Clinical Management Issues 2010; 4(2) ©SEEd Tutti i diritti riservati 65 Clinical Management Issues Nicoletta Masera 1, Valentina Decimi 1, Luisa Tavecchia 2, Marietta Capra 2, Giovanni Cazzaniga 2, Andrea Biondi 1, Giuseppe Masera 1 IntroduzIone Le talassemie sono disordini genetici in cui la produzione di emoglobina normale è soppressa, in parte o completamente, a causa di un difetto di sintesi di una o più catene globiniche. Vi sono diversi tipi di talassemie; quelle di maggiore rilevanza clinica comprendono le α-talassemie, le δβ-talassemie e le β-talassemie. Il tratta- mento raccomandato per la talassemia major comprende regolari trasfusioni di sangue, con intervalli da due a cinque settimane, per mantenere il livello di emoglobina (Hb) pre-trasfusionale al di sopra di 9-10,5 g/dl. Questo regime trasfusionale permette una crescita normale, assicura un’attività fisica normale e sopprime adeguatamente l’attività del midollo osseo [1]. Tuttavia vi sono casi in cui la trasfusio- ne non risulta praticabile, ad esempio per l’insorgenza di complicanze quali anemia emolitica autoimmune, reazioni avverse, rea- zioni trasfusionali febbrili non-emolitiche ed emolitiche, ecc. Riportiamo qui il caso di una ragazza affetta da β-talassemia (β+/β°) che presen- tava una situazione clinica molto grave dal momento che non poteva più ricevere ulte- riori trasfusioni a causa di pregresse gravi reazioni emolitiche post-trasfusionali e che ha mostrato una risposta eccezionale a ta- lidomide. Il caso che descriviamo di seguito è in par- te ripreso da una precedente pubblicazione, un caso di beta-talassemia major resistente alle terapie convenzionali Abstract We report the case of a 22-year-old woman from Albania, with thalassaemia major, in severe clinical condition who could no longer be transfused due to the occurrence of severe, acute, post-transfusional reactions. After 10 years of treatment, she failed to respond to hydroxyurea. When she received thalidomide, haemoglobin levels increased from 3.7 g/dl to 9 g/dl. Since then, at 22 months of follow-up, the therapy is still effective and well tolerated. The case gives the opportunity to describe the clinical use of thalidomide, and its potential in the management of beta-thalassaemia. Keywords: thalassaemia, thalidomide, foetal haemoglobin A case of beta-thalassaemia major resistant to standard treatment CMI 2010; 4(2): 65-70 1 Clinica pediatrica, Università di Milano- Bicocca, Ospedale San Gerardo, Monza 2 Centro Immunotrasfusionale, Ospedale San Gerardo, Monza Corresponding author Dott.ssa Nicoletta Masera n.masera@hsgerardo.org Caso clinico Perché descriviamo questo caso? Il caso descritto affronta il problema gra- vissimo di quelle forme di talassemia che non possono essere trattate con le trasfu- sioni e che non rispondono alla tradizio- nale terapia con idrossiurea. Talidomide potrebbe rappresentare una valida alter- nativa terapeutica da prendere in consi- derazione in queste situazioni, come nel caso qui illustrato Clinical Management Issues 2010; 4(2) ©SEEd Tutti i diritti riservati 66 Un caso di beta-talassemia major resistente alle terapie convenzionali a cura degli stessi Autori [2], recentemente apparsa su Blood Transfusion. Si è deciso di riproporre il caso, ampliando la sezione di discussione, per portare all’attenzione le complessità di gestione della talassemia nei pazienti non candidabili alla trasfusione, per evidenziare il possibile impiego di tali- domide in questi particolari pazienti e per delineare i possibili scenari di ricerca futura in questo ambito. Negli ultimi anni, infatti, la ricerca clinica è attiva con lo scopo di aiutare la gestione di questa patologia e migliorare la qualità e l’aspettativa di vita nei pazienti che ne sof- frono. I nuovi chelanti orali (deferiprone e