©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2011; 5(Suppl 3) 3 Clinical Management Issues Nello studio IRIS la risposta molecolare maggiore (MMR) è stata definita come un decremento di 3 logaritmi rispetto a un dato basale e successivamente la sua standardiz- zazione “MMRIS” è stata armonizzata con un campione di controllo unico per tutti i laboratori. Invece, la risposta molecolare completa (CMR) è definita tale quando il trascritto non è determinabile in un saggio la cui sensibilità è ≥ a 4 logaritmi (BCR- ABL/ABL ≤ a 0,01% su IS) o ≥ a 4,5 log (BCR-ABL/ABL ≤ a 0,0032% su IS) [1]. Lo studio IRIS ha dimostrato che la so- pravvivenza globale, in pazienti con risposta citogenetica completa a 8 anni, raggiunge l’83% con tassi di Event Free Survival (EFS) pari all’81% e di Overall Survival (OS) pari all’85%. In questo trial il 17% dei pazienti non ha raggiunto la risposta citogenetica completa (CCyR), il 15% l’ha ottenuta ma l’ha successivamente persa, il 5% è risultato intollerante a imatinib. Nel 92% dei pazienti nel corso dello studio non è stata osservata progressione in fase accelerata (AP) o bla- stica (BC): il tasso di progressione in AP/ BC dal 1° al 5° anno è stato, rispettivamente 1,5%, 2,8%, 1,6%, 0,9%, 0,5% per poi essere successivamente irrilevante. Lo stesso studio mostrava che il tasso della risposta molecola- re migliorava nel tempo. Nessun paziente in MMR al 12° mese è successivamente progre- dito. Infatti, nei pazienti in CCyR, l’otteni- mento della MMR a 12 mesi conferiva una maggiore durata della sopravvivenza libera da eventi (EFS) rispetto ai pazienti che non avevano raggiunto la MMR. A un follow- up di otto anni, un terzo dei pazienti non ha avuto un buon outcome: circa il 30% ha fallito la terapia con imatinib e una parte (il La storia di imatinib nella cura della leuce- mia mieloide cronica (LMC) ha qualcosa di miracoloso e sembra essere nata dalla mente di un giovane medico che si ritrova a fanta- sticare su un farmaco efficace, non tossico, che colpisce solo le cellule neoplastiche che forse potrebbe sconfiggere la malattia. Era a questo che pensava, sul finire degli anni ’90, Brian Druker quando iniziò a stu- diare gli inibitori delle tirosin-chinasi? Ci sono voluti circa 40 anni dalla scoperta del cromosoma Philadelphia, con la traslo- cazione reciproca tra i cromosomi 9 e 22, per mettere in evidenza come il gene ibrido BCR-ABL sul cromosoma 22 codificasse per una proteina tirosin-chinasica costitu- zionalmente attiva e quindi potesse generare meccanismi proliferativi, antiapoptotici, di migrazione e di instabilità genomica che sono la causa della LMC. Dal finire degli anni ’90 si comprendono meglio le vie di trasduzione dei segnali at- tivati dalle tirosin-chinasi e dall’azione del suo primo inibitore, imatinib, e la LMC da cenerentola diventa la “traccia scolastica” per tutte le altre neoplasie. Con imatinib, il primo inibitore della proteina tirosin-chinasi Brc-Abl codificata dal gene di fusione BCR-ABL, si apre un nuovo scenario terapeutico per la LMC che comporta l’abbandono della terapia con in- terferone e la drastica riduzione della indi- cazione trapiantologica. Lo studio IRIS, il più importante studio clinico nello sviluppo di questo farmaco che ne ha permesso la registrazione, è diventato il fulcro su cui sono state formulate le prin- cipali decisioni in merito alla gestione e al trattamento del paziente affetto da LMC. Corresponding author Dott. Bruno Martino brunmartin@libero.it Caso clinico 1 Divisione di Ematologia, AO “Bianchi Melacrino Morelli”, Reggio Calabria Bruno Martino 1 Quesiti terapeutici in corso di leucemia mieloide cronica Disclosure Supplemento realizzato con il