©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2010; 4(4) 127 Clinical Management Issues Fabio Lugoboni 1 Aderenza ai trattamenti La compliance, o aderenza al trattamento, dipende dalla misura in cui il comportamento del paziente coincide con i consigli medici. Una definizione, fornita da Sackett, la indica infatti come «la misura in cui il comporta- mento del paziente, in termini d’assunzione di farmaci, mantenimento di una dieta o di altre variazioni dello stile di vita, coincide con le prescrizioni del medico» [1]. La compliance non riguarda quindi soltanto l’aderenza al trattamento farmacologico, ma anche quella relativa a consigli sullo stile di vita o a indicazioni mirate alla prevenzione, e si può dire che dipenda da quanto medico e paziente collaborano al raggiungimento del medesimo obiettivo. La mancanza di aderen- za è estremamente critica per tutti gli aspetti della cura: può portare infatti a una maggio- re progressione di malattia, a eventi avversi ai farmaci, a prescrizioni aggiuntive che si sarebbero potute evitare, a ospedalizzazioni non necessarie e in definitiva a un incremen- to dei costi sanitari. Nonostante ciò, è stato stimato che approssimativamente il 20-50% dei pazienti non assume la terapia così come è stata prescritta dal curante [2]. Le cause di mancata compliance sono sva- riate e possono essere riassunte in: altre priorità rispetto alla salute; y preoccupazione per gli effetti negativi dei y farmaci; scarsa fiducia nell’efficacia dei farmaci; y convincimento che la situazione è mi- y gliorata; costi della terapia. y La situazione è ancor più preoccupante in quanto ciò avviene spesso all’insaputa del cu- rante: infatti l’impressione clinica soggettiva non predice con successo l’effettiva compliance dei pazienti, addirittura sovrastimandola di circa il 50%; in altre parole questo significa che ogni medico deve ragionevolmente sup- porre di dare un giudizio errato sulla buona aderenza alle terapie in un caso su due [3]. È stato segnalato che molti pazienti tendo- no a esagerare la loro compliance nel tentativo di compiacere il curante, arrivando a negare la mancata assunzione del farmaco in una quota rilevante dei casi. Uno studio effettuato confrontando i livelli glicemici annotati dai pazienti diabetici con i valori memorizzati dai misuratori glicemici rilevava che più del 70% dei pazienti sovrastimava il numero delle mi- surazioni effettuate e nel 30% dei casi i valori autoriportati erano falsificati [4]. Un altro aspetto importante e comples- so che può rendere più difficile identificare una mancanza di compliance è il fatto che un paziente può essere perfettamente aderente a determinate indicazioni e parzialmente o totalmente refrattario ad altre; per esempio alcuni pazienti seguono regolarmente la te- rapia farmacologica ma non le regole diete- tiche, oppure sono aderenti a casa ma non quando sono in viaggio o in vacanza. È stato stimato che i pazienti che indi- cano di avere una comunicazione migliore con il proprio medico, e che quindi ricevono informazioni più dettagliate sulle modalità di assunzione della terapia, sugli eventuali eventi avversi e su cosa ci si debba aspetta- re dalla cura, sono più inclini ad assumere i farmaci secondo quanto è stato loro pre- scritto [5,6]. Per tale motivo l’Agency for Healthca- re Research and Quality ha espressamente raccomandato l’applicazione di tecniche di Editoriale 1 Unità Operativa di Medicina delle Dipendenze, Policlinico GB Rossi, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Verona Corresponding author Dott. Fabio Lugoboni fabio.lugoboni@ ospedaleuniverona.it ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2010; 4(4)128 Editoriale counselling per migliorare la compliance [7]. Tuttavia, nonostante queste raccomandazio- ni risalgano al 2002, successive analisi hanno evidenziato come l’impiego di tali tecni- che da parte del medico