©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2011; 5(Suppl 1) 3 Clinical Management Issues del mediastino. Nulla da segnalare a livello di fegato, milza, pancreas e reni. In sede pel- vica presenza di un processo espansivo soli- do, disomogeneo dopo infusione del mezzo di contrasto, a contorni lobulati del diame- Caso ClInICo Il caso clinico in esame riguarda un uomo di 51 anni, con anamnesi negativa per pa- tologia degna di nota, che viene ricoverato alla fine del mese di ottobre 2006 per crisi lipotimica e dolore addominale insorto da alcune ore. All’esame clinico presenta addo- me teso, trattabile, diffusamente dolente alla palpazione, con dolenzia più accentuata ai quadranti inferiori, peristalsi presente. Il pa- ziente risulta lievemente ipoteso (PA 90/60 mmHg) e all’ECG viene riscontrato ritmo sinusale regolare e Fc = 90 bpm. Gli esami di laboratorio risultano nei limiti della norma a eccezione di una moderata anemia normo- cromica.VES 24, markers tumorali: CEA e Ca 19.9 nella norma. Dopo esame ecografico dell’addome con riscontro di versamento endoaddominale, l’esame TC toraco-addominale, eseguito in urgenza, evidenzia: non lesioni infiltrative del parenchima polmonare né adenopatie Corresponding author Dott. Ivan Lolli ivanlolli1@tin.it Caso clinico abstract The management of Gastrointestinal Stromal Tumours (GISTs) has evolved rapidly since imatinib was introduced. Surgery remains the first-line treatment for localised, primary GIST, but the risk for local or metastatic relapse of disease is very high. Prognostic assessment is a critical part of developing a treatment strategy. Perforation or rupture of a GIST to the abdominal cavity has a very high risk for recurrence. We described the case of a 51-year-old man with a haemoperitoneum caused by a ruptured primary GIST of the small intestine. After complete surgical resection, imatinib given for two years as adjuvant therapy achieved no disease progression after prolonged follow-up. Keywords: ruptured gastrointestinal stromal tumour (GIST ), small intestine, adjuvant imatinib A ruptured gastrointestinal stromal tumour of the small intestine: a case report CMI 2011; 5(Suppl.1): 3-9 1 Oncologia Medica, IRCCS Saverio de Bellis, Castellana Grotte (BA) 2 Chirurgia Generale C. Righetti, Policlinico Bari 3 Anatomia Patologica, Policlinico Bari 4 Radiologia, IRCCS Saverio de Bellis, Castellana Grotte (BA) 5 Gastroenterologia, IRCCS Saverio de Bellis, Castellana Grotte (BA) Ivan Lolli 1, Sergio Diotaiuti 2, Silvana Russo 3, Giovanna A. Campanella 1, Nicola Giampaolo 3, Gioacchino Leandro 5, Vincenzo Defilippis 1 Un caso di tumore stromale gastrointestinale del piccolo intestino complicato da rottura tumorale Perché descriviamo questo caso Per evidenziare l ’importanza di un’at- tenta analisi dei parametri prognostici di stratificazione del rischio e dei fattori predittivi di risposta alla terapia al fine di individualizzare il decorso clinico della malattia e personalizzare il trattamento mediante imatinib in adiuvante. Infatti, il decorso clinico dei GIST, relativamente indolente, è difficilmente prevedibile nel singolo paziente, anche dopo chirurgia radicale con margini negativi, a causa dell ’elevata tendenza alla recidiva locale e alla metastatizzazione di tali tumori Disclosure Supplemento realizzato con il contributo di Novartis S.p.A. ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2011; 5(Suppl 1)4 Un caso di tumore stromale gastrointestinale del piccolo intestino complicato da rottura tumorale ne anse del tenue con presenza di livelli idro- aerei, assenza di segni di pneumoperitoneo) e a procedere a intervento chirurgico d’ur- genza. Effettuata una laparotomia mediana, l’esplorazione chirurgica evidenzia presenza di abbondante quantità di sangue libero in addome. Dopo toilette, la fonte del sangui- namento è individuata in una voluminosa neoplasia di circa 10 cm di diametro loca- lizzata a livello del digiuno, circa 1 metro a valle del Treitz, plurilobata, con profonda soluzione di continuo sulla superficie, in cor- rispondenza della quale sono presenti segni di recente sanguinamento. L’ansa interessata, a seguito dell’intima adesione tra la neoplasia e il peritoneo pre- vescicale e parieto-colico sinistro, appare fissa nella pelvi e angolata, con dilatazione dei tratti a monte. Effettuata la lisi aderen- ziale, la neoplasia si rivela originare dallo strato più superficiale della parete digiunale con la quale è in continuità per mezzo di un breve peduncolo. Si decide, pertanto, verifi- cata la buona pervietà del lume, di eseguire resezione tangenziale meccanica. Risultando negativa l’esplorazione dei restanti visceri ad- dominali, l’intervento è concluso con il per- fezionamento dell’emostasi ed è ritenuto R1 a seguito della rottura della neoplasia. Diagnosi clinica: occlusione intestinale ed y emoperitoneo da rottura di voluminosa neoplasia digiunale (probabile GIST). Referto istopatologico: reperto macro- y scopico costituito da neoformazione di 10 × 7 × 4 cm a contorni policiclici, di colorito grigio con screziatura rossastra in superficie ed ancor più in sezione con im- portanti aspetti emorragici e necrotici. Diagnosi istopatologica: tumore stromale y gastrointestinale (GIST) con prevalenti aspetti fusati, a rischio intermedio (loca- lizzazione nel piccolo intestino, fino a 5 mitosi/50 campi a forte ingrandimento, diametro della neoplasia fino a 10 cm) [1]. Sulla base della rottura tumorale, il paziente diventa ad alto rischio. Il patolo- go segnala come la presenza d’importanti aspetti necrotico-emorragici, evidenti an- che a livello dei margini di resezione, non consente un giudizio di certezza sulla ra- dicalità dell’intervento chirurgico. Immunofenotipo della popolazione neo- y plastica: positivo per CD117 e, focalmen- te, per actina del muscolo liscio; negativo per CD34, proteina S-100, HMB-45, de- smina e citocheratina AE1-AE3. La fra- zione proliferante (ki-67) è pari al 5%. tro massimo di circa 8 × 7 cm, a verosimile partenza da un’ansa ileale che appare sub- stenotica con discreta dilatazione a monte. Vescica regolare. Abbondante versamento in cavità addominale (Figura 1). Il paziente viene sottoposto a valutazione endoscopica del colon risultata nella norma. Il peggioramento delle condizioni cliniche generali con anemizzazione progressiva (Hb Figura 1 Referto TC multistrato in cui si evidenzia, in sede pelvica, espanso solido e disomogeneo con aree colliquative contestuali associato a falda fluida contigua Figura 2 Referto PET-TC che evidenzia l ’accumulo del radiofarmaco in sede parietoaddominale da 11,5 a 9,2 g/dl nei controlli successivi), addome globoso e dolente su tutti i quadran- ti, alvo chiuso a feci e gas, induce ad eseguire Rx diretta addome (sovradistensione di alcu- ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2011; 5(Suppl 1) 5 I. Lolli, S. Diotaiuti, S. Russo, G. A. Campanella, N. Giampaolo, G. Leandro, V. Defilippis me di prima istanza per rilevare la presenza di falde fluide nella cavità peritoneale. È una metodica dotata di elevata sensibilità ma la stima dell’entità del versamento peritoneale, importante ai fini della scelta terapeutica, è spesso difficile e soggettiva. La Tomogra- fia Computerizzata (TC) è la metodica di imaging dotata di maggiore affidabilità nella ricerca di versamenti e nella valutazione di parenchimi, organi cavi, mesentere e vasi. La TC multistrato, per la migliore qualità del- le immagini e la possibilità di ricostruzioni tridimensionali, riveste un ruolo di fonda- mentale importanza nell’identificazione e nella stadiazione dei GIST, permettendo di definire