Clinical Management Issues 2009; 3(4) ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 161 Roberto Manfredi 1 INTRODUZIONE Com’è noto da molti anni, l’epatite croni- ca da virus HCV ha un decorso spesso pro- gressivo, che porta a seri danni epatici (ivi compresi cirrosi epatica, scompenso epatico ed epatocarcinoma), nonché a multiformi patologie sistemiche immunomediate con- nesse all’infezione da HCV. Le più recenti formulazioni di interferone (interferone pegilato), in associazione con specifici far- maci antivirali per questo virus a RNA (in primis, ribavirina), hanno inciso in misura altamente significativa sulla storia naturale dell’infezione cronica da HCV, portando a una completa guarigione in un numero relativamente alto di casi, o quanto meno riducendo e rallentando significativamen- Interferone pegilato, ribavirina e frequente terapia di supporto con fattori di crescita. Quale patogenesi per una grave psoriasi che complica il trattamento dell’epatite cronica da HCV? Abstract One of the most effective treatments for HCV and HBV infection is the combination of pegylated IFN-alpha and ribavirin. However, both IFN-alpha and ribavirin can induce hematologic toxicity, which can compromise treatment adherence and dose maintenance and could, therefore, influence outcomes. Hematopoietic growth factors (e.g. filgrastim) can provide significant benefits in the treatment of this toxicity, but they can also exacerbate cutaneous psoriasis. We report a case of a 54-year-old woman with chronic, progressive hepatitis C, treated with long-term pegylated interferon plus ribavirin, associated with multiple cycles of filgrastim for a severe, recurring granulocytopenia. The patient developed an extensive and severe psoriasis, which improved only after specific treatment with cyclosporin. The case highlights the importance of treatment adherence and dose maintenance to obtain a sustained virologic response, and underlines the difficulties of the management of this disease when side effects, such as hematologic toxicity and psoriasis, are present. Keywords: chronic HCV infection, peginterferon, ribavirin, filgrastim, adverse events, psoriasis, cyclosporin Pegylated interferon, ribavirin, and frequent supportive therapy with growth factors. Which pathogenesis for a severe psoriasis complicating the treatment of chronic HCV hepatitis? CMI 2009; 3(4): 161-169 1 Dipartimento di Medicina Interna, dell’Invecchiamento, e delle Malattie Nefrologiche,“Alma Mater Studiorum” Università degli Studi di Bologna, Policlinico S. Orsola- Malpighi, Bologna Corresponding author Prof. Roberto Manfredi e-mail: roberto.manfredi@ unibo.it Caso clinico Perché descriviamo questo caso? L’epatopatia HCV è una patologia estre- mamente diffusa, gravata da elevati indici di cronicizzazione, che tende a evolvere verso una malattia epatica pro- gressiva dalla prognosi frequentemente sfavorevole. Scopo del presente contributo è descrivere un caso infrequente di svilup- po di una severa, estesa forma di psoriasi cutanea in una paziente monoinfetta con HCV, che ha sviluppato per la prima volta questa importante complicazione in corso di trattamento con interferone pegilato e ribavirina, supportati dal frequente ri- corso a fattori di crescita per i granulociti neutrofili (filgrastim) Clinical Management Issues 2009; 3(4) ©SEEd Tutti i diritti riservati 162 Interferone pegilato, ribavirina e frequente terapia di supporto con fattori di crescita te la progressione di malattia verso le fasi di epatopatia terminale, così come verso la cirrosi epatica franca, e le complicazioni neo- plastiche epatiche [1,2]. Sebbene abbiano ampiamente contribuito a incrementare la proporzione di pazienti con risposta virologica e clinica sostenuta (mantenuta nel tempo), le attuali dosi consi- gliate di peg-interferone e di ribavirina sono gravate con elevata frequenza da seri e talora intensi eventi indesiderati [1,3,4]. La mielo- tossicità rappresenta il motivo più comune di riduzione della posologia dei farmaci e/o del ricorso a terapie di supporto mirate a man- tenere