sia ancora lontano dall’essere ottimale [8]. Riportiamo in Tabella I alcuni atteggia- menti che possono risultare utili per miglio- rare l’aderenza al trattamento. L’applicazione di tali atteggiamenti può certamente essere proficua per rendere più chiari gli scopi e le modalità del trattamen- to terapeutico che si intende applicare e si è dimostrata più efficace dello schema tradi- zionale di visita, per esempio sulla compliance nei soggetti ipertesi, ma può non essere an- cora sufficiente: spesso il paziente non segue le indicazioni del medico non perché non le abbia capite o per negligenza, ma perché non è convinto e, volenti o nolenti, la direttività del medico ha un potere molto limitato nel superare le resistenze del paziente. A tal fine può essere d’aiuto applicare le tecniche del Colloquio Motivazionale (CM). Tale approccio, sviluppatosi negli anni ’80 nei Paesi anglosassoni, consiste in una forma di counselling, incentrato sul paziente, che mira a risolvere conflitti e ambivalenze del rapporto terapeutico con l’obiettivo di raggiungere un cambiamento comportamentale completo. Nato inizialmente nell’ambito della cura degli abusi da sostanze (es. fumo, alcol, dro- ghe), successivamente è stato applicato con successo alla gestione di svariate patologie, in particolare disturbi metabolici, ipertensione arteriosa e riabilitazione cardiologica, nonché nel follow-up di patologie psichiatriche. Le tecniche del CM si basano da un lato sulla capacità di evitare i principali ostacoli alla buona comunicazione, aggirando le re- sistenze opposte dal paziente, ed evitando gli atteggiamenti errati del medico stesso (che vanno dal drammatizzare il problema al criticare il malato), che possono creare una distanza maggiore con il proprio assi- stito. Dall’altra parte le metodiche del CM prevedono l’applicazione di principi speci- fici atti a orientare il paziente nel corso del colloquio. I cinque principi fondamentali del CM possono essere così riassunti: esprimere empatia; y evitare dispute e discussioni; y aggirare le resistenze; y lavorare sulla frattura interiore; y sostenere l’autoefficacia. y Tali obiettivi si ottengono con altrettante abilità base, ossia: formulare domande aperte; y praticare l’ascolto riflessivo; y riassumere; y sostenere e confermare; y evocare affermazioni auto-motivanti. y La comprensione dei meccanismi che possono ostacolare la comunicazione con il paziente e la padronanza di abilità di collo- quio e di counselling possono essere di valido supporto al medico. Impostare piani terapeutici globali, non solo farmacologici (es. la dieta nell’ipertensione) y Impostare schemi terapeutici più semplici possibile y Negoziare le priorità con il paziente e accontentarsi anche di accordi parziali (ma sostanziali ed effettivi) y Dare istruzioni chiare, comprensibili e rapportate al linguaggio del paziente; tali istruzioni dovranno tener y conto dell’età, del sesso, delle abitudini e delle condizioni socioeconomiche del paziente; molti termini medici, che il terapeuta può ritenere ormai entrati nel linguaggio comune, possono risultare del tutto incomprensibili per alcuni pazienti, ma raramente questi ne chiederanno il significato Fissare appuntamenti periodici con biglietti promemoria y Raccomandare al paziente di tenere un diario terapeutico (di particolare importanza nel diabete mellito e y nell’ipertensione) Chiamare telefonicamente i pazienti che hanno saltato appuntamenti importanti di follow-up y Spiegare chiaramente l’importanza del follow-up y Tabella I Suggerimenti per migliorare la compliance al trattamento [9,10] BIBlIogrAfIA Sackett DL. The hypertensive patient: compliance with therapy. 1. Can Med Assoc J 1979; 121: 259-61 Osterberg L, Blaschke T. Adherence to medication. 