Clinical Management Issues 2010; 4(Suppl. 4) ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 23 Sulodexide. La risposta in profilassi e terapia alla disfunzione endoteliale L’origine biologica, le caratteristiche far- macocinetiche e dinamiche, il meccanismo d’azione di sulodexide ne fanno il prototi- po del farmaco potenzialmente attivo sulla disfunzione endoteliale di cui potrebbe rap- presentare la risposta. EFFICACIA CLINICA IN AMBITO VASCOLARE Efficacia clinica nella patologia venosa cronica In Italia sulodexide, farmaco attualmente in classe C, è indicato nel trattamento delle ulcere venose croniche correlate a insuffi- cienza venosa cronica. I principali disturbi vascolari che inte- ressano i vasi venosi superficiali degli arti inferiori sono riconducibili all’insufficienza venosa cronica e comportano quadri clinici e funzionali di diversa gravità a partire dal- la presenza di teleangiectasie asintomatiche fino ad arrivare all’ulcerazione della cute. L’incidenza di malattia venosa cronica degli arti inferiori varia a seconda dei cri- teri utilizzati per definirla e a seconda delle popolazioni analizzate. Nello studio epide- miologico di Framingham l’incidenza annua di vene varicose era del 2,6% nelle femmine e nell’1,9% nei maschi, con un incremento età dipendente [Bergan, 2006]. Ulcere ve- nose sono presenti nell’1% della popolazione generale ma arrivano a una prevalenza del 6% negli ultrasessantacinquenni [Kukhar- zewskyi, 2003]. Il costo del trattamento della malattia venosa cronica e in particolare delle ulcere venose è molto elevato, potendo arrivare al 3% della spesa sanitaria totale nei Paesi economicamente sviluppati [Bergan, Luca Masotti 1 y Fattori genetici y Sesso femminile (progesterone) y Gravidanza y Età avanzata y Obesità y Prolungata stazione eretta y Altezza elevata Tabella I Fattori di rischio per malattia venosa cronica [Bergan, 2006] Abstract Endothelial dysfunction plays the key role in the development of cardiovascular system disorders. Sulodexide, decreasing oxidative stress and stabilizing endothelial cells, has protective properties on endothelial dysfunction. The article describes the role of sulodexide both in prophylaxis and therapy of venous and arterial diseases, underlining its clinical efficacy as demonstrated in clinical trials. Besides, the article describes its role in the management of some other diseases, like diabetic nephropathy, diabetic foot, tinnitus, or hemorrhoids. Keywords: sulodexide, venous diseases, therapy, prophylaxis, clinical efficacy Sulodexide. Prophylactic and therapy response to endothelial dysfunction CMI 2010; 4(Suppl. 4): 23-32 1 Dirigente Medico Medicina Interna, Ospedale di Cecina, Livorno, Professore a Contratto, Università di Siena Disclosure Il presente supplemento è stato realizzato grazie al contributo di Alfa Wasserman Clinical Management Issues 2010; 4(Suppl. 4) ©SEEd Tutti i diritti riservati 24 Sulodexide. La risposta in profilassi e terapia alla disfunzione endoteliale 2006]. Le Tabelle I e II riportano rispetti- vamente i fattori di rischio per lo sviluppo di malattia venosa cronica e l’eziologia delle ulcere degli arti inferiori, principale ma- nifestazione della malattia venosa cronica. con cui si instaura l’ipertensione venosa sono legati principalmente all’incompetenza valvolare; i fattori eziologici che conducono a tale disfunzione sono in parte ancora da chiarire, ma numerose evidenze sostengono che la disfunzione endoteliale, conseguente a squilibri di tipo immunologico, emoreologi- co e coagulativo, sia alla base del loro svilup- po [Nicolaides, 2005]. La Figura 1 illustra il meccanismo patogenetico che sottende alla malattia venosa cronica degli arti inferiori [Bergan, 2006]. Il processo patologico all’origine dell’in- sufficienza venosa cronica (IVC) può com- portare quadri clinici e funzionali di diver- sa gravità. Da un punto di vista clinico la gravità della flebopatia cronica può essere