7 Clinical Management Issues allo striscio, presenza di precursori della granulopoiesi. Nel sospetto di malattia mieloprolifera- tiva, veniva effettuato aspirato midollare, CASO CLINICO Nel febbraio 2007 giungeva alla nostra osservazione un uomo di 44 anni, che pre- sentava da circa un mese sintomatologia ca- ratterizzata da febbricola, sensazione di peso post-prandiale, astenia e calo ponderale. All’esame obiettivo si documentava mar- cata splenomegalia (20 cm dall’arcata costale sinistra) ed epatomegalia (8 cm dall’arcata costale destra); gli esami ematochimici ri- sultavano tutti nella norma (funzionalità epatica e renale e indagini virali), eccetto un notevole incremento dell’LDH (2071 U/l). Le indagini strumentali (ecografia addome e RX torace) confermavano i reperti eviden- ziati all’esame obiettivo. All’esame emocromocitometrico, si rile- vava lieve anemia (Hb 12,9 g/dl) e impor- tante leucocitosi (GB 143.000/mm3) con, Perché descriviamo questo caso Questo caso sottolinea l ’efficacia e la tol- lerabilità di nilotinib, anche in pazienti LMC con caratteristiche prognostiche sfavorevoli e in fallimento terapeutico dopo alte dosi di imatinib e testimonia inoltre l ’assenza di tossicità crociata tra nilotinib e imatinib. Da qui l ’importan- za dell ’impiego clinico dei criteri ELN [2], valido supporto per individuare i pazienti in cui sia necessario uno switch precoce, sia nei casi di resistenza sia di intolleranza a imatinib Corresponding author Dott.ssa Sabina Russo sabinarusso@tiscali.it Caso clinico Abstract This article describes the case of a 44 year old man, at high-risk according to the Sokal Index, after CML Ph+ diagnosis, started imatinib at the standard dose (400 mg/day). Initially he reached optimal response, but at month 12, because of a loss of cytogenetic response, he was documented as a treatment failure. The mutational screening revealed no mutations and the blood level testing (BLT) showed values of lower limits, therefore he increased imatinib to 800 mg/day. This therapeutic choice did not result in the achievement of an optimal response and the imatinib compliance was deteriorated. So, after nearly 12 months of treatment with high dose imatinib, we considered the treatment as a failure, and he switched to nilotinib, at the dose of 800 mg/ day. After only 3 months of treatment, he reached complete cytogenetic response (CCyR) and major molecular response (MMolR), which the patient continues to maintain, as documented by the recent evaluation at month 30. Keywords: CML; High dose imatinib; Nilotinib Efficacy of nilotinib in a young patient with high Sokal risk CML Ph+ in treatment failure after high dose imatinib CMI 2011; 5(Suppl 5): 7-14 1 Divisione di Ematologia, AOU “G. Martino” Policlinico Universitario di Messina Sabina Russo 1, Giuseppa Penna 1, Arianna D’Angelo 1, Alessandro Allegra 1, Andrea Alonci 1, Caterina Musolino 1 Efficacia di nilotinib in un giovane paziente affetto da LMC ad alto rischio Sokal in fallimento terapeutico dopo imatinib ad alte dosi Disclosure Supplemento realizzato con il contributo di Novartis S.p.A. 8 ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2011; 5(Suppl 5) Efficacia di nilotinib in un giovane paziente affetto da LMC ad alto rischio Sokal in fallimento terapeutico con idrossiurea, con progressivo decremento dei globuli bianchi (GB 15.530/mm3 dopo 25 giorni di idrossiurea) e nel marzo 2007 veniva intrapresa terapia specifica con ima- tinib (IM), inibitore delle tirosin chinasi, al dosaggio standard di 400 mg/die. Dopo un mese di trattamento con IM, alla 5a setti- mana si documentava remissione ematolo- gica completa (CHR) e all’esame obiettivo scomparsa dell’organomegalia (fegato e mil- za non più palpabili); durante il primo mese di trattamento non era comparso nessun ef- fetto collaterale. La rivalutazione di malattia effettuata dopo 3 mesi di terapia documentava una ri- sposta ottimale secondo le raccomandazioni dell’European LeukemiaNet 2006 [1], poi- ché si evidenziava CHR, risposta