una conta leucocitaria, eritrocitaria e piastrinica sufficienti, e a evitare interruzioni della terapia antivirale o somministrazione dei farmaci a dosaggio ridotto per lunghi periodi, tutte condizioni che notoriamente influenzano in misura negativa l’esito finale della terapia antivirale dell’epatite cronica da HCV. Inoltre, in sottogruppi di popolazione particolari, come quello composto da pazien- ti coinfetti con il virus HIV, i principali pre- dittori di tossicità ematologica conseguente all’uso di peg-interferone e ribavirina per la terapia di una concomitante epatopatia cronica da HCV sembrano essere rappre- sentati dalla somministrazione concomitante dell’antiretrovirale zidovudina (AZT), dalla compresenza di una malattia epatica avan- zata (cirrosi), da un ridotto peso corporeo, e da livelli di emoglobina al baseline inferiori a 14 g/dl [4]; tali dati necessitano tuttavia di ulteriori conferme derivanti da ampie espe- rienze condotte su soggetti monoinfetti con il solo virus HCV. A causa di tali rischi di tossicità [3,5], fin dal 2005 le linee guida e le raccomandazioni di esperti sono state indirizzate a trattare le complicazioni ematologiche più frequenti conseguenti al trattamento dell’epatite C [6]; le indicazioni prevedono: un più rapido e “aggressivo” ricorso a y specifici fattori di crescita ematopoietici (es. eritropoietina in caso di anemia, e Granulocyte Colony-Stimulating Factor o filgrastim per la neutropenia); l’utilizzo di farmaci antidepressivi e an- y siolitici per la gestione di alcuni disturbi neuropsichici [3]; la prosecuzione della terapia anti-HCV y possibilmente mantenuta a posologia adeguata [3,7,8]. Queste indicazioni mirano a massimizzare l’aderenza alla terapia, a prevenire le riduzio- ni di dosaggio degli antivirali, a migliorare gli indici di qualità di vita, e a incrementare il numero dei soggetti in grado di portare a termine il ciclo terapeutico con peg-inter- ferone e ribavirina mantenendo i dosaggi più efficaci. In questo processo assistenziale, assumono una rilevante importanza una se- rie di implicazioni, ivi inclusi aspetti di tipo farmacoeconomico e regolatorio, poiché dati da studi randomizzati sull’impiego di fattori di crescita a diversi dosaggi e con diversi rit- mi di somministrazione sono finora scarsi, e, soprattutto, la somministrazione di questi costosi fattori di crescita ematopoietici in pa- zienti senza malattia epatica avanzata (cioè una franca cirrosi epatica), continua a essere effettuata in regime off label [3,9]. Nonostante la potente attività delle attua- li combinazioni terapeutiche nei confronti dell’infezione cronica da HCV, gruppi sele- zionati di pazienti (quali soggetti con mul- tiple coinfezioni epatiche, pazienti coinfetti con il virus HIV, e pazienti portatori di al- cuni genotipi di virus HCV di più difficile gestione terapeutica, es. genotipi 1 e 4), re- stano a elevato rischio di ottenere indici di risposta più ridotti, e di essere destinati a una più elevata frequenza di recidive dopo aver completato il ciclo terapeutico. Conse- guentemente, il ri-trattamento con i farmaci attualmente a disposizione, o l’attesa di ulte- riori risorse terapeutiche [2], sono, ad oggi, le soluzioni per i pazienti classificati come non-responder o relapser. Infine, l’ottimizza- zione della relazione medico-paziente può contribuire in misura significativa al buon esito di un trattamento impegnativo, quale quello per l’epatite cronica da HCV, e può giocare un ruolo cruciale nel far superare la maggior parte degli eventi avversi di natura psicosomatica e la necessità di sottoporsi a svariati controlli clinici e di laboratorio, e la frequente somministrazione di numero- si farmaci orali e parenterali, ivi compresi quelli indicati di volta in volta per la corre- zione e il controllo degli effetti indesiderati che derivano dai protocolli stessi di terapia anti-HCV [9,10]. Scopo del presente contributo è descrivere un caso infrequente di sviluppo di una se- vera, estesa forma di psoriasi cutanea in una paziente monoinfetta con HCV, che ha pre- sentato per la