valutata in modo standardizzato secondo la classificazione CEAP (Clinica, Eziologica, Anatomica, Patofisiologica), messa a punto da un gruppo internazionale di specialisti nel 1994 e successivamente modificata [Porter, 1995; Eklöf, 2004]. La Tabella III riporta la nuova classificazione CEAP. Negli ultimi anni l’attenzione è stata foca- lizzata sul fatto che i meccanismi che sono alla base dello sviluppo di flebopatie croniche a carico dei vasi venosi superficiali sembre- rebbero in parte gli stessi che danno inizio allo sviluppo di patologie a carico dei vasi venosi profondi e dei vasi arteriosi. Alla base della sintomatologia manifesta- ta, soprattutto dolore e pesantezza degli arti inferiori, vi sono due fenomeni: la tensione della parete vasale, dovuta come evidenzia- to in precedenza a insufficienza valvolare, e ipossia della tonaca media a causa di alte- razioni dei vasa vasorum (sistema di piccoli vasi che portano ossigeno e sostanze nu- trienti infiltrati nella tonaca avventizia dei vasi di grosso calibro). Anche la sindrome delle gambe senza riposo e i crampi che compaiono in situazioni di riposo possono essere correlati a condizioni di ipossia della tonaca media, ma più specificamente posso- no essere associati a disturbi di ordine emo- reologico. Infatti fra i pazienti con disturbi venosi sono risultati altamente prevalenti fenomeni di iperviscosità ematica e di ridot- ta deformabilità eritrocitaria che sembrano peggiorare la circolazione dei vasa vasorum [Bergan, 2006]. Il processo infiammatorio endoteliale contribuirebbe al rimodellamen- to valvolare e della parete venosa e in ultima analisi conduce all’incompetenza valvolare e allo sviluppo delle vene varicose. I leucociti che si accumulano nella parete vasale (mo- nociti e macrofagi tissutali) giocano un ruolo Figura 1 Fisiopatologia della malattia venosa cronica [Bergan, 2006] y Vascolari y Venose 80-85% y Arteriose y Vasculiti y Linfatiche y Neuropatiche (diabete, neuropatia periferica) y Ematologiche (policitemia, Sickle Cell Anemia) y Traumatiche (ustioni, freddo, radiazioni, ecc.) y Neoplastiche y Altre cause (pioderma gangrenoso, sarcoidosi, ulcere trofiche) Tabella II Eziologia dell ’ulcera venosa [Simon, 2004] L’80-85% delle ulcere agli arti inferiori è di origine venosa [Simon, 2004]. Da non tra- scurare comunque il polimorfismo genetico [Zamboni, 2007]. Di fondamentale importanza per lo svi- luppo della malattia venosa cronica è la pre- senza di ipertensione venosa. I meccanismi Fattori di rischio per malattia venosa Ipertensione venosa Dilatazione venosa Distorsione valvolare Infiammazione Alterato shear stress Modificazioni valvolari e della parete venosa Reflusso cronico Ipertensione capillare Leakage capillare Edema Infiammazione Ulcera venosa Modificazioni cutanee Clinical Management Issues 2010; 4(Suppl. 4) ©SEEd Tutti i diritti riservati 25 L. Masotti Tabella III Classificazione clinica CEAP (C 0-6) delle flebopatie croniche derivanti da insufficienza venosa [Eklöf, 2004] Classe Caratteristiche 0 Assenza di segni clinici visibili o palpabili di malattia venosa a Asintomatico s Sintomatico 1 Presenza di teleangiectasie o vene reticolari 2 Presenza di vene venose 3 Presenza di edema 4 Turbe trofiche di origine venosa: pigmentazione, eczema, piodermite 5 Come classe 4 con ulcere cicatrizzate 6 Come classe 4 con ulcere in fase attiva fondamentale nel rimodellamento vasale. Il loro accumulo in tale sede conduce alla pro- duzione di metallo proteinasi e citochine infiammatorie espressione della disfunzione endoteliale che si associa a fibrosi del derma [Nicolaides, 2005]. Tradizionalmente l’ulcera venosa (UV ) su base cronica è trattata con medicazioni lo- cali e terapia elastocompressiva; il frequente fallimento di tale approccio ha indotto molti medici e ricercatori ad affiancare terapie si- stemiche ai trattamenti tradizionali [Simon, 2004; Porter, 1995]. L’efficacia di sulodexide nella cura dell’ul- cera