deferasirox) hanno rappresentato già un enorme passo avanti nel miglioramento della qualità di vita di quei pazienti che, essendo regolarmente sottoposti a trasfusioni, ne- cessitano di terapia per rimuovere i depositi di ferro dall’organismo, che metterebbero a grave rischio la funzionalità di organi quali fegato e cuore e di conseguenza la vita del paziente. Le nuove terapie in studio inclu- dono la terapia genica, l’impiego di sostituti artificiali del sangue e l’induzione farmaco- logica dell’emoglobina fetale (HbF). desCrIzIone del CAso La paziente di 22 anni, nata in Albania, è affetta da β-talassemia major IVS1-6/ cd44-C. Gli svariati tentativi di cura, avvenuti in Albania fino all’età di 9 anni, e in seguito in Italia dove la paziente si era trasferita, non portarono ad alcun miglioramento (Tabel- la I). All’età di 16 anni, in seguito al tentativo di trasfusione con due unità di globuli rossi Scianna-negativi, trovate attraverso la Banca del Sangue Internazionale (American Donor Program), senza esito positivo, la ragazza venne dichiarata non più trasfondibile. Fu quindi posta in terapia con: diuretici, ACE-inibitori e digitale per lo y scompenso cardiaco cronico congestizio; farmaci anti-aggreganti per la presenza di y trombocitosi (il numero delle piastrine era 900-1.000 x 109/l); bisfosfonati e calcio per l’osteoporosi y grave; acido folico. y La dose di idrossiurea fu progressivamente aumentata fino a 30-35 mg/kg/die consen- tendole di mantenere valori di emoglobina tra 5-6 g/dl con un valore di emoglobina fetale del 40%. Il quadro clinico rimase stabile (consen- tendo alla ragazza di camminare per brevi tratti e di frequentare la scuola, sebbene non regolarmente) fino al marzo 2008 (all’età di 20 anni), quando si riscontrò una progressiva diminuzione dei valori dell’emoglobina, che raggiunse un nadir di 3,7 g/dl nel mese di maggio. Non c’erano segni d’infezione, ma si rilevava un peggioramento clinico con- sistente, con scompenso cardiaco grave e un’iniziale edema polmonare. La paziente fu trattata con dosi elevate di diuretico, digitale e ACE-inibitori. A questo punto si decise di iniziare il trattamento con talidomide 75 mg/die. Tale decisione fu presa sulla base della mancanza di altre opzioni terapeutiche disponibili. Si tenne inoltre in considerazione l’efficacia del farmaco rilevata in un caso simile, riportato in letteratura [3]. Si fece firmare il consenso informato ri- guardo alla natura sperimentale del tratta- mento e ai suoi possibili effetti teratogeni. La paziente fu informata dei rischi in gra- vidanza e accettò tale limitazione. La dose di idrossiurea fu progressivamente ridotta fino all’interruzione, avvenuta a di- cembre 2008. I valori di emoglobina aumentarono pro- gressivamente e rapidamente: Hb = 7,2 g/dl a un mese dall’inizio del y trattamento con talidomide; Hb = 9,0 g/dl dopo 8 mesi, con un valore y di HbF del 73%. I livelli degli eritroblasti rimasero elevati, nonostante mostrassero una leggera dimi- nuzione (53 x 103/ml). La terapia è stata fino ad ora ben tollerata e non è comparso nessun segno di neuropatia. Nell’ottobre 2009, in considerazione di una flessione del valore di Hb fino a 7 g/dl, la dose di talidomide è stata incrementata a 100 mg/die con ripresa dei valori di Hb. Al mo- mento della stesura di questo articolo (marzo 2010) le condizioni cliniche ed ematologiche della paziente sono buone e la terapia cardio- logica è stata ridotta in quanto il quadro di scompenso è nettamente migliorato. dIsCussIone Talidomide è un derivato sintetico dell’aci- do glutammico che veniva in origine pre- scritto come antinausea e sedativo, ma che fu poi tolto dal commercio a causa dei suoi Clinical Management Issues 2010; 4(2) ©SEEd Tutti i diritti riservati 67 N. Masera, V. Decimi, L. Tavecchia, M. Capra, G. Cazzaniga, A. Biondi, G. Masera