Clinical Management Issues 2009; 3(2) ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 89 Alberto De Bernardi 1 IntroduzIone Attualmente l’Italia è uno dei Paesi più longevi del mondo: oltre un terzo dei rico- veri ospedalieri e la metà delle giornate di degenza riguardano pazienti anziani. Il progressivo invecchiamento della po- polazione ha portato a un parallelo aumen- to di incidenza e prevalenza di alcune ma- lattie croniche: ne consegue una riduzione della qualità di vita per i pazienti anziani, un aumento delle ospedalizzazioni e note- voli ripercussioni a livello socio-economico sanitario. Tra le malattie croniche, lo scompenso cardiaco è particolarmente diffuso negli an- ziani, colpendo oltre il 10% dei soggetti di età superiore a 80 anni [1-3]. Nonostante il peso epidemiologico, le conoscenze sul- lo scompenso cardiaco nell’anziano sono ancora limitate sia sul piano clinico che su quello terapeutico. Diversi studi clinici hanno dimostrato l’ef- ficacia di svariati trattamenti farmacologici nel ridurre mortalità e numero di ricoveri utilizzo dei beta-bloccanti nella terapia dello scompenso cardiaco cronico nel paziente anziano Abstract Chronic heart failure (CHF) is a common and disabling condition with morbidity and mortality that increase dramatically with advancing age. There are evidences, from both randomized trials and observational studies, that suggest that beta-blockers are effective and well tolerated in elderly as well as in young patients. Nonetheless in clinical practice they are substantially underutilized in elderly patients. The article underlines peculiarities of chronic heart failure treatment with beta-blockers in elderly patients, with a review of the most important published trials. Keywords: chronic heart failure, elder patients, beta-blockers Beta-blockers in chronic heart failure in elderly patient CMI 2009; 3(2): 89-95 1 SC Cardiologia, Moncalieri Corresponding author Alberto De Bernardi debeal@tin.it Gestione clinica per scompenso; l’interesse si è focalizzato in particolare sui beta-bloccanti, che si sono dimostrati efficaci nel ridurre la mortalità e le ospedalizzazioni nei pazienti con scom- penso cardiaco di diversa gravità. Se nei giovani il trattamento con beta- bloccanti è ormai considerato uno standard, nel paziente anziano l’utilizzo di questi far- maci non è ancora entrato a far parte della pratica clinica quotidiana. Infatti, nonostante i dati disponibili in letteratura, derivanti sia da studi condotti su un numero limitato di pazienti, sia da trial randomizzati o metanalisi, evidenzino efficacia e tollerabilità dei beta-bloccanti negli anziani affetti da scompenso cardiaco cronico, nella pratica clinica quotidiana si rileva una chiara tendenza al sottoutilizzo dei beta-bloccanti in questa tipologia di pazienti. Vi è pertanto la necessità di evidenziare l’utilità di questo approccio terapeutico e di implementarne l’impiego anche negli an- ziani, gruppo estremamente rilevante sia in termini epidemiologici che clinici. Clinical Management Issues 2009; 3(2) ©SEEd Tutti i diritti riservati 90 Utilizzo dei beta-bloccanti nella terapia dello scompenso cardiaco cronico nel paziente anziano trattamento e senza comorbilità, mentre sono peculiari del “reale” paziente anziano una funzione sistolica conservata, una bas- sa compliance e multiple patologie associate [4-8]. Ad esempio gli studi epidemiologici evidenziano che circa il 50% dei soggetti an- ziani scompensati rientra nella categoria dei pazienti con scompenso a funzione sistolica conservata [2,3]. Risulta pertanto evidente che vi sono net- te differenze tra i pazienti dei trial e quelli della comunità (Tabella I), differenze che impongono una certa prudenza quando si intendono applicare le indicazioni derivan- ti dai trial a una popolazione di individui di età avanzata. La caratteristica peculiare dell’anziano scompensato è rappresentata dal quadro clinico in cui convergono gli effetti del processo di invecchiamento cardiova- scolare, delle cardiopatie e delle frequenti comorbilità [10,11]. Un supporto per la gestione del paziente “reale” con scompenso è fornito, in Italia, dal Registro dei pazienti affetti da scom- penso, gestito dall’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) e denominato IN-CHF (Italian Network- Congestive Heart