venosa è stata valutata da un trial con- dotto da Coccheri e colleghi su 230 pazien- ti con ulcere croniche agli arti inferiori, di diametro non inferiore ai 2 cm [Coccheri, 2002b]. Il farmaco è stato somministrato per via intramuscolare nei primi 20 giorni (60 mg/die) e per via orale nei successivi 70 giorni (100 mg/die) in associazione alla tera- pia elastocompressiva standard in paragone a pazienti trattati con sola terapia standard (controllo). La completa guarigione dopo tre mesi di trattamento è stata rilevata nel 52,5% dei pazienti trattati con sulodexide e nel 32,7% di quelli di controllo. Il profilo di tollerabilità del farmaco è risultato simile a quello del placebo. I dati ottenuti in questo trial concordano con quelli risultanti da uno studio prece- dente, in cui 94 pazienti trattati con terapie standard sono stati randomizzati a ricevere sulodexide o placebo [Scondotto, 1999]. Al termine dei 2 mesi di trattamento previsti dallo studio l’ulcera risultava completamente guarita nel 36% dei pazienti controllo e nel 58% dei pazienti trattati (Figura 2). Risultati analoghi sono stati recentemente pubblicati da Apollonio e colleghi [Apollo- nio, 2008]. L’efficacia del trattamento delle ulcere ve- nose croniche con sulodexide è stato rico- nosciuto anche da linee guida internazionali [Nelson, 2008]. Efficacia clinica nella trombosi venosa profonda e nella re-trombosi Sulodexide è stato valutato nei pazienti con trombosi venosa profonda. Il tratta- mento con sulodexide iniziato dopo 6 mesi di trattamento anticoagulante orale e pro- tratto per 24 mesi riduce di circa 2 volte e mezzo il rischio di recidiva di trombosi venosa profonda (TVP) rispetto a placebo (7,4% nel gruppo trattato con sulodexide, sonografia venosa, di recidive di episodi di tromboembolismo venoso (TVP ± embolia polmonare) con notevole riduzione nei costi nel gruppo trattato con sulodexide [Lasierra Cirujeda, 2006]. Efficacia clinica nella patologia vascolare arteriosa periferica L’arteriopatia obliterante cronica perife- rica degli arti inferiori (AOAI) interessa il 12-14% della popolazione generale e la pre- valenza è superiore al 20% nella popolazione ultrasettantacinquenne [Shammas, 2007]. Figura 2 Efficacia di sulodexide nel trattamento delle ulcere venose [Scondotto, 1999] 0 0,2 0,4 0,6 1 1,2 6040200 P ro p o rz io n e d i u lc e re v e n o s e n o n g u a ri te Tempo (giorni) Placebo Sulodexide 0,8 10 30 50 17,9% nel gruppo placebo, p < 0,05) [Errichi, 2004]. Confrontato con acenocumarolo in profilassi secondaria della TVP, sulodexide dimostra significativamente minori effetti collaterali emorragici, mentre non sembra- no esserci differenze significative in termini di percentuali di ricanalizzazione all’ultra- Clinical Management Issues 2010; 4(Suppl. 4) ©SEEd Tutti i diritti riservati 26 Sulodexide. La risposta in profilassi e terapia alla disfunzione endoteliale La AOAI costituisce una delle principali manifestazioni della patologia ateroscleroti- ca. I pazienti sintomatici sono circa un quar- to di questa popolazione, con una prevalenza nettamente superiore per il sesso maschile (prevalenza e incidenza doppia). Dei pazien- ti sintomatici a 5-10 anni di distanza il 70% presenta un quadro invariato, il 25% circa ha una progressione di malattia e/o richiede in- tervento medico e/o chirurgico, il 5% circa presenta una progressione di malattia che conduce all’amputazione [Sobel, 2008]. La mortalità dei pazienti con AOAI è elevata ed è determinata principalmente dalla comor- bilità cardiovascolare presente, in particolare cardiopatia ischemica e malattia cerebrova- scolare. Il rischio relativo di morte nei pa- zienti con AOAI è tre volte superiore rispet- to ai soggetti di pari età e sesso non affetti da AOAI se vengono considerate tutte le cause di mortalità e di sei volte circa superiore se vengono considerate le cause cardiovascolari di mortalità. I pazienti con AOAI hanno un rischio di eventi coronarici