prima volta questa importante complicazione in corso di trattamento con interferone pegilato e ribavirina. Il tratta- mento era inoltre supportato dal ricorso a fattori di crescita per i granulociti neutrofili (filgrastim), al fine di recuperare i recidivanti episodi di neutropenia indotta dalla terapia antivirale e di mantenere posologie efficaci Clinical Management Issues 2009; 3(4) ©SEEd Tutti i diritti riservati 163 R. Manfredi di ambedue gli antivirali. Ciò perché la pa- ziente aveva già manifestato episodi di fal- limento di precedenti tentativi terapeutici anti-HCV e soffriva di un’epatopatia cronica a evoluzione cirrogena. Il caso clinico viene discusso sulla base delle evidenze di letteratura disponibili, che riportano una ridotta incidenza di casi di psoriasi occorsi o esacerbati in soggetti affetti da epatopatie virali croniche (sia da virus HCV, sia da virus HBV ) in trattamen- to con regimi antivirali specifici, con o senza l’aggiunta di fattori di crescita ematopoietici. Nel caso qui descritto la somministrazione concomitante di peg-interferone e ribaviri- na per il trattamento dell’epatopatia cronica da HCV e il ripetuto e prolungato ricorso all’impiego di filgrastim per la correzione della neutropenia, non consentono di indivi- duare le specifiche responsabilità patogeneti- che dei singoli composti nello sviluppo della grave forma di psoriasi che ha complicato il decorso clinico della paziente. CASO CLINICO La paziente (54 anni al momento del- la nostra osservazione) aveva ricevuto nel passato molteplici trasfusioni di sangue ed emoderivati. A 47 anni, dopo un riscontro occasionale di persistenti alterazioni delle transaminasi sieriche e un primo esame sie- rologico risultato positivo per anticorpi anti- HCV, le era stata diagnosticata un’infezione cronica da HCV. L’anamnesi personale e familiare risultavano negative per psoriasi, e non coesistevano condizioni patologiche o iatrogene di immunodepressione. Due anni più tardi, una biopsia epatica che portava a un esame istopatologico pro- prio di un’epatopatia cronica aggressiva, e la concomitanza di elevati livelli plasmatici di HCV-RNA, suggerivano l’inizio di un pri- mo ciclo terapeutico condotto con l’associa- zione interferone alfa più ribavirina, ciclo interrotto dopo quattro mesi, per lo più a causa del manifestarsi di leucopenia grave e ricorrente. Un anno più tardi, nonostante il riscontro di indici di citolisi epatica relativa- mente più contenuti (GOT = 42 U/l, GPT = 45 U/l), la replicazione del virus HCV era ancora elevata (1.620 x 103 copie/ml), ma il test genotipico dimostrava un genotipo 1b di HCV (che notoriamente presenta indici di risposta meno favorevoli di altri). Si optava pertanto per un periodico mo- nitoraggio clinico, laboratoristico e ultraso- nografico addominale. Venti mesi dopo, la disponibilità delle for- mulazioni di interferone pegilato consentì di tentare un nuovo ciclo terapeutico anti- HCV, praticato con interferone pegilato alfa-2a 180 µg/settimana sc, in associazione a ribavirina 800 mg/die per os. Nonostante molteplici, ripetuti episodi di significativa neutropenia e trombocitopenia, manifesta- tisi già nel corso del primo mese di tratta- mento (con un nadir della conta assoluta dei neutrofili ripetutamente inferiore a 750 cellule/µl), che accompagnavano il follow- up della paziente durante l’intero ciclo di terapia anti-HCV e portavano a frequenti aggiustamenti (riduzioni) di dosaggio e so- prattutto alla somministrazione ripetuta di cicli di 2-5 giorni di filgrastim sc allo scopo di correggere la granulocitopenia, veniva raggiunto un virological success, come evi- denziato da livelli non rilevabili di HCV- RNA dopo tre mesi (valore mantenuto in seguito), e da indici di citolisi epatica che raggiungevano e si mantenevano nell’am- bito dei normali limiti di laboratorio. Dopo il sesto mese di terapia, a causa della persi- stenza di mielotossicità, si decise di ridurre il dosaggio di peg-interferone a 135 µg alla settimana, mentre la posologia di ribavirina venne stabilmente aggiustata a 600 mg/die. Nonostante