gravi effetti teratogeni. Tuttavia, in tempi recenti, talidomide è tornata attuale in se- guito alla scoperta dei suoi effetti immuno- modulatori e antinfiammatori, che hanno aperto la strada al suo impiego in una serie di patologie dermatologiche, autoimmuni, infettive ed ematologiche [4,5]. In partico- lare il farmaco si è dimostrato efficace nella cura del mieloma multiplo, grazie alla sua attività angiogenica [6]. È pertanto indica- to, in associazione a melfalan e prednisone, per il trattamento di I linea di pazienti con mieloma multiplo non idonei a chemiote- rapia a dosi elevate, sulla base degli esiti di due principali trial [7,8]. Alcuni studi hanno evidenziato che tali- domide può migliorare l’anemia in pazienti con sindrome mielodisplastica e stimola l’eri- tropoiesi nei pazienti con mieloma multiplo [9,10]. Inoltre è stato visto che talidomide età trattamento note 1 anno Trasfusioni ogni 3-4 mesi Hb = 5-7 g/dl 4 anni Splenectomia 9 anni Ripetuti tentativi di trasfusione che però, nonostante non ci fosse incompatibilità trasfusionale dimostrabile, si rivelarono inefficaci a causa della massiva emolisi acuta post-trasfusionale Avviato il trattamento con alte dosi di steroidi e ciclofosfamide, senza alcun miglioramento Grave anemia con componente emolitica Test di Coombs diretto e indiretto: assenza di risultati conclusivi per un processo emolitico anticorpo-mediato Esiti degli esami: Hb = 4,5 g/dl y HbF = 38% y livelli molto bassi di aptoglobina y significativa eritroblastosi; y eritrociti = 320 x 103/ml cardiomiopatia dilatativa y gravi deformità ossee, soprattutto a livello y degli arti inferiori e del volto grave epatomegalia accompagnata da y significativo dolore a livello della loggia epatica 10 anni Idrossiurea 10 mg/kg/die Esclusa la possibilità di trapianto di midollo osseo da un donatore non consanguineo (entrambi i fratelli erano HLA incompatibili) a causa delle condizioni generali molto scadenti della paziente Parziale risposta in termini di livelli di emoglobina (Hb = 6,5-7 g/dl; HbF = 50%) Miglioramento della funzionalità epatica, nonostante gli indici di emolisi rimanessero alti 10 anni-12 anni Terapia con immunosopressori (alte dosi di steroidi e ciclofosfoammide), non essendo possibile escludere un’eziologia autoimmune della componente emolitica dell’anemia (la prova di Coombs risultò in alcune determinazioni debolmente positiva) e sulla base della gravità del suo stato clinico Assenza di risposta 15 anni Tre cicli di rituximab Nessuna risposta rilevante in termini di livelli di emoglobina Dopo un’estesa ricerca immuno-ematologica fu individuato nel siero un allo-anticorpo specifico Scianna-1 16 anni Trasfusione con due unità di globuli rossi Scianna-negativi Nessun aumento dei livelli dell’emoglobina Induzione di ulteriore emolisi (Hb pre-trasfusionale = 5 g/dl; Hb post-trasfusionale = 3,5 g/dl) tabella I Trattamenti e tentativi trasfusionali a cui è stata sottoposta la paziente dall ’età di 1 anno ai 16 anni e i suoi derivati possono ridurre o, in alcuni casi, eliminare, la necessità di trasfusioni di globuli rossi in alcuni soggetti anemici con mielodisplasia [11]. Il meccanismo d’azione del farmaco non è ancora pienamente compreso. I dati pro- venienti da studi clinici e in vitro indicano che gli effetti possono essere correlati alla ca- pacità di inibire l’iperproduzione del fattore di necrosi tumorale (TNF-alfa), i fattori di crescita endoteliale (VEGF) e la sintesi della prostaglandina E2 (PGE2) [12-14]. La talassemia è una forma di anemia ereditaria che deriva da un grave difetto di produzione di emoglobina dovuta a un decremento dell’espressione del gene della β-globina. Il locus della β-globina uma- na è composto da una regione di controllo (β-globina LCR), dai geni della ε-globina, dal gene