123 Clinical Management Issues al 2010 al Registro Italiano per l’Infezione da HIV sono stati segnalati 9.649 bambini nati da madre HIV-1 positiva, di cui 1.535 infetti e 7.417 non infetti; tra i bambini in- fetti sono stati registrati 436 decessi, di cui 407 si sono realizzati prima del 1994, 22 tra il 1995 e il 2000, 5 tra il 2001 e il 2005 e solo 2 tra il 2006 e il 2010; questo dato conferma il declino del numero dei decessi evidenziato a livello mondiale nel Global Report 2010 in seguito all’introduzione della Highly Active Antiretroviral Therapy (HAART) [2]. TrasMIssIone dell’InfezIone In età pediatrica la modalità più frequente di infezione è la trasmissione verticale del vi- rus da madre a figlio. L’infezione può essere epIdeMIologIa In Italia i dati relativi alle notifiche di sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS) e alle nuove diagnosi di infezione da Human Immunodeficiency Virus type 1 (HIV-1) sono raccolti dal Centro Opera- tivo AIDS (COA) dell’Istituto Superiore di Sanità. Per l’anno 2009 i dati riportati mostrano un’incidenza di nuovi casi di in- fezione da HIV-1 pari a 4,6/100.000 per i residenti italiani e 22,5/100.000 per i resi- denti stranieri, con una maggiore incidenza nel centro-nord del Paese rispetto al sud e alle isole. I casi di AIDS conclamato dal 1982 al 2010 sono stati 63.000, di cui circa 40.000 deceduti [1]. Per quanto riguarda i dati italiani relativi all’infezione da HIV-1 in età pediatrica, fino Corresponding author Dott.ssa Luisa Galli luisa.galli@unifi.it gestione clinica abstract Introduction of Highly Active Antiretroviral Therapy (HAART) and implementation of preventive strategies during pregnancy have resulted in a dramatic reduction of the mortality rate in HIV-1 infected children by over 80-90% and in a decrease in the risk of mother-to-child transmission (MCTC) of HIV-1 to approximately 1-2%. However the MCTC remains the main source of HIV-1 infection within the paediatric population. The risk of disease progression is inversely correlated with the age of the child, with the youngest children at greatest risk of rapid disease progression, but in the first year of life it is not possible to identify infants at greatest risk; therefore, according to all the international guidelines, it is necessary to start antiretroviral therapy in all infants < 12 months of age. This article provides a summary of the clinical features of the infection and of the methods for diagnosis. Furthermore it offers an overview of antiretroviral therapy in HIV-1 infected children, including a description of the main classes of antiretroviral drugs, the most common side effects and some issues concerning the disclosure of diagnosis. The objectives of this study are to make a set of practical suggestions to paediatricians for the optimum management of the infection and the antiretroviral therapy. Keywords: HAART; Mother-to-child transmission; AIDS; Paediatric HIV-1 infection Management of HIV-1 infection in the paediatric age CMI 2011; 5(4): 123-133 1 Dipartimento di Scienze per la Salute della Donna e del Bambino, Università di Firenze Caterina Bonaccini 1, Paola Piccini 1, Daniele Serranti 1, Paola Gervaso 1, Luisa Galli 1 gestione dell’infezione da HIV-1 in età pediatrica 124 ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2011; 5(4) Gestione dell’infezione da HIV-1 in età pediatrica acquisita durante la gravidanza, durante il parto o con l’allattamento; il parto è consi- derato il momento a maggior rischio [3] e alcune condizioni concorrono all’aumento di tale rischio (Tabella I) [4]. L’esecuzione di un parto cesareo d’elezio- ne permette di ridurre la possibilità di tra- smissione di circa il 50% [5]; tuttavia il suo vantaggio ancora non è chiaro nelle donne con carica virale indosabile [6]. Il rischio di trasmissione mediante allatta- mento è più elevato nei primi 9 mesi dopo il parto ed è correlato ai livelli di HIV-1 RNA nel plasma e nel latte materno e alla durata dell’allattamento [7]; pertanto in Italia, come in tutti i Paesi industrializzati, l’allattamento materno è fortemente sconsigliato alle don- ne con infezione da HIV-1. Il più importante intervento preventivo è comunque rappresentato dall’impiego della terapia antiretrovirale, somministrata alla madre in gravidanza e durante il parto e al bambino nelle prime 6 settimane di vita. Senza alcun trattamento il rischio di tra- smissione durante la gravidanza e il parto è stimato intorno al 15-30%, con un rischio aggiuntivo del 10-20% in caso di allattamen- to materno [8,9]. L’impiego di interventi preventivi combi- nati quali parto cesareo d’elezione, allatta- mento artificiale e terapia antiretrovirale ha permesso di ridurre il rischio di trasmissione