tali riduzioni di dosaggio, si rendevano spesso necessari ulteriori e mol- teplici cicli terapeutici con filgrastim (di 2-3 giorni di durata ciascuno) per la correzione della persistente neutropenia (es. quando la conta assoluta dei neutrofili risultava infe- riore a 750 cellule/µl). Benché il ciclo di 12 mesi di interferone pegilato e ribavirina fosse stato completato con successo, a soli tre mesi di distanza la paziente presentò una recidiva virologi- ca, espressa dall’incremento degli indici di replicazione di HCV (2.475 x 103 copie/ ml), associata a nuovo rialzo degli indici di citolisi epatica (GOT = 70 U/l, GPT = 86 U/l), mentre l’esame emocromocitometrico si manteneva nella norma. Dopo la ricadu- ta, la donna continuò i monitoraggi clinici e laboratoristici periodici che, a distanza di 15 mesi dal termine del ciclo terapeutico antivirale, mostravano indici replicativi di HCV persistentemente elevati (HCV-RNA plasmatico = 1.950 x 103 copie/ml), e tran- saminasi ancora alterate (GOT = 63 U/l, GPT = 63 U/l). Sette mesi più tardi, previa biopsia epatica, fu realizzato un nuovo stu- dio istopatologico, che evidenziava una pro- gressione verso una cirrosi epatica di grado moderato-severo (score di Knodell pari a 11), Clinical Management Issues 2009; 3(4) ©SEEd Tutti i diritti riservati 164 Interferone pegilato, ribavirina e frequente terapia di supporto con fattori di crescita valutata come franco peggioramento rispet- to all’esame istopatologico risalente a circa quattro anni prima. A causa del decorso clinico-patologico sfavorevole, e nonostante la presenza di una malattia cronica da HCV di genotipo 1, che aveva recidivato dopo 12 mesi di apparente e momentanea risposta al trattamento, sette mesi dopo veniva concordato con la paziente un nuovo tentativo terapeutico con gli stessi farmaci già impiegati in precedenza: inter- ferone pegilato alfa-2a 180 µg/settimana sc, più ribavirina 1.000 mg/die. Ancora una volta, fin dalle prime settimane di terapia comparvero sia trombocitopenia (peraltro mai associata a segni di sanguinamento), sia, soprattutto, granulocitopenia. Quest’ultima, per gravità e tendenza a recidivare, richie- deva ripetuti cicli di fattore di crescita gra- nulocitario (filgrastim sc alla dose di 300 µg 2-3 giorni ogni due settimane nei primi tre mesi, fino a dosaggi di 300 µg due volte alla settimana, praticati a partire dal quarto mese di terapia anti-HCV, al fine di mantenere per quanto possibile inalterato il dosaggio pieno di peg-interferone e di ribavirina, i quali a loro volta agivano efficacemente e rapidamente sull’attività replicativa di HCV (HCV-RNA = 675-956 copie/ml), e sulle transaminasi sieriche (GOT = 56-61 U/l, GPT = 43-76 U/l), sebbene nel corso di questo ciclo terapeutico non si raggiunges- sero né una completa negativizzazione della viremia di HCV, né una completa normaliz- zazione degli indicatori di citolisi epatica. All’inizio del quinto mese di terapia di associazione con peg-interferone e ribavi- rina (con frequente supporto di brevi cicli di filgrastim sc), facevano la loro comparsa numerose lesioni a forma di placche erite- mato-desquamative, associate a moderato prurito, localizzate inizialmente al cuoio capelluto, dove venivano trattate con appli- cazioni locali di betametasone, con scarsa risposta clinica. Entrando nel sesto mese di terapia anti- virale per HCV, e ancora in assenza di una completa risposta virologica e degli indici di citolisi epatica, si manifestava un franco peggioramento delle lesioni cutanee a plac- che, che si estendevano rapidamente coin- volgendo il 75% della superficie cutanea, e richiedendo consulenze dermatologiche e biopsie cutanee, che confermavano, attra- verso l’esame istologico, una grave forma di psoriasi. Un mese più tardi, nonostante la terapia con interferone pegilato e ribavirina fosse stata interrotta al settimo mese del ci- clo terapeutico, si rendeva ancora necessa- rio somministrare filgrastim sc (300 µg, tre volte alla settimana), al fine di preparare la paziente a ricevere una terapia sistemica con ciclosporina, in quanto