Failure) [10]. Tale registro, attivo ormai dal 1995, rac- coglie i dati attraverso un software dedicato distribuito prevalentemente ai Reparti di Cardiologia; questa mole di informazioni, comprendente dati di follow-up della mag- gior parte dei pazienti, fornisce conoscenze importanti ai fini della gestione dello scom- penso cardiaco nella realtà di tutti i giorni. Dall’analisi dei dati dell’IN-CHF emer- ge che, in una coorte di 3.327 pazienti con scompenso cardiaco, il 30% presenta un’età superiore a 70 anni. Al crescere dell’età, au- menta la percentuale di pazienti di sesso femminile, in classe NYHA (New York Heart Association) avanzata, con fibrillazione atriale e disfunzione renale. Negli anziani prevale una eziologia ischemica e ipertensiva e una eziologia multipla nel 22,8% dei casi. Oltre gli 80 anni, la percentuale di donne sale al 70%, l’eziologia ipertensiva prevale e la per- centuale di funzione sistolica conservata ar- riva al 50%. Nel registro IN-CHF, inoltre, l’età risulta essere un potente fattore predit- tivo indipendente, con aumento del rischio di morte pari al 3% per ogni anno di età; ciononostante al crescere dell’età si assiste frequentemente alla diminuzione dell’im- piego di risorse e di esami strumentali a più elevato contenuto tecnologico. Tuttavia, l’aspetto fondamentale dello scompenso in età avanzata, rispetto al giova- ne, è la condizione generale del paziente an- ziano che non dipende solamente dallo stato cardiovascolare, ma anche dall’interazione tra processo di invecchiamento, comorbi- lità, stato psico-cognitivo e fattori socio- ambientali [9]. Per queste caratteristiche, si configura il profilo di paziente “complesso” con conseguente difficoltà nell’approccio clinico-terapeutico (Tabella II). La coesistenza nell’anziano di polipatolo- gie, scarsa capacità funzionale, astenia, ipo- trofia muscolare, problemi di deambulazione e di equilibrio, basso indice di massa corpo- rea e deterioramento cognitivo gli conferisce la connotazione di anziano “fragile” [11]. La fragilità è un’entità multidimensionale che rappresenta la perdita di riserva fun- zionale in diversi organi: il soggetto fragile Variabile considerata trial clinici Comunità Età media 57-64 anni 70-75 anni Sesso M:F 4:1 1:1 Frazione di eiezione > 40% Criterio di esclusione > 40% Fibrillazione atriale 20% 40% Disfunzione renale Criterio di esclusione 20-30% Comorbilità Criterio di esclusione Frequente Dosaggio farmaci Target Bassa Compliance Alta Bassa Morte a un anno 9-12% 25-30% Priorità Sopravvivenza Qualità di vita tabella I Differenze tra i pazienti arruolati nei trial e quelli della comunità [9] Disfunzione cognitiva y Depressione, isolamento sociale y Ipotensione posturale con cadute y Incontinenza urinaria y Deprivazione sensoriale y Politerapia y Fragilità y Disfunzione renale y Malattia polmonare cronica y tabella II Comorbilità comuni nel paziente anziano Il pAzIente AnzIAno Con sCoMpenso CArdIACo I pazienti anziani con scompenso sono scarsamente rappresentati nei trial pubbli- cati in letteratura. Infatti, i rigidi criteri di arruolamento previsti nei trial consentono di norma solo l’inclusione di pazienti con funzione si- stolica ridotta, con una buona aderenza al Clinical Management Issues 2009; 3(2) ©SEEd Tutti i diritti riservati 91 A. De Bernardi è dunque vulnerabile, presenta una ridotta risposta agli agenti stressogeni e un elevato rischio di sviluppo di disabilità. La fragilità identifica inoltre la non autosufficienza nello svolgimento delle attività della vita quotidia- na e costituisce pertanto un’enorme fonte di consumo di risorse sanitarie e assistenziali per la nostra società. La moderna geriatria definisce “valutazio- ne multidimensionale” la stima dello stato complessivo di salute del soggetto anziano, anche attraverso l’impiego di scale di valu- tazione e test per esplorare le diverse aree dove si manifestano i deficit e per quantifi- carne l’entità [6,7] (Tabella III). Sulla base di questa valutazione è possibile distinguere tre profili principali che rispecchiano gros- solanamente tre diverse modalità di invec- chiamento e ai quali sono associati i relativi percorsi diagnostico-terapeutici [12]: paziente “robusto” (espressione dell’invec- y chiamento di successo: il paziente è auto- sufficiente, conduce una vita pienamente attiva) per il