dell’infezione all’1-2% [10]. paTogenesI Il bersaglio principale del virus è rappre- sentato dal linfocita T-helper o linfocita T CD4+, che svolge un ruolo fondamenta- le nella risposta immunitaria specifica. Il virus, attraverso effetti citopatici diretti e indiretti, determina una riduzione nume- rica e un’alterazione funzionale dei linfociti T CD4+, impedendo, nella fase avanzata fattori materni Elevata carica virale materna y Conta dei linfociti CD4 y + Malnutrizione y Deficit di vitamina A y Abitudine al fumo e consumo di droghe y Deterioramento delle condizioni cliniche materne y Deficit della risposta anticorpale verso il virus y fattori ostetrici Parto vaginale y Parto prematuro (< 32° settimana) y Deterioramento della placenta y Rottura prematura delle membrane y Tabella I. Fattori di rischio materni e ostetrici per la trasmissione materno- fetale dell ’infezione da HIV-1 [4] dell’infezione, l’organizzazione di un’efficace risposta immunitaria verso agenti infettivi e cellule tumorali, con conseguente rischio di sviluppo di gravi infezioni opportunistiche e neoplasie [11-13]. Nel corso dell’infezione da HIV-1 si ve- rificano alterazioni numeriche e funzionali anche dei linfociti T CD8+; il progressivo declino del numero dei linfociti T CD8+ è associato a una prognosi sfavorevole [14]. presenTazIone ClInICa In eTà pedIaTrICa Prima dell’avvento della terapia antire- trovirale, l’infezione da HIV-1 contratta in epoca perinatale presentava generalmen- te un decorso più rapido e grave di quello dell’adulto o del bambino contagiatosi suc- cessivamente per via trasfusionale [15]. I primi sintomi esordivano, in genere, all’età di 5 mesi [16] e, solo eccezionalmente, al- cuni bambini (3% circa) raggiungevano età elevate senza manifestare alterazioni im- munologiche e manifestazioni cliniche; tali bambini venivano designati come long term non progressors. Nel 40% dei casi l’AIDS compariva all’età di 2 anni e solo il 5% di tutti i bambini con infezione da HIV-1 so- pravviveva fino all’età di 8 anni. L’introduzione della terapia HAART ha determinato una riduzione della mortalità e un miglioramento dei parametri virologi- ci, immunologici e clinici, con conseguente miglioramento della qualità e dell’aspetta- tiva di vita [17]. Per quanto riguarda la presentazione cli- nica dell’infezione, è stata adottata a livello internazionale la classificazione dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) che prevede la suddivisione in tre categorie immunologiche, secondo il grado di immu- nodeficienza espresso dalla conta dei linfociti T CD4+, e quattro categorie cliniche (N, A, B, C) in ordine crescente di gravità, in base a segni e sintomi correlati all’infezione da HIV-1 [18]. Nella Tabella II sono riportate le quattro categorie N, A, B e C, ritenute di maggiore interesse per il clinico. In generale possiamo distinguere le ma- nifestazioni cliniche associate all’infezione da HIV-1 in: y infezioni: in seguito al deficit della ri- sposta immunitaria umorale, nel 20% dei casi di AIDS in età pediatrica si riscon- trano infezioni batteriche ricorrenti, cau- sate soprattutto da batteri capsulati come 125 ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2011; 5(4) C. Bonaccini, P. Piccini, D. Serranti, P. Gervaso, L. Galli y sistema cardiovascolare: sono comuni l’ipertrofia ventricolare sinistra e la car- diomiopatia dilatativa [24,25]; y apparato gastroenterico: l’interessamen- to del tratto gastrointestinale è comune e i patogeni più spesso responsabili sono Salmonella spp, Campylobacter, MAC, Giardia, Rotavirus, HSV e CMV. A ca- rico del tratto gastroenterico è possibile osservare l’enteropatia da AIDS definita come una sindrome da malassorbimen- to con atrofia villosa non associata a un patogeno specifico. Comune è inoltre la diarrea cronica [26]; dell’infezione, l’organizzazione di un’efficace risposta immunitaria verso agenti infettivi e cellule tumorali, con conseguente rischio di sviluppo di gravi infezioni opportunistiche e neoplasie [11-13]. Nel corso dell’infezione da HIV-1 si ve- rificano alterazioni numeriche e funzionali anche dei linfociti T CD8+; il progressivo declino del numero dei linfociti T CD8+ è associato a una prognosi sfavorevole [14]. presenTazIone ClInICa In eTà pedIaTrICa Prima dell’avvento della terapia antire- trovirale, l’infezione da HIV-1 contratta in epoca perinatale presentava generalmen- te un decorso più rapido e grave di quello dell’adulto o del bambino contagiatosi suc- cessivamente per via trasfusionale [15]. I primi sintomi esordivano, in genere, all’età di 5 mesi [16] e, solo eccezionalmente, al- cuni bambini (3% circa) raggiungevano età elevate senza manifestare alterazioni im- munologiche e manifestazioni cliniche; tali