©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2010; 4(4) 131 Clinical Management Issues nusale, ma risultava modificato rispetto agli altri tracciati elettrocardiografici mostrati Caso ClInICo Una donna di 51 anni, per la presenza di una lieve, breve e transitoria precordialgia, comparsa pochi giorni prima, veniva rico- verata, in regime ordinario, presso la nostra Divisione di Medicina Interna dell’Azien- da Ospedaliera Universitaria della Seconda Università degli Studi di Napoli. L’anamnesi evidenziava diabete mellito di tipo 2 diagnosticato da 7 anni, trattato sin dall’inizio con ipoglicemizzanti orali (metformina 2 g/die), terapia a cui era stata aggiunta aspirina (100 mg/die). Non veni- va riferita la presenza di ulteriori fattori di rischio cardiovascolari. Al momento del ricovero i valori di HbA1c erano pari a 7,2%, valore indicativo di un compenso glicemico non perfetto, ma tutto sommato accettabile. Il tracciato elet- trocardiografico evidenziava bradicardia si- Perché descriviamo questo caso Il caso clinico descritto consente di sot- tolineare la problematica, abbastanza attuale, della prevenzione dei maggiori eventi cardiovascolari nei soggetti diabe- tici, in quanto le complicanze macrova- scolari rappresentano la causa principale di morbilità e mortalità nei pazienti con diabete di tipo 2. Nonostante l ’aspirina riduca il rischio di eventi in un ampio spettro di pazienti con patologie vascolari in prevenzione secondaria e in alcuni sot- togruppi in prevenzione primaria, una parte rilevante di popolazioni a rischio non risulta protetta nel modo atteso Corresponding author Dott.ssa Maria Rosaria Rizzo mariarosaria.rizzo@unina2.it Caso clinico abstract Diabetes is characterised by development of specific microvascular complications and by a high incidence of accelerated atherosclerosis. Several Authors demonstrated that post-prandial hyperglycaemia is certainly an independent risk factor of vascular complications in type 2 diabetes. The endothelial dysfunction, the oxidative stress, the post-prandial hyperglycaemia and the haemostatic and thrombotic parameters alterations are the principal causes for the cardiovascular risk increase in diabetic patient. For this reason many studies on anti-platelet therapy have been made in order to reduce thrombotic complication of diabetes mellitus. However, data suggest that the clinical efficacy of low-dose aspirin in patients with diabetes is substantially lower than in individuals without diabetes. Indeed, several evidences support the hypothesis that diabetes might represent a case of “aspirin resistance”. Keywords: Diabetes mellitus, aspirin resistance, Mean Amplitude of Glycemic Excursion (MAGE) A case of aspirin-resistance probably related to glycemic excursion CMI 2010; 4(3): 131-135 1 VI Divisione di Medicina Interna. Dipartimento di Gerontologia, Geriatria e Malattie del Metabolismo Seconda Univesità degli Studi di Napoli Ilaria Fava 1, Raffaele Marfella 1, Giuseppe Paolisso 1, Maria Rosaria Rizzo 1 Un caso di aspirino-resistenza probabilmente legata alla variabilità glicemica ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2010; 4(4)132 Un caso di aspirino-resistenza probabilmente legata alla variabilità glicemica L’acido acetilsalicilico (ASA), per il suo effetto sia sulla funzionalità piastrinica sia sull’infiammazione, potrebbe rappresentare il candidato ideale per la prevenzione dei maggiori eventi cardiovascolari nei soggetti diabetici [4-6]. Tuttavia, un gran numero di pazienti non risulta protetto nel modo atteso [7]. La ridotta efficacia farmacologica dell’ aci- do acetilsalicilico, definita sia come ridotta capacità di prevenire l’attivazione piastrinica in test in vitro, sia come ridotta capacità di ridurre la sintesi di TXA , ha portato a ipo- tizzare l’esistenza, in alcuni pazienti, di un fenomeno di aspirino-resistenza [8-11]. La resistenza all’aspirina consiste in un’inadeguata inibizione dell’aggregazione piastrinica con conseguente esposizione a un maggior rischio di eventi aterotrombo- tici. I soggetti resistenti all’aspirina, infatti, hanno un rischio maggiore di avere un at- tacco cardiaco, un ictus o di morire per una pre-esistente condizione cardiaca. Ciononostante, l’American Diabetes Asso- ciation (ADA) raccomanda l’uso della terapia con aspirina a basse dosi (81-325 mg/die) in prevenzione primaria in pazienti diabe- tici ad alto rischio di eventi cardiovascolari, anche in assenza di manifestazioni cliniche evidenti, se sono presenti i seguenti fattori di rischio [12]: familiarità per cardiopatia ischemica; y fumo di sigaretta; y ipertensione arteriosa; y peso corporeo > 120% del peso ideale; y micro- o macroalbuminuria; y colesterolo totale > 200 mg/dl; y colesterolo LDL >100 mg/dl; y colesterolo HDL < 55 mg/dl