citogeneti- ca completa (CCgR) e notevole decremento del trascritto molecolare (Bcr-Abl% = 1,90). Il paziente proseguiva il trattamento e al 4° mese si documentava reazione avversa non ematologica di grado II (diarrea). Veniva sospeso il trattamento per circa sette giorni, come da raccomandazioni, ma subito dopo, per febbre da non correlare al trattamento, proseguiva interruzione del trattamento per altri 10 giorni. La rivalutazione al 6° mese documentava persistenza della CHR e CCgR, tuttavia all’analisi quantitativa si evidenziava in- cremento del trascritto molecolare rispetto al 3° mese (Bcr-Abl% = 4,5). Attribuendo che all’esame morfologico documentava ipercellularità con iperplasia della serie granulocitaria;a carico della stessa seriein- cremento degli elementi più immaturi (mielociti e promielociti 30%), note di lieve ipoplasia della serie eritroide; ipermegaca- riocitosi. All’indagine di citogenetica con- venzionale risultava positività per la presenza del cromosoma Ph nel 100% delle metafasi analizzate senza alterazioni citogenetiche aggiuntive (ACA). Le indagini di biologia molecolare in RT-PCR mostravano il riar- rangiamento per il gene di fusione ibrido con giunzione di tipo b3a2 codificante per una proteina di tipo p210 con un rapporto di BCR-ABL% pari a 95,92 (Tabella I). Pertanto veniva posta diagnosi di leucemia mieloide cronica Ph+ in fase cronica, con rischio Sokal alto (1,78). Dal punto di vista anamnestico è impor- tante sottolineare che il paziente presentava turbe caratteriali che lo rendevano poco col- laborante, tanto da far ipotizzare una scarsa aderenza al trattamento, dato da tenere in considerazione soprattutto per quanto ri- guarda la valutazione dell’efficacia del trat- tamento con imatinib, come vedremo. TRATTAMENTO Per l’importante leucocitosi, veniva ini- zialmente intrapresa terapia citoriduttiva Esame Risultato Esame obiettivo y Epatomegalia: 8 cm dall’arcata costale y Splenomegalia: 20 cm dall’arcata costale Esame emocromo GR: 3.940.0000/mm3; Hb: 12,9 gr/dl; PLT: 267.000/mm3; GB: 143.000/mm3 (N: 37%; E: 1%; B: 4%; Promielociti: 12%; Mielociti 21%; Metamielociti: 18%; Blasti: 7%) Esami ematochimici y Funzionalità epatica e renale nella norma y Esami virologici: markers epatite B e C: negativi; HIV: negativo y LDH: 2071 U/l Analisi morfologica su sangue midollare y Aspirato con discreto numero di frustoli, ipercellulare y Iperplasia della serie granulocitaria rappresentata in tutte le fasi di maturazione, con incremento degli elementi più immaturi (mielociti e promielociti 30%). A carico della stessa serie, note di atipia y Lieve ipoplasia della serie eritroide y Ipermegacariocitosi Cariotipo su sangue midollare Cariotipo: 46,XY t(9;22) (q34;q11) (100% metafasi positive per Ph+) FISH su sangue midollare FISH (BM): 95% dei nuclei positivi per BCR/ABL Analisi molecolare qualitativa su sangue midollare P210 (b3a2) Analisi molecolare quantitativa su sangue midollare Bcr-Abl/ABL: 95,92% Tabella I. Prospetto riassuntivo degli esami del paziente all ’esordio 9 ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2011; 5(Suppl 5) S. Russo, G. Penna, A. D’Angelo, A. Allegra, A. Alonci, C. Musolino l’incremento del trascritto alla sospensione del trattamento, si decideva di proseguire con la stessa terapia. La rivalutazione al 9° mese documentava persistenza della CHR e, all’analisi molecolare su sangue periferi- co, decremento del trascritto (Bcr-Abl% = 1,8); pertanto si proseguiva il trattamento. Durante il successivo trimestre non si ren- deva necessaria alcuna sospensione della somministrazione di imatinib, tuttavia alla rivalutazione effettuata al 12° mese, nel mar- zo 2008, si documentava un notevole incre- mento del trascritto molecolare (Bcr-Abl% = 13,58) e una perdita della CCgR (Ph+ = 30%) rispetto alla rivalutazione precedente, mentre veniva mantenuta la CHR. Pertan- to secondo le raccomandazioni dell’ELN 2006, la risposta del nostro paziente era da considerarsi un fallimento terapeutico, per perdita della risposta citogenetica. Veniva