bambini venivano designati come long term non progressors. Nel 40% dei casi l’AIDS compariva all’età di 2 anni e solo il 5% di tutti i bambini con infezione da HIV-1 so- pravviveva fino all’età di 8 anni. L’introduzione della terapia HAART ha determinato una riduzione della mortalità e un miglioramento dei parametri virologi- ci, immunologici e clinici, con conseguente miglioramento della qualità e dell’aspetta- tiva di vita [17]. Per quanto riguarda la presentazione cli- nica dell’infezione, è stata adottata a livello internazionale la classificazione dei Centers for Disease Control and Prevention (CDC) che prevede la suddivisione in tre categorie immunologiche, secondo il grado di immu- nodeficienza espresso dalla conta dei linfociti T CD4+, e quattro categorie cliniche (N, A, B, C) in ordine crescente di gravità, in base a segni e sintomi correlati all’infezione da HIV-1 [18]. Nella Tabella II sono riportate le quattro categorie N, A, B e C, ritenute di maggiore interesse per il clinico. In generale possiamo distinguere le ma- nifestazioni cliniche associate all’infezione da HIV-1 in: y infezioni: in seguito al deficit della ri- sposta immunitaria umorale, nel 20% dei casi di AIDS in età pediatrica si riscon- trano infezioni batteriche ricorrenti, cau- sate soprattutto da batteri capsulati come n nessun segno correlabile all’infezione da HIV-1 a sintomatologia lieve Linfoadenopatia generalizzata y Epatomegalia y Splenomegalia y Parotite y Dermatite y Infezioni respiratorie, otiti, sinusiti ricorrenti y B sintomatologia moderata Anemia, neutropenia, piastrinopenia y Infezione batterica grave y Candidosi orale persistente y Cardiomiopatia y Nefropatia y Epatite y Diarrea ricorrente o cronica y Febbre persistente per oltre un mese y Polmonite interstiziale linfoide y Leiomiosarcoma y Stomatite erpetica ricorrente (> 2 volte/anno) y Herpes Zoster y (> 2 volte/anno o che coinvolge più di un dermatomero) Varicella disseminata y Polmonite, bronchite, esofagite da HSV nel primo mese di vita y Infezione da CMV esordita nel primo mese di vita y Toxoplasmosi esordita nel primo mese di vita y C sintomatologia severa (aIds) Encefalopatia HIV-correlata y Leucoencefalopatia multifocale progressiva y Infezione da HSV mucocutanea polmonare o persistente y Malattia da CMV nel primo mese di vita con sede diversa da fegato, y milza e linfonodi Infezioni batteriche gravi (sepsi, meningiti, polmoniti, ascessi, y osteomieliti) > 2 in 2 anni Sepsi da y Salmonella spp non tifoide ricorrente Infezione disseminata o extrapolmonare da micobatteri y Candidosi esofagea o polmonare y Criptococcosi extrapolmonare y Coccidioidomicosi extrapolmonare y Polmonite da y Pneumocystis jirovecii Toxoplasmosi cerebrale dopo il prima mese di vita y Criptosporidiosi o isosporiasi persistente dopo il primo mese di vita y Linfoma cerebrale primitivo y Linfoma di Burkitt o immunoblastico o a grandi cellule T y Sarcoma di Kaposi y Wasting syndrome y Tabella II. Classificazione clinica dell ’infezione da HIV-1 in età pediatrica [18] Streptococcus pneumoniae e Salmonella spp e in minor misura da altri agenti patogeni quali Staphylococcus, Enterococcus, Pseudo- monas aeruginosa e Haemophilus influenzae. Le forme più gravi sono rappresentate più frequentemente da batteriemie, sepsi e polmoniti batteriche, mentre più rare risultano essere meningiti, ascessi pro- fondi, infezioni gravi delle vie urinarie e infezioni ossee/articolari. Tra le infezioni virali, le più frequenti sono quelle causa- te dal gruppo degli Herpes Virus: si può osservare gengivostomatite ricorrente da Herpes Simplex Virus (HSV ), l’infezione primaria da Virus della Varicella-Zoster (VZV ) e l’infezione da Cytomegalovirus (CMV ). Nei bambini con depressione se- vera della conta dei linfociti T CD4+ si os- servano anche infezioni opportunistiche, tra le quali la più frequente è la polmonite da Pneumocystis jirovecii (PCP), che ha un picco di incidenza tra i 3 e 6 mesi di età e in assenza di terapia è gravata da un’altis- sima mortalità. Frequenti sono inoltre le infezioni da micobatteri non tubercolari, soprattutto da Mycobacterium avium intra- cellulare (MAC), che può causare infezioni disseminate in bambini gravemente im- munodepressi. Tra le infezioni micotiche la più comune è la candidosi orale, che nei bambini con deplezione grave dei linfociti T CD4+ può progredire fino a interessare l’esofago, presentandosi con disfagia, feb- bre, vomito e anoressia. Altre infezioni op- portunistiche con elevata morbilità sono quelle parassitarie come la criptosporidiosi e la microsporidiosi [19]; y sistema nervoso centrale: le manifesta- zioni a carico del sistema nervoso centrale (SNC) sono rappresentate dall’encefalo- patia e dal linfoma. A