nelle donne y e < 45 mg/dl negli uomini; trigliceridi > 200 mg/dl. y L’American Heart Association (AHA) rac- comanda in prevenzione primaria una dose di acido acetilsalicilico pari a 75-160 mg/ die; inoltre, l’uso dell’aspirina è raccoman- dato nei diabetici anche nella prevenzione secondaria [12]. L’ASA esplica i suoi effetti antitrombotici attraverso l’inibizione irreversibile dell’en- zima COX-1 per acetilazione a livello del gruppo idrossilico appartenente a un resi- duo di serina in posizione 529. In più, le piastrine, essendo anucleate, non sono in grado di sintetizzare nuovo enzima; risulta quindi bloccata la sintesi di TXA2 per tutta la vita della piastrina (7-10 giorni); questo dalla paziente. Le alterazioni elettrocar- diografiche presenti erano compatibili con ischemia miocardica. Si praticava, pertanto, un prelievo venoso sia per il dosaggio ema- tochimico di routine, sia per il dosaggio dei marker di necrosi miocardica, che risulta- vano negativi. Inoltre, la paziente veniva sottoposta a monitoraggio glicemico gior- naliero (a digiuno, 2 ore dopo pranzo e 2 ore dopo cena) con riflettometro, oltre che a monitoraggio glicemico continuo con hol- ter glicemico (GlucoDay®) per 48 ore per la valutazione delle variazioni glicemiche gior- naliere. L’analisi delle variazioni glicemiche giornaliere con GlucoDay® evidenziava una importante ampiezza media dell’escursione glicemica (Mean Amplitude of Glycemic Ex- cursion; MAGE), espressione di elevati pic- chi glicemici durante l’arco della giornata. Continuavano, quindi, le indagini stru- mentali. L’ecocardiografia evidenziava una lieve ipocinesia in sede inferiore e l’ECG da sforzo risultava positivo per ischemia in- dotta da stress. A questo punto, la paziente veniva sottoposta a tomoscintigrafia mio- cardica dopo stimolo e a riposo che risultava negativa per ischemia. Dopo aver praticato consulenza cardiologica, che concordava con la diagnosi di probabile ischemia in atto, la paziente veniva trasferita presso l’unità di emodinamica per essere sottoposta all’esa- me coronarografico. Quest’ultimo mostrava un’ostruzione del tronco comune superiore del 75%; pertanto la paziente veniva sottopo- sta a intervento di bypass aorto-coronarico. DIsCUssIone L’iperglicemia, l’iperinsulinemia, i prodot- ti di glicosilazione avanzata (Advanced Gly- cosilation Endproducts; AGEs) e l’aumentato stress ossidativo, fattori patogenetici del dia- bete, colpiscono l’albero vascolare, provocan- do disfunzione a livello delle cellule endote- liali, delle piastrine e dei leucociti circolanti [1,2]. Pertanto, nei pazienti diabetici con complicanze micro- e macrovascolari, che si manifestano a loro volta come cardiopatia ischemica precoce, eventi cerebrovascolari e/o arteriopatia periferica, il rischio cardio- vascolare (CV ) viene attribuito sia all’ate- rosclerosi sia alla trombosi, determinanti occlusioni vascolari sia per la rottura delle placche arteriosclerotiche sia per l’attivazio- ne piastrinica [3]. Di conseguenza, una così complessa patogenesi della malattia vasco- lare nel diabetico rende difficile la gestione clinica delle complicanze del diabete. c ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2010; 4(4) 133 I. Fava, R. Marfella, G. Paolisso, M. R. Rizzo picchi post-prandiali e non dà informazioni sulla frequenza delle ipoglicemie né sui pic- chi iperglicemici post-prandiali e notturni. Ecco perché è sempre più diffusa la con- vinzione che “fare la media” delle glicemie non basti e occorra conoscere anche i valori glicemici nei vari momenti della giornata e soprattutto l’entità delle variazioni glicemi- che in relazione ai pasti. Infatti, ai fini di una migliore compren- sione della patogenesi delle complicanze diabetiche, recentemente è stata sottolineata l’importanza dello studio dell’ampiezza delle fluttuazioni attorno alla glicemia media [23- 25]. In pratica, le continue oscillazioni dei valori della glicemia con presenza di picchi iperglicemici verso valori molto più bassi della media (nadir) sarebbero ancor più re- sponsabili rispetto a valori di glicemia per- sistentemente elevata. Numerosi sono gli studi che hanno dimo- strato che l’iperglicemia cronica persistente e le oscillazioni acute della glicemia sono responsabili delle complicanze diabetiche per l’eccessiva glicosilazione proteica e per l’attivazione dello stress ossidativo, con au- mentata attività dei polioli, aumentata pro- duzione dei prodotti avanzati di glicosila- zione, attivazione della proteina chinasi C e del fattore nucleare Nf-kB (Nuclear Factor Kappa B). Inoltre, il concetto che i picchi iperglicemici post-prandiali siano dannosi si riferisce non solo ai picchi post-prandiali ma anche alle escursioni inter-prandiali, cioè all’entità delle fluttuazioni acute delle glice- mie rispetto