pertanto avviato lo studio molecolare per la ricerca di mutazioni BCR-ABL, che non evidenziava mutazioni del dominio tirosin chinasico dell’oncoproteina. Secondo le raccomandazioni dell’ELN 2006, ancora in vigore nel 2008, dopo fal- limento del trattamento di prima linea le opzioni terapeutiche erano lo switch a ini- bitore di seconda generazione, l’incremento della dose di imatinib in pazienti che non avevano dimostrato intolleranza al farmaco o l’avvio del paziente al trapianto allogeni- co di midollo osseo. Lo studio HLA dei 5 fratelli del paziente consentiva di trovare due fratelli compatibili, tuttavia il paziente rifiutava questa opzione terapeutica e anche la valutazione psichiatrica in quel momen- to sconsigliava questa scelta terapeutica. In considerazione della sostanziale buona tol- lerabilità del paziente all’IM nei 12 mesi di trattamento in prima linea, si decideva di vagliare l’ipotesi della dose escalation, previa esecuzione del Blood Level Testing (BLT). Venivano pertanto effettuati due prelievi a distanza di un mese che hanno documentato rispettivamente i seguenti dosaggi di imati- nib: 900 e 1008 ng/ml, valori ai limiti infe- riori (valore soglia 1000 ng/ml). Nel marzo 2009 veniva pertanto intrapreso trattamento con IM ad alte dosi (800 mg/die). Dopo una iniziale risposta al trattamento con alte dosi di imatinib (notevole decre- mento del trascritto molecolare dopo 3 mesi di trattamento), dopo 5 mesi, per insorgenza di reazione avversa non ematologica di grado II (edemi), si sospendeva il trattamento per circa 2 settimane, con ripercussione sul dato della molecolare al 6° mese di trattamento, per notevole incremento del trascritto mole- colare Bcr-Abl = 15,7%. Persistevano invece la PCgR (Ph+ 30%) e la CHR. In questa cir- costanza si sospettava comunque una scarsa aderenza al trattamento, poiché il paziente appariva poco compliante. Dopo 9 mesi di trattamento con IM ad alte dosi, il paziente rifiutava la valutazione su sangue midollare, per cui si procedeva a valutazione molecolare solo su sangue peri- ferico, che documentava decremento del trascritto molecolare (Bcr-Abl = 6,7%); si proseguiva quindi il trattamento e si riman- dava eventuale switch terapeutico alla riva- lutazione del trimestre successivo. Durante il successivo trimestre il pazien- te lamentava saltuariamente l’insorgenza di disturbi quali edemi, diarrea e crampi muscolari agli arti inferiori. Tuttavia l’enti- tà dei disturbi non richiedeva interruzione del trattamento, ma faceva ipotizzare una scarsa aderenza al trattamento da parte del paziente. Alla luce di tale ipotesi, si decideva di anticipare la rivalutazione di un mese. Per- tanto, dopo 23 mesi complessivi dall’inizio del trattamento con IM, 12 mesi al dosag- gio standard (400 mg/die) e i successivi 11 mesi ad alte dosi (800 mg/die), nel marzo 2009 la rivalutazione di malattia documen- tava un fallimento terapeutico per perdita totale della risposta citogenetica, positività della ricerca del cromosoma Philadelphia nel 100% delle metafasi analizzate, senza ACA, e un notevole incremento del trascrit- to molecolare a valori sovrapponibili a quelli dell’esordio (Bcr-AblIS = 90,2%). Persisteva tuttavia la CHR, anche se lo studio morfo- Figura 1. Andamento della risposta molecolare a imatinib secondo i risultati ottenuti con la qRT-PCR: la risposta molecolare non viene mai raggiunta in 23 mesi di trattamento, dapprima alla dose standard e successivamente alle alte dosi 10 ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2011; 5(Suppl 5) Efficacia di nilotinib in un giovane paziente affetto da LMC ad alto rischio Sokal in fallimento terapeutico logico su sangue midollare documentava un incremento delle forme più immature della serie mieloide (Figura 1). Clinicamente si rilevava solo lieve incremento volumetrico della milza (2 cm dall’arcata costale). Veniva avviato, ancora una volta, lo screening muta- zionale che dava esito negativo per la ricerca di mutazioni del dominio chinasico. Alla luce di tale dato, si decideva