carico del SNC si possono poi osservare infezioni opportu- nistiche quali la toxoplasmosi cerebrale, l’encefalite da CMV, la leucoencefalopatia multifocale progressiva dal virus JC (John Cunningham Virus), la meningite da Crip- tococco o Coccidioides [20,21]; y apparato respiratorio: una manifesta- zione tipica dei bambini con infezione da HIV-1 è la polmonite interstiziale linfoide (LIP), unica manifestazione che fa parte della categoria B ma che fa porre diagnosi di AIDS. Si tratta di un processo cronico di iperplasia linfatica nodulare dell’epite- lio bronchiale e bronchiolare, con esordio insidioso con tosse, tachipnea, ipossiemia lieve con normali reperti auscultatori o rantoli minimi [22,23]; 126 ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2011; 5(4) Gestione dell’infezione da HIV-1 in età pediatrica y apparato urinario: la nefropatia si verifica soprattutto nei bambini più grandi ed è dovuta sia a un effetto diretto dell’HIV-1 sulle cellule epiteliali renali, sia ai farmaci nefrotossici. La manifestazione più comu- ne è la sindrome nefrosica [27]; y cute: segni non specifici ma precoci di infezioni da HIV-1 sono la dermatite se- borroica e l’eczema. Sono inoltre tipiche le infezioni ricorrenti da HSV, mollusco contagioso, VZV, Candida e verruche pia- ne e ano-genitali [28,29]; y sistema ematopoietico: comuni sono l’anemia, la neutropenia e la trombocito- penia. Le neoplasie a carico del sistema emopoietico si riscontrano unicamente nel 2% dei casi di AIDS e sono soprattutto linfomi non-Hodgkin, linfomi del SNC e leiomiosarcomi. Estremamente raro nel bambino è il sarcoma di Kaposi [30]. dIagnosI Nell’adulto l’analisi sierologica per la ri- cerca di anticorpi anti-HIV-1 è altamente specifica e risulta sufficiente per porre dia- gnosi di infezione da HIV-1. È possibile evidenziare la presenza di anticorpi specifici diretti contro i tre principali gruppi di pro- teine sintetizzate dal virus: quelle dell’enve- lope (gp160 e le due subunità gp120 e gp41), quelle del core (p24, p18 e p55) e le proteine con attività regolatrice (RT e p66). Le me- todiche utilizzate sono il test immunoenzi- matico ELISA e il Western Blot (WB). Nel bambino i test sierologici sono considerati strumenti attendibili di diagnosi solo se eseguiti oltre 18 mesi di vita, in quanto nel lattante di età inferiore a 18 mesi si riscon- trano ancora anticorpi di origine materna [31,32]. Per effettuare la diagnosi precoce nel bambino è necessario pertanto ricorrere alla ricerca del genoma virale in DNA o RNA; entrambi i test sono dotati di elevata sensi- bilità, tuttavia i livelli di HIV-1 RNA pos- sono diventare indosabili in corso di terapia antiretrovirale nelle prime sei settimane di vita, al contrario dei livelli di HIV-1 DNA, che permangono elevati [33]. La ricerca del genoma virale tramite PCR deve essere condotta a 14-21 giorni, a 1-2 mesi e a 4-6 mesi di vita; due risultati positivi ottenuti su due diversi campioni di sangue sono indicativi di infezione, mentre in bam- bini non allattati al seno il riscontro di due test negativi eseguiti su campioni prelevati a 1 mese e a 4 mesi di vita sono sufficienti per escludere l’infezione. L’infezione può essere diagnosticata nelle prime 48 ore di vita nel 30-40% dei bambini infetti [34]. follow-up I pazienti devono essere attentamente se- guiti al fine di valutare l’andamento dell’in- fezione, la risposta alla terapia, l’insorgenza di eventuali complicanze e reazioni avverse legate ai farmaci. I parametri clinici e labo- ratoristici fondamentali da valutare sono i seguenti: conta dei linfociti T CD4 y +; da determinare al momento della diagnosi e successiva- mente ogni 6 mesi. La percentuale di lin- fociti T CD4+ è il parametro immunolo- gico più significativo in età pediatrica per valutare l’andamento dell’infezione; carica virale; la determinazione quantitati- y va dell’HIV-1 RNA, espressa in copie/ml, è richiesta prima dell’inizio e in corso di trattamento per valutare un eventuale fal- limento virologico della terapia; esami di laboratorio di routine: emocromo, y profilo lipidico, profilo glucidico median- te glicemia, insulinemia e indice HOMA (Homeostasis Model Assessment), funziona- lità renale ed epatica. esame obiettivo con valutazione di peso, y altezza, circonferenza cranica, sviluppo psicomotorio [35]. TerapIa Gli interventi terapeutici possibili in un bambino con infezione da HIV-1 sono tesi a limitare la replicazione virale, permettere un recupero numerico e funzionale dei linfociti T CD4+ e a trattare le manifestazioni secon- darie e le complicanze dell’infezione. L’introduzione del 1996 della HAART, caratterizzata dall’associazione di almeno tre farmaci antiretrovirali, ha cambiato ra- dicalmente la qualità di vita