of several thrust sheets, made up of structural units derived from different palaeogeografic regions. Many studies about structural patterns of Mount Etna identified four tectonic trends: N-S, ENE-WSW, NE-SW and NW-SE. This eruption occurred along the NE flank of the volcanic edifice; some prehistorical vents were active in this zone: the position and chronology of these cones demonstrate a progressive displacement of eruptive fissures toward SE. A trustworthy reconstruction of this Etna eruption is based on papers of witnesses, on aerial photo analysis and on geological and geomorphologic surveys. The feeder system of the eruption was characterized by two eruptive fracture systems: the main system, ENE-WSW oriented; a cluster of fractures ranging N-S to NNW-SSE forms the latter. Morphological analysis suggests several volcanic activities at different times; the last is witnessed by undated new vent. Parole chiave: Etna, eruzione laterale del 1865, morfologia. Keywords: 1865 lateral eruption on Mount Etna Volcano (Sicily), Geomorphology. Il Quaternario Italian Journal of Quaternary Sciences 1177(1), 2004, 41-54 11.. IINNTTRROODDUUZZIIOONNEE Il 29 gennaio 1865 iniziò sull’Etna un’eruzione laterale le cui fasi sono state descritte, con diverse lacu- ne temporali causate dalle condizioni atmosferiche, da Grassi (1865) e Silvestri (1867). La rilettura critica dei documenti bibliografici è stata seguita da un’analisi di fotografie aeree e da un rilievo geologico-geomorfologico di dettaglio, al fine di analizzare la distribuzione delle fratture e delle bocche eruttive, le forme di accumulo dei depositi piroclastici e l’azione morfologica dell’erosione. Questa eruzione è già stata oggetto di studio (Carveni et al., 1998; 2000): nel presente articolo ver- ranno puntualizzati alcuni aspetti che, per motivi di spa- zio, non hanno trovato il giusto rilievo nei precedenti. Nei primi due articoli sono state distinte tre fasi dell’eru- zione, collegate alla fluttuazione del tasso di emissione istantaneo, sono state studiate le morfologie di flusso delle colate, ed è stata riconosciuta l’esistenza di due distinti allineamenti di fratture eruttive. 22.. QQUUAADDRROO GGEEOOLLOOGGIICCOO--SSTTRRUUTTTTUURRAALLEE DDEELL-- LL’’AARREEAA EETTNNEEAA L’Etna, il vulcano attivo più grande d'Europa, è uno stratovulcano risultante dalla sovrapposizione dei prodotti emessi durante gli ultimi 700.000 anni da nume- rosi apparati eruttivi, poggianti su un substrato in parte alloctono, in parte formato da depositi miocenico-quater- nari (Romano et al., 1979). L’Etna sorge su un’area di debolezza tettonica ubi- cata all’intersezione di allineamenti tettonici regionali (Ogniben et al., 1975), lungo la sutura tra la Placca Africana e la Placca Europea, dove la crosta oceanica ionica e la crosta continentale dell’Avampaese Ibleo si immergono sotto il fronte dell’Orogene Appenninico- Maghrebide (Finetti et al., 1996) (Fig. 1). L’Avampaese Ibleo, rappresentante in Sicilia orientale il margine della Placca Africana (Burollet et al., 1978), zona considerata stabile verso cui convergono le falde neogeniche dell’Orogene Appenninico- Maghrebide, confina ad oriente con la crosta oceanica 42 P. Carveni & S. Benfatto del bacino ionico (Finetti, 1982) tramite la Scarpata Ibleo-Maltese, la cui origine tettonica è stata riconosciu- ta, tramite profili sismici, da Finetti & Morelli (1972); essa è stata originata da un sistema di faglie normali a gradinata, il cui prolungamento verso settentrione inter- seca il fianco orientale dell’edificio etneo (Lo Giudice et al., 1982; Carbone et al., 1982 a; 1982 b). Per Casero et al. (1984) essa rappresenta un sistema strutturale distensivo, raccordante il plateau continentale siculo- maltese con la piana abissale ionica; la struttura si sarebbe formata in un’unica grande fase tortoniana, con minori riattivazioni posteriormente al deposito degli infrapliocenici Trubi; alla scarpata sono connesse a luo- ghi importanti attività vulcaniche. L’Orogene Appenninico-Maghrebide si è formato in seguito all’accavallamento della Catena Kabilo- Calabride sulla Catena Appenninico-Maghrebide (Finetti et al., 1996); questa convergenza ha provocato un accorciamento crostale in direzione N-S valutato tra 29 e 33 chilometri (Cassinis et al., 1979). Recenti fasi tetto- niche hanno causato un’elevata distorsione al margine settentrionale della Placca Africana, a causa della diffe- rente velocità con cui avviene la subduzione al di sotto della Catena Appenninico-Maghrebide (Van Bemmelen, 1969; Morelli, 1970; Selli & Fabbri, 1971; Giese & Morelli, 1975), e ciò ha determinato uno stiramento cro- stale che ha dato luogo a fratture con direzione NW-SE, NE-SW ed E-W (Ghisetti & Vezzani, 1982; Scandone, 1982); all’intersezione di tali strutture si è formata una zona di debolezza attraverso la quale avviene la risalita di magmi subcrustali (Frazzetta & Villari, 1981). L’attività eruttiva, inizialmente sottomarina e fissu- rale, è diventata in seguito subaerea ed a carattere cen- trale, a causa di un sollevamento regionale, tutt’ora in atto, che ha determinato una variazione nel meccani- smo di risalita dei magmi, con conseguente cambiamen- to del chimismo: si passa infatti da prodotti subalcalini a prodotti più o meno differenziati della Serie Alcalino- sodica emessi da numerosi centri eruttivi e raggruppati in quattro unità vulcano-stratigrafiche: Centri Alcalini Antichi, Trifoglietto s.l., Mongibello Antico e Mongibello Recente (Romano, 1982). Sulla base di datazioni radiometriche del rapporto K/Ar, Gillot et al. (1994) hanno distinto quattro periodi di attività dell’Etna: il Primo periodo (da 520.0000 ± 40.000 a 270.000 anni fa) è caratterizzato da vulcanismo tho- leiitico, con fasi eruttive separate da lunghi periodi di quiescenza; il Secondo periodo (da 168.000 ± 8.000 a 100.000 anni fa) è evidenziato da un radicale cambia- mento del tipo di attività (strato-vulcani al posto di fessu- re eruttive) e del chimismo dei prodotti (da sub-alcalini ad alcalini); durante il Terzo periodo (tra 80.000 e 60.000 anni fa) si formò un grande complesso vulcanico poligenico (Unità del Trifoglietto); il Quarto periodo (da 35.000 anni fa ad oggi) corrisponde allo sviluppo di un grande strato-vulcano, il Mongibello; un’importante fase esplosiva, caratterizzata