Clinical Management Issues 2009; 3(3) ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 99 Carlo Ciglia 1 L’educazione terapeutica in ambito cardiovascolare Le degenze medie dei circa 100.000 casi di infarto miocardico acuto che si verifica- no ogni anno in Italia si sono estremamente contratte (nei casi non complicati 5-7 gior- ni) grazie a un atteggiamento aggressivo (trombolisi, angioplastica) e a una migliore organizzazione, che hanno drasticamente ridotto la mortalità ospedaliera. Ma questo, paradossalmente, non migliora gli esiti a distanza, come dimostrano i dati degli studi EUROASPIRE, che continuano a segnala- re lo scarso controllo dei fattori di rischio e la non soddisfacente aderenza alle terapie prescritte nel post-infarto [1]. Sullo scena- rio delle malattie cardiovascolari in Italia pesano inoltre circa 1.000.000 di pazienti con scompenso cardiaco, sottoposti ad “af- follate” terapie farmacologiche e spesso co- stretti a ripetuti nuovi ricoveri ospedalieri. Gli entusiasmanti progressi in cardiologia – tecniche interventistiche su coronarie e valvole, nuove protesi, pacemaker sofisticati, defibrillatori impiantabili, device bridge al cardiotrapianto – hanno dilatato i campi di applicazione e migliorato la prognosi delle malattie cardiovascolari. Ma, a differenza di altri ambiti medici (diabetologia, nefrologia, onco-ematologia, pneumologia), la ricerca dell’alleanza terapeutica col paziente in car- diologia non ha trovato altrettanto puntuale applicazione e si avverte come non trascura- bile la necessità di limitare derive tecnolo- giche che potrebbero pesare negativamente sulla qualità di vita dei malati. Si tratta di recuperare le radici antropolo- giche della Medicina: una prassi che applica verità scientifiche per il bene del paziente. In questa prospettiva trova la sua migliore collocazione l’Educazione Terapeutica, de- finibile come «un atto terapeutico continuo, caratterizzato da: accompagnare, mettersi insieme, nella malattia cronica, per con- trattare, concordare […] la realizzazione di interventi possibili, finalizzati al raggiungi- mento del massimo risultato clinico e della migliore qualità di vita percepita per ogni paziente» [2]. Disciplina insegnata in mol- te Università europee, nell’iter formativo del medico e di altri operatori della salute, ha trovato in Italia illustri pionieri a Pado- va: Renzo Marcolongo e Leopoldo Bona- diman, in onco-ematologia e in medicina generale [3]. In ambito cardiologico il Gruppo Italia- no di Cardiologia Riabilitativa e Preventiva (GICR-IACPR), soprattutto con l’Area Psicologi, si sta facendo carico di sviluppare questo approccio, estensibile alle strategie della Prevenzione [4]. «Se ogni malato è di fatto sempre obbligato ad imparare a gestire la sua malattia, allora chi lo cura è di fatto sempre tenuto ad insegnargli come farlo, a condizione che entrambi lo facciano con competenza» [3]. Quest’ultima presuppone un percorso, una formazione, purtroppo non reperibile nell’usuale curriculum dei medici e degli specialisti. È basilare una riflessione sull’idea stessa di malattia, ancora forte- mente connotata dalla visione positivistica: deviazione dalla norma di parametri biolo- gici, da classificare (disease), trascurando il vissuto del paziente (illness) per una pretesa oggettività e lasciando sullo sfondo i riflessi familiari e sociali della stessa (sickness). L’attuale modello bio-psico-sociale del- la malattia ha illustri referenti in ambito Editoriale 1 Responsabile del reparto di Cardiologia Riabilitativa e Preventiva Casa di cura “Villa Pini d’Abruzzo” Chieti Corresponding author Dott. Carlo Ciglia carciglia@libero.it Clinical Management Issues 2009; 3(3) ©SEEd Tutti i diritti riservati 100 Editoriale medico e filosofico (Weizsacker, Jaspers, Gadamer, Pellegrino): malattia non come incidente di percorso, da cancellare al più presto, ma come una “chance”, una possibi- lità che la vita dà a se stessa per compren- dersi. Un’idea diversa di salute, come stato intermedio della vita dell’uomo in continua trasformazione, per raggiungere un punto ulteriore, di livello più alto, che indica qual è la direzione del nostro arco vitale (Weizsa- cker). Quindi un’opportunità per introdurre correzioni, cambiamenti, spesso in momenti di svolte biografiche [5]. È evidente quanto ciò sia rilevante anche in prevenzione pri- maria, per soggetti portatori di fattori di rischio cardiovascolare (fumo, obesità, iper- tensione, diabete, dislipidemie) così stretta- mente legati allo stile di vita e ancora così rilevanti dopo un evento acuto: infarto mio- cardico acuto o intervento cardiochirurgico (prevenzione secondaria). Le paternali dei medici ancora oggi si concludono con frasi tipo «mi raccomando i farmaci… e la cor- rezione dei fattori di rischio, ovviamente!», come se dall’esperienza della malattia acuta scaturisse automaticamente un radicale mu- tamento della vita precedente. È evidente il fallimento di questo tipo di approccio pre- scrittivo nella gestione della fase cronica della malattia. Il counselling motivaziona- le, nella sua forma breve (di ascendenza e diffusione anglosassone) [6,7], si propone come strumento dell’Educazione