contributo di Novartis S.p.A. mailto:brunmartin@libero.it ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2011; 5(Suppl 3)4 Editoriale 19%) ha acquisito meccanismi di resistenza dovuti a mutazioni puntiformi della tasca di Bcr-Abl. Per migliorare i risultati dello studio IRIS sono stati effettuati ulteriori trial utilizzan- do alte dosi di imatinib a 800 mg che han- no mostrato una più rapida MMR e CCyR [2,3], anche se gravati da eventi avversi ematologici e non ematologici di grado 3-4. Sono stati eseguiti anche studi di combina- zione con altri farmaci quali interferone pe- ghilato o citarabina nei quali, pur essendoci tassi maggiori di MMR nel gruppo di asso- ciazione con pegIFN, non si sono osservate differenze per PFS (Progression Free Survi- val) e OS nel lungo follow-up. Sulla scorta dei risultati di imatinib in pri- ma linea e dello studio IRIS in particolare, sono state formulate le raccomandazioni del gruppo European LeukemiaNet (ELN) [4], che definiscono i criteri di risposta ottimale, sub-ottimale e di fallimento alla terapia con imatinib. Queste linee guida consentono una ottima gestione dei pazienti, permettendo di identificare categorie che necessitano di decisioni terapeutiche alternative. L’esempio più importante a questo riguardo è dato dalla identificazione dei pazienti sub-ottimali per i quali abbiamo oggi la possibilità di utiliz- zare un inibitore di seconda generazione come alternativa all’incremento del dosaggio di imatinib. Infatti un’ulteriore importante tappa nella storia di questa malattia è rappre- sentata proprio [5] dallo sviluppo di nuovi agenti ad alta selettività e affinità di legame alla proteina Bcr-Abl. Sono state descritte, in questi anni, più di cento mutazioni che hanno portato alla ricerca di nuove molecole che superassero la resistenza a imatinib. Le due molecole più estesamente studiate sono nilotinib e dasatinib. Nei pazienti resistenti o intolleranti a imatinib, gli inibitori di seconda generazio- ne hanno quindi rappresentato una nuova ed efficace opzione terapeutica. Dasatinib, il primo di questi inibitori ad aver ricevuto l’indicazione per il trattamento dei pazien- ti affetti da LMC resistenti o intolleranti a imatinib, agisce sulle chinasi Src e Abl ed è attivo su molte mutazioni di BCR-ABL cli- nicamente rilevanti, tranne T315I. Nilotinib, disegnato a partire da imatinib in modo da ottimizzare il legame con la tasca di Bcr- Abl, è una molecola che, per le sue proprietà conformazionali, ha la peculiarità di adattarsi in maniera più specifica al sito di inibizione di Bcr-Abl, consentendo di superare i mec- canismi di resistenza descritti per imatinib (15-20% in tutti gli studi). È dotato inoltre di una bassa dipendenza dai meccanismi di influsso ed efflusso cellulare (MDR OCT1), che gli permette di raggiungere concentra- zioni terapeutiche adeguate e di superare i meccanismi di MRD. Per queste sue carat- teristiche nilotinib ha una maggiore potenza d’azione rispetto a imatinib: inibisce infatti Bcr-Abl 30 volte di più, risparmiando tutti gli altri target tirosin-chinasici (ad eccezione di PDGFR beta e cKIT). Vengono quindi realizzati diversi studi clinici nei pazienti resistenti o intolleranti a imatinib. Lo studio che ha portato alla re- gistrazione di nilotinib in seconda linea ha dimostrato a un follow-up di 24 mesi rispo- ste citogenetiche maggiori nel 59% dei casi, complete nel 44%, con una sopravvivenza pari all’87%. Nei pazienti in fase accelerata, sempre a 24 mesi di follow-up, nilotinib ha permesso di ottenere risposte citogenetiche maggiori nel 32% dei casi, complete nel 21% dei casi con una sopravvivenza a 12 mesi che ha raggiunto l’80%, consentendo una possibile alternativa