con precisione volume e rapporti con gli organi vicini e di individuare even- tuali localizzazioni a distanza. Gli oncogeni responsabili dello sviluppo dei GIST, che, a seguito di mutazioni primarie, diventano costitutivamente attivi sono c-KIT (recet- tore CD117) nell’80% dei casi e, in minor misura, PDGFRA (Platelet Derived Growth Factor Receptor Alpha) nel 5-10%. Le mutazioni di KIT interessano in ordine decrescente di frequenza l’esone 11 (80%), l’esone 9 (10%), l’esone 13 (2%) e l’esone 17 (0,5%); quelle del gene PDGFRA, l’esone 18 (80%) e, in una quota minore, l’esone 12 o 14. Entrambe comportano attivazione co- stitutiva del recettore con aumento dell’at- tività proliferativa e della crescita tumorale. Le mutazioni di KIT e PDGFRA sono mutuamente esclusive e l’attivazione di un gene sembra escludere quella dell’altro. In circa il 10% dei casi di GIST non sono pre- senti mutazioni né di KIT, né di PDGFRA (GIST wild-type) [1]. L’evoluzione clinica di tali neoplasie, radio e chemioresistenti, si caratterizza per una recidività correlata all’indice mitotico e alle dimensioni iniziali, con tendenza alla diffusione che si verifica elettivamente a livello peritoneale ed epatico. La chirurgia completa, senza dissezione dei linfonodi clinicamente negativi, rappresenta il trattamento principale per i GIST localiz- zati ed è l’unica terapia che ha dimostrato un impatto sulla sopravvivenza a lungo termi- ne. L’obiettivo della chirurgia è la rimozione completa del tumore (da evitare la rottura e la disseminazione intraperitoneale), con margini di resezione microscopicamente indenni (R0). Il conseguimento di questo risultato rappresenta un importante fattore prognostico che è significativo ai fini della sopravvivenza (mediana di 46 mesi, in caso di resezione completa, contro mediana di 10 mesi, in caso di resezione incompleta-R2) Analisi mutazionale: presenza di muta- y zione dell’esone 11 (del 560-571) del gene c-KIT valutata mediante PCR e sequen- ziamento diretto, nessuna mutazione degli esoni 9, 13, 17 e del gene PDGFR-alfa. Il paziente inizia il trattamento in adiu- y vante con imatinib mesilato alla dose di 400 mg/die. La dimissione del paziente avviene in do- dicesima giornata dall’intervento, dopo un decorso postoperatorio privo di complicanze. La stadiazione successiva con TC total body risulta negativa per localizzazioni a distanza e la PET globale corporea eseguita in data 11.12.06 non evidenzia patologico accumulo del radiofarmaco a eccezione di un’area a li- vello parieto-addominale, in sede sottoxifoi- dea, da riferire a esito del recente intervento chirurgico (Figura 2). DIsCUssIone I tumori stromali gastrointestinali (GIST) sono i più comuni tumori mesenchimali del tratto gastrointestinale (GI). Trattasi di neo- plasie rare (1,5 casi/100.000 persone/anno) che possono insorgere in qualsiasi tratto del canale alimentare, dalla metà distale dell’eso- fago alla regione ano-rettale. Sedi comuni sono lo stomaco (60%), il piccolo intestino (digiuno e ileo, 30%) e, in minor misura, il duodeno (5 %), il colon-retto (<5 %), l’eso- fago, l’omento, il mesentere e il retro-peri- toneo (< 1%) [2]. La presentazione clinica dei pazienti con GIST varia notevolmente in rapporto alla sede anatomica, all’estensione e all’aggressività della malattia. In genere, i sintomi e i segni più comuni, ma spesso tardivi, sono: dolori addominali, sanguinamento gastrointestinale, anemia e presenza di una massa palpabile. Una quota rilevante di pazienti, circa il 30%, è asinto- matica alla diagnosi e tale rimane per gran parte del decorso clinico della malattia [3]. Sviluppandosi dalla parete degli organi ga- stroenterici, i GIST tipicamente formano masse di dimensioni variabili che, accre- scendosi nella cavità addominale possono complicarsi determinando, come nel