©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2010; 4(3) 97 Clinical Management Issues livello del quadrante supero-interno della mammella destra, del diametro massimo di 40 mm. A livello del cavo ascellare omo- laterale non furono riscontrate adenopatie Caso ClInICo Una donna di 67 anni si presentò alla no- stra attenzione nel luglio 2004 per l’autori- scontro di una massa al livello del quadrante supero-interno della mammella destra. L’anamnesi familiare non evidenziò casi di tumore della mammella nei parenti di I e II grado. La paziente era in ottime con- dizioni generali e da circa 3 anni assumeva ACE inibitori per un’ipertensione arteriosa moderata. L’esame obiettivo rivelò la pre- senza di una massa di consistenza lignea al Perché descriviamo questo caso Per illustrare le possibilità terapeutiche di cura del tumore al seno metastatico, ponendo un’attenzione particolare ai vantaggi offerti dall ’uso di docetaxel Corresponding author Filippo Montemurro filippo.montemurro@ircc.it Caso clinico abstract Metastatic breast cancer is a very heterogeneous disease, both from a clinical and a biological point of view. Despite being still incurable, the expanding therapeutic repertoire has determined a progressive increase in median survival. We describe the clinical course of a 67-year-old woman with a locally advanced, hormone-receptor positive breast cancer with synchronous liver metastases. Single-agent docetaxel at the dose of 100 mg/m2 for 8 cycles determined a pathological complete remission in the breast and a near complete remission of liver metastases. After more than 4 years from diagnosis, the patient is alive and without signs of tumour progression. Based on this clinical case, we discuss management issues like the choice of the initial treatment, the use of monochemotherapy vs polychemotherapy, the worth of surgery of the primary tumour in patients with stage IV disease, and the issue of maintenance endocrine therapy. Furthermore, we reviewed the pivotal role of docetaxel in the management of advanced breast cancer. Whether monochemotherapy or polychemotherapy is felt to be an adequate choice in the clinical practice, docetaxel qualifies as one of the most active and manageable agents. Single agent activity ranging from 20-48% in terms of response rate has been reported in several clinical trials in patients treated in various clinical settings. Docetaxel-based combinations with other cytotoxic agents have become established in the first line treatment both in patients with anthracycline-resistant and anthracycline-sensitive metastatic breast cancer. Finally, docetaxel has been shown to be an optimal companion drug for biologically targeted agents like trastuzumab or bevacizumab, resulting in further treatment options. Keywords: Metastatic breast cancer, docetaxel, polychemotherapy, monochemotherapy Current problems in the first-line treatment of metastatic breast cancer: focus on the role of docetaxel CMI 2010; 4(3): 97-107 1 Divisione di Oncologia Medica 1, Fondazione del Piemonte per l’Oncologia, Istituto per la Ricerca e la Cura del Cancro, Strada Provinciale 142, km 3,95, 10060 Candiolo Filippo Montemurro 1 Problematiche attuali nel trattamento di I linea del carcinoma della mammella metastatico: focus sul ruolo di docetaxel ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2010; 4(3)98 Problematiche attuali nel trattamento di I linea del carcinoma della mammella metastatico: focus sul ruolo di docetaxel all’HercepTest), positivo nel 20% delle cel- lule neoplastiche. Prima di avviare la paziente a un tratta- mento neoadiuvante, si procedette a una sta- diazione tramite tomografia assiale compu- terizzata (TAC) dell’encefalo, torace e addo- me e scintigrafia ossea. L’esame TAC rivelò la presenza di focalità epatiche al livello di S2, S4, S6 e S7, del diametro massimo di 2 cm, sospette per secondarietà. La scintigra- fia ossea risultò negativa per interessamento scheletrico di malattia. Si procedette quindi a una biopsia epatica con ago sottile al livello di una delle lesio- ni evidenziate alla TAC. L’esame citologico confermò la diagnosi di metastasi da carci- noma della mammella. Lo studio citologi- co fornì un profilo di biomarcatori simile a quello del tumore primitivo (ER 75%, PgR 45%, HER2: 1+). Il programma terapeutico fu ridiscusso con la paziente