da eruzioni pliniane e idromag- matiche, permette di suddividere questo periodo in due parti: Mongibello Antico e Mongibello Recente. Carapezza (1962) per primo cerca di determinare una relazione tra la tettonica regionale e le zone di minore resistenza del vulcano, dalle quali hanno origine le eruzioni; egli riconosce una zona di rift, che attraversa il fianco orientale dell’edificio vulcanico, e lungo la quale si concentra l’attività vulcanica recente. Nel primo studio analitico sulle faglie dell’Etna (Marchesini et al., 1964) sono stati riconosciuti quattro gruppi principali di allineamenti tettonici, con direzioni N- S, ENE-WSW, NE-SW e NW-SE. Romano (1970) e Rittmann et al. (1973) conferma- no l’importanza dei trend N-S e ENE-WSW. Kieffer (1975) riconosce una zona di rift che attra- versa la zona sommitale del vulcano da nord a sud, lungo cui si concentrano le eruzioni recenti. Frazzetta & Romano (1978) identificano due alli- neamenti come alimentatori preferenziali per le aree con alta probabilità di nuove eruzioni: la principale è com- presa tra NE-SW e ENE-WSW, la seconda ha direzione NNW-SSE. Sulla base delle ipotesi di Nakamura (1977) e di Nakamura et al., (1977), Frazzetta & Villari (1981) utiliz- zano gli allineamenti di fratture e coni piroclastici per determinare i campi di stress dell’Etna e riconoscono una zona E-W con trascorrenza sinistra e con σ1 ENE e σ3 NNW. Per Lo Giudice et al. (1982), invece σ1 ha orienta- zione NNE e σ3 WNW; essi riconoscono nell'area etnea e nelle zone circostanti varie direttrici di faglie: le più importanti hanno direzione N 60° E, N 30° E, N 15° W e N 60° W. Kieffer (1983 a; 1983 b) definisce, in base alle numerose fratture collegate alle eruzioni, un “Rift di NE”, un rift meridionale e una serie di assi NW-SE e NE-SW; le faglie delle due zone di rift e le faglie della zona delle Timpe farebbero parte di una serie di faglie normali che interessano la parte orientale del vulcano e del suo sub- strato; l’intrusione ripetuta di magma provocherebbe uno scivolamento gravitativo della parte orientale del vulcano. L’ipotesi di uno scivolamento gravitativo di una por- zione dell’edificio etneo viene ripresa e sviluppata da Azzaro et al. (1989 a) e da Neri et al. (1991); questi ul- timi distinguono sul versante orientale dell’Etna un setto- re settentrionale, caratterizzato da meccanismi di dislo- cazione distensiva con componenti orizzontali sinistre, ed uno meridionale, distensivo con componenti orizzon- Fig. 1 - Ubicazione dell'area studiata. cckkcc) Catena Kabilo- Calabride; ccaamm) Catena Appenninico-Maghrebide; ccss) Catena Sicana; aaii) Avampaese Ibleo; ee) edificio vulcanico etneo (da Finetti et al., 1996); il quadrato grigio indica la zona dell’eruzio- ne del 1865. Localization of studied area. cckkcc) Kabilo-Calabrian Chain; ccaamm)) Apenninian-Maghrebian Chain; ccss) Sicanian Chain; aaii) Iblean Foreland; ee) Mt Etna volcano (after Finetti et al., 1996); grey square points out the 1865 Etna eruption area. tali destre; tali condizioni di instabilità influenzano la risa- lita dei magmi in questo settore del vulcano, specialmen- te lungo il trend NNW-SSE (Ferrucci et al., 1993). Borgia et al. (1992), basandosi sui risultati delle analisi di Ferrari et al. (1991) sui dicchi affioranti nella Valle del Bove, teorizzano uno spreading radiale del 43L’eruzione etnea del 1865 ... sub-strato dell'Etna verso SE. Secondo Lo Giudice & Rasà (1992) si tratta invece di movimenti puramente gravitativi, che provocano uno scivolamento verso SSE del settore del versante orientale dell’Etna delimitato dalla Faglia della Pernicana, dal “Rift di NE” e dalle Faglie di Mascalucia-Trecastagni (Fig. 2). Fig. 2 - Ubicazione dell'area interessata dall'eruzione, in rapporto alle più importanti strutture vulcano-tettoniche del versante nord- orientale dell'Etna: CCCC) Cratere Centrale; FFMMAA) Faglia di Mascalucia; FFMMOO) Faglia di Moscarello; FFMMSS) Faglia Macchia – Stazzo; FFPP) Faglia della Pernicana; FFPPVVCC) Faglia Praiola – Villa Calanna; FFSSLL) Faglia di San Leonardello; FFTT) Faglia di Trecastagni; RRNN) Faglia della Ripa della Naca; RRNNEE) Rift di NE; RRPP) Faglia della Ripa di Piscio. Centri abitati e contrade: AARR) Acireale; G) Giarre; MM) Mascalucia; MMAA) Monti Arsi; SSAA) Sant'Alfio; SSGG) San Giovanni; TT) Trecastagni. I cerchi piccoli indicano l'ubicazione di coni avventizi, le aree contrassegnate dai numeri 11886655, 11992288 e 11997711 indicano le zone coperte dalla lava durante le relative eruzioni. Location of area interested by 1865 Etna eruption in the frame of the main volcanic-tectonic structures of North-Eastern flank of Mt. Etna volcano: CCCC) Central Crater; FFMMAA) Mascalucia Fault; FFMMOO)) Moscarello Fault; FFMMSS) Macchia – Stazzo Fault; FFPP)) Pernicana Fault; FFPPVVCC) Praiola – Villa Calanna Fault; FFSSLL) San Leonardello Fault; FFTT)) Trecastagni Fault; RRNN) Ripa della Naca Fault; RRNNEE)) NE Rift; RRPP) Ripa di Piscio Fault. Towns and districts: AARR) Acireale; G) Giarre; MM) Mascalucia; MMAA) Monti Arsi; SSAA) Sant'Alfio; SSGG) San Giovanni; T) Trecastagni. Little circles correspond to cinder cones; the areas marked by the numbers 11886655,, 11992288 and 11997711 correspond to zones covered by lava flows during these eruptions. 44 In una serie di articoli viene analizzata la docu- mentazione storica relativa ai terremoti avvenuti sul basso versante orientale etneo negli ultimi due secoli e le conseguenze dei movimenti tettonici sulla morfologia (Adorni & Carveni, 1993 a; 1993 b; Carveni & Bella, 1994; Bella et al., 1996; Carveni et al., 1996; Gresta et al., 1997); sulla base dei dati geoelettrici forniti da Cassinis et al. (1970), confrontati con le profondità ipo- centrali calcolate per alcuni sismi (Postpischl, 1985; Azzaro et al., 1989 a; 1989 b; Bottari et al., 1989), Carveni et al. (1997) ipotizzano che gli ipocentri di alcu- ni terremoti siano localizzati in corrispondenza del pas- saggio dalle argille azzurre pleistoceniche ai soprastanti prodotti vulcanici. Dall’analisi dei differenti sistemi di faglia che nel corso del Pleistocene sono stati attivi in Calabria meri- dionale e nella Sicilia orientale, e sulla base di informa- zioni geologico-strutturali e morfologiche di campagna e dell’analisi di sezioni sismiche a mare, Monaco & Tortorici (1995) e Monaco et al. (1995; 1997) distinguo- no un “Sistema Acireale – S. Alfio” (formato da faglie normali con componente trascorrente destra NNW-SSE) e un “Sistema di Piedimonte” (faglie normali e fratture d’estensione NNE-SSW); entrambi i sistemi, che sono associati ad un’estensione WNW-ESE, formano scarpa- te di età suprapleistocenico-olocenica, le quali esercita- no un controllo sulla topografia e sul reticolo idrografico. L’edificio vulcanico etneo è caratterizzato da numerosi apparati eruttivi effimeri, molti dei quali sono concentrati lungo tre trend vulcano-tettonici convergenti verso la sommità del vulcano; il primo (“Rift di NE”, Kieffer, 1983 a; 1983 b) va dai Crateri Sommitali verso NE (Fig. 2: RRNNEE), ed è interessato da fessurazioni estensionali con rare faglie normali (Borgia et al., 1992); il secondo, ubicato sul fianco meridionale (Kieffer, 1983 a; 1983 b) è formato da faglie transdistensive con abbassamento del blocco orientale (Borgia et al., 1992; Mc Guire et al., 1996); il terzo, sul versante occidentale, è caratterizzato da faglie con strike-slip in direzione NE (Ferrucci & Patanè, 1993). 33.. TTEEAATTRROO DDEELLLL’’EERRUUZZIIOONNEE L’eruzione in studio è avvenuta in un’area compre- sa tra importanti elementi morfostrutturali: la scarpata della faglia della Pernicana a settentrione, il “Rift di NE” a NW, l’orlo settentrionale della Valle del Bove a meri- dione e le scarpate delle faglie della Ripa della Naca e della Ripa di Piscio a oriente (Fig. 3). Questo settore dell’edificio vulcanico presenta caratteri tettonici omogenei, rappresentati da stress di Fig. 3 - a) Ubicazione dell’area studiata. b) Schema del teatro dell’eruzione: A) faglie; B) fratture eruttive; C) coni piroclastici: 11) Monte Corvo; 22) Monte Baracca; 33 e 44) I Due Monti; 55) Monte Zappinazzo e Monti Conconi; 66) Monte Frumento delle Concazze; 77) edificio anonimo a sud-ovest di Monte Frumento delle Concazze; 88) Monti Sartorius; 99) bocche del 1928; D) orlo della Valle del Bove; E) alti morfologici: 1100) Monte Crìsimo; 1111) Monte Ragamo; 1122) Monte Chiovazzi; α) Colata principale; β) Colata di Monte Crìsimo; γ) Colata di Monte Ragamo; δ) Colata di Monte Chiovazzi. a) Location of the studied area. b) Scheme of the eruption zone: A) faults; B) eruptive fractures; C) Cinder cones: 11) Monte Corvo; 22) Monte Baracca; 33 and 44) I Due Monti; 55) Monte Zappinazzo and Monti Conconi; 66) Monte Frumento delle Concazze; 77) no name cinder cone SW from Monte Frumento delle Concazze; 88) Monti Sartorius; 99) 1928 eruption’s vents; D) Valle del Bove rim; E) peaks: 1100) Monte Crìsimo; 1111) Monte Ragamo; 1122) Monte Chiovazzi; α) Main lava flow; β) Monte Crìsimo lava flow; γ) Monte Ragamo lava flow; δ) Monte Chiovazzi lava flow. P. Carveni & S. Benfatto 45 tipo transtensivo a componente orizzontale sinistra (Neri et al., 1991); l’area è stata interessata in precedenza da eruzioni laterali che evidenziano un progressivo sposta- mento verso SE delle fratture eruttive; dall’analisi della Carta Geologica del Monte Etna (Romano et al., 1979) risulta che in epoca preistorica si sono formati, progres- sivamente, Monte Corvo (Fig. 3: 11), Monte Baracca (Fig. 3: 22), i Due Monti (Fig. 3: 33 e 44), Monte Zappinazzo e i Monti Conconi (Fig. 3: 55), Monte Frumento delle Concazze (Fig. 3: 66) e un edificio anonimo a SW di que- sto (Fig. 3: 77). Dall’orientamento delle basi ellittiche degli edifici e dalla forma degli orli craterici si desume che tutti questi edifici sono stati alimentati da fratture con direzioni com- prese tra NE-SW e ENE-WSW. Monte Corvo (Fig. 3: 11), che poggia su lave dei Centri Eruttivi del Leone, si è formato nel periodo di transizione tra l’attività del Mongibello Antico e del Mongibello Recente (Romano et al., 1979); non gli sono state attribuite colate laviche. Monte Baracca (Fig. 3: 22), la cui attività risale allo stesso periodo, ha emesso una colata lavica attribuita ai centri del Mongibello Antico e classificata come “difficil- mente delimitabile a morfologia superficiale degradata” (Romano et al., 1979). La colata di Monte Baracca è in parte ricoperta dall’edificio meridionale dei Due Monti (Fig. 3: 33), i quali a loro volta hanno emesso lave classificate come “deli- mitabili a morfologia superficiale ben conservata” (Romano et al., 1979). Il gruppo dei Monti Zappinazzo – Monti Conconi (Fig. 3: 55), che poggiano chiaramente sui prodotti vulca- nici già descritti, sono classificati come “colate laviche e piroclastiti recenti, prevalentemente non datate” (Romano et al., 1979). Infine, Monte Frumento delle Concazze (Fig. 3: 66), alla cui attività sono attribuibili delle “colate laviche e piroclastiti recenti, prevalentemente non datate” (Romano et al., 1979), sulle quali si sono riversate le lave dell’eruzione in oggetto, e che affiorano in alcune zone come dagale, ricopre parzialmente il fianco meri- dionale di Monte Zappinazzo. Nel 1928 e nel 1971 sono avvenute altre eruzioni che hanno coinvolto lo stesso settore dell’edificio vulca- nico, sempre con una progressiva migrazione verso SE delle fratture eruttive (Fig. 3); nel 1979 si è avuta una nuova emissione dalla frattura eruttiva del 1928. L’eruzione etnea del 1865, quindi, segna la ripresa dell’attività vulcanica in un settore dell’Etna già interes- sato da eruzioni laterali, con progressiva migrazione dell’asse eruttivo verso SE, e, come si vedrà in seguito, geneticamente collegate sia a fratture eruttive con dire- zioni comprese tra NE-SW e ENE-WSW, sia a fratture comprese tra NNW-SSE e N-S, direzioni già riconosciu- te come quelle con maggiore probabilità di riattivazione per questo settore del vulcano (Romano, 1970; Rittmann et al., 1973; Frazzetta & Romano, 1978). 