a 10 anni > 20% rispetto a soggetti di pari età e sesso senza arteriopatia periferica. In Italia dati molto importanti sono emersi pochi anni fa dallo studio Peripheral Arteriopathy and Cardio- vascular Events (PACE), condotto su circa 4.000 pazienti afferenti ad ambulatori di medicina generale di età compresa tra 40 e 80 anni [Brevetti, 2007]. Questo studio ha mostrato che l’incidenza di claudicatio in- termittens è dell’1,6% sul totale dei pazienti (2,4% nei maschi e 1,0% nelle femmine). Il 44% dei pazienti di questo studio ignorava di essere affetto da AOAI. Il 34% dei pazienti aveva già avuto un evento cardiovascolare. I pazienti con claudicatio al follow-up presen- tarono una mortalità 4 volte maggiore per tutte le cause e 8 volte maggiore per cause cardiovascolari [Brevetti, 2007]. Il corretto management dell’AOAI ha molteplici scopi: ridurre la mortalità car- diovascolare, migliorare la qualità della vita in pazienti con claudicatio severa, ridurre la possibilità di amputazioni in soggetti con ischemia critica che si manifesta con dolo- re a riposo e ulcerazioni [Shammas, 2007; Sobel, 2008]. Importanti fattori di rischio modificabili sono rappresentati da: fumo di sigaretta, obesità, ipertensione arteriosa, dislipidemia e diabete mellito. Nello studio PACE il 65% dei pazienti era fumatore, il 70% ipercolesterolemico, l’80% iperteso e il 50% circa diabetico [Brevetti, 2007]. L’AOAI viene clinicamente suddivisa in: y AOAI asintomatica (stadio I Leriche Fontaine): sospettata durante l’esame obiettivo mediante l’Ankle-Brachial Pres- sure Index (ABPI), ossia il rapporto tra pressione arteriosa sistolica all’arto infe- riore e pressione arteriosa sistolica all’ar- to superiore. Un valore < 0,9 è indice di AOAI (0,9-0,7 lieve; 0,69-0,5 moderata; < 0,5 severa) [Al-Qaisi, 2008]; y claudicatio intermittens (stadio II Leri- che Fontaine): rappresenta la dolorabilità che subentra agli arti inferiori durante il cammino e si risolve dopo pochi minuti di riposo e costituisce il sintomo più fre- quente dell’AOAI; y ischemia critica cronica (stadio III-IV Le- riche Fontaine): rappresenta la condizione di dolore a riposo con o senza ulcerazione con o senza necrosi tissutale; y ischemia critica acuta: è la condizione acuta di ischemia all’arto o agli arti in- feriori dovuta allo sviluppo di trombosi e/o embolia su una condizione cronica di AOAI. Si caratterizza per il dolore acuto e l’assenza di polso arterioso. La Tabella IV riassume la classificazione di Leriche Fontaine. Nel già citato studio PACE il 22% dei pazienti presentava ABPI < 0,5, il 25% ABPI 0,50-0,69, il 57% ABPI > 0,7 [Bre- vetti, 2007]. I principi di terapia dell’AOAI sono rap- presentati fondamentalmente dall’elimina- zione-correzione/cura dei fattori di rischio (esercizio fisico, cessazione del fumo di si- garetta, modificazioni dietetiche e adegua- to stile di vita, antidiabetici, antipertensivi, statine), dal trattamento antitrombotico e vasodilatatore e dagli interventi di rivasco- larizzazione chirurgica nei soggetti in classe R-B III-VI. Nei soggetti con AOAI severa non responsivi alla terapia o con progres- sione severa di malattia l’amputazione rap- presenta un’inevitabile soluzione [Shammas, 2007; Sobel, 2008]. Tra i farmaci utilizzabili nella AOAI vengono raccomandati gli anti- aggreganti piastrinici (acido acetilsalicilico, 75-100 mg/die: raccomandazione 1B; clo- pidogrel o ticlopidina: raccomandazione 2B) e cilostazolo (raccomandazione 1A nel Tabella IV Classificazione di Leriche Fontaine ACD = distanza assoluta di claudicazione Stadio I Preclinico o asintomatico Stadio II IIA IIB Claudicazione intermittente ACD >150-200 m ACD <150 m Stadio III Dolori a riposo Stadio IV Lesioni trofiche e gangrena Clinical Management Issues 2010; 4(Suppl. 