per una radicale modifica dell’approccio terapeutico, per cui, esclusa l’opzione trapiantologica per volere del paziente, veniva avviato il tratta- mento con inibitore di seconda generazione, nilotinib (NIL), al dosaggio standard di 400 mg 2 volte/die. Da subito la scelta terapeu- tica si è rivelata efficace: già dopo 3 settima- ne la milza non era più palpabile e al 3° mese di rivalutazione veniva raggiunta la CCgR e la MMR, quest’ultima mai raggiunta in 23 mesi di trattamento con IM. Nel corso dell’ultima rivalutazione, effettuata nel set- tembre 2011, al 30° mese dall’inizio dell’ini- bitore di II generazione, l’analisi molecolare quantitativa evidenziava il seguente trascrit- to: Bcr-AblIS= 0,00003% con persistenza della risposte CHR e CCgR (Figura 2). Si sottolinea, inoltre l’assenza di effetti colla- terali durante tutto il corso del trattamento con NIL. Il nostro paziente rispondeva per- tanto ai criteri di risposta ottimale al secon- do inibitore, in base alle raccomandazioni dell’ELN 2009 [2] (Tabella II), e in atto prosegue il trattamento con buona aderenza e tollerabilità al trattamento. CONSIDERAZIONI CLINICHE L’introduzione di IM nel trattamento del- la LMC Ph+ ha radicalmente modificato lo scenario terapeutico di una malattia che, fino al decennio scorso, si concludeva ine- vitabilmente con la trasformazione in crisi blastica, consentendo nella maggior parte dei casi il raggiungimento di una risposta al trattamento stabile e duratura. Tuttavia non bisogna dimenticare che questo farmaco ne- cessita un’assunzione indefinita poiché si è dimostrato capace di curare, ma non guarire, i pazienti affetti da LMC Ph+, e inoltre la gestione del monitoraggio della risposta al trattamento è molto complessa e necessita di un’attenta valutazione, in modo da garantire un risultato ottimale della terapia in termini di efficacia e gestione degli effetti collatera- li. Dopo l’introduzione degli inibitori delle tirosin chinasi di seconda generazione, ni- lotinib e dasatinib, appare di fondamenta- le importanza riconoscere precocemente i pazienti in cui il trattamento con IM non ha un’efficacia ottimale e che sono quindi candidati ad alternative terapeutiche, poiché non bisogna dimenticare che le risposte agli Figura 2. Andamento della risposta molecolare a nilotinib secondo i risultati ottenuti con la qRT-PCR: la risposta molecolare viene raggiunta dopo solo tre mesi di trattamento Tempo Risposta ottimale Risposta sub- ottimale Fallimento Warnings Diagnosi NA NA NA Resistenza ematologica a IM Mutazioni CCA in cellule Ph+ (evoluzione clonale) 3 mesi PCyR MCyR No CyR Nuova mutazione MCyR 6 mesi CCyR PCyR < MCyR Nuova mutazione MCyR 12 mesi MMR < MMR < PCyR Nuova mutazione Tabella II. Raccoman- dazioni dell ’European LeukemiaNet 2009 [2]. Definizione provvisoria della risposta all ’inibitore di seconda generazione TKIs, dasatinib e nilotinib, come seconda linea di trattamento in pazienti affetti da LMC in fase cronica resistenti a imatinib ACA = Additional Chromosome Abnormalities; CCA = Clonal Chromosome Abnormalities; CCyR = risposta citogenetica completa; CHR = risposta ematologica completa; CyR = risposta citogenetica; HR = risposta ematologica; IM = imatinib; MCyR = risposta citogenetica minore; MMR = risposta molecolare maggiore; NA = non applicabile; PCyR = risposta citogenetica parziale 11 ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2011; 5(Suppl 5) S. Russo, G. Penna, A. D’Angelo, A. Allegra, A. Alonci, C. Musolino inibitori delle tirosin chinasi sono tanto più efficaci e durature quanto più precocemente raggiunte [3,4]. Da qui l’importanza di at- tenersi alle raccomandazioni dell’European LeukemiaNet (ELN), per la loro attendibi- lità come guida nel monitoraggio del tratta- mento della LMC e della definizione della risposta [1,2]. Nel caso clinico illustrato il paziente è sta- to sottoposto ai controlli ematologici, cito- genetici e molecolari previsti, che hanno do- cumentato come, dopo una iniziale risposta ottimale, con risposta citogenetica