nostro caso, emorragie peritoneali, dolore addomi- nale e anemizzazione. Tali evenienze sono infrequenti ma, quando si verificano, ren- dono necessario ricorrere a una chirurgia d’urgenza [4,5]. Più frequentemente il san- guinamento si verifica all’interno del lume intestinale con comparsa di melena, emate- mesi e anemia. L’ecografia è, in genere, l’esa- ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2011; 5(Suppl 1)6 Un caso di tumore stromale gastrointestinale del piccolo intestino complicato da rottura tumorale (a parità di dimensioni e indice mitotico la sede gastrica si caratterizza per un compor- tamento clinico meno aggressivo, rispetto al piccolo intestino). In questa classificazione di rischio vengono considerati 2 parametri per l’indice mitotico (≤ 5/50 HPF e > 5/50 HPF), 4 classi per la dimensione del tumo- re (≤ 2cm, > 2 ma ≤ 5cm, > 5 ma ≤ 10 cm e > 10 cm) e 4 localizzazioni per la sede tu- morale (gastrica, duodenale, digiuno/ileo e retto) (Tabella II). Agli estremi troviamo neoplasie a basso indice mitotico (< 5/50 HPF), piccole di- mensioni (< 5 cm) e localizzazione gastrica, con percentuale di progressione di malattia e metastatizzazione < 5%, e neoplasie ad alto indice mitotico (> 5/50 HPF), grandi dimensioni (> 10 cm) e localizzazione digiu- no ileale la cui percentuale di progressione e metastatizzazione è del 90% [1]. La stra- tificazione del rischio, sia secondo Fletcher che Miettinen, per dimensione, sede e in- dice mitotico, collocava il GIST del nostro paziente nella classe a rischio intermedio di comportamento maligno, ma la rottura spontanea del tumore, che si era verificata con lo spandimento emorragico in peri- toneo, induceva a considerare la neoplasia ad alto rischio di recidiva. La rottura della neo plasia, spontanea o nel corso di manovre chirurgiche, infatti, per la elevata possibilità di impianti tumorali intra-addominali è con- siderata fattore prognostico negativo per la recidiva e la diffusione peritoneale. La complicanza appare influenzare la sopravvivenza indipendentemente dalle di- mensioni del tumore e dalla conta mitotica e comporta l’annullamento del vantaggio di sopravvivenza conferito dalla resezione completa (il decorso clinico e la soprav- vivenza dei pazienti con rottura tumorale tendono a uniformarsi a quelli dei casi di GIST non completamente resecati) (Tabella [6]. Dopo la chirurgia, la recidiva è un fe- nomeno frequente (sopravvivenza libera da recidiva, RFS, del 63% a 5 anni per i GIST ad alto rischio completamente resecati), con un tempo mediano alla ricorrenza compreso tra 7 mesi e 2 anni [7]. Un aspetto chiave nell’inquadramento del paziente è, pertan- to, la valutazione del rischio di recidiva. A tale scopo sono stati analizzati vari aspetti istopatologici e clinici utili per un giudizio prognostico e per una terapia mirata. La classificazione proposta da Fletcher nel 2002 individuava nelle dimensioni tu- morali e nell’indice mitotico i più rilevanti fattori per la stratificazione del rischio dopo chirurgia dei pazienti affetti da GIST con malattia localizzata e resecabili (Tabella I). Si distinguevano 4 categorie di pazienti: a rischio molto basso (diametro tumorale < 2 cm e < 5 mitosi/50 campi ad alto ingran- dimento – HPF), basso (diametro 2-5 cm e < 5 mitosi/50 HPF), intermedio (diametro ≤ 5 cm e 6-10 mitosi/50 HPF oppure 5-10 cm e ≤ 5 mitosi/50 HPF) e alto (diametro > 5 cm e > 5 mitosi/50 HPF, oppure diame- tro > 10 cm indipendentemente dall’indice mitotico, oppure > 10 mitosi/50 HPF indi- pendentemente dalle dimensioni) [8]. Nel 2006 Miettinen e Lasota, per una più corretta stima del rischio di ricaduta associa- to ai GIST, estendevano i criteri prognostici associando alle dimensioni e all’indice mi- totico la sede di insorgenza della neoplasia Dimensioni del tumore (cm) Conta mitotica (HPF) < 5/50 HPF 5-10/50 HPF > 10/50 HPF < 2 Molto basso Moderato Alto 2-5 Basso Moderato Alto 5-10 Moderato Alto Alto > 10 Alto Alto Alto Tabella I Rischio di recidiva in base a dimensioni del tumore e conta mitotica. Modificata da [8] Tabella II Rischio di recidiva in base alla localizzazione. Modificato da [9] * Da notare che in letteratura sono pochi i casi riportati con tali caratteristiche ° Nessun tumore di tale categoria è stato incluso nello studio. Da notare che i GIST del piccolo intestino e gli altri GIST dell’area intestinale mostrano una prognosi molto meno favorevole rispetto ai GIST gastrici # Questi gruppi sono stati riuniti a causa del basso numero di casi nei singoli gruppi Conta mitotica Dimensione (cm) Rischio di progressione (rischio di metastasi) stomaco Digiuno e ileo Duodeno Retto ≤ 5/50 HPF ≤ 2 0% (Nessuno) 0% (Nessuno) 0% (Nessuno) 0% (Nessuno) 2-5 1,9% (Molto basso) 4,3% (Basso) 8,3% (Basso) 8,5% (Basso) 5-10 3,6% (Basso) 24% (Moderato) 34% (Alto)# 57% (Alto)# > 10 12% (Moderato) 52% (Alto) 34% (Alto)# 57% (Alto)# > 5/50 HPF ≤ 2 0%* 50%* ° 54% (Alto) 2-5 16% (Moderato) 73% (Alto) 50% (Alto) 52% (Alto) 5-10 55% (Alto) 85% (Alto) 86% (Alto)# 71% (Alto)# > 10 86% (Alto) 90% (Alto) 86% (Alto)# 71% (Alto)# ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2011; 5(Suppl 1) 7 I. Lolli, S. Diotaiuti, S. Russo, G. A. Campanella, N. Giampaolo, G. Leandro, V. Defilippis Le mutazioni di KIT a carico dell’esone 11 hanno una buona risposta alla terapia in oltre l’80% dei casi, le mutazioni a carico dell’esone 9 presentano una risposta inter- media, mentre le mutazioni dell’esone 13 e 17 sono associate a scarsa risposta. Le mu- tazioni di PDGFR esone 18 sono sensibili al farmaco ma la più comune mutazione di questo esone, a carico del codone D842V, è associata a resistenza e cattiva risposta. I GIST wild-type presentano in genere una scarsa risposta alla terapia. Nel febbraio 2007 il paziente iniziava la terapia adiuvante con imatinib mesilato somministrato al dosaggio di 400 mg/die per due anni previa acquisizione del consenso informato scritto e dell’autorizzazione per l’uso off-label del farmaco (essendo imatinib indicato fino a quel momento solo nel tratta- mento della malattia non resecabile o meta- statica). La durata della terapia per 24 mesi è stato il risultato di una decisione condivisa con il paziente, un compromesso tra la stima del rischio della malattia e la disponibilità a sottoporsi a una terapia in via di validazione. A consentire il completamento della durata programmata della terapia ha contribuito, d’altro canto, la buona tollerabilità del trat- tamento con imatinib. Non si è verificata, in- fatti, tossicità di nessun grado, ematologica, gastrointestinale, del sistema epatobiliare o dell’apparato muscolo-scheletrico. Gli effetti collaterali più comuni sono sta- ti la comparsa di un modesto edema peri- malleolare e periorbitale, ben controllato da una terapia diuretica a basso dosaggio e una moderata fatigue, più accentuata nelle prime settimane di trattamento che, comunque, non ha impedito lo svolgimento dell’abituale attività lavorativa. Altro disturbo riferito è stata la saltuaria insorgenza durante la notte e, soprattutto, in seguito a esercizio fisico, di crampi muscolari agli arti inferiori che han- III) [10]. La rottura del tumore prima o du- rante l’intervento chirurgico con emorragia intraperitoneale è, inoltre, uno dei criteri che definisce l’alto rischio, insieme alle di- mensioni tumorali ≥ 10 cm e alla presenza di metastasi peritoneali in numero < 5, dei 107 pazienti valutati nello studio Z9000 dell’American College of Surgeons Oncology Group (ACOSOG). In questo studio mul- ticentrico di fase II, presentato inizialmente al “ASCO Annual Meeting 2005” [12], la somministrazione di imatinib in adiuvante