alla luce del riscontro di sospette. Il resto dell’esame obiettivo non rivelò reperti anomali. Una mammografia confermò la presenza di un nodo unico a livello della mammella destra, del diametro massimo di 35 mm, con calcificazioni “a grano di sale” nella sua com- pagine. Fu anche effettuata una risonanza magnetica nucleare (RMN) con studio di- namico che mise in evidenza la presenza di un’alterazione di segnale nel contesto della ghiandola mammaria della mammella de- stra, in accordo con il dato clinico e mam- mografico (Figura 1). L’esame microistologico su core biop- sy della lesione mammaria confermò la diagnosi di carcinoma duttale infiltrante scarsamente differenziato della mammella con il seguente profilo di biomarcatori: re- cettore estrogenico (ER) positivo nell’80% delle cellule neoplastiche, recettore per il progesterone (PgR) positivo nel 50% delle cellule neoplastiche, HER2 negativo (1+ Figura 1 Risonanza magnetica mammaria pre- chemioterapia L’esame evidenzia una voluminosa impregnazione di mezzo di contrasto paramagnetico al livello del quadrante supero-interno della mammella destra (A). L’esame dinamico rivela una curva di intensità/tempo suggestiva per malignità (B) Figura 2 Risonanza magnetica mammaria dopo 8 cicli con docetaxel L’esame evidenzia una spiccata regressione volumetrica della lesione del quadrante supero interno della mammella destra, con persistenza di areole di impregnazione (A). L’esame dinamico di queste areole rivela una curva di intensità/tempo suggestiva per malignità (B). L’esame depone per minima persistenza di malattia a B a B ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2010; 4(3) 99 F. Montemurro in fase metastatica, il repertorio di scelte te- rapeutiche possibili sia ampio e complesso. Numerosi fattori contribuiscono a questa complessità: la presentazione clinica può es- sere estremamente eterogenea, con pazienti asintomatiche e poche localizzazioni di ma- lattia fino a quadri drammatici di malattia con metastasi critiche per sede ed estensio- ne. L’eterogeneità biologica del tumore della mammella rappresenta un ulteriore elemen- to di stratificazione sia prognostica sia pre- dittiva nei confronti dell’efficacia di terapie mirate. Su questo importante substrato cli- nico e biologico, uno sforzo è quindi richie- sto per utilizzare correttamente, o più spesso ragionevolmente, la grande quantità di armi terapeutiche disponibili. Il caso clinico de- scritto presenta alcuni spunti di discussione che saranno sviluppati brevemente. Alcuni di questi, più concettuali, sono: approccio terapeutico iniziale in paziente y in stadio IV di malattia (ormonoterapia vs chemioterapia); scelta della modalità chemioterapica (poli- y chemioterapia vs monochemioterapia); ruolo della chirurgia del tumore primitivo y in una paziente con metastasi sincrone; ruolo dell’ormonoterapia di mantenimen- y to dopo chemioterapia. Un argomento più specifico è infine rap- presentato dalla scelta di docetaxel e dai suoi possibili utilizzi in monochemiotera- pia e in associazione con altri agenti che- mioterapici. approccio terapeutico iniziale in paziente in stadio IV di malattia Il carcinoma della mammella metastati- co è generalmente considerato una malattia non guaribile in quanto espressione di dis- seminazione sistemica e di coinvolgimento multiorgano. Gli obiettivi del trattamento sono la cura dei sintomi associati alle meta- stasi, la preservazione di una buona qualità di vita e il prolungamento della sopravvivenza [1]. Negli ultimi anni si è assistito a un pro- gressivo miglioramento della sopravvivenza mediana dal momento della diagnosi di carci- noma della mammella, grazie in buona parte all’espansione dell’armamentario terapeutico [2]. Un adeguato utilizzo delle terapie oggi disponibili consente spesso una sorta di cro- nicizzazione della malattia. Questo si traduce in lunghe sopravvivenze con qualità di vita soddisfacente. Dopo i deludenti risultati de- gli studi randomizzati con chemioterapia ad metastasi epatiche. In considerazione dei dati clinici e anatomopatologici si decise di avviare una terapia ormonale di I linea con un inibitore non steroideo dell’aroma- tasi (letrozolo), che la paziente cominciò ad assumere nell’agosto del 2004. Dopo 3 mesi di trattamento, una TAC del torace e dell’addome mostrò una sostanziale stabilità dimensionale