completa raggiunta al 3° mese e mantenuta anche al 6° mese, si sia avuto un fallimento terapeutico, per perdita al 12° mese della risposta citoge- netica precedentemente raggiunta. Tra le strategie terapeutiche possibili in caso di fallimento con IM nei pazienti ad alto rischio Sokal [5], potevamo scegliere tra tre opzioni: l’allotrapianto, il passaggio ad inibitore di II generazione, (nel marzo 2008 in Italia era in commercio solo dasatinib) e le alte dosi di imatinib. Prima di effettuare la nostra scelta terapeutica abbiamo condotto indagini più approfondite per comprende- re le cause della resistenza al trattamento con IM mediante analisi mutazionale e lo studio delle concentrazioni plasmatiche di imatinib. Per quanto riguarda l’analisi mutazionale, nell’era degli inibitori di seconda generazio- ne è ormai un esame indispensabile, infatti è stato riscontrato che l’incidenza di resistenza a imatinib dovuta a mutazioni in fase cronica costituisce circa il 40-50%, e risulta più ele- vata in caso di resistenza secondaria (> 50%) che primaria e in fase avanzata rispetto alla fase cronica. A tutt’oggi, sono state identifi- cate circa 90-100 mutazioni ed è noto l’IC50 di ogni mutazione. Di tali mutazioni, alcune riducono l’affinità di legame per imatinib, ma rispondono all’incremento di dose del farmaco, altre conferiscono una resistenza completa alla terapia con imatinib, eccetto la mutazione T315I, che non risponde a nessun inibitore delle tirosin chinasi attualmente disponibile; alcune di queste mutazioni, in- vece, rispondono ai nuovi inibitori [6,7,8]. In particolare, in una recente pubblicazione è stato dimostrato che solo le mutazioni del p-loop e la mutazione del T315I sono clini- camente rilevanti e quindi in grado di avere un impatto su OS (Overall Survival) e PFS (Progression Free Survival) [9,10]. Da qui la necessità di effettuare l’analisi mutazionale per individuare precocemente possibili mutazioni causa di resistenza [11]. Secondo le nuove linee guida, lo screening mutazionale va riservato ai pazienti in rispo- sta sub-ottimale e in fallimento terapeutico, nei casi di incremento della ratio di 1 o 2 log o, secondo dati di letteratura più recenti, in tutti quei casi in cui non viene raggiunta la risposta molecolare maggiore, pur avendo ottenuto la risposta citogenetica completa [12,13]. Per quanto riguarda il Blood Level Testing (BLT), tale indagine è un esame per la deter- minazione della concentrazione plasmatica di IM, utile perché studi di farmacocinetica hanno dimostrato che, alla dose standard raccomandata di IM, la concentrazione plasmatica minima di imatinib è approssi- mativamente 1.000 ng/ml. In atto infatti, secondo dati di letteratura, la concentrazione plasmatica di 1.002-1.009 ng/ml correla con la CCR e MMR [14], pertanto al di sotto di tale valore è giustificato un incremento di dose in caso di resistenza al trattamento, in pazienti con buona tolleranza al farmaco. Nel caso del nostro paziente, lo studio mu- tazionale non evidenziava mutazioni, mentre il BLT effettuato su due campioni, a distanza di circa un mese, risultava ai limiti inferiori: appariva quindi giustificato il tentativo della dose escalation di IM a 800 mg/die, anche in considerazione della discreta tollerabilità al farmaco dimostrata dal paziente nei 12 mesi di trattamento precedente. Come emerge dall’analisi di due importanti studi, l’IRIS [15] e quello del M. D. Anderson Cancer Center [16], la dose escalation era da consi- derarsi una concreta strategia terapeutica in grado di migliorare le risposte ottenute con il dosaggio standard di IM. Si deve tuttavia sottolineare che, secondo i più recenti dati di letteratura, sebbene l’incremento di dose sembri essere efficace nel breve periodo, alcuni importanti esperti come Jabbour e Kantarjian mettono in dubbio la capacità di questa strategia terapeutica di mantenere a lungo termine la risposta ottenuta, con con- seguente impatto sull’outcome a lungo ter- mine del paziente [17]. A tal riguardo, dati di efficacia sulla dose