la granulocitopenia tendeva a persistere, come testimoniato da una conta assoluta di neutrofili persistente- mente inferiore a 750 cellule/µl. In attesa della somministrazione di ciclosporina, e in corso di terapia di recupero con filgrastim, si presentava un ulteriore, significativo ag- gravamento del quadro psoriasico, che non rispondeva ad alcun trattamento locale e topico. Anche una terapia corticosteroidea sistemica praticata temporaneamente (per due settimane) otteneva soltanto benefici limitati e molto transitori (agendo per lo più sul sintomo prurito), mentre si assisteva a un severo peggioramento delle lesioni cutanee disseminate (che coinvolgevano viso e capo, tronco, gomiti e arti, per un’estensione supe- riore al 75% della superficie corporea), subito dopo la sospensione della terapia steroidea. Soltanto la somministrazione di ciclosporina a dosaggio pieno (400 mg/die, successiva- mente ridotto a 250 mg/die, per 6 giorni alla settimana), riusciva per la prima volta a ot- tenere una parziale remissione della psoriasi sistemica della paziente, che al terzo mese di follow-up era ancora caratterizzata da gravi manifestazioni cutanee disseminate, in as- senza comunque di ulteriori complicazioni. Nel frattempo, purtroppo, la concomitante epatopatia cronica da HCV non arrestava la sua evoluzione sfavorevole verso una franca forma di cirrosi epatica. DISCUSSIONE Negli ultimi due decenni l’interferone, nelle sue varie forme, ha rappresentato un presidio ampiamente prescritto nella tera- pia sistemica delle epatiti croniche, di alcu- ne neoplasie e di numerose altre condizioni patologiche. Secchezza della cute, prurito, e soprattutto caduta temporanea dei capelli sono eventi indesiderati della sfera derma- tologica ben noti nei soggetti sottoposti a terapia interferonica. Per quanto concerne specificamente l’in- sorgenza o la slatentizzazione di psoriasi, i primi aneddotici report di letteratura di una possibile induzione o aggravamento di tale patologia dermatologica sono giun- ti alla nostra attenzione a partire dai primi anni ’90 (1993-1997) [11-19], epoca in cui l’interferone alfa non pegilato rappresenta- Clinical Management Issues 2009; 3(4) ©SEEd Tutti i diritti riservati 165 R. Manfredi va il composto di più largo impiego anche rispetto ad altri interferoni. In particolare veniva ampiamente somministrato nella terapia delle epatiti virali croniche da HBV e da HCV. Dai casi riportati in letteratura sembra che l’eziologia della concomitante infezione cronica epatica B o C non giochi un ruolo nel provocare o nel riesarcerbare la psoriasi, e che il ruolo dell’interferone di per sé sia ampiamente preponderante, quando confrontato con quello di altri farmaci, come ribavirina (antivirale ampiamente sommini- strato ai pazienti con infezione cronica da HCV negli anni successivi; non sono ripor- tati in letteratura casi di psoriasi apparente- mente insorti in corso di trattamento con la sola ribavirina) [11-19]. Alla metà degli anni ’90, alcuni Autori hanno ipotizzato possibili reazioni autoimmuni come elemento pato- genetico di supporto della comparsa o della slatentizzazione della psoriasi in soggetti con epatite virale cronica trattata con inter- ferone e derivati [14], mentre alcune forme di psoriasi complicate da artrite (artropatia psoriasica) sono state attribuite a un’asso- ciazione diretta tra la somministrazione di interferone alfa e lo sviluppo di casi di artriti sieronegative [15-18]. In un caso particolare, un’oligoartrite associata a sacro-ileite siero- negativa, risultata negativa anche alla ricerca degli specifici antigeni HLA, era complicata anche da coinvolgimento del rachide [18]. Negli anni successivi (2000-2007) sono stati pubblicati altri report nella letteratura internazionale [20-26]; tutti vedevano coin- volti pazienti in trattamento per un’epatite cronica da HCV con interferone o con in- terferone pegilato più ribavirina, ed erano caratterizzati da un’evoluzione differente dopo interruzione della terapia ed eventua- le rechallenge con gli stessi farmaci (ovvero, talora risoluzione