delle lesioni epatiche, mentre all’esame clinico il diametro massimo del- la lesione mammaria risultò di 45 mm. Si decise quindi di avviare una chemioterapia di I linea con docetaxel 100 mg/m2 ogni 3 settimane. Dopo 4 somministrazioni di docetaxel, complessivamente ben tollerate, fu registrata una regressione parziale della lesione mammaria, il cui diametro massi- mo si era ridotto a 25 mm. Anche a livello epatico fu osservata una remissione parziale di malattia con regressione di tutte le lesioni precedentemente rilevate dalla TAC e per- sistenza di una sola lesione metastatica. Si procedette quindi alla somministrazione di altri 4 cicli di chemioterapia. A causa di una ritenzione idrica di grado II, gli ultimi due cicli furono somministrati applicando una riduzione della dose del 25%. Dopo l’8° ci- clo, all’esame obiettivo la lesione mammaria non risultò più palpabile (remissione clinica completa). L’esame RMN delle mammelle evidenziò la presenza di aree residue di en- hancement di segnale al livello della sede della lesione nota (Figura 2). La TAC dell’addome confermò la pre- senza di un’unica lesione epatica residua, di dimensioni stabili rispetto alla rilevazione precedente. A maggio del 2005, completato il pro- gramma con docetaxel e visti i risultati degli esami di ristadiazione, si decise di procedere con un intervento di mastectomia semplice con ricostruzione immediata. L’esame isto- patologico della mammella destra non evi- denziò focolai residui di malattia (remissione completa patologica). Da giugno 2005 la paziente avviò una terapia ormonale di mantenimento con exemestane. Nel febbraio 2010, all’ultimo follow-up clinico-strumentale, la paziente si presentò in ottime condizioni generali e senza segni di ripresa di malattia. DIsCussIone Il caso clinico esposto illustra come, nel trattamento del carcinoma della mammella ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2010; 4(3)100 Problematiche attuali nel trattamento di I linea del carcinoma della mammella metastatico: focus sul ruolo di docetaxel interpretare gli studi clinici (es. problema- tica del cross-over delle pazienti assegnate alla monochemioterapia), è ragionevole pensare che sia la monochemioterapia sia la polichemioterapia sono modalità tera- peutiche idonee da utilizzare a seconda delle circostanze. Le circostanze sono rap- presentate dal tipo di paziente (modalità di presentazione clinica, assetto biologico della neoplasia, età, comorbidità) e dalle sue aspettative e preferenze, dalla modalità di presentazione clinica e dalle caratteristiche del tumore [1]. Ruolo della chirurgia del tumore primitivo Tradizionalmente, nel carcinoma della mammella in stadio IV, la chirurgia ha sem- pre avuto un ruolo puramente palliativo. Il progressivo incremento della sopravviven- za mediana ottenuto con l’introduzione di nuovi farmaci efficaci sul controllo siste- mico ha portato a un progressivo rilancio della metastasectomia e della chirurgia del tumore primitivo nei casi con metastasi sincrone. Il carcinoma della mammella esordisce in stadio IV nel 4-7% dei casi [9-12]. È ragionevole aspettarsi che l’introduzione di metodiche diagnostiche più sensibili come la PET possa portare a un incremento di que- sta percentuale (stage shift). Numerosi studi retrospettivi evidenziano come la chirurgia del tumore primitivo in una paziente con metastasi sistemiche possa essere associa- ta a un prolungamento della sopravvivenza (Tabella I) [9-13]. La metodologia di questi studi, purtroppo, non è robusta al punto da escludere il dubbio che la migliore prognosi possa non essere si- curamente attribuibile al ruolo terapeutico della chirurgia. Può darsi, infatti, che la pos- alte dosi con reinfusione di cellule staminali emopoietiche, gli oncologi hanno imparato a non considerare più l’eradicazione della malattia metastatica l’obiettivo principale del trattamento. La terapia ormonale di I linea rappresenta, in caso di tumori po- tenzialmente ormonosensibili, una scelta ragionevole, nonché raccomandata da au- torevoli algoritmi terapeutici [3]. Gli studi con inibitori dell’aromatasi hanno fornito rassicurazioni anche sul fatto che la terapia ormonale rappresenta un trattamento con rapporto tossicità/beneficio ottimale anche in pazienti con localizzazioni viscerali di malattia [4-6]. Monochemioterapia o chemioterapia di