escalation di IM sono stati presentati al recente congresso dell’Eu- ropean Hematology Association (EHA, giugno 2011). In particolare, lo studio RE-NICE ha documentato, nei pazienti sub-ottimali, la superiorità dell’inibitore di seconda ge- nerazione nilotinib rispetto a imatinib in termini di percentuali di raggiungimento della risposta molecolare e della precocità nel raggiungimento della stessa [18]; e sempre per quanto riguarda i pazienti sub-ottimali è 12 ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2011; 5(Suppl 5) Efficacia di nilotinib in un giovane paziente affetto da LMC ad alto rischio Sokal in fallimento terapeutico stato presentato un poster della sottoanalisi dello studio ENESTnd, in cui veniva sotto- lineato come, nel 60% dei casi, l’incremento di dose di imatinib non determini miglio- ramento in termini di efficacia, rispetto alla dose standard [19]. In accordo con questi studi, anche nel caso da noi riportato, l’opzione terapeutica dell’incremento di dose di IM, non solo non ha permesso di modificare significativamen- te la risposta, ma a causa di una maggiore tossicità, ha probabilmente determinato una scarsa compliance da parte del paziente. Ritornando dunque al caso del nostro pa- ziente, dopo il fallimento terapeutico delle alte dosi di imatinib, si imponeva una nuova strategia terapeutica. Esclusa la presenza di mutazioni e in assenza di comorbilità in gra- do di condizionare la nostra scelta, abbiamo intrapreso il trattamento con inibitore di II generazione, nilotinib, al dosaggio standard di 400 mg/due volte al giorno. Nilotinib è un inibitore delle tirosin chi- nasi di seconda generazione, la cui struttu- ra molecolare deriva da quella di imatinib; come tale nilotinib si lega solo alla confor- mazione chiusa di Bcr-Abl, da qui l’estrema specificità, come per imatinib, per un nu- mero molto limitato di tirosin chinasi (Abl, c-kit, PDGFR) rispetto ad altri inibitori delle tirosin chinasi che, legandosi alla con- formazione aperta, risultano meno selettivi. Tuttavia proprio per alcune peculiari carat- teristiche strutturali diverse da imatinib e la conseguente maggiore affinità alla tasca di legame del dominio chinasico, che confe- risce stabilità al legame, nilotinib presenta una selettività maggiore per Abl (minore per c-kit e PDGFR), maggiore potenza (circa 30 volte più potente di imatinib), minore mutagenicità (i legami a idrogeno tipici di imatinib sono sostituiti da interazioni lipo- filiche, ciò rende la tasca apparentemente meno soggetta a mutazioni), un ottimale profilo di tollerabilità (perché agisce solo su pochi bersagli e non coinvolge altre molecole causa dell’insorgenza di reazioni avverse) e assenza di cross-intolleranza con imatinib [20-22]. Queste caratteristiche di maggiore spe- cificità, selettività e potenza si traducono in una miglior efficacia clinica di nilotinib rispetto a imatinib. Infatti, come docu- mentato da importanti e recenti studi di efficacia su un’ampia corte di pazienti, tra cui i recenti trials di fase II [23] sull’effi- cacia di NIL in seconda linea e il più im- portante studio sulla sicurezza di NIL, lo studio ENACT [24], questo farmaco ha dimostrato di essere capace di superare la resistenza a imatinib, in tutte le fasi della LMC (cronica, accelerata e blastica), sia in presenza sia in assenza di mutazioni sen- sibili. Ciò, come documentato dai risultati di questi studi, ha consentito il raggiungi- mento di risposte stabili anche in pazienti considerati difficili perché, ad esempio, in fallimento terapeutico dopo molte linee terapeutiche e in pazienti anziani, e inoltre grazie alla sua selettività ha dimostrato un ottimo profilo di sicurezza. Anche per quanto riguarda l’impiego di NIL in prima linea, lo studio ENESTnd [25] e lo studio tutto italiano 0307 del grup- po GIMEMA [26] hanno decretato la su- periorità di nilotinib rispetto a imatinib, sia in termini di profondità e di stabilità della risposta ottenuta sia in termini di sicurezza. Questi dati hanno certamente contribuito all’approvazione