terapeutica, come il trapianto. In questo ampio scenario la scelta del tipo di inibitore da usare in seconda linea può essere guidata dal tipo di mutazione di BCR-ABL, dalle comorbidità, dai profili di tossicità dei farmaci e dalla considerazione che essi non sono cross-intolleranti nei pa- zienti intolleranti a imatinib. L’efficacia degli inibitori di seconda ge- nerazione con la loro potenza, selettività, specificità e con la loro buona tollerabilità in seconda linea terapeutica e i limiti iden- tificati negli studi che hanno valutato la dose escalation di imatinib, hanno portato alla rea- lizzazione di studi di confronto di fase II e III tra imatinib e gli inibitori di seconda ge- nerazione nilotinib e dasatinib. Questi studi hanno portato alla registrazione di nilotinib e dasatinib in prima linea. Lo studio GIMEMA di fase seconda che esplora l’attività di nilotinib in prima linea al dosaggio di 400 mg due volte al giorno in 73 pazienti in fase cronica rileva una CCyR a 1 anno pari al 96%, con un tasso di MMR pari al 85%. Da segnalare risposte rapide (il 78% di CCyR e il 52% di risposte moleco- lari maggiori a 3 mesi) e ottima tollerabilità (interruzioni del trattamento dovute a effetti tossici non ematologici e mielosoppressione irrilevanti). Il recente studio ENESTnd, importante per il suo follow-up già di 24 mesi, con- fronta nilotinib al dosaggio di 300 mg 2 ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2011; 5(Suppl 3) 5 B. Martino volte al giorno o 400 mg 2 volte al giorno vs imatinib 400 mg al giorno. Questo stu- dio dimostra che a 24 mesi il trattamento con nilotinib a 300 mg 2 volte al giorno ha portato all’87% di CCyR vs il 77% con imatinib (p = 0,0018). La MMR è stata ot- tenuta nel 71% dei pazienti (p < 0,0001) in confronto al 44% dei pazienti che ottengo- no la risposta con imatinib. Inoltre lo studio evidenzia come a 24 mesi il 26% dei pazienti ottiene una risposta molecolare completa con una riduzione del trascritto di 4,5 log (p < 0,0001) rispetto al 10% nei pazienti trattati con imatinib. Infine la progressione in fase accelerata o blastica durante il trat- tamento è stata dello 0,7% nei pazienti in trattamento con nilotinib 300 mg 2 volte al giorno rispetto al 6% dei pazienti trattati con imatinib. Nessun paziente in MMR è andato in progressione. I dati di nilotinib in prima linea evidenzia- no come sia molto importante ottenere una risposta veloce e profonda per proteggere il paziente dalla progressione e ci proiettano verso la possibile guarigione del paziente, spingendoci a poter pensare che una parte dei pazienti possa in futuro forse smettere il trattamento. Tale riflessione può essere mutuata dallo studio STIM [6] nel quale imatinib è stato interrotto in 69 pazienti che avevano ottenuto un risposta molecolare completa per più di due anni. Di essi solo il 59% ha perso la risposta molecolare entro 7 mesi dalla sospensione e, se consideriamo soltanto i pazienti con basso rischio Sokal, questa percentuale è minore. Lo studio ENESTnd evidenzia come ni- lotinib sia più efficace e meglio tollerato di imatinib con un minor rischio di progressio- ne di malattia, con un importante vantaggio dimostrato su tutti i rischi Sokal sia in termi- ni di MMR che in termini di CMR. E sappiamo che se si vuole intraprendere il percorso verso la cura della malattia, l’obiet- tivo terapeutico da ricercare fortemente e prepotentemente è la risposta molecolare completa. Anche per dasatinib è in corso uno studio di fase III (DASISION) con un follow-up di 24 mesi che ha portato alla registrazione del farmaco in prima linea in US ed Europa. Questi risultati suggeriscono che gli ini- bitori di seconda generazione possano