44.. CCRROONNAACCAA DDEELLLL’’EERRUUZZIIOONNEE I primi sintomi di un incipiente eruzione laterale si manifestarono alle 14,30 del 28 gennaio 1865: furono osservate nuvole di fumo (emissioni di cenere, secondo Romano & Sturiale, 1982) sollevarsi da Monte Frumento delle Concazze; durante la notte successiva numerose scosse sismiche allarmarono gli abitanti di San Giovanni e Sant’Alfio e della contrada Monti Arsi, località ubicate lungo il prolungamento settentrionale delle faglie di Moscarello, San Leonardello e Macchia-Stazzo (Fig. 2), riconosciute come le più attive tra quelle che interessa- no il versante orientale dell’Etna (Carveni & Bella, 1994). Il giorno dopo le scosse aumentarono in frequen- za ed intensità, e la più forte, avvenuta intorno alle 23, fu del V grado della scala Mercalli nelle già citate loca- lità, e si propagò fino ad Acireale, distante circa 16 chi- lometri dal presunto epicentro, ma non fu avvertita a Giarre, che ne dista solo sei; dalla direzione di massima propagazione delle onde sismiche, riteniamo che questi terremoti siano da attribuire a faglie con direzione NNW- SSE, collegabili ad una o più delle faglie nominate. In coincidenza con quest’ultima scossa iniziò l’e- missione di lava dal basso fianco nord-orientale di Monte Frumento delle Concazze, mentre l’attività sismi- ca continuò per alcune ore, con intensità decrescente; nel frattempo il Cratere Centrale non dava luogo ad alcuna attività. Nella fase iniziale dell’eruzione si formarono tre fontane di lava lungo una frattura eruttiva, tra le quote 1800 e 1725 (Figg. 4 e 5: IIII); porzioni della relativa cola- ta lavica, che raggiunse 2,6 metri di altezza, come è dimostrato dai tronchi carbonizzati lungo il suo percorso (Silvestri, 1867), affiorano al di sotto delle coperture piroclastiche dell’edificio AA (Figg. 4 e 5: α); questa prima fase si esaurì in poche ore, e le fontane di lava vennero sostituite da tre bocche esplosive (Figg. 4 e 5: 11, 22 e 33; Fig. 6). Il 30 gennaio, mentre le bocche 11, 22 e 33 erano in piena attività stromboliana, a oriente di Monte Frumento delle Concazze si aprì una fenditura di 400 metri di lun- ghezza con direzione N 20° W (Figg. 4 e 5: IIIIII), lungo la quale si attivarono otto fontane di lava (Grassi, 1865), le cui piroclastiti hanno formato altrettanti coni di scorie (Fig. 5: 44 ÷ 1111). Col procedere dell'eruzione le fratture eruttive con- tinuarono a propagarsi verso oriente, provocando la pro- gressiva migrazione sia dei punti di emissione delle colate, sia delle bocche esplosive che man mano li rim- piazzavano: si formarono così di seguito gli edifici piro- clastici AA, BB, CC, DD ed EE (Figg. 4 e 5) le cui bocche furono quasi tutte attive contemporaneamente tra il 4 e il 5 feb- braio. Nella Tabella 1 è sinteticamente riportata l'attività relativa alle bocche di ciascun edificio, così come si ricava dalle relazioni di Grassi (1865) e Silvestri (1867): all’iniziale fase parossistica, caratterizzata dall’attività contemporanea di quasi tutti gli apparati eruttivi, seguì una progressiva diminuzione dell’intensità dei fenomeni, con sporadici rinvigorimenti da parte di uno o più appa- rati. Silvestri (1867) distinse già dai primi giorni di feb- braio una Colata principale (Fig. 3: α) e una Colata di Monte Crìsimo (Fig. 3: β); la prima raggiunse il punto più basso della sua corsa il 9 febbraio; da questa data fino ai primi di marzo si assistette ad un arretramento del fronte attivo ed un allargamento del settore mediano del campo lavico; nel frattempo venne emessa una terza colata (Colata di Monte Ragamo, Fig. 3: γ), che si fermò il 12 febbraio. Infine la Colata di Monte Chiovazzi (Fig. 3: δ) venne emessa da tre fratture, ubicate rispettiva- L’eruzione etnea del 1865 ... 46 mente alla base settentrionale del cono BB, tra gli edifici DD ed E, alla base nord-orientale dell’edificio EE (Fig. 5); essa raggiunse il suo punto più basso il 4 aprile. L’attività eruttiva si estinse del tutto alla metà di giugno. 55.. AASSPPEETTTTII MMOORRFFOOLLOOGGIICCII 55..11.. II SSiisstteemmii ddii ffrraattttuurree eerruuttttiivvee Dalla rilettura critica delle relazioni dei precedenti autori (Grassi, 1865; Silvestri, 1867), dalla distribuzione Fig. 4 e Fig. 5 - Schema della zona dei Monti Sartorius: le lettere dell'alfabeto latino indicano gli edifici piroclastici formatisi durante l'e- ruzione in studio (AA ÷ EE) e quelli preesistenti (SS ÷ ZZ), le lettere dell’alfabeto greco le colate laviche, le cifre romane i tratti delle fratture eruttive descritti nel testo, le cifre arabe le bocche esplosive (cerchio pieno per quelle certe, cerchio vuoto per quelle presunte). Monti Sartorius zone scheme: Latin alphabet letters designate cinder cones formed during 1865 Etna eruption (AA ÷ EE) and prehesistent ones (SS ÷ ZZ); Greek alphabet letters designate lava flows; Roman numerals designate segments of eruptives fractures; Arab numerals indicate explosive vents (full circles correspond to sure ones, empty circles to probable vents). P. Carveni & S. Benfatto spaziale di fratture, bocche eruttive e accumuli pirocla- stici, si ricava che l’eruzione in studio è stata alimentata da due distinti sistemi di fratture: il primo (Sistema prin- cipale di fratture eruttive) è radiale rispetto al condotto centrale dell’Etna e ha direzione ENE-WSW; il secondo (Sistema secondario di fratture eruttive) è formato da fratture con direzioni comprese tra NNW-SSE e N-S (Carveni et al., 1998; 2000). Parte del primo tratto del Sistema principale di fratture eruttive (Fig. 4: I) è riconoscibile su una fotogra- fia pubblicata da Silvestri (1867): sul fianco nord-orien- tale di Monte Frumento delle Concazze, a partire dalla profonda svasatura dell’orlo craterico, scende una serie di faglie normali con andamento ad “S”; il graben cui danno luogo ha un’ampiezza massima, in corrisponden- za dell’orlo craterico, di 50 metri, mentre verso il basso l’ampiezza diminuisce fino a 2 metri in corrispondenza del punto d’inizio dell’emissione; tracce di questo gra- ben sono tuttora riconoscibili sul terreno, malgrado esso sia impostato su piroclastiti: in occasione di forti precipi- tazioni atmosferiche, infatti, le acque di ruscellamento si incanalano lungo le linee di faglia. Secondo quanto rife- rito da Silvestri (1867), la frattura poteva essere seguita dal crinale della Valle del Bove fino al cratere di Monte Frumento delle Concazze, per una lunghezza comples- siva di circa due chilometri e mezzo. Il secondo tratto (Fig. 4 e 5: IIII), corrispondente al segmento della frattura eruttiva lungo cui si attivarono le prime tre fontane di lava, è compreso tra 1800 e 1725 metri di quota; la frattura è beante ed ispezionabile per un tratto di circa 350 metri e fino ad una profondità mas- sima di 8 metri circa. Un’altra frattura dello stesso sistema è evidenziata dall’allineamento delle bocche eruttive nei