Terapeu- tica (culturalmente legata alla Francia), ma da considerare come pezzi complementari di un unico puzzle: quello dell’educazione alla salute. È «un intervento volontario e consapevole, basato su abilità di comunica- zione e di relazione» [8], nei processi deci- sionali del paziente. Si tratta di lavorare con i pezzi che porta il paziente per costruire un percorso condiviso [6]. Se si immagina di “calare” questa modalità nell’incontro con un sopravvissuto a un infarto miocardico acuto, evento giunto improvvisamente nella sua biografia, si capisce che «non è possibile scorporare la comunicazione dall’intervento di cura per affidarla ad altri» [9]. La com- plessità del comportamento comunicativo, che usa i canali del verbale e del non verba- le (intonazionale, paralinguistico, cinesico), include la capacità di ascoltare, di chiedere, di rispondere, anche emotivamente (non è proibito al medico!) e di informare/educare [10]. Tutto questo non è appannaggio esclu- sivo dello psicologo, ma è richiesto a ogni operatore impegnato in attività sanitarie e sociali (counselor). La tecnica del role playing, con l’uso della telecamera per la ripresa e la successiva anali- si di incontri medico-paziente, veri o simula- ti, si è rivelata un ottimo e rapido strumento didattico nella formazione del counselor, per- ché consente di cogliere errori e criticità [11]. Nella nostra esperienza con i cardioperati la giusta valorizzazione dell’aspetto biogra- fico si sostanzia nel chiedere la narrazione del percorso che ha portato all’intervento. Ascoltandola e guidandola otteniamo la “diagnosi educativa” del malato che abbiamo di fronte. La buona comunicazione è scomo- da: «rinuncia a seguire il proprio filo logico, per accogliere la logica estranea del pazien- te» [9]. Chiedendoci/chiedendogli: «Chi è? Che ha? Che cosa sa e che cosa fa della sua malattia? Che progetti ha?» [3], avremo la più attendibile piattaforma scientifica per una accurata diagnosi e per impostare la mi- gliore terapia, non solo farmacologica, con il suo coinvolgimento. La multiprofessionalità presente nell’ambito della Cardiologia Ria- bilitativa (oltre al cardiologo, lo psicologo, il fisioterapista, l’infermiere dedicato) consente un approccio “olistico” alla malattia. I perio- dici incontri di gruppo con i malati e con i loro familiari, partendo dalle loro domande sui fattori di rischio, sugli elementi peculia- ri delle varie patologie, sull’alimentazione e sull’attività fisica e lavorativa, diventano un punto di riferimento nella gestione della cronicità. Stupisce riscontrare ancora molte resisten- ze e poca diffusione per questo “moderno” tipo di approccio terapeutico in cardiologia, che tra l’altro ha documentato un ottimo rapporto costo/beneficio [4]. Le risorse an- cora troppo sbilanciate sulla fase acuta della malattia e una visione ancora troppo ospeda- locentrica penalizzano queste nuove “visio- ni” presso i decisori del mondo della sanità, medici inclusi. Occorre dotarsi di un’ottica nuova, che comprenda un’altra domanda: perché il medico non cambia? La sua for- mazione deve essere rivisitata. Per curare al meglio bisogna «usare proprietà chimico- biologiche e culturali; avere a disposizione più riferimenti (farmacologici, etici, genetici, antropologici, biologici) cioè più logiche, più risorse, inclusi i mondi personali del malato e del medico» [12]. Clinical Management Issues 2009; 3(3) ©SEEd Tutti i diritti riservati 101 C. Ciglia BIBLIografIa Kotseva K, Wood D, De Backer G, De Bacquer D, Pyörälä K, Keil U; EUROASPIRE Study 1. Group. EUROASPIRE III: a survey on the lifestyle, risk factors and use of cardioprotective drug therapies in coronary patients from 22 European countries. Eur J Cardiovasc Prev Rehabil 2009; 16: 121-37 Carboni L. Strumenti educativi: creatività ed efficacia. 2. Giornale Italiano di Diabetologia e Metabolismo. Atti 3° Congresso Roche Patient care. Villa Erba (Como), 2000 Marcolongo R, Bonadiman L, Rossato E, Belleggia G, Tanas R, Badon S et al. Curare “con” il 3. malato. L’Educazione Terapeutica come postura professionale. Torino: Edizioni Change, 2006 ASSR Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali. Linee guida nazionali su cardiologia riabilitativa 4. e prevenzione secondaria delle malattie cardiovascolari. ASSR: 2005 Tolone O. La malattia immortale. Nuovo pensiero e nuova medicina fra Rosenzweig e Weizsacker. 5. Teoria 2008; 1: 235-42 Miller WR, Rollnick S. Il colloquio motivazionale. Trento: Erikson, 2004 6. Butler C, Mason P, Rollnick S. Cambiare stili di vita non salutari. Strategie di counseling 7. motivazionale breve. Trento: Erikson, 2003 Bert G. Per un miglior rapporto tra medico e malato: un traguardo possibile. 8. Recenti Progressi in Medicina 2006; 97: 548-55 Quadrino S. Il professionista sanitario e la comunicazione: storia di un amore difficile. 9. Janus 2006; 23 Sommaruga M. Comunicare con il paziente. Roma: Carocci Faber, 2005 10. Moja E, Vegni E. La visita medica centrata sul paziente. Milano: Raffaello Cortina, 2000 11. Cavicchi I. Le metamorfosi nella medicina: tra ipotesi e libertà. In: AA.VV. L’educazione come 12. terapia a cura di S.Spinsanti. Roma: Esseditrice, 2001