so- stituire imatinib come standard di cura nei pazienti in prima linea e aprono interroga- tivi su come gestire meglio i pazienti già in trattamento con imatinib che non hanno una risposta ottimale alla terapia secondo le ultime linee guida ELN. Nei pazienti che hanno iniziato imatinib recentemente in prima linea è possibile in- dividuare rispetto alle linee guida correnti uno switch precoce al secondo inibitore per condizioni di risposta sub-ottimale? Una prima riflessione scaturisce dai dati presentati recentemente all’EHA sui pa- zienti sub-ottimali dello studio ENESTnd in trattamento con imatinib per i quali era prevista la possibilità di aumentare il dosag- gio del farmaco a 800 mg al giorno. A un follow-up mediano di 14 mesi, il 57% dei pa- zienti non ha avuto nessun beneficio clinico dopo l’aumento del dosaggio di imatinib, il 17% ha ottenuto una CCyR (senza MMR) mentre il 26% ha ottenuto una MMR. Questi dati suggeriscono che, probabil- mente, lo switch precoce a un inibitore di seconda generazione sia la scelta migliore per i pazienti sub-ottimali. Un altro aspetto che dobbiamo tenere presente riguarda la terapia di prima linea: quale inibitore e per chi? Il rischio Sokal ci ha guidati in questi anni perfettamente nella gestione della LMC. Farmaci come nilotinib che portano i pa- zienti ad alto Sokal ad avere le stesse rispo- ste citogenetiche e molecolari ottenute con imatinib nel basso Sokal ci pongono que- siti di non semplice risoluzione nella scelta terapeutica. Nello studio STIM i pazienti con minor rischio di ricaduta sono quelli che hanno ottenuto una risposta molecolare completa e che avevano un basso Sokal. Per- ché allora privarci della risposta molecolare che si ottiene più frequentemente e più pro- fondamente con nilotinib nel basso rischio? Potrebbero essere questi pazienti quelli a cui potrebbe essere sospeso il farmaco? BIBLIOGRAFIA 1. Hughes T, Deininger M, Hochhaus A, Branford S, Radich J, Kaeda J et al. Monitoring CML patients responding to treatment with tyrosine kinase inhibitors: review and recommendations for harmonizing current methodology for detecting BCR-ABL transcripts and kinase domain mutations and for expressing results. Blood 2006; 108: 28-37 ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2011; 5(Suppl 3)6 Editoriale 2. Castagnetti F, Palandri F, Amabile M, Testoni N, Luatti S, Soverini S et al; GIMEMA CML Working Party. Results of high-dose imatinib mesylate in intermediate Sokal risk chronic myeloid leukemia patients in early chronic phase: a phase 2 trial of the GIMEMA CML Working Party. Blood 2009; 113: 3428-34 3. Kantarjian H, Talpaz M, O’Brien S, Garcia-Manero G, Verstovsek S, Giles F et al. High-dose imatinib mesylate therapy in newly diagnosed Philadelphia chromosome-positive chronic phase chronic myeloid leukemia. Blood 2004; 103: 2873-8 4. Baccarani M, Cortes J, Pane F, Niederwieser D, Saglio G, Apperley J et al; European LeukemiaNet. 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Lancet Oncol 2010; 11: 1029-35 Quesiti terapeutici in corso di leucemia mieloide cronica Bruno Martino 1 Efficacia di nilotinib in un paziente ricaduto dopo 9 anni di terapia con imatinib e in risposta citogenetica completa stabile Marzia Defina 1 Efficacia e sicurezza di nilotinib, dopo risposta sub-ottimale a imatinib, in paziente con leucemia mieloide cronica e tachicardia parossistica sopraventricolare Stefana Impera 1, Ugo Consoli 1, Giuseppina Uccello 1, Patrizia Guglielmo 1 Differente risposta a imatinib e nilotinib in relazione al tempo di somministrazione Paolo Danise 1 Rapida e duratura risposta molecolare con nilotinib in una paziente in risposta sub-ottimale a imatinib Mario Annunziata 1