della λ e δ-globina attivi durante la Clinical Management Issues 2010; 4(2) ©SEEd Tutti i diritti riservati 68 Un caso di beta-talassemia major resistente alle terapie convenzionali vita fetale, e dal gene della β-globina, attivo dopo la nascita e per tutta la vita adulta. La β-talassemia major è un’anemia eredi- taria che deriva da difetti nella produzione della catena β dell’emoglobina. La persisten- za di emoglobina fetale (HbF) durante la vita adulta in pazienti con la β-talassemia inter- media riduce la gravità della malattia; questi pazienti hanno un disturbo modesto, e a volte non necessitano nemmeno di trasfusioni cro- niche. Il vantaggio clinico di avere un valore di HbF aumentato, come ipotizzato per la prima volta nel 1976 [15], è dovuto a una diminuzione dello squilibrio fra catene β e non-β e alla conseguente riduzione dell’emo- lisi. Le nuove terapie per la cura di questa patologia si basano proprio sulla compren- sione di questo meccanismo di espressione genica: lo scopo dei nuovi farmaci è quello di aumentare la sintesi di Hb fetale. Molti farmaci sono stati studiati come induttori di HbF per i pazienti con la β-talassemia e l’anemia falciforme. L’idros- siurea è attualmente usata per trattare for- me moderate e gravi di anemia falciforme [16] e in alcuni casi di talassemia inter- media [17,18]. Altri induttori della sintesi dell’HbF, come butirrato [19], 5-azacitidina [20], e, più recentemente, decitabina, sono stati sperimentati come induttori di HbF in pazienti con anemia falciforme [21]. Tutta- via, questi induttori di HbF hanno mostrato soltanto un effetto modesto nella maggior parte dei pazienti affetti da β-talassemia; inoltre si è riscontrato un certo grado di tossicità. Di conseguenza non sono utilizzati ordinariamente nella pratica clinica. È stato recentemente dimostrato che ta- lidomide induce l’espressione del gene del- la γ-globina e aumenta la proliferazione di globuli rossi [22,23]. I meccanismi con i quali talidomide incrementa l’eritropoiesi e induce l’espressione genica della γ-globina e la produzione [22,23] di HbF, come pure il suo possibile effetto sinergico con l’idros- siurea [3], sono stati descritti recentemen- te, ed è nota l’azione immunomodulante di questo farmaco. È stato suggerito [23,24] un possibi- le ruolo di talidomide e dei suoi derivati (pomalidomide e lenalidomide) nel tratta- mento dell’anemia drepanocitica e di altre β-emoglobinopatie, ma l’esperienza clinica è limitata a una giovane donna messicana con la β-talassemia major che ha risposto brillantemente a talidomide [3]. I risultati di un altro articolo suggerisco- no che l’induzione di β-globina causata da talidomide possa essere utile nella cura della talassemia [22]. Avvertenze per la prescrizione di talidomide Com’è noto, gli eventi avversi correlati all’impiego di talidomide, soprattutto in gravidanza, sono particolarmente gravi. Per questo motivo molti Paesi hanno elaborato sistemi di gestione del rischio e di controllo della prescrizione del farmaco. Negli Stati Uniti, ad esempio, l’impiego del farmaco è regolato dal System for Thalidomide Education and Prescribing Safety (STEPS), programma elaborato in collaborazione con la Food and Drug Administration che supervisiona pre- scrizione, dispensazione e dosaggio di tali- domide attraverso un database di controllo, in modo da verificare e registrare i possibili eventi avversi. In Italia per la corretta prescrizione è ne- cessaria la richiesta del consenso informato del paziente. Dopo un’attenta valutazione del paziente e una verifica del rischio sul- la base della categoria di appartenenza del soggetto (donne potenzialmente fertili, donne non potenzialmente fertili e pazienti di sesso maschile), il medico è tenuto a in- formare dettagliatamente il paziente sugli effetti teratogeni