associazione? Per una paziente per la quale si ritenga indicato l’avvio di una chemioterapia, un aspetto critico è rappresentato dalla scelta tra l’uso di un agente chemioterapico singo- lo oppure di un’associazione tra più farmaci chemioterapici. Alcuni dei vantaggi della monochemioterapia sono la possibilità di utilizzare ciascun singolo agente al dosaggio massimo e la disponibilità di più farmaci da utilizzare in sequenza alla comparsa di progressione di malattia. Quelli della poli- chemioterapia sono, in generale, un tasso di risposte obiettive maggiore rispetto alla monochemioterapia, e un tempo a progres- sione più lungo. Pochi studi di confronto tra polichemioterapia e monochemiotera- pia evidenziano poi un beneficio anche in termini di sopravvivenza globale a favore della polichemioterapia [7,8]. In genere, i benefici della polichemioterapia sono otte- nuti a prezzo di un moderato incremento degli effetti collaterali del trattamento. In base a queste osservazioni e a una serie di altri problemi aperti sul modo corretto di autore Tipo di studio numero di pazienti Percentuale di pazienti operate HR per la sopravvivenza (chirurgia vs no chirurgia) Khan [9] Analisi di registro 16.024 57% 0,61 (0,58-0,65) Rapiti [10] Analisi di registro 300 42% 0,6 (0,3-0,7) Babiera [14] Database istituzionale 244 34% 0,50 (0,21-1,19) Gnerlich [15] Analisi di registro 9.734 47% 0,62 (0,59-0,66) Fields [16] Database Istituzionale 409 46% 0,63 (0,42-0,67) Blanchard [11] Database istituzionale 395 65% 0,7 (0,56-0,91) Neuman [13] Database Istituzionale 186 37% 0,71 (0,47-1,06) Tabella I Analisi retrospettiva dell ’efficacia della chirurgia del tumore primitivo HR = hazard ratio ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2010; 4(3) 101 F. Montemurro scelta di docetaxel nel trattamento di I linea del carcinoma della mammella in stadio IV Nel caso clinico descritto, nel momento in cui è stata presa la decisione di avviare un trattamento chemioterapico, la scelta è rica- duta su docetaxel. In accordo con i dati del- la letteratura medica, docetaxel è, tra quelli disponibili per uso clinico, uno dei farmaci chemioterapici con l’attività antitumorale più elevata. Docetaxel in monochemioterapia I primi studi randomizzati valutarono l’efficacia di docetaxel come singolo agente sia nei confronti di doxorubicina [20], sia, in pazienti pretrattate con antracicline e in linee di chemioterapia successive alla prima, nei confronti di combinazioni chemiote- rapiche come mitomicina C e vinblastina [21], metotrexate e 5-fluorouracile [22], vinorelbina e 5-fluorouracile [23]. In alcuni di questi studi, docetaxel risultò associato a un miglioramento significativo del tasso di risposte tumorali [21,22,24], del tempo a progressione [21,22] e della sopravvivenza globale [21], rispetto ai trattamenti di con- fronto. Docetaxel alla dose di 100 mg/m2 ogni 3 settimane è stato anche confrontato con l’altro taxano, paclitaxel, alla dose di 175 mg/m2 ogni 3 settimane in donne con ma- lattia resistente alle antracicline. Da questo confronto è emerso un trend verso l’incre- mento del tasso di risposte (32% vs 25%), e un vantaggio significativo in termini di tem- po mediano a progressione (5,7 vs 3,6 mesi, p = 0,0001) e della sopravvivenza mediana (15,7 vs 12,7 mesi, p = 0,03). La Tabella II riassume i dati di attività cli- nica di docetaxel come singolo agente, con sibilità stessa di procedere alla chirurgia del tumore primitivo sia un marcatore surrogato di altri indicatori di buona prognosi come, ad esempio, la buona risposta ai trattamenti medici con conseguente controllo della ma- lattia sistemica. Nonostante queste limita- zioni, è ragionevole proporre a una paziente con malattia in stadio IV l’asportazione del tumore primitivo in virtù di questo teorico beneficio prognostico, considerando anche le eventuali ricadute psicologiche positive sulla paziente. Ruolo dell’ormonoterapia di mantenimento dopo chemioterapia La prassi di aggiungere un farmaco ormo- nale dopo una regressione o stabilizzazione di malattia indotta con un trattamento che- mioterapico è diffusa tra gli oncologi. Non esistono, di fatto, studi prospettici che ne valutino l’efficacia nei confronti, ad esem- pio, dell’avvio di una terapia ormonale quan- do il tumore mostra segni di ripresa. Uno studio prospettico suggerì che, in pazienti con tumori