crateri degli edifici BB, CC e DD (Figg. 4 e 5: IIVV). Ulteriori allineamenti di bocche eruttive e di deposi- ti piroclastici consentono di riconoscere il Sistema secon- dario di fratture eruttive; alcuni suoi elementi, inoltre, sono stati descritti da Grassi (1865) e da Silvestri (1867). Il primo segmento di questo sistema è quello che disloca il tratto I del Sistema principale di fratture erutti- ve, e corrisponde alla prosecuzione verso meridione della frattura eruttiva dei crateri di Monte Zappinazzo (Fig. 4: VV). Il secondo corrisponde alla frattura eruttiva che ha alimentato le 8 fontane di lava descritte da Grassi (1865) (Figg. 4 e 5: IIIIII). Il terzo ha alimentato le bocche dei crateri aa11, aa22 e aa33 (Figg. 4 e 5: VVII). Silvestri (1867) ha descritto due fessure rettilinee, tangenti all’orlo occidentale del cratere dell’edificio BB, le quali emettevano unicamente vapori (Figg. 4 e 5: VVIIII). Infine, alcune morfosculture parallele alle fratture del sistema secondario sono state individuate tramite l’analisi di fotografie aeree: tre di esse sono piccole scarpate rettilinee assimilabili a faglie con blocco orien- tale ribassato (Figg. 4 e 5: VVIIIIII, IIXX e XX). 55..22.. GGllii eeddiiffiiccii ppiirrooccllaassttiiccii Gli accumuli delle piroclastiti emesse nel corso dell’eruzione in esame formano una serie di coni di sco- rie a forma di scudo, di spatter cones e di edifici tronco- conici con crateri sommitali; forme e dimensioni sono state determinate tramite carte topografiche in scala 1:10.000 e l’analisi di aerofotografie; per alcune morfolo- gie non rappresentate cartograficamente a causa delle ridotte dimensioni sono state effettuate misure speditive in campagna. I coni a scudo 11, 22 e 33 Sono tre edifici tra loro coalescenti, ubicati sul basso versante nord-orientale di Monte Frumento delle Concazze (Fig. 6); nella già citata fotografia (Silvestri, 1867) si vede che questi tre edifici preesistevano all’eru- zione in studio: si tratta quindi di edifici poligenici, già collegati ad un’attività preistorica dell’edificio suddetto, e riattivatosi nel corso dell’eruzione del 1865. Essi hanno forma a scudo con contorno ellittico, 47L’eruzione etnea del 1865 ... Tab. 1 - Sequenza temporale dell’attività delle bocche eruttive. Vents activity sequences. DDaattee ddeellllee oosssseerrvvaazziioonnii 28.1 29.1 30.1 31.1 3.2 4.2 5.2 6.2 20.2 26.2 5.3 19.3 25.3 15.4 28.4 6.5 15.5 1 f l e c i 2 f l e e e e 3 f l e e e e 4-11 f l a 1 e e i o a 2 e e e e e ? c c e i o a 3 e e e e e ? c c e i o B e e e c e c v e e e e C e e e c e o D e e e c d d d o i E e e e e v a v a e e v s s Legenda: s) scosse sismiche; f l) fontane di lava; e) esplosioni con lancio di scorie e bombe; c) emissione di ceneri; v a) emissione di vapori ad alta pressione; v) emissione tranquilla di vapore; d) detonazioni; i) bocche inattive; o) condotto ostruito. Explanation notes: s) earthquakes; f l) lava fountains; e) explosions with cinder and bombs throwing; c) ash emission; v a) high pressu- re steam issue; v) calm steam issue; d) detonations; i) inactive vent; o) obstructed duct con l’asse maggiore lungo la frattura eruttiva, la quale permette un’analisi della struttura interna degli edifici; dal basso affiora la seguente successione: - scorie e lapilli saldati, di colore rossastro; dalla giacitu- ra si evince che provenivano da diversi punti di emis- sione; lo spessore in affioramento raggiunge i 3 metri; - basalto a fessurazione colonnare, con spessore mas- simo in affioramento di 2 metri; sulle pareti si trovano scorie saldate, presumibilmente relative all’evento eruttivo in studio; - scorie e bombe saldate, di colore grigio, con spessore massimo di 4 metri; - scorie e bombe saldate, con spessore massimo di 3 metri, relative all’eruzione in oggetto; uno strato discontinuo di cineriti alterate permette di distinguere questo banco dal precedente. In corrispondenza delle bocche eruttive queste ultime piroclastiti raggiungono il massimo spessore. La presenza, al di sotto delle piroclastiti attribuite all’eruzione in studio di altri due livelli di scorie e bombe saldate, cui si intercala una colata basaltica, conferma l’ipotesi di riattivazione della frattura in oggetto. L’esame delle fotografie aeree evidenzia che gli edifici sono ubicati in una depressione di forma trapezoi- dale, delimitata da scarpate rettilinee, presumibilmente corrispondenti a piani di faglie dirette (Figg. 4 e 5: XXII, XXIIII e XXIIIIII), il cui riscontro sul terreno è problematico, a causa delle coperture piroclastiche ed epi- clastiche. Le dimensioni dei tre edifici sono riportate nella Tab. 2; un calcolo approssimativo del volu- me del materiale eruttato dalle relative bocche durante la fase iniziale dell’eruzione risulterebbe in difetto, in quanto la parte maggiore dei materiali emessi dalle fontane di lava attive il 29 gennaio alimentò la prima colata lavica, e le scorie e bombe rela- tive all’attività esplosiva protrat- tasi dal 30 gennaio al 4 febbraio ebbero un’ampia zona di disper- sione: secondo Silvestri (1867) bombe fino a un metro di diame- tro vennero scagliate a più di 500 metri di distanza, e le pendi- ci del Monte Frumento delle Concazze furono ricoperte da uno strato di scorie e lapilli spes- so fino a 15 centimetri. Gli spatter cones 44 ÷ 1111 Sono 8 collinette dalla cima tondeggiante (Fig. 5: 44 ÷ 1111), for- matesi il 30 gennaio 1865 (Grassi, 1865) per l’accumulo dei materiali emessi da 8 fontane di lava ubicate lungo una frattura eruttiva con direzione N 20° W (Figg. 4 e 5: IIIIII); esse in seguito sono state parzialmente ricoperte da piroclastiti emesse dalle boc- che dell’edificio AA (Fig. 7). Nella tabella 2 sono riportati i loro parametri; l’andamento cir- colare delle loro basi è da attri- buire ad una distribuzione delle piroclastiti poco o per nulla con- dizionata dagli agenti atmosferi- ci, su una superficie quasi oriz- zontale; anche qui il calcolo del volume emesso risulta in difetto, considerando che parte del materiale diede luogo ad una colata lavica, attualmente sepol- ta dall’edificio A. 48 Fig. 7 - Il cono di scorie 1100, parzialmente ricoperto (a destra) dalle piroclastiti dell’edificio AA, visto da meridione. Spatter cone 1100 from South. Its right flank is covered by cinder cone AA pyroclastics. Fig. 6 - Panoramica