4) ©SEEd Tutti i diritti riservati 27 L. Masotti paziente con claudicatio moderato-severa non rispondente all’esercizio fisico). Gli anticoagulanti orali vengono raccomandati nel paziente con AOAI che sviluppa ische- mia acuta per trombosi o embolia dopo adeguata embolectomia chirurgica [Sobel, 2008]. Nonostante questi farmaci siano attualmente raccomandati da linee gui- da internazionali, molti altri farmaci sono stati valutati nella AOAI quali sulodexide, pentossifillina, ginkgo biloba, policosanolo, naftidrofuril, buflomedil, levocarnitina, ar- ginina, prostaglandine, glutatione, fattori di crescita per fibroblasti e cellule endoteliali [ Jacoby, 2004]. L’efficacia di sulodexide nel trattamento dell’AOAI è stata dimostrata da una me- tanalisi di Gaddi e colleghi effettuata su 19 trial clinici condotti dal 1981 al 1993 e coinvolgenti un totale di circa 430 pazienti trattati confrontati con altrettanti pazienti affetti da AOAI e sottoposti a placebo (età media del totale dei pazienti: 57,68 anni; range 22-82). In questi trial, in cui lo schema terapeutico era di 300-600 Unità lipasemi- che per via im o ev per 15-20 giorni seguiti da 150 Unità lipasemiche per via orale x 3 volte/die o 250 x 2 volte/die per 2-6 mesi, sulodexide ha dimostrato di migliorare si- gnificativamente la distanza di cammino e la distanza di cammino libera da dolore (incre- mento del 36%) (Figura 3), oltre a migliorare significativamente parametri emoreologici evidenziati da riduzione dei livelli di fibrino- genemia (Figura 4), dei livelli di trigliceridi (riduzione del 28%), dei livelli di HDL cole- sterolo (incremento del 25% circa), e ridurre la viscosità ematica [Gaddi, 1996]. Un successivo studio di Coccheri e col- leghi che ha coinvolto 286 pazienti con claudicatio intermittens in stadio II Leriche Fontaine, randomizzati a ricevere sulode- xide (60 mg/die im per i primi 20 giorni e 100 mg/die per os per i successivi sei mesi) o placebo, ha dimostrato che l’aumento della distanza percorsa a piedi (walking performance) è risultato significativamente maggiore in seguito a trattamento con su- lodexide rispetto a placebo: il 24% circa vs il 9% circa dei pazienti ha raddoppiato la distanza percorsa senza dolore (endpoint primario dello studio) e il 26% circa dei pazienti trattati con sulodexide vs il 6% circa dei pazienti trattati con placebo dei pazienti ha raddoppiato la massima distanza percorsa [Coccheri, 2002]. In termini pra- tici i pazienti trattati con sulodexide han- no aumentato di circa 83 m la distanza di Efficacia clinica nella nefropatia diabetica La nefropatia diabetica rappresenta una delle principali complicanze del diabete mellito, sia di tipo I sia di tipo II. Dal 20% Figura 3 Effetto di sulodexide sulla distanza di cammino libera da dolore nella arteriopatia obliterante degli arti inferiori [Gaddi, 1996] Figura 4 Effetto di sulodexide sui valori di fibrinogeno in pazienti con arteriopatia obliterante degli arti inferiori [Gaddi, 1996] 0 50 100 150 250 350 9080400 D is ta n za d i c a m m in o (m e tr i) Tempo (giorni) Placebo Sulodexide 200 20 60 300 280 280 290 300 330 360 70400 Fi b ri n o g e n o (m g /d ) Tempo (giorni) Placebo Sulodexide 310 20 60 350 320 340 cammino libera da dolore contro 36 metri dei pazienti in trattamento con placebo (p = 0,001) [Coccheri, 2002a]. In conclusione, le evidenze scientifiche in nostro possesso dimostrano che sulodexide migliora la sintomatologia e la qualità di vita dei pazienti AOAI. Clinical Management Issues 2010; 4(Suppl. 4) ©SEEd Tutti i diritti riservati 28 Sulodexide. La risposta in profilassi e terapia alla disfunzione endoteliale al 40% dei pazienti diabetici sviluppa ne- fropatia diabetica. Considerando che at- tualmente ci sono nel mondo circa 170 mi- lioni di diabetici e che nel 2030 lo scenario potrebbe essere di 360 milioni, incremento dovuto soprattutto all’aumento dei diabetici tipo II, è possibile comprendere come molti sforzi siano indirizzati alla prevenzione della nefropatia diabetica e della sua progressio- ne in insufficienza renale conclamata. La nefropatia diabetica è attualmente in Italia la principale