della psoriasi dopo discon- tinuazione della terapia per l’epatite cronica da HCV, e più frequente riesacerbazione a seguito di un’eventuale rechallenge effettuato con i medesimi farmaci). Alcuni degli Autori di questi ultimi lavori hanno riconosciuto un simile potenziale anche per i derivati pegila- ti degli stessi interferoni, co-somministrati con ribavirina [22,24-26]; nella maggior parte dei questi episodi, la psoriasi miglio- rava o guariva a seguito dell’interruzione della terapia specifica anti-HCV, sebbene il decorso dell’epatite virale cronica risul- tasse per lo più sfavorevole, salvo in un caso [25], principalmente a causa della precoce comparsa delle lesioni cutanee psoriasiche, e della conseguente necessità di interrom- pere prematuramente l’intero trattamento con interferone-ribavirina, ben prima del completamento del ciclo terapeutico. Dal punto di vista patogenetico, a differen- za di altri Autori che hanno invocato poten- ziali meccanismi immuno-mediati (anche nei casi in cui, insieme a una riesacerbazione di psoriasi, interveniva un pioderma gangre- nosum) [26], Yamamoto e collaboratori già nel 1995 avanzarono l’ipotesi che la stessa infezione cronica da HCV, ancora non sot- toposta a trattamento specifico, possa essere implicata nell’agire da trigger della comparsa e/o della slatentizzazione della psoriasi, at- traverso alcuni ipotetici meccanismi patoge- netici immunomediati innescati dall’HCV stesso [27], limitando in tal modo il presunto nesso causale con la somministrazione di in- terferone e di altri antivirali. D’altro canto, nello stesso anno e sulla stessa rivista scienti- fica (Acta Dermo-Venereologica), Rahamimov e colleghi affermavano che una pregressa diagnosi di psoriasi non era da considerare una controindicazione per la terapia inter- feronica in corso di epatopatia cronica da HCV [28], contribuendo in tal modo a ren- dere ancor meno certi i nessi epidemiologici, patogenetici e clinici tra queste evenienze patologiche nella comune pratica clinica, e sottolineando indirettamente la stringente necessità di compiere ulteriori ricerche in tale campo, che ancora presenta numerose questioni rimaste prive di risposte. D’altra parte, un ulteriore, singolo case report pubbli- cato nello stesso anno, sottolineava il ruolo dell’interferone pegilato alfa-2b nell’indur- re un’estesa psoriasi de novo, insorta dopo le prime quattro settimane di trattamento di un’epatite cronica da HBV (non da HCV ) [29]. In quest’ultimo episodio, la psoriasi scompariva definitivamente dopo l’interru- zione del trattamento, cosicché il ruolo gio- cato dal peg-interferone di per sé sembrava superare quello dell’epatopatia cronica virale di base nel condizionare la comparsa di que- sta seria affezione dermatologica. Un caso analogo era stato osservato un anno prima: una ragazza di 10 anni, trattata con interfe- rone alfa-2a per un’epatite cronica da HBV, aveva manifestato la comparsa contempora- nea di psoriasi e di vitiligine, che in tale caso non erano regredite dopo l’interruzione del trattamento interferonico [30]. A complicare ulteriormente questi ele- menti eziologici e patogenetici, resta da considerare con la massima attenzione il ruolo dei fattori di crescita ricombinanti, e in particolare di quello più largamente usa- Clinical Management Issues 2009; 3(4) ©SEEd Tutti i diritti riservati 166 Interferone pegilato, ribavirina e frequente terapia di supporto con fattori di crescita to in questo campo, nonché nella paziente da noi descritta, ossia il recombinant Hu- man Granulocyte Colony-Stimulating Factor (HuG-CSF). Infatti, sebbene due report di letteratura abbiano descritto casi aneddoti- ci di pazienti neoplastici che hanno sofferto di forme di psoriasi estese e complicate, o casi di esacerbazione di psoriasi pustolosa palmo-plantare intervenuti dopo la sommi- nistrazione di trattamenti a base di rHuG- CSF (filgrastim o lenograstim) [31,32], c’è un’evidenza contrastante pubblicata da Hino e colleghi, che hanno osservato addirittura un’attività apparentemente favorevole di filgrastim su un caso