sui coni di scorie 11, 22 e 33, visti da oriente, dall’orlo occidentale del cratere aa22. Panoramic view on 11, 22 and 33 scoria cones, from western rim of aa22 crater. P. Carveni & S. Benfatto I coni di scorie AA ÷ EE Sono edifici troncoconici con crateri sommitali; i loro crateri, esauritasi l’attività vulcanica, hanno subito, a causa degli agenti atmosferici, l’erosione degli orli con accumulo dei materiali all’interno, e conseguente tra- sformazione da crateri a imbuto con condotto aperto in cavità a forma di conca, in alcuni casi a fondo piatto: dall’iniziale superficie di accumulo delle piroclastiti, svi- luppatasi in funzione dell’attività vulcanica e degli agenti meteorologici (che ne condizionavano la traiettoria bali- stica e la distribuzione), si è passato ad una superficie di erosione a monte – accumulo a valle, funzione degli agenti esogeni; fa eccezione il cratere BB, come verrà descritto più avanti. L'edificio AA (Figg. 4 e 5) è un edificio composito, formato da due tronchi di cono coalescenti (Fig. 8), alli- neati in direzione N 10° W, con 2 crateri maggiori ellittici (Fig. 5: aa22 e aa33) con asse maggiore orientato NNW- SSE; sul versante NW del cono settentrionale si apre un cratere (Fig. 9) di minori dimensioni (Fig. 5: aa11), il cui edificio è stato quasi del tutto sepolto dalle piroclastiti emesse dalle bocche del cratere aa22. Le tre cavità crateriche hanno forma di semisfera e sono interessate da fenomeni erosivi, con conseguen- te arretramento dell'orlo craterico; sul fondo non c'è traccia delle bocche eruttive che, secondo Silvestri (1867), erano una nel cratere aa11, tre disposte in direzio- ne NNW-SSE nel cratere aa22, e tre, ai vertici di un trian- golo equilatero, nel cratere aa33; il fondo dei crateri aa22 e aa33 è allungato in senso NNW-SSE, parallelamente alla frattura eruttiva VVII (Figg. 4 e 5; Tab. 3). La forma ellittica presentata dalla base dal cono aa22 (Tab. 3) è da attribuire all’allineamento delle sue tre bocche eruttive lungo la frattura VVII (Fig. 5); la non con- cordanza con la forma dell’orlo craterico può derivare da fenomeni erosivi che hanno aggredito con maggiore vigore la parte più alta dell’edificio conico, provocando un veloce arretramento dell’orlo craterico. L’asse maggiore della base dell’edificio aa33 ha azi- mut N 82°, il minore N 172°: ciò può essere spiegato con la distribuzione spaziale delle tre bocche eruttive, ai vertici di un triangolo, che danno luogo a due allinea- menti: la frattura IIVV e la frattura VVII (Fig. 5); la forma ellit- tica dell’orlo craterico è coerente con quella della base dell’edificio. L'edificio BB presenta ben esposti il versante set- tentrionale (60 metri di dislivello massimo tra l'orlo del cratere e la base dell'edificio) e quello meridionale (55 metri), mentre quello occidentale è coalescente con l'e- dificio AA e quello orientale con l'edificio CC. L’orlo craterico ha forma ellittica, diametro massi- mo di 120 metri in direzione N 60° E; l’andamento alti- metrico è caratterizzato da un massimo assoluto ad occi- dente e un massimo relativo a meridione; il punto più basso è a ENE, dove il cratere si apre verso l’edificio C. I parametri relativi alla base dell’edificio non sono indicativi (Tabella 3), perché condizionati dagli altri edifi- ci coalescenti; gli assi dell’ellisse dell’orlo craterico sono coerenti con la direzione della frattura eruttiva IV (Fig. 5). L’erosione della cavità cra- terica ha messo in evidenza la struttura interna dell’edificio: lungo alcuni tratti delle pareti quasi verticali affiorano bombe e scorie saldate (Fig. 10). I materiali erosi dalle pareti e accumulatisi sul fondo del cra- tere hanno fatto assumere a questo una forma a semisfera; tre deboli depressioni circolari, corrispondenti ad altrettante bocche eruttive, si trovano sul fondo del cratere; una quarta bocca, situata quasi al centro della cavità craterica, con 8 metri di diametro e 3 di profon- dità, circondata da un anello di scorie e bombe saldate alto tra 50 e 80 centimetri (Fig. 11), in contrasto con tutte le altre boc- che dei Monti Sartorius presenta 49 Fig. 8 - L’edificio AA con i crateri aa22 e aa33, visto da SW (foto di S. Surrentino). AA volcanic building, with aa22 and aa33 craters from SW. L’eruzione etnea del 1865 ... Tab. 2 - Principali parametri degli edifici piroclastici minori. Main parameter of little pyroclastic buildings AA BB CC 11 85° 125/50 m 3 m 22 65° 110/60 m 4,5 m 33 65° 170/110 m 6 m 44 30 m 10 m 55 25 m 8 m 66 25 m 8 m 77 32 m 10 m 88 20 m 6 m 99 30 m 10 m 1100 25 m 7 m 1111 15 m 4 m AA = azimut dell'asse maggiore; BB = diametro massimo/minimo della base dell'edificio; CC = altezza dell'edificio. AA = maximum axis azimuth; BB = length of base maximum/mini- mum axis; CC = building height. un aspetto molto più “giovane”, e testimonia, a nostro avviso, una ripresa dell’attività eruttiva sfug- gita all’osservazione per la sua brevità e/o per il momento in cui è avvenuta; la piccola quantità di materiale emesso (circa 20 metri cubi) suggerisce una singola debole esplosione, avvenuta in un periodo in cui il cratere aveva già raggiunto la fase morfologica a semisfera dal fondo piatto. Il fatto che una piccola eru- zione dell’Etna possa essere passata inosservata in tempi recenti non deve destare alcuna meraviglia: la lontananza dalle zone abitate e soprattutto le con- dizioni atmosferiche possono aver benissimo impedito l’osser- vazione di un fenomeno di bre- vissima durata; d’altro canto l’e- splosione verificatasi al cratere sub-terminale di SE il 5 gennaio 1990, considerata il maggiore evento esplosivo verificatosi sull’Etna nel corso degli ultimi due secoli, a causa delle pessi- me condizioni meteorologiche non è stata osservata da alcun testimone, e la ricostruzione del- l’evento è stata effettuata sulla base della distribuzione delle piroclastiti (Carveni et al., 1994). Un piccolo affioramento di cineriti saldate, ubicato lungo la parte occidentale dell'orlo crate- rico, rappresenta i resti dell'origi- nario versante interno, e dà la misura dell'intensità con cui ha agito l'erosione (Fig. 12). Alla base settentrionale dell'edificio BB si trova uno dei punti di emissione della Colata 50 Fig. 10 - Interno del cratere del cono BB visto dal culmine dell’orlo meridionale. Panoramic internal view of volcanic building BB crater, from its southern crater rim. Fig. 9 - Il cratere aa11 visto da settentrione, dall’alto dei resti di un preesistente edificio (Figg. 4 e 5: S). aa11 crater seen from prehesistent building SS (Figg. 4 and 5). P. Carveni & S. Benfatto Tab. 3 - Principali parametri degli edifici piroclastici maggiori. Main parameter of big pyroclastic buil- dings. 