del farmaco. Egli deve inoltre fornire al paziente le seguenti in- formazioni: l’uso di talidomide è strettamente per- y sonale; le capsule non utilizzate vanno restituire y al farmacista; durante la terapia e fino a una settimana y dopo la sua interruzione non si deve do- nare sangue. Nella prescrizione a donne fertili, inoltre, il medico dovrà tener conto di altri fattori. Uno dei requisiti fondamentali per la pre- scrizione del farmaco a questa categoria di pazienti è che la donna abbia adottato un metodo contraccettivo efficace nelle 4 set- timane precedenti l’inizio della terapia. Se così non fosse, la paziente va indirizzata a un medico specialista, al fine di instaurare un metodo contraccettivo efficace. Inoltre prima di iniziare il trattamento è prevista l’esecuzione di un test di gravidanza che accerti l’assenza di gravidanza. Infine la somministrazione del farmaco va limitata a 4 settimane per le donne potenzialmente fertili e a 12 settimane per gli altri pazienti; la continuazione del trattamento richiede una nuova prescrizione. Clinical Management Issues 2010; 4(2) ©SEEd Tutti i diritti riservati 69 N. Masera, V. Decimi, L. Tavecchia, M. Capra, G. Cazzaniga, A. Biondi, G. Masera ConClusIonI Nel caso osservato la paziente, in seguito al trattamento con talidomide, ha ottenuto un notevole incremento della produzione di HbF (da 3,7 a 9 g/dl) e un incremento nei livelli totali di emoglobina (dal 40% al 73%). Questi dati, insieme a quelli emersi da un pre- cedente caso clinico [3], portano a concludere che la terapia con talidomide può essere presa in considerazione, come trattamento di tipo sperimentale e sotto attento monitoraggio, in quei casi di talassemia che non possono essere trattati con terapia trasfusionale e non rispondono a idrossiurea. Questi risultati, inoltre, potrebbero aprire la strada a studi più approfonditi sull’impiego del farmaco in questo ambito. Saranno necessari estesi stu- di biologici e clinici per definire il potenziale utilizzo di talidomide nella talassemia e in altre emoglobinopatie e per valutare e con- trollare i suoi possibili effetti collaterali. In un ambito come questo, lo studio di nuovi agenti farmacologici può rappresen- tare una speranza per quei pazienti la cui sopravvivenza dipende dal possibile impiego di farmaci che rendano trasfusioni e terapia chelante non più necessarie [25]. dIsClosure Gli Autori dichiarano di non avere con- flitti di interesse di natura finanziaria. BIBlIogrAfIA AA.VV. Linee guida per il trattamento clinico della talassemia. Napoli: Gruppo Editoriale 1. Idelson-Gnocchi, 2003 Masera N, Tavecchia L, Capra M, Cazzaniga G, Vimercati C, Pozzi L et al. Optimal response 2. to thalidomide in a patient with thalassaemia major resistant to conventional therapy. Blood Transfus 2010; 8: 63-5 Aguilar-Lopez LB, Delgado-Lamas JL, Rubio-Jurado B, Perea FJ, Ibarra B. Thalidomide therapy 3. in a patient with thalassemia major. Blood Cells Mol Dis 2008; 41: 136-7 Eriksson T, Bjorkman S, Hoglund P. Clinical pharmacology of thalidomide. 4. Eur J Clin Pharmacol 2001; 57: 365-76 Keifer JA, Guttridge DC, Ashburner BP, Baldwin AS Jr. Inhibition of NF-kappa B activity by 5. thalidomide through suppression of IkappaB kinase activity. J Biol Chem 2001; 276: 22382-7 Singhal S, Mehta J, Desikan R, Ayers D, Roberson P, Eddlemon P et al. Antitumor activity of 6. thalidomide in refractory multiple myeloma. N Engl J Med 1999; 341: 1565-71 Facon T, Mary JY, Hulin C, Benboubker L, Attal M, Pegourie B et al; Intergroupe Francophone 7. du Myélome. Melphalan and prednisone plus thalidomide versus melphalan and prednisone alone or reduced-intensity autologous stem cell transplantation in elderly patients with multiple myeloma (IFM 99-06): a randomised trial. 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