causa che conduce all’insuffi- cienza renale cronica e terminale e quindi alla dialisi. La nefropatia diabetica è considerata una complicanza microvascolare del diabete mellito [Dronavalli, 2008; Schena, 2005]. Nonostante sia fondamentale il ruolo della predisposizione genetica allo sviluppo della nefropatia diabetica, essa non si manifesta in assenza di iperglicemia, che pertanto ne rappresenta una conditio sine qua non [Sche- na, 2005]. Il ruolo dell’iperglicemia nella ne- fropatia diabetica è mediato da un aumento della pressione intraglomerulare, dall’atti- vazione del sistema renina-angiotensina, dalla glicosilazione di proteine plasmatiche e tissutali con lo sviluppo di prodotti di gli- cosilazione avanzata, dall’attivazione della via dei polioli e della protein chinasi C. Ciò conduce a un ispessimento della membra- na basale glomerulare (MBG) che in ulti- ma analisi porta a un’alterazione della sua perm-selettività, un aumento della matrice mesangiale e interstiziale e infine glomerulo- sclerosi e fibrosi tubulo-interstiziale [Società Italiana Nefrologia, 2003; Dronavalli, 2008; Schena, 2005]. L’alterazione qualitativa e quantitativa dei GAGs a livello glomerulare è stata ampiamente dimostrata e potrebbe rappresentare uno dei principali meccani- smi dell’alterazione della permeabilità della MBG che in ultima analisi conduce all’albu- minuria [Lewis, 2008]. In particolare è stata evidenziata una riduzione nella quantità di eparan solfato nella MBG dei pazienti con nefropatia diabetica, ciò determinando una riduzione della carica negativa della stessa che in condizioni fisiologiche è fondamenta- le per trattenere le proteine [Lewis, 2008]. Le fasi della nefropatia diabetica sono distinguibili e i meccanismi patogenetici alla base della nef ropatia diabetica sono molteplici. La microalbuminuria rappresenta il prin- cipale marker di nefropatia diabetica e si associa a elevato rischio cardiovascolare. Essa rappresenta il primo stadio di malattia ed è definita da escrezione urinaria di albu- mina compresa tra 20 e 200 µg/min in un campione di urine fresche dopo la notte o da escrezione di albumina compresa tra 30 e 300 mg/24 ore (nefropatia incipiente). La fase della macroalbuminuria è definita come l’escrezione urinaria di albumina > 200 µg/min o > 300 mg/24 ore (nefropa- tia conclamata). Una volta instauratasi la macroalbuminuria, il filtrato glomerulare si riduce di 10-12 ml (min/anno; il 10-50% dei pazienti diabetici macroalbuminurici evolverà in insufficienza renale cronica che può esitare in insufficienza renale terminale richiedente dialisi o trapianto [Società Ita- liana Nefrologia, 2003; Dronavalli, 2008; Schena, 2005]. L’approccio terapeutico alla nefropatia è molteplice. Uno dei principali aspetti è il controllo della pressione arteriosa median- te farmaci ACE-inibitori o inibitori del recettore dell’angiotensina (sartani) [So- cietà Italiana Nefrologia, 2003; Dronavalli, 2008; Schena, 2005]. Purtuttavia trial cli- nici dimostrano che, nonostante lo stretto controllo clinico e l’efficacia di tali farmaci, una discreta percentuale di pazienti con nefropatia diabetica evolve in insufficienza renale cronica e molti di questi in insuffi- cienza renale cronica terminale richiedente trattamento dialitico [Burnier, 2006]. Da ciò deriva l’esigenza di studiare l’efficacia di nuovi farmaci o farmaci con differente mec- canismo d’azione per impedire l’evoluzione in insufficienza renale. Negli ultimi anni numerose evidenze scientifiche dimostrano il ruolo di sulode- xide come farmaco potenzialmente efficace nella prevenzione della progressione del- la nefropatia diabetica dalla fase iniziale all’insufficienza renale conclamata [Corti- novis, 2008]. Studi sperimentali condotti su ratti diabe- tici hanno dimostrato che la somministra- zione di eparina e GAGs previene le altera- zioni della MBG e della sua carica elettrica con conseguente prevenzione dello svilup- po di microalbuminuria [Gambaro, 1992]. Studi più recenti hanno dimostrato che la somministrazione di GAGs di origine eso- gena può prevenire o riparare parzialmente le lesioni endoteliali osservate a livello del glicocalice della MBG [Mochizuki, 2003] e ridurre la permeabilità proteica anche ne- gli uomini. Alcuni studi hanno dimostrato che la somministrazione di sulodexide riduce la presenza di albumina nelle urine in pazienti Clinical Management Issues 2010; 4(Suppl. 