dell’impiego di NIL in prima linea. Concludendo, nel caso clinico descritto, la nostra scelta è stata premiata dall’eccellente risposta ottenuta dal paziente che, già al 3° mese di trattamento, aveva raggiunto l’im- portante traguardo della risposta molecolare maggiore (MMR), risposta che non era sta- ta mai raggiunta, in 23 mesi di trattamento con IM. Inoltre in termini di tollerabilità, il nostro paziente non ha mai dovuto inter- rompere il trattamento. Ad oggi il nostro paziente mantiene la risposta raggiunta. L’ultima rivalutazione effettuata nel settembre 2011, al 30° mese di trattamento con nilotinib, conferma una risposta stabile e duratura, anzi evidenzia sempre un progressivo decremento del tra- scritto molecolare. Certamente questa nostra esperienza te- stimonia l’importanza dell’applicazione delle linee guida dell’ELN, in grado di individua- re pazienti in risposta sub-ottimale, failure o con warnings, che necessitano di strategie terapeutiche diverse. Da tutto ciò deriva l’importanza del- lo switch precoce agli inibitori di seconda generazione in caso di resistenza o intolle- ranza a imatinib, proprio per l’impatto che il raggiungimento di una precoce risposta molecolare ha sull’outcome a lungo termine dei pazienti, come dimostrato dagli studi di Brandford [27]. Punti chiave del caso Dose escalation di imatinib In alcuni pazienti la dose escalation di imatinib si è dimostrata efficace inizialmente nel migliorare alcune risposte ottenute con il dosaggio standard di imatinib in prima linea [15, 16]; tuttavia non sembra in grado di mantenere queste risposte nel tempo. Alla luce dei dati di efficacia e tollerabilità dimostrate dagli inibitori di II generazione, in caso di resistenza al trattamento appare giustificato uno switch precoce al secondo inibitore, rispetto all ’incremento di dose di imatinib, riservando quest’ultima opzione solo ad uno specifico subset di pazienti [17]. Pertanto si conclude che l ’incremento di dose di imatinib è un’opzione terapeutica non più indicata, e a tal riguardo le raccomandazioni dell ’ELN saranno aggiornate. Ruolo del BLT (Blood Level Test) Ad oggi in letteratura non vi è alcuna evidenzia clinica che una bassa concentrazione pla- smatica di imatinib possa correlare con un’inefficacia terapeutica; inoltre, in caso di valori superiori a 1.000 ng/ml, non vi sono dati in grado di predire l ’efficacia terapeutica delle alte dosi di imatinib in caso di resistenza al dosaggio standard. Infatti, alcuni studiosi si sono interrogati sull ’effettivo peso che il BLT possa avere nei pa- zienti in fallimento terapeutico [28]. In attesa di aggiornamenti sull ’adeguata interpretazione clinica dei risultati del BLT, ri- portiamo quindi le indicazioni in atto riservate per questo test: y risposta non soddisfacente al trattamento; y sospetta non aderenza; y sospetta interazione farmacologica; y in caso di severi effetti collaterali per valutare dunque eventuale sovraddosaggio causa dell ’insorgenza degli aventi avversi. 13 ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2011; 5(Suppl 5) S. Russo, G. Penna, A. D’Angelo, A. Allegra, A. Alonci, C. Musolino cacia di NIL in seconda linea e il più im- portante studio sulla sicurezza di NIL, lo studio ENACT [24], questo farmaco ha dimostrato di essere capace di superare la resistenza a imatinib, in tutte le fasi della LMC (cronica, accelerata e blastica), sia in presenza sia in assenza di mutazioni sen- sibili. Ciò, come documentato dai risultati di questi studi, ha consentito il raggiungi- mento di risposte stabili anche in pazienti considerati difficili perché, ad esempio, in fallimento terapeutico dopo molte linee terapeutiche e in pazienti anziani, e inoltre grazie alla sua selettività ha dimostrato un ottimo profilo di sicurezza. Anche per quanto riguarda l’impiego di NIL in prima linea, lo studio ENESTnd [25] e lo studio tutto italiano 0307 del grup- po GIMEMA [26] hanno decretato la su- periorità di nilotinib rispetto a imatinib, sia in termini di profondità e di stabilità