11 22 33 44 55 66 77 88 99 1100 1111 1122 1133 aa11 12 123 10 33 146 292 85 aa22 120 172 110 82 95 82 70 172 65 82 50 262 180 aa33 130 82 100 172 95 80 70 172 60 53 40 154 180 BB 115 242 90 358 120 58 100 148 70 245 45 60 30 CC 35 74 30 164 25 330 20 60 60 DD 125 230 55 50 60 138 55 60 35 156 25 50 90 EE 220 105 75 285 125 25 120 115 60 133 11 = diametro massimo della base dell'edificio, in metri; 22 = azimut del diametro massimo della base dell'edificio; 33 = diametro minimo della base dell'edificio, in metri; 44 = azimut del diametro minimo della base dell'edificio; 55 = diametro massimo dell'orlo del cratere, in metri; 66 = azimut del diametro massimo dell'orlo del cratere; 77 = diametro minimo dell'orlo del cratere, in metri; 88 = azimut del diametro minimo dell'orlo del cratere; 99 = altezza massima dell'orlo del cratere, rispetto al preesistente piano di campagna, in metri; 1100 = azimut del punto di massima altezza dell'orlo del cratere, rispetto al centro del cratere; 1111 = altezza minima dell'orlo del cratere, rispetto al preesistente piano di campagna, in metri; 1122 = azimut del punto di minima altezza dell'orlo del cratere, rispetto al centro del cratere; 1133 = azimut della congiungente due selle lungo gli orli craterici. 11 = length of base maximum axis, m; 22 = azimuth of base maximum axis; 33 = length of base minimum axis, m; 44 = azimuth of base minimum axis; 55 = maximum diameter of the crater edge, m; 66 = azimuth of maximum diameter of the crater edge; 77 = minimum diame- ter of the crater edge, m; 88 = azimuth of minimum diameter of the crater edge; 99 = maximum height of the crater edge, in comparison to the pre-existing ground level; 1100 = azimuth of the point of the maximum height of the crater edge, in comparison to the centre of the cra- ter; 1111 = minimum height of the crater edge, in comparison to the pre-existing ground level; 1122 = azimuth of the point of the minimum height of the crater edge, in comparison to the centre of the crater; 1133 = azimuth of aligned crater edge depressions. di Monte Chiovazzi. Il cono piroclastico CC (Figg. 4 e 5) ha sviluppo massimo di 25 metri di altezza lungo il fianco settentrio- nale, mentre gli altri versanti sono coalescenti con gli edifici limitrofi; esso presenta tracce di tre piccoli crateri, interessati da fenomeni erosivi. Con sviluppo altimetrico massimo di 40 metri e diametro di base di 175, il cono DD ha un cratere del dia- metro di 50 metri, al cui interno sono state attive quattro bocche eruttive, irregolarmente distribuite (Silvestri, 1867). Il profilo dell’orlo craterico presenta una forte asim- metria, con due culminazioni, la più alta a SSE, l’altra a settentrione; l’irregolarità nella distribuzione delle piro- clastiti è stata causata dai forti venti che soffiarono dal quadrante settentrionale nella fase iniziale dell’eruzione, e dal quadrante meridionale alla fine, condizionando la ricaduta e l’accumulo dei piroclasti. Il cratere presenta forma a semisfera, senza alcuna traccia che permetta di ubicare oggi le bocche descritte da Silvestri (1867). Il cono piroclastico EE (Figg. 4 e 5) presenta una forma fortemente asimmetrica: la base ha un diametro massimo di 400 metri sviluppato in direzione E-W; alla sommità si riconoscono due archi di orli craterici con diametro di 100 metri e tre di minori dimensioni, allineati in direzione ENE-WSW; il versante rivolto a occidente è alto meno di 10 metri, mentre quello di ESE ha un disli- vello di 80 metri e una lunghezza di 275 metri. Questa forte asimmetria è da attribuire sia alla ricaduta balistica delle piroclastiti condizionata dalle condizioni meteorolo- giche, sia alla morfologia degli edifici preesistenti, in parte distrutti dalle esplosioni, in parte ricoperti dai nuovi materiali piro- clastici. L’intero edificio è interessato da profondi fenomeni erosivi, con riempimento delle cavità ed arretramento degli orli craterici. 66.. TTEENNTTAATTIIVVOO DDII RRIICCOOSSTTRRUUZZIIOONNEE DDEELLLLAA MMOORRFFOOLLOOGGIIAA PPRREEEESSIISSTTEENNTTEE In mancanza di carte topo- grafiche precedenti al 1865, la ricostruzione della morfologia preesistente all’eruzione può essere tentata sulla base dello studio delle fotografie aeree e degli scarsi documenti fotografici dell’epoca. Un primo documento è la già citata fotografia pubblicata da Silvestri (1867): gli edifici 11, 22 e 33 vi appaiono ricoperti da un rado bosco di pini, molti dei quali furono carbonizzati durante l’e- ruzione; se ne ricava che si trat- ta di edifici poligenici, collegati ad una fase di attività non datata di Monte Frumento delle Con- cazze. A settentrione del cratere aa11 si trova una collina (Figg. 4 e 5: SS) la cui sommità sovrasta di circa sei metri l’orlo del cratere suddetto; si tratta dei resti di un precedente edificio che si svilup- pa per circa 120 metri verso set- tentrione, e le cui pendici meri- dionali sono state in parte sman- tellate dalle esplosioni, in parte ricoperte dalle piroclastiti emes- se dalle bocche del cratere aa22. A meridione degli edifici BB, CC e DD affiorano i resti discontinui di tre orli craterici, relativi ad un 51 Fig. 12 - Cineriti rappresentanti l’antico pavimento interno del cratere dell’edificio BB, in corri- spondenza dell’orlo occidentale del cratere (m 1760). Old crater pavement of volcanic building BB, near western crater rim (m 1760). Fig. 11 - Bocca nuova” nel cratere dell’edificio BB,, vista dall’orlo sud-occidentale del cratere. New vent in volcanic building BB crater, seen from south-western crater rim. L’eruzione etnea del 1865 ... basso edificio quasi completamente ricoperto (Figg. 4 e 5: TT, UU e WW). La colata γ è fuoriuscita da una bocca ubi- cata alla base meridionale del cratere UU (Figg. 4 e 5). La forte asimmetria presentata dall’edificio EE è dovuta all’esistenza sotto il suo fianco orientale di un precedente edificio; altri due piccoli edifici allungati in senso E-W affiorano ai suoi piedi (Fig. 13; Figg. 4 e 5: YY e ZZ). 