4) ©SEEd Tutti i diritti riservati 29 L. Masotti con diabete di tipo 1 e 2 e che l’effetto persi- ste per alcune settimane dopo l’interruzione del trattamento [Skrha, 1997; Velussi, 1996; Solini, 1997]. Dedov e colleghi hanno di- mostrato che la somministrazione di 600 Unità lipasemiche per 5 giorni a settimana per 3 settimane consecutive di sulodexide in diabetici insulino-dipendenti micro e ma- croalbuminurici, riduceva in maniera stati- sticamente significativa l’ecrezione renale di albumina in particolare nei microalbuminu- rici; in questi ultimi l’effetto della riduzione nell’escrezione di albumina si protraeva an- che a sei settimane [Dedov, 1997]. L’effetto di sulodexide, somministrato a di- versi dosaggi, sul tasso di escrezione di albu- mina è stato indagato in un trial condotto su pazienti diabetici con micro e macroalbumi- nuria (Di.N.A.S. Randomized Trial) [Gam- baro, 2002]. Il disegno dello studio prevede- va la suddivisione di circa 220 pazienti in 4 gruppi ciascuno di circa 55 pazienti riceventi rispettivamente placebo, sulodexide 50 mg/ die, 100 mg/die o 200 mg/die per 4 mesi (t0  t4) e seguiti per un follow-up di ulteriori 4 mesi (t4  t8). Lo studio ha dimostrato che l’escrezione urinaria dell’albumina si ri- duce durante il trattamento con sulodexide in misura concentrazione-dipendente nelle percentuali del 30%, 49% e 74% rispettiva- mente per dosi di 50, 100 e 200 mg di sulo- dexide e alla fine del follow-up l’escrezione urinaria di albumina risulta nuovamente aumentata, rimanendo comunque a livelli inferiori rispetto al pre-trattamento e so- prattutto riducendosi del 62% nei pazienti in trattamento con sulodexide 200 mg/die (Figura 5) [Gambaro, 2002]. Risultati simili sono stati ottenuti da Achour e colleghi che hanno confrontato la concentrazione di albumina nelle urine di 30 pazienti trattati con sulodexide orale al do- saggio di 50 mg per 12 mesi rispetto a quella rilevata in 30 pazienti diabetici di controllo: nel gruppo di controllo l’escrezione urinaria di albumina è risultata aumentare di circa il 20% (19,1%) e 30% (29,4%) rispettivamente dopo 6 e dopo 12 mesi; l’escrezione urinaria di albumina è invece risultata ridotta di cir- ca il 40% (38,1%) e del 60% circa (59,8%) rispettivamente dopo 6 mesi e 12 mesi di trattamento con sulodexide [Achour, 2005]. Un recente studio pilota multicentrico ran- domizzato in doppio cieco effettuato negli USA ha valutato l’efficacia renoprotettiva di sulodexide in circa 150 pazienti con diabete mellito tipo 2 microalbuminurici già in trat- tamento con ACE-inibitori o inibitori del recettore dell’angiotensina (cosiddetti sar- tani) a dosaggio pieno raccomandato dalla Food And Drug Administration (FDA) e con valori di pressione arteriosa stabili e inferiori o uguali a 150/90 mmHg. I pazienti sono stati suddivisi in tre gruppi randomizzati a ricevere placebo, sulodexide 200 mg per os o 400 mg per os per 6 mesi e successivamen- te seguiti per un follow-up di 8 settimane. L’endpoint primario era rappresentato dalla normalizzazione dell’escrezione urinaria di albumina (pazienti divenuti normoalbumi- nurici) in associazione a una riduzione di almeno il 25% dell’escrezione urinaria di albumina o una riduzione del 50% dell’escre- zione urinaria di albumina. L’endpoint pri- mario composito dopo 6 mesi di trattamento è stato raggiunto nel 15% circa dei pazienti assegnati al gruppo placebo, nel 33% circa dei pazienti in trattamento con sulodexide 200 mg e nel 18% circa dei pazienti in trat- tamento