entro 12 settimane dalla chirurgia completa, alla dose di 400 mg/die per un anno, era ben tollerata e determinava un prolungamento della sopravvivenza libera da recidiva (RFS) e di quella globale (OS) rispetto ai controllo storico. L’OS a 1, 2 e 3 anni era rispettiva- mente del 99%, 97% e 97% e la RFS a 1, 2 e 3 anni era rispettivamente del 94%, 73% e 61%. La OS mediana del controllo storico (sottogruppo di pazienti con GIST > 10 cm) era di 2 anni [13]. Nei pazienti con malattia locale avanzata non operabile e nei pazienti con metastasi, imatinib, inibitore selettivo delle tirosin chi- nasi c-KIT e PDGFRA, ha rivoluzionato il paradigma di trattamento dei GIST, e rap- presenta oggi la terapia standard in grado di determinare incremento della sopravvivenza mediana da 10-12 mesi a 57 mesi. Il successo terapeutico nelle fasi avanzate di malattia e la prospettiva, dai dati emergenti dalla lettera- tura [14], di poter offrire al nostro paziente ad alto rischio benefici clinici significativi derivati dalla riduzione della probabilità di ripresa di malattia, ha costituito il razionale per avviare la terapia con imatinib mesilato in adiuvante. Altri elementi sono stati con- siderati nella decisione terapeutica. In primo luogo la mancanza di informazioni circa la radicalità dell’intervento per l’impossibilità, come segnalato dal patologo, di stabilire l’in- tegrità del margine di resezione chirurgica a causa degli importanti aspetti necrotico- emorragici della neoplasia presenti anche a tale livello. L’altro elemento preso in considerazione è stato il risultato dell’analisi mutazionale del gene c-KIT che evidenziava una mutazione (del 560-57) a carico dell’esone 11. Il tipo di mutazione di KIT o di PDGFRA, oltre a un possibile valore prognostico (mutazio- ni puntiformi, inserzioni e le duplicazioni a livello esone 11 = prognosi favorevole; delezione codone 557-558 stesso esone = prognosi sfavorevole), è fattore predittivo di risposta alla terapia con imatinib [15,16]. Categoria di rischio Dimensioni tumore (cm) Indice mitotico (50/HPF) sede primaria del tumore Molto basso < 2 ≤ 5 Qualsiasi Basso 2,1-5 ≤ 5 Qualsiasi Intermedio 2,1-5 < 5 5,1-10 > 5 6-10 ≤ 5 Gastrico Qualsiasi Gastrico Alto Qualsiasi > 10 Qualsiasi > 5 2,1-5 5,1-10 Qualsiasi Qualsiasi > 10 > 5 > 5 ≤ 5 Rottura tumorale Qualsiasi Qualsiasi Qualsiasi Non gastrico Non gastrico Tabella III Classificazione per la selezione di pazienti con GIST eleggibili per la terapia adiuvante. Modificata da [11] ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2011; 5(Suppl 1)8 Un caso di tumore stromale gastrointestinale del piccolo intestino complicato da rottura tumorale tinib in adiuvante è stato approvato per i GIST dal U.S.Federal Drug Administration (FDA) nel dicembre 2008, e dall’European Medicine Agency (EMA) nel maggio 2009. Il trattamento con imatinib per almeno un anno è incluso nelle linee guida aggiornate al 2010 dell’ESMO [18] e dell’NCCN (Na- tional Comprehensive Cancer Network) [19] come opzione terapeutica alternativa all’os- servazione nei pazienti a rischio intermedio ed alto, dopo resezione chirurgica completa. Nelle stesse linee guida è riportato che la rottura del tumore, sia spontanea sia al mo- mento della resezione chirurgica, dovrebbe essere segnalata, poiché denota un aumen- to di rischio, indipendentemente dagli altri fattori prognostici. In tali casi, essendo pre- vedibile una contaminazione del peritoneo, si dovrebbe assumere la presenza di malattia occulta a tale livello. Questo porrebbe il pa- ziente ad alto rischio di ripresa di malattia. Pertanto questi casi sarebbero candidati alla terapia adiuvante. I risultati degli studi SSG/AIO (pazienti ad alto rischio, imatinib 400 mg/die per un anno vs tre anni, obiettivo primario RFS) ed EORTC 62024 (pazienti a rischio