della risposta ottenuta sia in termini di sicurezza. Questi dati hanno certamente contribuito all’approvazione dell’impiego di NIL in prima linea. Concludendo, nel caso clinico descritto, la nostra scelta è stata premiata dall’eccellente risposta ottenuta dal paziente che, già al 3° mese di trattamento, aveva raggiunto l’im- portante traguardo della risposta molecolare maggiore (MMR), risposta che non era sta- ta mai raggiunta, in 23 mesi di trattamento con IM. Inoltre in termini di tollerabilità, il nostro paziente non ha mai dovuto inter- rompere il trattamento. Ad oggi il nostro paziente mantiene la risposta raggiunta. L’ultima rivalutazione effettuata nel settembre 2011, al 30° mese di trattamento con nilotinib, conferma una risposta stabile e duratura, anzi evidenzia sempre un progressivo decremento del tra- scritto molecolare. Certamente questa nostra esperienza te- stimonia l’importanza dell’applicazione delle linee guida dell’ELN, in grado di individua- re pazienti in risposta sub-ottimale, failure o con warnings, che necessitano di strategie terapeutiche diverse. Da tutto ciò deriva l’importanza del- lo switch precoce agli inibitori di seconda generazione in caso di resistenza o intolle- ranza a imatinib, proprio per l’impatto che il raggiungimento di una precoce risposta molecolare ha sull’outcome a lungo termine dei pazienti, come dimostrato dagli studi di Brandford [27]. Punti chiave del caso Dose escalation di imatinib In alcuni pazienti la dose escalation di imatinib si è dimostrata efficace inizialmente nel migliorare alcune risposte ottenute con il dosaggio standard di imatinib in prima linea [15, 16]; tuttavia non sembra in grado di mantenere queste risposte nel tempo. Alla luce dei dati di efficacia e tollerabilità dimostrate dagli inibitori di II generazione, in caso di resistenza al trattamento appare giustificato uno switch precoce al secondo inibitore, rispetto all ’incremento di dose di imatinib, riservando quest’ultima opzione solo ad uno specifico subset di pazienti [17]. Pertanto si conclude che l ’incremento di dose di imatinib è un’opzione terapeutica non più indicata, e a tal riguardo le raccomandazioni dell ’ELN saranno aggiornate. Ruolo del BLT (Blood Level Test) Ad oggi in letteratura non vi è alcuna evidenzia clinica che una bassa concentrazione pla- smatica di imatinib possa correlare con un’inefficacia terapeutica; inoltre, in caso di valori superiori a 1.000 ng/ml, non vi sono dati in grado di predire l ’efficacia terapeutica delle alte dosi di imatinib in caso di resistenza al dosaggio standard. Infatti, alcuni studiosi si sono interrogati sull ’effettivo peso che il BLT possa avere nei pa- zienti in fallimento terapeutico [28]. In attesa di aggiornamenti sull ’adeguata interpretazione clinica dei risultati del BLT, ri- portiamo quindi le indicazioni in atto riservate per questo test: y risposta non soddisfacente al trattamento; y sospetta non aderenza; y sospetta interazione farmacologica; y in caso di severi effetti collaterali per valutare dunque eventuale sovraddosaggio causa dell ’insorgenza degli aventi avversi. BIBLIOGRAFIA 1. 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Luigia Luciano 1 Efficacia di nilotinib in un giovane paziente affetto da LMC ad alto rischio Sokal in fallimento terapeutico dopo imatinib ad alte dosi Sabina Russo 1, Giuseppa Penna 1, Arianna D’Angelo 1, Alessandro Allegra 1, Andrea Alonci 1, Caterina Musolino 1 Caso clinico Efficacia di nilotinib in un paziente in risposta non ottimale dopo terapia con imatinib a fronte di una ridotta compliance al nuovo farmaco Francesca Sassolini 1 Caso clinico Risposta molecolare completa indotta da nilotinib come terza linea di terapia in paziente affetta da leucemia mieloide cronica con mutazione F317L del dominio chinasico di bcr/abl Maria Iovine 1, Mario Troiano 1, Giuseppe Monaco 1, Antonio Abbadessa 1 Caso clinico Efficacia di nilotinib nel trattamento della LMC in fase cronica tardiva intollerante a imatinib e resistente a dasatinib Emilio Usala 1