2. New Engl J Med 2005; 353: 487-97 ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2010; 4(4) 129 F. Lugoboni Lugoboni F, Mezzelani P, Quaglio GL, Pajusco B, Casari R, Lechi A. Migliorare la compliance 3. in medicina interna: il colloquio motivazionale. Ann Ital Med Int 2004; 19: 155-62 McNabb WL. Adherence in diabetes: can we define it and can we measure it? 4. Diabetes Care 1997; 20: 215-8 Schneider J, Kaplan SH, Greenfield S, Li W, Wilson IB. Better patient-doctor relationships 5. are associated with higher reported adherence to antiretroviral therapy in HIV patients. J Gen Intern Med 2004; 19: 1096-103 Hulka BS, Cassel JC, Kupper LL, Burdette JA. Communication compliance and concordance 6. between patients and doctors with prescribed medications. Am J Public Health 1976; 66: 847- 53 Agency for Helathcare Research Quality. Quick tips – When Getting a Prescription. AHRQ 7. Publlication 01-0040c. Rockville, MD: Agency for Healthcare Research Quality, 2002 Tarn DM, Heritage J, Paterniti DA, Hays RD, Kravitz RL, Wenger NS. Doctor communication 8. when prescribing new medications. Arch Int Med 2006; 166: 1855-62 Munger MA, Van Tassel BW, LaFleur J. Medication nonadherence: an unrecognized 9. cardiovascular risk factor. Med Gen Med 2007; 3: 9-58 Vrijens B, Vincze G, Kristanto P, Urquhart J, Burnier M. Adherence to prescribed antihypertensive 10. drug treatments: longitudinal study of electronically compiled dosing histories. BMJ 2008; 336: 1114-7 Per chi desidera approfondire Migliorare la compliance. L’utilità del colloquio motivazionale Fabio Luogoboni Prefazione a cura di Alessandro Lechi Pagine 132 Formato 12 x 19 cm Prezzo: 15,00 € ISBN 978-88-8968-834-2 Acquistabile su www.edizioniseed.it Disponibile anche in versione e-book al prezzo di 11,28 € Dalla recensione del Prof. Giorgio Bert «Il testo di Lugoboni affronta in modo chiaro e comprensibile un tema di notevole importanza per il medico: il col- loquio motivazionale e la sua utilità nei casi (frequenti!) di noncompliance da parte del paziente nei confronti delle prescrizioni e delle indicazioni, sia che esse riguardino interventi diagnostici e terapeutici, sia che impongano cam- biamenti nello stile di vita... La risposta spontanea della maggior parte dei medici è, come quella dei genitori verso i figli disobbedienti, di irritata impazienza: una serie di interventi che vanno dal rimprovero alle minacce al tentativo di “far ragionare”, dai giu- dizi morali alle interpretazioni arbitrarie, dalla minimizzazione al sarcasmo... Tutte modalità da tempo descritte in pedagogia e note come modalità barriera. Esse infatti non solo hanno scarsa o nulla efficacia, come ogni genitore sa fin troppo bene, ma incrementano quella reazione di difesa e di rifiuto descritta e studiata da qualche decennio nota come reattanza psicologica. Nei fatti, l ’uso delle modalità barriera facilita l ’insorgere di conflitti, riduce o rompe la relazione e in ultima analisi accentua il malessere sia del paziente sia del medico. Sembra banale, e tuttavia nella pratica medica viene spesso dimenticato, che quando si debba richiedere a una persona un comportamento sgradevole, preoccupante o comunque molesto – ciò che noi medici dobbiamo fare con elevata fre- quenza – è necessario che il paziente sia aiutato a trovare delle motivazioni positive forti. In altre parole, occorre che dal suo punto di vista (che non è necessariamente quello del medico) i contro non superino eccessivamente i pro. Allo scopo assai più che le argomentazioni, le citazioni scientifiche, le statistiche funziona la capacità del medico di costruire insieme al paziente un’alleanza, un rapporto cioè di reciproca fiducia: la fiducia non è infatti – come molti credono – qualcosa che il paziente dà al medico ma è una costruzione condivisa: non è una delega ma una relazione. Questo implica che il medico, in quanto professionista a cui spetta la conduzione del colloquio, abbia appreso e sia quindi in possesso di abilità comunicative di grado elevato: le cosiddette abilità di counselling.»