ormono-positivi, l’associazione di chemioterapia ed endocrinoterapia pro- lungasse il time to treatment failure rispetto alla sola chemioterapia [17]. In aggiunta, pochi studi retrospettivi evi- denziarono un migliore outcome clinico in pazienti a cui, alla fine del trattamento chemioterapico veniva aggiunta una terapia ormonale di mantenimento [18,19]. Nonostante queste limitazioni, aggiungere un farmaco ormonale di mantenimento in una paziente in risposta o stabilizzazione di malattia rappresenta una scelta idonea, con- siderando che la chemioterapia nella malat- tia metastatica non ha, nella maggioranza dei casi, un’efficacia eradicante. autore, anno linea Dose (mg/m2) oRR (%) n paz. TTP (mesi) os (mesi) Chan, 1999 [24] I/II, non antra 100 48 161 6,5 15 Nabholtz, 1999 [21] I/II, precedenti antra 100 30 203 4,8 11,4 Sjostrom, 1999 [22] I/II, precedenti antra 100 42 143 6,8 10,4 Bonneterre, 2002 [23] I/II, precedenti antra 100 43 86 7 16 O’Shaughnessy, 2002 [7] I-III, precedenti antra 100 30 256 4,2 11,5 Jones, 2005 [25] I/II, precedenti antra 100 32 225 5,7 15,4 Harvey, 2006 [26] I/II 100 36 188 4,6 14,7 75 23 188 3,5 10,1 60 22 151 3,4 11,3 Sparano, 2009 [27] I/II, sensibili antra 75 26 373 7 20,6 Marty, 2005 [28] I, HER2-positive 100 31 94 6,1 22,7 Miles, 2008 [29] I, HER2-negative 100 44 241 8,1 31,9 Tabella II Attività antitumorale di docetaxel come singolo farmaco nel carcinoma metastatico della mammella (bracci di monochemioterapia in studi clinici randomizzati) La denominazione “sensibili antra” indica pazienti che hanno ricevuto antracicline come parte del trattamento neoadiuvante o adiuvante per un tumore operabile e che sono ricadute dopo almeno 12 mesi da completamento Antra = antracicline; ORR = risposta globale (remissione completa + remissione parziale); OS = sopravvivenza mediana; TTP = tempo mediano a progressione o sopravvivenza libera da progressione mediana ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2010; 4(3)102 Problematiche attuali nel trattamento di I linea del carcinoma della mammella metastatico: focus sul ruolo di docetaxel Docetaxel in schemi di polichemioterapia L’elevata attività clinica di docetaxel e la possibilità di utilizzare dosaggi inferio- ri rispetto ai 100 mg/m2 ogni 3 settimane hanno fatto sì che questo farmaco diven- tasse il componente base di associazioni polichemioterapiche che oggi costituisco- no standard di riferimento nel trattamento del carcinoma mammario metastatico. La Tabella III mostra alcuni esempi di queste associazioni, con i relativi risultati di atti- vità clinica. Dato il crescente numero di pazienti pre- cedentemente esposte a trattamenti adiuvan- ti contenenti antracicline, l’interesse negli ultimi anni si è concentrato su combinazio- ni di docetaxel e farmaci della classe degli antimetaboliti come capecitabina e gem- citabina. In particolare, lo studio di Joyce O’Shaugnessy ha valutato un’associazione di docetaxel alla dose di 75 mg/m2 ogni 3 settimane in associazione a capecitabina alla dose di 1.250 mg/m2 2 volte al giorno per 14 giorni ogni 21 (CT) [7]. Quest’associa- zione ha un razionale preclinico basato sul riscontro che il trattamento con docetaxel è in grado di indurre un’upregulation della timidina fosforilasi nelle cellule tumora- li [34]. Come si può notare dalla Tabella III, il trattamento combinato comportò un incremento del tasso di risposte obiettive, del tempo mediano a progressione e della sopravvivenza globale, rispetto al solo do- cetaxel alla dose di 100 mg/m2. Il migliora- mento dell’attività antitumorale è stato però associato a un significativo incremento degli effetti collaterali di grado 3 e 4, soprattutto per quanto riguarda la stomatite (17,4% vs 5%), la diarrea (14,4% vs 5,4%) e la sindrome mano-piede (24% vs 1%). Queste tossicità hanno comportato la necessità di ridurre i dosaggi dei farmaci in 163 delle 251 pazienti arruolate nel braccio di combinazione, cifra poco meno che doppia rispetto a quanto l’inclusione di studi clinici più recenti rispet- to a quelli che sono stati già descritti. Dalla Tabella II emergono due aspetti che hanno importanti implicazioni cliniche: il tasso di risposta a docetaxel come sin- y golo agente non è mai inferiore al 30%, a prescindere dal sottogruppo biologico preso in considerazione (es. tumori HER2 positivi o negativi). Il tasso di risposta