nei soggetti in- fetti; tale terapia non è in grado di eradicare il virus e di guarire il paziente, ma riesce a modificare il decorso della malattia, trasfor- mandola in un processo cronico [16,36]. Nel bambino la più rapida progressione dell’infezione giustifica un atteggiamento più tempestivo rispetto all’adulto [37] e mol- ti studi in Europa, Stati Uniti e Sudafrica dimostrano che l’inizio della HAART prima 127 ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2011; 5(4) C. Bonaccini, P. Piccini, D. Serranti, P. Gervaso, L. Galli di 6 mesi di età riduce la carica virale, man- tiene stabile la condizione immunologica e riduce la mortalità del 76% [37-40]. Sulla base di queste importanti prove scientifiche, le linee guida internazionali raccomandano sempre l’inizio della terapia antiretrovirale nel primo anno di vita, indipendentemente dai parametri clinici, virologici e immuno- logici [32-34]. Per bambini e adolescenti di età superio- re a 12 mesi i criteri di inizio della terapia non si basano su studi clinici randomizzati, in quanto questi non sono disponibili, ma sull’analisi di studi di coorte e dello studio SMART dei pazienti adulti [41]. L’inizio della terapia è raccomandato in tutti i bambini di età superiore a 12 mesi, che presentino una o più tra le seguenti condizioni: sintomatici (stadio C o B dei CDC); y con carica virale maggiore di 100.000 y cellule/µl; con CD4 y + minori del 25% tra 12 e 59 mesi e < 500 cellule/µl sopra 5 anni di età [33]. Le linee guida PENTA condividono tali criteri clinici e virologici; tuttavia propon- gono i seguenti criteri immunologici per l’inizio della terapia: 12-35 mesi: CD4 y + < 25%; 36-59 mesi: CD4 y + < 20%; > 5 anni: CD4 y + < 350 cellule/µl [32]. Classi di farmaci antiretrovirali La terapia antiretrovirale si basa sull’uti- lizzo di farmaci che agiscono bloccando al- cune tappe dell’infezione e della replicazio- ne virale. I farmaci oggi disponibili possono essere distinti in cinque classi: gli inibitori nucleosidici/nucleotidici della trascrittasi inversa, gli inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa, gli inibitori delle prote- asi, gli inibitori della fusione e gli inibitori delle integrasi [33]. La terapia antiretrovi- rale è spesso accompagnata da effetti avver- si di differente tipologia e gravità; in caso di comparsa di effetti collaterali legati ai far- maci, la terapia deve essere prontamente modificata sostituendo il farmaco responsa- bile; la riduzione del dosaggio del farmaco interessato è consigliata solo in caso di con- fermato sovradosaggio. I segni e sintomi clinici legati alla tossicità della terapia anti- retrovirale possono manifestarsi in modo acuto, poco dopo l’assunzione del farmaco, subacuto, 1-2 giorni dopo l’inizio della te- rapia e tardivo, dopo una prolungata assun- zione del farmaco. I principali effetti avver- si riscontrati in corso di terapia antiretrovi- rale sono riportati in Tabella III [33]. Sulla base delle evidenze riportate in let- teratura relative agli effetti tossici, talvolta gravi, della terapia antiretrovirale, alcuni Autori hanno suggerito di interrompere il trattamento per un periodo di tempo anco- ra non ben definito, nei bambini infetti con un quadro virologico, immunologico e cli- nico stabile, per ridurre gli effetti collaterali della terapia; tuttavia gli studi sul paziente pediatrico sono pochi e i loro risultati non forniscono ancora una risposta definitiva al problema. Le poche evidenze disponibili sono comunque incoraggianti e fanno sup- porre che le interruzioni strutturate di tera- effetti collaterali ed eventi avversi farmaco frequenza# Depressione sistema nervoso centrale LPV/r Non comune Sintomi neuropsichiatrici EFV Comune RAL Non comune Emorragia intracranica TPV Non comune Dislipidemia PI Comune NRTI Non comune Nausea, vomito PI Comune ZDV Comune Diarrea PI Comune ddI Molto comune Pancreatite ddI Non comune d4T Non comune Anemia ZDV Comune Neutropenia ZDV Comune Epatotossicità EFV, NVP Comune Iperbilirubinemia indiretta IDV Molto comune ATV Comune Insulino-resistenza, iperglicemia, diabete mellito d4T Non comune ddI Non comune ZDV Non comune IDV, LPV/r Comune Acidosi lattica NRTI (ddI, d4T) Non comune Lipoipertrofia centrale PI Molto comune EFV Molto comune Lipoatrofia periferica e faciale d4T, ZDV Comune Urolitiasi, nefrolitiasi IDV Molto comune ATV Non comune Disfunzioni renali IDV Comune TDF Comune Neuropatia d4T Comune ddI Comune Reazione di ipersensibilità ABC Molto comune NVP Comune ENF Comune Rash cutaneo NVP, LPV/r Comune Osteopenia, osteoporosi d4T, PI, TDF Comune Tabella III. Principali effetti collaterali e eventi avversi dei farmaci antiretrovirali [33,42,43] ABC = abacavir; ATV = atazanavir; d4T = stavudina; ddI = didanosina; EFV = efavirenz; ENF = enfuvirtide; IDV = indinavir; LPV/r = lopinavir/ritonavir; NRTI = inibitori nucleosidi- ci della trascrittasi inversa; NVP = nevirapina; PI = inibitori delle proteasi; RAL = raltegravir; TDF = tenofovir; TPV = tipranavir; ZDV = zidovudina #non comune: > 1/1.000 e < 1/100; comune: > 1/100 e < 1/10; molto comune: > 1/10 128 ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2011; 5(4) Gestione dell’infezione da HIV-1 in età pediatrica pia potranno presto entrare a far parte della pratica clinica [44]. Inibitori nucleosidici/nucleotidici della trascrittasi inversa In inglese sono i Nucleoside/Nucleotide Reverse Transcriptase Inhibitors o NRTI; ne fanno parte: zidovudina (AZT o ZDV ), aba- cavir (ABC), didanosina (ddI), emtricitabina (FTC), lamivudina (3TC), stavudina (d4T) e tenofovir (TDF). Gli NRTI inibiscono la replicazione vi- rale in quanto sono analoghi dei desossi- nucleosidi naturali, ne mimano la funzione e competono con essi per l’incorporazione nella catena nascente del DNA, causando l’arresto della sua sintesi una volta penetrati all’interno [45]. Gli effetti avversi comu- ni all’intera classe sono rappresentati dal- la steatosi epatica, dall’acidosi lattica e più raramente dalla cardiomiopatia, dalla pan- creatite e dalla neuropatia. Tali alterazioni sono associate alla tossicità mitocondriale di questi farmaci [46]. Tra gli NRTI, quelli che mostrano una maggiore tossicità mitocon- driale sono stavudina e didanosina, mentre lamivudina, abacavir e tenofovir sembrano avere minori effetti avversi [47]. Reazioni di ipersensibilità si riscontrano in circa il 2,3- 9% di bambini e adulti trattati con abacavir; la diagnosi viene effettuata su base clinica e si basa sul riscontro di almeno due sintomi tra febbre, rash cutaneo, nausea, vomito, cefalea, letargia, mialgia e sintomi gastrointestinali, se comparsi entro 6 settimane dall’inizio della terapia e risoltisi entro 72 ore dalla sospensione del farmaco [48]. Le reazioni di ipersensibilità da abacavir riconoscono una predisposizione di base immunologica e genetica; in particolare è stata individuata una correlazione tra la presenza dell’HLA- B*5701 e l’insorgenza di tali reazioni; per- tanto l’esecuzione di test volti a individuare questo allele prima dell’inizio della terapia permette di ridurre il rischio di insorgenza di gravi reazioni di ipersensibilità [42]. L’in- sorgenza di resistenze è un evento frequente e una singola mutazione può conferire resi- stenze verso l’intera classe, a causa di reazioni crociate [33]. Inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa I Non Nucleoside Reverse Transcriptase In- hibitors o NNRTI sono: efavirenz (EFV ), nevirapina (NVP), etravirina (ETV ). Gli NNRTI costituiscono una classe di farmaci eterogenea che non necessita di un metabolismo intracellulare per svolgere la propria azione farmacologica [49]; questi farmaci agiscono bloccando la funzionali- tà della trascrittasi inversa [45]. Gli effet- ti avversi più frequenti sono il rash, anche grave, l’interessamento muscolare, la febbre, la sindrome di Stevens-Johnson e le altera- zioni della funzionalità epatica. Nevirapina in particolare, nel 17-32% dei pazienti può determinare l’insorgenza di rash accompa- gnato da segni e sintomi sistemici quali eo- sinofilia, febbre ed epatite. Efavirenz causa inoltre, in una percentuale non trascurabile di casi (fino al 24%) sintomi psichiatrici e a carico del SNC, quali insonnia, depressione, allucinazioni e sogni anomali [50]. L’insor- genza di resistenze verso questa tipologia di farmaci è frequente e una singola muta- zione può conferire resistenza verso l’intera classe [33]. Inibitori delle proteasi Fanno parte della classe dei Protease In- hibitors o PI: darunavir (DRV ), nelfina- vir (NFV ), indinavir (IDV ), amprenavir (APV ), fosamprenavir (FPV ), lopinavir (LPV ), ritonavir (RTV ), saquinavir (SQV ), tipranavir (TPV ) e atazanavir (ATV ). I PI bloccano alcuni enzimi coinvolti nel- la degradazione di molecole polipeptidiche, precursori di proteine strutturali e enzimi virali [45]. Gli effetti avversi di questa classe di farmaci sono principalmente a carico del metabolismo lipidico e glucidico. Caratteri- stica è la sindrome lipodistrofica, caratteriz- zata da maldistribuzione del tessuto adiposo, con ipertrofia a livello del collo (“gobba di bufalo” simile alla sindrome di Cushing) e dell’addome e ipotrofia a livello degli arti. Questo effetto è maggiore negli adolescenti rispetto ai bambini in età prepuberale. Nella maggior parte dei pazienti in trattamento con un regime terapeutico contenente PI si osserva, inoltre, iperglicemia con alti livelli plasmatici di peptide C e dislipidemia con aumento dei trigliceridi, delle