in- termedio-alto, imatinib 400 mg/die per 2 anni vs osservazione, obiettivo primario OS) renderanno disponibili ulteriori dati per stabilire la durata ottimale della terapia adiuvante e la sua capacità di impatto sulla sopravvivenza globale. no tratto beneficio dalla somministrazione di integratori di calcio e magnesio. Il follow-up è stato condotto con esami ematochimici, radiografia torace, TC addome ogni tre mesi per i primi due anni e programmato con gli stessi esami ogni sei mesi per i successivi tre anni ed annualmente dopo i cinque anni. A 51 mesi dall’intervento chirurgico ed a 23 mesi dal termine del trattamento adiuvante il paziente è libero da malattia. ConClUsIonI Nel 2007 lo studio Z9001 dell’American C o l l e g e o f S u r g e o n s O n c o l o g y G r o u p (ACOSO G) è stato il pr imo tr ial a dimostrare che imatinib, al dosaggio di 400 mg/die per un anno, in pazienti con GIST localizzato di dimensioni ≥ 3 cm trattato con resezione chirurgica completa, migliora in maniera significativa la sopravvivenza libera da recidiva (RFS), rispetto al placebo con un vantaggio assoluto del 15% (98% vs 83%; p < 0,0001) [17]. La terapia adiuvante è stata in grado di ridurre il rischio di ricaduta a un anno dell’89%. Non si è evidenziata alcuna differenza di sopravvivenza tra i 2 gruppi probabilmente a causa del limitato periodo di follow-up (19,7 mesi) e del consentito cross-over a imatinib in caso di recidiva nel gruppo placebo. In base a tali risultati il trattamento con ima- Temi aperti della terapia adiuvante Durata ottimale del trattamento y Selezione dei pazienti candidati a terapia adiuvante y Dose del farmaco da utilizzare in relazione al profilo molecolare y Previene o semplicemente ritarda la recidiva? y Migliorerà la sopravvivenza a lungo termine? y BIBlIogRaFIa Miettinen M, Lasota J. Gastrointestinal stromal tumors. Review on morphology, molecular 1. pathology, prognosis and different diagnosis. Arch Pathol Lab Med 2006; 130: 1466-78 Miettinen M, Lasota J. Gastrointestinal stromal tumors (GISTs): definition, occurence,pathol2. ogy,differential diagnosis and molecular genetics. Pol J Pathol 2003; 54: 3-24 Kats SC, DeMatteo RP. Gastrointestinal stromal tumors and leiomyosarcomas. 3. J Surg Oncol 2008; 97: 350-9 Hirasaki S, Fujita K, Matsubara M, Kanzaki H, Yamane H, Okuda M et al. A ruptured large 4. extraluminal ileal gastrointestinal stromal tumor causing hemoperitoneum. World J Gastroenterol 2008; 14: 2928-31 ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2011; 5(Suppl 1) 9 I. Lolli, S. Diotaiuti, S. Russo, G. A. Campanella, N. Giampaolo, G. Leandro, V. Defilippis Jacobs K, de Gheldere C, Vancclooster P. A ruptured gastrointestinal stromal tumor of the 5. trasverse mesocolon: a case report. Acta Chir Belg 2006; 106: 218-21 DeMatteo RP, Lewis JJ, Leung D, Mudan SS, Woodruff JM, Brennan MF. Two hundred 6. gastrointestinal stromal tumors. Recurrence patterns and prognostic factors for survival. Ann Surg 2000; 231: 51-8 DeMatteo RP, Gold JS, Saran L, Gönen M, Liau KH, Maki RG et al. Tumor mitotic rate, size, 7. and location independently predict recurrence after resection of primary gastrointestinal stromal tumor (GIST). Cancer 2008; 112; 608-15 Fletcher CD, Berman JJ, Corless C, Gorstein F, Lasota J, Longley BJ et al. Diagnosis of 8. gastrointestinal stromal tumors: a consensus approach. Hum Pathol 2002; 33: 459-65 Miettinen M, Lasota J. 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Campanella 1, Nicola Giampaolo 3, Gioacchino Leandro 5, Vincenzo Defilippis 1 Caso clinico Imatinib mesilato: trattamento adiuvante in un paziente con GIST a rischio significativo Giuseppe Aprile 1 Caso clinico Incremento di dose di imatinib a 800 mg nel paziente con GIST in progressione con dosaggio standard: caso clinico Giuseppe Naso 1, Enrico Cortesi 1