tende a variare di poco in relazione alla linea di trattamento per la malattia me- tastatica; docetaxel ha un’attività antitumorale che y sembra essere dose-dipendente, ma già alla dose di 60 mg/m2 il tasso di rispo- ste è paragonabile a quello di altri agenti comunemente utilizzati nel trattamento del carcinoma della mammella, a parità di linea terapeutica [26]. Questa consistenza dell’attività antitumo- rale nei vari studi e la possibilità di usufru- ire di un range di dosaggi terapeutici senza modificare lo schema di somministrazione fanno di docetaxel un farmaco estremamen- te flessibile e adattabile alle esigenze della singola paziente. La somministrazione di docetaxel al dosaggio di 100 mg/m2 è la più efficace, ma anche quella caratterizzata da maggiori tossicità. Nel già citato studio di Harvey [26], condotto in pazienti alla II linea chemioterapica, dosaggi minori di docetaxel (75 mg/m2 e 60 mg/m2) furono associati a significative riduzioni delle tos- sicità principali. Per quanto riguarda la tos- sicità ematologica, ad esempio, l’incidenza di neutropenia febbrile fu del 14,1, del 7,4 e del 4,7% e quella di anemia di grado 3 e 4 fu del 13,5, dell’8,9 e del 6% per dosaggi di 100, 75 e 60 mg/m2, rispettivamente. Anche tossicità non ematologiche tipiche di doce- taxel, come l’astenia, la ritenzione idrica e la mucosite, risultarono attenuate per dosaggi inferiori a 100 mg/m2. autore, anno linea schema (pazienti) Comparatore (pazienti) oRR (%) TTP (mesi) os (mesi) Nabholtz, 2003 [30] I, no antra AT (214) AC (215) 59 (+12)* 9,3 (+1,35)* 22,5 Bontenbal, 2005 [31] I, sensibili antra AT (109) FAC (107) 59 (+15)* 8 (+1,4)* 22,6 (+4,2)* Bonneterre, 2004 [32] I, sensibili antra ET (70) FEC (72) 59 (+27) 8,6 34 (+6) O’Shaughnessy, 2002 [7] I-III, prec antra CT (255) T (256) 42 (+12)* 6 (+1,9)* 14,5 (+3)* Sparano, 2009 [27] I, prec antra T-PLD (378) T (373) 35 (+9)* 9,8 (+2,8)* 20,6 Chan, 2009 [20] I/II, prec antra GT (153) - 32 8 19,3 CT (152) - 32 8 21,4 Mavroudis, 2010 [33] I, sensibili antra ET (136) - 51 10,6 37,6 CT (136) - 53 11 35,7 Tabella III Attività antitumorale di docetaxel in schemi di polichemioterapia (studi randomizzati) Nelle colonne ORR, TPP e OS i numeri tra parentesi indicano il guadagno assoluto per ciascun clinical outcome rispetto al braccio di confronto; l’asterisco indica una differenza statisticamente significativa. La denominazione “sensibili antra” indica pazienti che hanno ricevuto antracicline come parte del trattamento neoadiuvante o adiuvante per un tumore operabile e che sono ricadute dopo almeno 12 mesi da completamento AC = adriamicina 60 mg/m2, ciclofosfamide 600 mg/m2; antra = antracicline; AT = adriamicina 50 mg/m2, docetaxel 75 mg/m2; CT = capecitabina 1.250 mg/m2 2 volte al giorno per 14 giorni, docetaxel 75 mg/m2; ET = epirubicina 75 mg/m2, docetaxel 75 mg/m2; FAC = 5-fluorouracile 500 mg/m2, adriamicina 50 mg/m2, ciclofosfamide 500 mg/m2; FEC = 5-fluorouracile 500 mg/m2, epirubicina 75 mg/m2, ciclofosfamide 500 mg/m2; GT = gemcitabina 1.000 mg/m2 giorni 1, 8 ogni 21, docetaxel 75 mg/m2; ORR = risposta globale (remissione completa + remissione parziale); OS = sopravvivenza mediana; T = docetaxel 100 o 75 mg/m2; T-PLD = docetaxel 60 mg/m2, doxorubicina liposomiale pegilata 30 mg/m2; TTP = tempo mediano a progressione o sopravvivenza libera da progressione mediana ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2010; 4(3) 103 F. Montemurro che i due regimi costituiscono due standard di riferimento in pazienti pretrattate con antracicline. La scelta tra i due regimi può essere effettuata sulla base del profilo delle tossicità attese. Le combinazioni di docetaxel con antime- taboliti sono state sviluppate per l’esigenza di mettere a punto regimi attivi in pazienti precedentemente esposte ad antracicline e hanno arruolato pazienti pretrattate per la malattia metastatica. Un recente studio del gruppo ellenico di ricerca oncologica ha confrontato, in prima linea di trattamento, uno schema CT con una dose di capecita- bina ridotta (950 mg/m2/die per 14 giorni ogni 21) con uno schema con docetaxel ed epirubicina (entrambi i farmaci alla dose di 75 mg/m2 ogni 21 giorni) [33]. I risultati depongono per una sostanziale equivalenza fra i due regimi, stabilendo così il ruolo della combinazione CT come alternativa a regi- mi basati sulle antracicline