inveterato di pustolosi palmo-plantare, probabilmente attribuibile anche alla concomitante correzione della conta dei leucociti e dei granulociti, indotta dallo stesso fattore di crescita [33]. Nei sog- getti affetti da un’epatopatia virale cronica, la comparsa, la slatentizzazione, o un appa- rente peggioramento di un quadro clinico di psoriasi in pazienti trattati contemporanea- mente o a cicli con peg-interferone associato a ribavirina e spesso a fattori di crescita leu- cocitari ricombinanti, resta a nostro avviso un evento di interpretazione patogenetica estremamente complessa: da ciò derivano inevitabili perplessità sul versante terapeu- tico e preventivo. CONCLUSIONI E QUESTIONI ApERTE Il caso clinico qui descritto, ancorché rap- presenti un’evenienza infrequente, solleva una serie di questioni intriganti e ancora irrisolte in questo campo: il ruolo giocato dall’interferone (o dai y derivati pegilati dell’interferone) e dall’as- sociazione con ribavirina nella comparsa, nella slatentizzazione, o nella riesacer- bazione della psoriasi nelle epatiti virali croniche; il ruolo delle epatiti croniche concomi- y tanti (da virus HCV o da virus HBV ) in tale contesto; gli eventuali rischi di sviluppo o slatentiz- y zazione di psoriasi in soggetti sottoposti a terapia interferonica per un ampio spet- tro di patologie diverse dalle epatiti virali croniche; l’intervallo temporale che precede la com- y parsa di tale complicanza dermatologica; l’esistenza di indicatori di intensità, du- y rata, e tendenza alla risoluzione di questa potenzialmente grave affezione cutanea e sistemica una volta sospesa la terapia interferonica; la valutazione del rapporto costo/beneficio y per decidere se e come sottoporre a tratta- mento specifico pazienti con epatite virale cronica evolutiva con anamnesi personale o familiare di psoriasi; l’eventuale ruolo patogenetico e clinico y connesso all’aggiunta in terapia di fattori di crescita ricombinanti (es. filgrastim nel caso descritto); il y management complessivo, sia dermato- logico, sia epatologico, di questi pazienti del tutto peculiari. Sulla base della letteratura scientifica fi- nora disponibile (che al momento si fonda per lo più su casi singoli, aneddotici, descrit- ti retrospettivamente), sembra fortemente necessario il ricorso a studi approfonditi al fine di chiarire e sistematizzare la frequenza, le caratteristiche cliniche, la durata e l’esito dei casi di psoriasi, che insorgono, si slaten- tizzano, o si riesacerbano in pazienti trattati per epatopatie virali croniche, con attenzione focalizzata anche sulle conseguenze a carico delle malattie epatiche stesse e del loro trat- tamento. Nuove conoscenze patogenetiche possono significativamente tradursi, sul ver- sante assistenziale, in tangibili proposte per la prevenzione e la gestione complessiva di queste complicazioni dermatologiche acute o invalidanti, di cui si attende un inevitabile incremento di incidenza complessiva, paral- lelamente all’incremento delle indicazioni all’uso terapeutico degli interferoni (pegilati e non), e del numero dei soggetti con epatopa- tie croniche esposti a peg-interferone, ad altri agenti antivirali, e a fattori di crescita ricom- binanti (filgrastim, lenograstim e simili). Riguardo il management della psoriasi in questi particolari pazienti, gli specialisti der- matologi devono essere coinvolti quanto più precocemente possibile al fine di [34]: individuare fattori di rischio nel singolo y paziente, di ottenere una diagnosi preco- ce (possibilmente associata a conferma istopatologica); prendere in considerazione eventuali dia- y gnosi differenziali in pazienti con infezio- ne cronica da HCV che ricevono terapie farmacologiche multiple e hanno frequen- ti co-morbidità (es. infezione da HIV ); di controllare periodicamente tali soggetti y in corso di trattamento e nel tempo. Secondo le evidenze al momento dispo- nibili, anche nei pazienti con infezione da Clinical Management Issues 2009; 3(4) ©SEEd Tutti i diritti riservati 167 R. Manfredi HCV risultati affetti da una psoriasi di nuova diagnosi