con sulodexide 400 mg. Dopo 8 settimane di follow-up in wash out la persi- stenza dell’endpoint primario si è verificata nel 17% circa dei pazienti in trattamento con sulodexide (200 mg o 400 mg considerati in- sieme) contro l’8% circa del gruppo placebo [Lambers Heerspink, 2008]. Derivato dal Di.N.A.S. e dal sopra de- scritto studio multicentrico è il disegno di alcuni trial multicentrici randomizzati con- trollati finalizzati alla dimostrazione del ruo- lo renoprotettivo di sulodexide in pazienti con nefropatia diabetica incipiente (SUN- micro-TRIAL) e conclamata (SUN-overt- TRIAL) e ipertesi in trattamento completo con ACE-inibitori e/o sartani i cui risultati 0 10 20 30 60 80 2001000 R id u zi o n e a lb u m in u ri a (% ) Dosaggio sulodexide (mg/die) Risposta a 8 mesi Risposta a 4 mesi 40 50 150 50 70 Figura 5 Curve dose risposta di sulodexide nel trattamento della nefropatia diabetica [Gambaro, 2002] Clinical Management Issues 2010; 4(Suppl. 4) ©SEEd Tutti i diritti riservati 30 Sulodexide. La risposta in profilassi e terapia alla disfunzione endoteliale sono in fase di pubblicazione [Lambers He- erspink, 2007]. Efficacia clinica di sulodexide in altre patologie vascolari Piede diabetico In uno studio sulodexide è stato valuta- to nel trattamento della sindrome da piede diabetico. Sulodexide aggiunto alla terapia standard con insulina ha indotto la guari- gione del 92% delle ulcere dopo una media di 46,4 giorni. Nel gruppo di controllo (in- sulina + placebo) la guarigione si è verificata nell’83% dei pazienti dopo una media di 63 giorni [Koblik, 2001]. Cerebrovasculopatie L’efficacia di sulodexide nei pazienti con demenza vascolare si esplica in termini di miglioramento clinico e dei parametri emo- reologici e coagulativi. 86 pazienti anziani affetti da demenza vascolare sono stati sud- divisi in due gruppi e randomizzati a ricevere sulodexide 100 Unità lipasemiche/die (46 pazienti) o pentossifillina 1.200 mg/die (40 pazienti) per 6 mesi. La concentrazione pla- smatica di fibrinogeno è risultata diminuita in entrambi i gruppi, ma la riduzione è stata più rapida nel gruppo trattato con sulodexide fra i pazienti con elevati (≥ 350 mg/dl) valori basali di fibrinogeno. Fra i soggetti rando- mizzati a ricevere sulodexide è stata anche rilevata una significativa riduzione dell’an- tigene del fattore VII della coagulazione e un miglioramento della scala di valutazione per la demenza Gottfries Brane Steen (GBS) Rating Scale [Parnetti, 1997]. Emorroidi Un recente studio su circa 60 pazienti, di età compresa tra 30 e 87 anni, affetti da emorroidi di grado II sintomatiche ha di- mostrato che un trattamento di 25 giorni con sulodexide 250 Unità lipasemiche/die migliora in maniera statisticamente signifi- cativa il prurito anale, il dolore, il sanguina- mento, l’edema, la trombosi emorroidaria e la qualità di vita dei pazienti rispetto al periodo precedente al trattamento [Lizza, 2009]. Vertigini vascolari e tinnito L’utilizzo di sulodexide in alcune patologie vestibolari di origine vascolare sta avendo un sempre maggior interesse, come testimo- niano due recenti lavori. Nel primo, Panu e colleghi hanno mostrato come sulodexide possa essere efficace nel trattamento di pa- zienti affetti da vertigine di origine vascolare, grazie alla capacità di ridurre sintomi e grado di handicap [Panu, 2008]. Nel secondo Neri e colleghi hanno recentemente evidenziato che sulodexide migliora il tinnito di origine centrale e sensoriale quando associato a me- latonina rispetto alla sola somministrazione di melatonina [Neri, 2009]. BIBLIOGRAFIA y Achour A, Kacem M, Dibej K, Skhiri H, Bouraoui S, El May M (2005). One year course of oral sulodexide in the management of diabetic nephropathy. J Nephrol; 18: 568-74 y Al-Qaisi M, Kharbanda RK, Mittal TK, Donald AE (2008). Measurement of endothelial function and its clinical utility for cardiovascular risk. 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