nel trattamento di I linea del carcinoma metastatico della mammella. Da questo confronto emerge anche un migliore profilo di tollerabilità del CT, con minore incidenza di neutropenia di grado 3-4 e di astenia. La riduzione della dose di capecitabina ha comportato anche la riduzione dell’incidenza di sindrome mano- piede di grado 3 e 4, che si è presentata nel 4% delle pazienti. Docetaxel in associazione ad agenti biologici L’elevata attività antitumorale di docetaxel nel carcinoma della mammella e il prevedi- bile profilo di effetti collaterali, modulabile con opportune variazioni della dose, ha fatto sì che questo farmaco diventasse la base di associazioni con farmaci a bersaglio mole- colare (Tabella IV ) [37]. In pazienti con malattia HER-positiva, il sinergismo di azione tra docetaxel e trastu- zumab, osservato in modelli preclinici [40], ha trovato conferma clinica. In uno studio randomizzato di fase II, l’aggiunta di trastu- riscontrato nel braccio di monoterapia. Al- cuni studi retrospettivi hanno suggerito che dosaggi minori di docetaxel e capecitabina sono associati a migliore tollerabilità e ad attività clinica comparabile ai dosaggi pieni [35]. Una delle obiezioni principali al dato di aumentata sopravvivenza con il regime CT è rappresentato dal basso tasso di crossover delle pazienti nel braccio di monochemio- terapia a ricevere, al momento della pro- gressione, un trattamento con capecitabina. In uno studio retrospettivo della casistica arruolata nello studio di O’Shaughnessy, il crossover a capecitabina dopo progressione durante docetaxel di I linea è risultato asso- ciato a una migliore sopravvivenza rispetto ad altre terapie di salvataggio [36]. Questi dati suggeriscono la validità clinica di una strategia di monoterapia con docetaxel, se- guito, al momento della progressione di ma- lattia, da capecitabina. Allo scopo di mettere a punto uno schema con docetaxel e antimetabolilti alternativo al CT, Chan e collaboratori hanno condotto uno studio randomizzato in 305 pazienti con carcinoma metastatico della mammel- la precedentemente esposte ad antracicline [20]. Lo schema di confronto consisteva in docetaxel alla dose di 75 mg/m2 (giorno 1 ogni 3 settimane) e gemcitabina 1.000 mg/ m2 (GT) (giorni 1 e 8 ogni 3 settimane). Le dosi di CT erano quelle dello studio di O’Shaughnessy [7]. Nel complesso, l’efficacia dei due regimi è stata sovrapponibile (vedi Tabella III). Il regime GT ha comportato una maggiore incidenza di leucopenia di grado 3 e 4 e un maggiore ricorso a emotra- sfusioni, mentre il CT è risultato associato a una maggiore incidenza di diarrea, mu- cosite e sindrome mano-piede di grado 3 e 4. A parte le differenze nel profilo di effetti collaterali, la percentuale di pazienti che ha dovuto interrompere il trattamento con GT a causa di tossicità è risultata pari alla metà di quelle che hanno dovuto interrompere il trattamento con CT (13 vs 27%, p = 0,002). In base a questi risultati, si può affermare autore, anno schema Dose di docetaxel (mg/m2) n. paz oRR (%) TTP (mesi) os (mesi) Marty, 2005 [28] TH 100 92 61 (+30)* 11,7 (+5,6)* 31,2 (+8,5)* Montemurro, 2004 [38] TH 75 42 67 9 - Wardley, 2010 [39] TH 75 110 72,7 12,8 NR CTH 75 112 70,5 17,9* Miles, 2008 [29] TB 7,5 mg/kg 100 248 55 (+11)* - 30,8 TB 15 mg/kg 247 63 (+19)* 10,1 (2)* 30,2 Tabella IV Attività antitumorale di combinazioni di docetaxel e agenti biologici Nelle colonne ORR, TPP e OS i numeri tra parentesi indicano il guadagno assoluto per ciascun clinical outcome rispetto al braccio di confronto; l’asterisco indica una differenza statisticamente significativa CTH = capecitabina 950 mg/m2 2 volte al giorno per 14 giorni ogni 21, docetaxel 75 mg/m2, trastuzumab; ORR = risposta globale (remissione completa + remissione parziale); OS = sopravvivenza mediana; TB = docetaxel 100 mg/m2, bevacizumab; TH = docetaxel 100 o 75 mg/m2, trastuzumab; TTP = tempo mediano a progressione o sopravvivenza libera da progressione mediana ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2010; 4(3)104 Problematiche attuali nel trattamento di I linea del carcinoma della mammella metastatico: focus sul ruolo di docetaxel mg/m2 ogni 3 settimane con bevacizumab (7,5 mg/kg e 15 mg/kg ogni 3 settimane) è stata recentemente confrontata con docetaxel in associazione a placebo in donne con carci- noma mammario