77.. DDIISSCCUUSSSSIIOONNEE DDEEII DDAATTII EE CCOONNCCLLUUSSIIOONNII Il versante nord-orientale dell’edificio vulcanico etneo, sul quale si è verificata l’eruzione del 1865, è caratterizzato da faglie transtensive NE-SW e ENE- WSW, con componente sinistra (Neri et al., 1991), da alcuni attribuite a movimenti gravitazionali (Borgia et al., 1992; Lo Giudice & Rasà, 1992; McGuire et al., 1996), probabilmente agevolati dalle argille pleistoceniche del basamento etneo (Carveni & Bella, 1994; Gresta et al., 1997; Carveni et al., 1997). L’eruzione etnea del 1865 è una classica eruzione laterale (sensu Rittmann, 1967); contrariamente però a quanto viene in genere segnalato in occasione di simili eruzioni dell’Etna, dalle testimonianze dei precedenti autori non risulta che essa sia stata preceduta a breve distanza di tempo da una risalita magmatica lungo il condotto centrale: la precedente attività verificatasi al Cratere Centrale consistette nelle esplosioni del 7 e 8 luglio 1863 (Grassi, 1865). La mancanza di attività al Cratere Centrale fa quindi supporre che il magma, senza raggiungere la parte sommitale del condotto cen- trale, si sia insinuato in una frattura radiale, o che la risalita magmatica sia avvenuta direttamente lungo un condotto secondario, indipendente, almeno in parte, da quello centrale. I sismi premonitori dell’eruzione, avvertiti prevalen- temente nella zona compresa tra i Monti Arsi e i paesi di San Giovanni e Sant’Alfio, sono da attribuire, a nostro avviso, a movimenti del tratto più settentrionale della Faglia di Moscarello e/o della Faglia Macchia - Stazzo (Carveni & Bella, 1994); il sisma concomi- tante all’inizio dell’eruzione, avvertito negli stessi luoghi e propagatosi fino ad Acireale, ma non a Giarre e Stazzo, conferma questa ipotesi. Questa eruzione segna la ripresa dell’attività vulcanica in un settore dell’Etna già interes- sato da eruzioni preistoriche, con progressivo spostamento verso SE delle fratture eruttive; posteriormente al 1865 altre eru- zioni sono avvenute nello stesso settore, sempre con spostamen- to verso SE delle fratture di ali- mentazione (1928 e 1971). Dalla distribuzione delle fratture eruttive, delle bocche e dei relativi depositi piroclastici, si evince che l’intrusione magmati- ca, nell’avanzare lungo la frattu- ra radiale, che in superficie dava luogo al Sistema prin- cipale di fratture eruttive, man mano che incontrava le fratture del sistema NNW-SSE, risaliva anche attraverso queste. Il primo sistema è parallelo alle strutture distensive riconosciute nel settore d’interesse (Neri et al., 1991), e in special modo alle scarpate delle faglie della Ripa della Naca e della Ripa di Piscio. Il secondo sistema è evidenziato da: l’allineamen- to delle fontane di lava (Fig. 5: 44 ÷ 1111); l’allineamento delle bocche dei crateri aa11, aa22 e aa33 (Figg. 4 e 5); l’anali- si delle fotografie aeree che hanno messo in evidenza una serie di allineamenti morfologici con direzione NNW-SSE, corrispondenti a faglie normali con labbro orientale ribassato; la testimonianza di Silvestri (1867), che descrive fessure rettilinee le quali emettevano esclusivamente vapori (fig. 4 e 5: VVIIII). Questa serie di allineamenti risulta parallela alle faglie della zona delle Timpe, le quali rappresentano, secondo Lo Giudice et al. (1982) il segmento più setten- trionale della Scarpata Ibleo-Maltese; Lanzafame & Bousquet (1997) attribuiscono un’importanza regionale a questa serie di faglie, che formano una delle più importanti strutture del Mediterraneo Centrale, il “Sistema di faglie eoliano-maltese”. Non sempre l’analisi delle caratteristiche morfolo- giche dei singoli coni fornisce dati inconfutabili per il riconoscimento delle fratture lungo cui è risalito il magma: infatti, mentre l’allineamento delle bocche 11 – 33 (Fig. 4), l’allineamento degli spatter cone 44 - 1111 e l’alli- neamento dei crateri aa11 - aa33 individuano senza ombra di dubbio fratture di alimentazione, le profonde svasature degli orli craterici degli edifici BB, DD ed EE non sono state causate da fenomeni di breaching (sensu Tibaldi, 1995). Inoltre si è riconosciuto che la morfologia dei coni piroclastici è stata influenzata prevalentemente dalle condizioni atmosferiche: a causa dei forti venti setten- trionali che soffiarono per buona parte del mese di feb- braio 1865 (Silvestri, 1867), la ricaduta balistica delle 52 Fig. 13 - Orlo craterico di un edificio preesistente all’eruzione (Figg. 4 e 5: YY), sepolto in parte dall’edificio EE, visto da meridione. Crater rim of volcanic building (Figg. 4 e 5: YY) partially buried during 1865 eruption by buildind EE pyroclastics, seen from South. P. Carveni & S. Benfatto piroclastiti provocava una crescita asimmetrica degli edifici. Infine, dalla ricostruzione della morfologia preesi- stente, risulta che i Monti Sartorius poggiano su un gruppo di edifici antecedenti, verosimilmente alimentati, almeno in parte, dalle stesse fratture eruttive. I risultati conseguiti portano a concludere, contra- riamente a quanto affermato da Nakamura (1977), che non sempre un vulcano poligenico è alimentato esclusi- vamente attraverso un condotto centrale: lo studio del- l’eruzione etnea del 1865 dimostra inoltre che una risali- ta magmatica può avvenire attraverso fratture che hanno già dato luogo a precedenti eruzioni. Infine, avendo constatato che i Monti Sartorius fanno parte di un sistema eruttivo poligenico, non si può escludere il verificarsi di nuove risalite magmatiche che diano luogo a ulteriori eruzioni. Studio effettuato con i fondi del M.U.R.S.T., nel- l'ambito della ricerca "Morfodinamica di zone vulcaniche e/o sismicamente attive", responsabile P. Carveni. RRIINNGGRRAAZZIIAAMMEENNTTII Ringraziamo gli anonimi referees per gli utili e costruttivi consigli. RRIIFFEERRIIMMEENNTTII BBIIBBLLIIOOGGRRAAFFIICCII Adorni G. & Carveni P. (1993 a) - Geomorphology and seismotectonic elements in the Giarre area, Sicily. Earth Surf. Proc. Land., 1188, 275-283. Adorni G. & Carveni P. (1993 b) - Anomalie del reticolo idrografico causate da eventi sismotettonici sul basso versante orientale dell’Etna. Boll. Acc. Gioenia Sc. Nat. Catania, 2266 (342), 197-206. Azzaro R., Carveni P., Lo Giudice E. & Rasà R. 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