o con una riesacerbazione di malat- tia psoriasica, in caso di mancata risposta alle terapie locali e topiche, ciclosporina sembra un trattamento adeguato, sebbene con tempi e modalità di somministrazione che vanno individualizzati su ciascun singolo pazien- te, caso di malattia, e sua evoluzione, come recentemente commentato da Imafuku e colleghi [35]: la terapia con ciclosporina, come nel caso da noi presentato, è in genere efficace e ben tollerata, in confronto con un trattamento steroideo sistemico. In ogni caso, anche i composti di nuova generazione (quali etanercept) appaiono promettenti in un pros- simo futuro, poiché agiscono sulla compo- nente attivata del Tumor Necrosis Factor-alpha (TNF-alfa), che sembra presentare un ruolo rilevante nella patogenesi e nella clinica della stessa malattia cronica da HCV complicata da psoriasi [36]. Recentemente, un uomo con coinfezione da HCV e da HIV, che presentava un’artropatia psoriasica risultata refrattaria a ciclosporina A e a metotrexate, è stato trattato con successo con etanercept, molecola che sta guadagnando un forte ra- zionale per una gestione clinica efficace di queste associazioni patologiche [36]. Punti chiave L’epatopatia HCV è una patologia estremamente diffusa, gravata da elevati indici di y cronicizzazione, e di evoluzione verso una malattia epatica progressiva dalla prognosi frequentemente sfavorevole (cirrosi epatica, epatocarcinoma) L’introduzione delle formulazioni pegilate degli interferoni, unitamente all ’impiego di y una terapia antivirale specifica (ribavirina), ha radicalmente migliorato le aspettative terapeutiche di tali pazienti che, se trattati con dosaggi appropriati e mantenuti nel tem- po, possono eradicare l ’infezione in una proporzione di casi fino ad alcuni anni fa inim- maginabile L’interferone, come immunomodulatore, è notoriamente in grado di innescare patologie y immuno-mediate e autoimmuni (es. tiroiditi) La stessa epatopatia cronica da HCV è gravata da un’elevata frequenza di complicazioni y immunomediate (es. crioglobulinemia) L’interferone nelle sue diverse formulazioni sta espandendo le sue indicazioni terapeuti- y che in diverse aree della medicina, e sarà di necessità un farmaco di impiego sempre più frequente La psoriasi (frequente patologia dermatologica) può essere innescata, slatentizzata, o rie- y sacerbata dalla somministrazione di interferone nelle sue diverse formulazioni Anche altri farmaci, tra cui i fattori di crescita di frequente impiego nei pazienti con mie- y lotossicità indotta dalla stessa terapia interferonica, si sono dimostrati coinvolti nell ’in- duzione o nella riesacerbazione di gravi forme di psoriasi Le difficoltà di trattamento di una psoriasi insorta in corso di trattamento interferonico, y antivirale, spesso supportato dalla somministrazione di fattori di crescita, possono essere notevoli, e spesso si impone l ’interruzione della terapia interferonica o anche solo la sua riduzione di posologia, con inevitabili conseguenze sfavorevoli sul trattamento della ma- lattia di base (epatite cronica da HCV, nel nostro caso) Un’adeguata anamnesi personale e familiare relativamente ad antecedenti di psoriasi, y deve essere condotta in ogni paziente candidato alla terapia interferonica, soprattutto se affetto da epatopatia cronica da HCV La collaborazione tra internista, epatologo, infettivologo, e dermatologo, è indispensabile y per un rapido inquadramento diagnostico e terapeutico, e per la gestione delle complesse interrelazioni tra le patologie in causa e i relativi trattamenti farmacologici Sul versante dermatologico, nei casi non responsivi a terapie topiche e locali, anche la ciclo- y sporina può sortire un ruolo efficace, ivi compresi i pazienti con epatopatia cronica HCV- correlata sottoposti a terapia con interferone Clinical Management Issues 2009; 3(4) ©SEEd Tutti i diritti riservati 168 Interferone pegilato, ribavirina e frequente terapia di supporto con fattori di crescita BIBLIOGRAFIA Simin M, Brok J, Stimac D, Gluud C, Gluud LL. 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