HER2-negativo alla prima ricaduta metastatica [29]. In questo studio, l’aggiunta di bevacizumab ha determinato un significativo incremento delle risposte obiet- tive e del tempo mediano a progressione, con un vantaggio di mesi per la dose di 15 mg/ kg. È interessante notare come in questo stu- dio l’incidenza di ipertensione e proteinuria di grado superiore a 2 sia stata molto bassa (3,2% e 0,4% rispettivamente, con la dose più alta di bevacizumab). Attualmente que- sto regime non è ancora registrato per l’uso clinico in Italia, ma sarà presto disponibile, rappresentando, visti i risultati di attività, un’importante opzione terapeutica di prima linea per donne con carcinoma mammario metastatico HER2-negativo. ConClusIonI È stato presentato il caso clinico di una donna di 67 anni con carcinoma della mam- mella in stadio IV d’esordio per localizzazio- ni secondarie epatiche. Dopo un tentativo con ormonoterapia, è stata somministrata una monochemioterapia con docetaxel alla dose di 100 mg/m2 ogni 3 settimane per 8 cicli, che ha determinato una remissione completa patologica del tumore primitivo e una durevole remissione di malattia al livello epatico. Il caso clinico ha presentato nume- rosi spunti di discussione che evidenziano quanto il trattamento del carcinoma mam- mario metastatico necessiti di scelte mira- te sulle caratteristiche della paziente, della modalità di presentazione di malattia e della biologia tumorale. Docetaxel si conferma, dopo anni dalla sua introduzione nella cura del carcinoma della mammella, un farmaco di punta sia in monoterapia, sia in schemi di associazione con altri chemioterapici o agenti biologici. DIsClosuRe Il presente articolo è stato supportato da Sanofi-Aventis. zumab (dose di carico di 4 mg/kg e succes- sive dosi settimanali di 2 mg/kg) a docetaxel (alla dose di 100 mg/m2) ha determinato un tasso di risposte obiettive del 61%, un tempo a progressione mediano di quasi un anno e una sopravvivenza globale di oltre 30 mesi, con un miglioramento significativo rispet- to a docetaxel in monoterapia (Tabelle II e III) [28]. Un elemento significativo dal punto di vista clinico è che la tossicità della combinazione di docetaxel e trastuzumab è sostanzialmente la stessa di docetaxel da solo. Il profilo di effetti collaterali, nella no- stra esperienza, è ancora più favorevole con una dose di docetaxel di 75 mg/m2 senza apparente riduzione di efficacia [38]. Nel tentativo di potenziare ulteriormente questa associazione, Wardley e collaboratori han- no paragonato uno schema con docetaxel e trastuzumab (dose di carico di 8 mg/kg e successive dosi di 6 mg/kg ogni 3 settimane) allo stesso schema con l’aggiunta di capeci- tabina alla dose di 950 mg/m2 al giorno per 14 giorni ogni 21 (CTH) [39]. A prezzo di un moderato incremento dell’incidenza di sindrome mano-piede di grado 3 (17% vs 1%) e di diarrea di grado 3 e 4 (11% vs 4%), lo schema CTH è risultato associato a un significativo incremento del tempo a pro- gressione mediano. Un altro agente biologico che è stato com- binato con successo con docetaxel è bevaci- zumab, un anticorpo monoclonale anti-va- scular endothelial growth factor. Attualmente bevacizumab è registrato in associazione con paclitaxel in donne con carcinoma della mammella HER2-negativo alla prima rica- duta metastatica. Uno studio di fase III ha confermato la superiore efficacia di questa combinazione rispetto a paclitaxel da solo, con un raddoppio del tempo a progressione mediano da 5,9 mesi a 11,8 mesi [41]. La combinazione con bevacizumab è risultata associata a comparsa di ipertensione (14,8% vs 0,0%), proteinuria (3,6% vs 0,0%), cefalea (2,2 vs 0,0%) di grado 3 e 4 e di ischemia ce- rebrovascolare (1,9 vs 0,0%). Questi effetti collaterali, che sono stati causa frequente di interruzione del trattamento, possono essere in parte spiegati da un possibile effetto an- tiangiogenetico additivo di paclitaxel som- ministrato in modalità settimanale [42]. La combinazione di docetaxel alla dose di 100 ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2010; 4(3) 105 F. Montemurro BIBlIogRaFIa Cardoso F, Bedard PL, Winer EP, Pagani O, Senkus-Konefka E, Fallowfield LJ et al. International 1. guidelines for management of metastatic breast cancer: combination vs sequential single-agent chemotherapy. 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