LDL e VLDL e riduzione dell’HDL [51]. I PI causano inoltre disfunzioni endoteliali, alterazioni nella fibrinolisi e iperattivazione del proces- so infiammatorio, che possono contribuire all’incremento del rischio cardiovascolare nella popolazione HIV-1 infetta [52]. I ri- sultati degli studi del Data Collection on Ad- verse Events of Anti-HIV Drugs negli adulti hanno mostrato che la HAART è associata a un incremento del 26% del rischio di infarto miocardico per ogni anno di esposizione alla terapia antiretrovirale [53] e che i farmaci 129 ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2011; 5(4) C. Bonaccini, P. Piccini, D. Serranti, P. Gervaso, L. Galli associati con un incremento significativo del rischio sono indinavir, lopinavir-ritonavir (LPV/r), didanosina e abacavir. Altri studi in Europa e Stati Uniti hanno documenta- to un rischio maggiore di dislipidemia ate- rogenica in bambini che seguivano regimi comprendenti PI, dimostrando un aumento dello spessore della tonaca intima e media delle carotidi [54,55]. I PI presentano nu- merose interazioni farmacologiche in quanto vanno tutti incontro a metabolismo epatico da parte del citocromo P3A4. Su questo si basa l’effetto booster di ritonavir che, essen- do un forte inibitore del citocromo P3A4, determina un aumento della concentrazione plasmatica degli altri PI. Questi farmaci pro- vocano inoltre più raramente l’instaurarsi di resistenze rispetto agli NNRTI [33]. Inibitori di fusione Appartengono a questa categoria enfuvir- tide e maraviroc. Gli inibitori di fusione agiscono impe- dendo l’ingresso del virus nella cellula ospi- te. Enfuvirtide è un peptide sintetico che si lega alla gp14 del virus HIV-1, impeden- do la fusione delle membrane virali con le membrane cellulari ed è ben tollerato, pro- vocando principalmente reazioni locali nel sito di iniezione [56] e, meno comunemente, un’aumentata incidenza di linfadenopatia e di polmonite batterica [57]. Maraviroc è in- vece un antagonista del corecettore CCR5. Come altri farmaci antiretrovirali, sembra aumentare il rischio cardiovascolare, non attraverso la tossicità mitocondriale, ma probabilmente alterando la produzione di citochine proinfiammatorie, che sono i li- gandi naturali del corecettore e favorendo quindi l’aterosclerosi [58]. Inibitori delle integrasi Gli inibitori delle integrasi, il cui caposti- pite è raltegravir, sono una nuova classe di farmaci che va a inibire l’enzima responsabile dell’integrazione del DNA virale nel genoma della cellula ospite, tappa necessaria per la replicazione. Gli effetti avversi più frequen- ti sono disturbi psichiatrici, nausea, diarrea, astenia e iperlipidemia [59]. farmaci da utilizzare nel paziente pediatrico naïve La terapia nel paziente pediatrico naïve dovrebbe essere iniziata utilizzando almeno tre farmaci antiretrovirali appartenenti a due diverse classi. Sono da considerare di prima scelta le HAART che contengano: 2 inibitori nucleosidici della trascrittasi y inversa (NRTI) + 1 inibitore delle proteasi boosterizzato (IP/r); 2 inibitori nucleosidici della trascrittasi y inversa (NRTI) + 1 inibitore non nucleoti- dico della trascrittasi inversa (NNRTI). Nel caso in cui la trasmissione sia di tipo verticale e siano note resistenze materne, la scelta dei farmaci dovrebbe essere guidata da tali informazioni [34]. È importante anche assicurarsi che al bambino sia fornito un adeguato supporto nutrizionale e che sia instaurato un valido protocollo vaccinale. Nel bambino con in- fezione da HIV è raccomandata, infatti, la somministrazione di tutti i vaccini del calen- dario vaccinale, fatta eccezione per l’MPRV (morbillo, parotite, rosolia e varicella) e il BCG (Bacillo Calmette-Guérin, contro la tubercolosi), nei Paesi in cui questo sia rac- comandato, che, essendo vaccini vivi atte- nuati, non dovrebbero essere somministrati a bambini con immunodepressione grave (linfociti T CD4+ < 15%) [60]. fallimento terapeutico e aderenza alla terapia Il trattamento antiretrovirale richiede un adeguato monitoraggio clinico, immunolo- gico e virologico mensile; la presenza di ef- fetti collaterali gravi, la scarsa tollerabilità del farmaco, la scarsa compliance e il fallimento terapeutico (definito come peggioramento clinico e/o immunologico e/o virologico) sono fattori che devono indurre a modificare la terapia [33]. L’introduzione della HAART ha miglio- rato enormemente la prognosi dei bambini e adolescenti infetti da HIV-1, tanto che un numero sempre maggiore di pazienti affetti raggiunge l’età adulta [16]. L’aumento della sopravvivenza ha com- portato però anche alcuni problemi, tra cui l’insorgenza di effetti collaterali a breve e a lungo termine e la riduzione della compliance alla terapia, che è un fattore