al valore medio (MAGE) [23- 25]. Di conseguenza, uno degli obiettivi più importanti della terapia del diabete dovrebbe essere quello di prevenire l’eccessiva variabi- lità dei livelli plasmatici del glucosio. In base a tali premesse, in un nostro recen- te studio abbiamo indagato la possibile rela- zione tra aspirino-resistenza e le variazioni glicemiche giornaliere. I risultati ottenuti hanno suggerito che le variazioni glicemiche giornaliere possono essere un determinante significativo del ridotto effetto dell’aspirina, anche se sono comunque necessari ulteriori studi per confermare tali dati [26]. ConClUsIonI Il caso clinico descritto sottolinea l’impor- tanza di un miglior approccio terapeutico, nei pazienti diabetici, al fine di ottimizzare la prevenzione dei maggiori eventi cardiova- scolari, essendo le complicanze macrovasco- effetto è responsabile della lunga durata dell’azione terapeutica dell’aspirina, nono- stante la sua emivita plasmatica di soli 20 minuti [13-15]. Tuttavia alcuni pazienti diabetici tratta- ti con ASA mostrano un’elevata incidenza di eventi trombotici attribuibile, appunto, all’aspirino-resistenza, alla base della quale sono stati proposti vari meccanismi. In effetti, le piastrine di alcuni pazienti mostrano un’iperreattività in vitro e un’incre- mentata sintesi di TXA2 che sembra predire un’aumentata incidenza di infarto miocardi- co e morte cardiovascolare. Il TXA2 viene ra- pidamente idrolizzato non enzimaticamente in TXB2, che, a sua volta, viene trasformato in 11-deidro-TXB2 ad opera dell’enzima 11-idrossi-trombossano-deidrogenasi, o in 2,3-dinor-TBX2 per beta-ossidazione. La misurazione della concentrazione di TXB2 o di 11-deidro-TBX2, nel sangue o nelle urine, permette così di valutare indirettamente la produzione di TXA2 [8-11]. Ma quali sono i possibili meccanismi alla base dell’inefficacia farmacologica dell’aspi- rina nei soggetti diabetici? La scarsa compliance o il dosaggio insuf- ficiente, certamente, possono incidere sulla mancata efficacia dell’aspirina [16]. Altra possibile spiegazione potrebbe essere la produzione di TXA2 attraverso una via di biosintesi insensibile all’aspirina e derivan- te da monociti-macrofagi sotto stimolo in- fiammatorio, attraverso la COX-2, enzima inducibile espresso principalmente in queste cellule [17]. Ancora, potrebbe essere responsabile dell’aspirino-resistenza, nei soggetti diabe- tici, lo stato pro-infiammatorio, la presenza di ipertensione arteriosa, e/o gli elevati livelli di colesterolemia [18-20]. Un altro possibile meccanismo nei pa- zienti diabetici potrebbe essere l’esistenza di polimorfismi del gene che codifica per la COX-1, che renderebbero l’enzima resisten- te all’azione dell’aspirina [21]. Recentemente, Watala e colleghi hanno riportato una ridotta sensibilità all’aspirina di piastrine di soggetti diabetici, rispetto a soggetti sani, che correlava con il grado di controllo metabolico (livelli di HbA1c, emoglobina glicata) [22]. Tra le metodi- che di controllo della glicemia, il dosaggio dell’emoglobina glicata stima la glicemia media dell’ultimo trimestre; ma, come ogni valore medio, nasconde un limite. Infatti, l’emoglobina glicata non descrive le variazio- ni all’interno di una giornata, non evidenzia i ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2010; 4(4)134 Un caso di aspirino-resistenza probabilmente legata alla variabilità glicemica uno degli obiettivi del trattamento nei pa- zienti con diabete di tipo 2, che limiterebbe molto verosimilmente anche il fenomeno della aspirino-resistenza. DIsClosUre Gli Autori dichiarano di non avere con- flitti di interesse di natura finanziaria in merito agli argomenti trattati nel presente articolo. lari la principale causa di morbilità e mor- talità nei pazienti con diabete di tipo 2. Se la classica terapia con aspirina protegge solo alcuni dei pazienti affetti da diabete mellito, è allora di estrema importanza individuare ulteriori cause di aspirino-resistenza per li- mitare gli eventi cardiovascolari maggiori. Se gli studi dimostrano che l’iperglicemia cronica persistente e le fluttuazioni acute della glicemia contribuiscono all’insorgenza delle complicanze diabetiche, la riduzione della variabilità glicemica dovrebbe essere BIBlIografIa Nin JW, Jorsal A, Ferreira I, Schalkwijk CG, Prins MH, Parving HH et al. Higher plasma 1. soluble receptor for advanced glycation endproducts (sRAGE) levels are associated with incident cardiovascular disease and all-cause mortality in type 1 diabetes: a 12-yr follow-up study. Diabetes 2010; Jun 3 De Vriese AS, Verbeuren TJ, Van de Voorde J, Lameire NH, Vanhoutte PM. Endothelial 2. dysfunction in diabetes. Br J Pharmacol 2000; 130: 963-74 UK Prospective Diabetes Study Group. 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