fondamentale per il suo successo [61]. Alcuni studi sia sul paziente pediatrico sia sull’adulto hanno in- fatti dimostrato che il rischio di fallimento virologico aumenta progressivamente con la riduzione della compliance [62]. Da uno studio di Williams e collabora- tori sono emersi, come principali fattori di rischio della scarsa aderenza alla terapia, l’età adolescenziale, il sesso femminile, la presen- 130 ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2011; 5(4) Gestione dell’infezione da HIV-1 in età pediatrica BIBlIografIa Centro Nazionale di Epidemiologia, Sorveglianza e Promozione della Salute. Epicentro: Il portale 1. dell’epidemiologia per la sanità pubblica. Disponibile all’indirizzo: http://www.epicentro.iss.it/ problemi/aids/epid.asp (ultimo accesso novembre 2011) Joint United Nations Programme on HIV/AIDS (UNAIDS). Report on the global HIV/AIDS 2. Epidemic 2010. Disponibile all’indirizzo: http://www.unaids.org (ultimo accesso novembre 2011) za di rapporti complessi con i familiari, il basso livello di istruzione, la depressione e altre malattie psichiatriche [63]. Il dialogo con i bambini e i loro familiari e la prescrizione di una posologia adeguata alle esigenze dei piccoli pazienti sono in- dubbiamente importanti fattori favorenti la compliance verso la terapia. Sono inoltre da alcuni anni in commercio combinazioni di farmaci all’interno di un’unica compres- sa al fine di favorire una migliore aderenza alla terapia. gesTIone del pazIenTe adolesCenTe La gestione del paziente HIV-1 positivo in età adolescenziale mostra aspetti pecu- liari, soprattutto nei ragazzi che sono stati infettati per via verticale e che convivono quindi con l’infezione e la relativa terapia fin dall’inizio della loro vita. Uno degli aspetti più delicati è rappresentato dalla comuni- cazione della diagnosi; molti familiari sono riluttanti ad affrontare l’argomento con i propri figli infetti e questo può portare a problemi comportamentali, sofferenze psi- cologiche e scarsa aderenza alla terapia. Per la comunicazione della diagnosi occorre che sia avviato per ogni paziente un processo personalizzato con la collaborazione di fa- miliari e di un team multidisciplinare di operatori sanitari comprendente psicologi; il processo deve essere progressivo e deve es- sere concluso prima della fine dello sviluppo sessuale, al fine di favorire una corretta in- formazione e prevenzione della trasmissione dell’infezione. L’adolescenza è inoltre il pe- riodo in cui la responsabilità della gestione della terapia viene trasferita dal caregiver al paziente stesso; questo rappresenta un punto cruciale per il successo della tera- pia, pertanto occorre valutare e modificare ove possibile i fattori che possono andare a influenzare negativamente l’aderenza alla terapia, quali le abitudini di vita, il rappor- to tra il caregiver e il paziente e la praticità dello schema terapeutico proposto. Infine, deve essere posta particolare attenzione a eventuali disagi psichici riscontrabili negli adolescenti infetti correlati alla gestione dei rapporto interpersonali, all’ansia e alla paura per il futuro [60]. ConClusIonI L’introduzione della HAART ha cambia- to radicalmente la qualità di vita nei soggetti infetti da HIV-1, determinando una ridu- zione della mortalità e un miglioramento dei parametri immunologici, virologici e clini- ci. Dai dati riportati in letteratura si evince che nel bambino con infezione perinatale da HIV-1 il quadro clinico della malattia ha una più rapida progressione rispetto all’adulto; sulla base di queste evidenze è stato adottato un atteggiamento terapeutico tempestivo, caratterizzato dall’introduzione della HAART già nei primi mesi di vita, con conseguente miglioramento dell’evoluzione clinica della malattia. Tuttavia il precoce inizio della terapia ha condotto a un incre- mento dell’uso dei farmaci antiretrovirali e a un conseguente aumento del rischio di com- parsa di reazioni avverse a breve e a lungo termine. Un attento follow-up del paziente attraverso la valutazione di parametri clini- ci e di laboratorio permette di riconoscere prontamente complicanze legate all’infezio- ne o al trattamento; l’insorgenza di reazioni avverse legate alla terapia deve indurre una pronta sospensione e sostituzione del far- maco interessato. dIsClosure Gli Autori dichiarano di non avere conflit- ti di interesse di natura finanziaria in merito ai temi trattati nel presente articolo. 131 ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2011; 5(4) C. Bonaccini, P. Piccini, D. Serranti, P. Gervaso, L. Galli Casper C, Fenyo EM. Mother-to-child transmission of HIV-1: the role of HIV-1 variability 3. and the placental barrier. 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