quale possono essere adottate le cure convenzionali valide per i pazienti più giovani; paziente “anziano” (quadro di compro- y missione intermedia) nel quale dovrebbe essere applicato un modello collaborativo che veda coinvolte cure specialistiche e cure primarie; paziente “fragile” (grave compromissione y funzionale) che necessita di un tratta- mento intensivo multidisciplinare, con assistenza continuativa. Nonostante l’evidenza dell’utilità della valutazione dello stato funzionale nell’an- ziano per indirizzarne in modo corretto il trattamento, pochi studi hanno applicato tali strumenti ai soggetti anziani con scompenso cardiaco [13-15]. La mancanza di trial rappresentativi ge- nera pertanto nel medico la necessità di avere delle linee guida di comportamento che lo indirizzino nella gestione del sogget- to anziano. I betA-bloCCAntI nell’AnzIAno Con sCoMpenso CArdIACo Insieme agli ACE-inibitori, i beta-bloc- canti (Tabella IV ) rappresentano l’unica strategia farmacologica che si sia dimostra- ta efficace nel contrastare la progressione della malattia cardiaca e nel migliorare gli outcome di salute in un vasto spettro di pazienti con scompenso cardiaco [10]. Il razionale dell’utilizzo dei beta-bloccanti si basa sul rallentamento della frequenza car- diaca che consente un prolugamento della diastole e quindi un miglior riempimento ventricolare. Così come per la gestione dello scompen- so, anche per l’impiego dei beta-bloccanti è evidenziabile una scarsa numerosità degli anziani inclusi negli studi: la maggior parte dei trial condotti riguarda una popolazione con età media inferiore a 63 anni e com- prende solo soggetti con frazione di eiezio- ne < 40%. Nella pratica clinica, invece, la maggior parte dei pazienti con scompenso cardiaco è più anziana della media conside- rata dai trial (lo scompenso si presenta spes- so in soggetti con età superiore a 75 anni). È stato stimato inoltre che questi pazienti sono trattati con minore frequenza da uno specialista, hanno una sintomatologia mag- giore e presentano un numero superiore di comorbilità di quelli usualmente rappresen- tati nei trial. Dati ancora più carenti sono quelli relativi all’impiego dei beta-bloccanti nei cosiddetti “grandi vecchi”, ossia i sog- getti con età superiore a 80 anni, in cui la malattia assume caratteristiche ancor più peculiari [16]. Alcune informazioni su efficacia e tol- lerabilità dei beta-bloccanti negli anziani possono essere desunte da analisi condotte su sottogruppi di pazienti di età > 65 anni estrapolati dai grandi trial [17-19]. Nello studio CIBIS II (Cardiac Insufficiency Bisoprolol Study II), ad esempio, i pazienti di età superiore a 70 anni hanno riportato un tasso di mortalità del 23% nel gruppo placebo e del 16% nel gruppo bisoprololo, mentre i rischi relativi erano simili nei due sottogruppi di età (0,68 nei pazienti > 70 anni e 0,69 in quelli < 70 anni) [19]. Una successiva metanalisi sui dati degli Età (anni) 75,6 ± 4 Maschi:femmine (%) 68:32 Coniugati (%) 69,3 Basso introito economico (%) 24,4 Vive da solo (%) 17,6 Assenza di supporto (%) 11,2 Cardiopatia ischemica (%) 55 Ipertensione (%) 62 BPCO (%) 31,2 Diabete mellito (%) 30,2 Creatinina > 2,5 (%) 12,2 Comorbilità (n) 2,7 ± 1,4 tabella III Valutazione multidimensionale dei 205 pazienti con età > 70 anni dello studio IN-CHF [10] Clinical Management Issues 2009; 3(2) ©SEEd Tutti i diritti riservati 92 Utilizzo dei beta-bloccanti nella terapia dello scompenso cardiaco cronico nel paziente anziano studi CIBIS I e CIBIS II ha documentato, negli ultrasettantenni affetti da scompenso sistolico con frazione di eiezione < 35%, una riduzione della mortalità totale del 40% [20]. Efficacia e sicurezza di bisoprololo nei pazienti con età > 65 anni sono poi state confermate dal CIBIS III che ha confrontato l’efficacia di bisoprololo vs enalapril in 1.010 pazienti con insufficienza cardiaca lieve e frazione di eiezione < 35% [21]. Queste analisi, condotte su sottogruppi di pazienti dei grandi trial, indicano benefici nei pazienti anziani, tuttavia non danno grandi indicazioni per i soggetti con età > 70 anni e con frazione di eiezione > 35%. Indicazioni su questa tipologia di pazienti possono essere desunte dallo studio SENIORS (Study of Effects of Nebivolol Intervention on Outcomes and Rehospitalisation in Seniors with Heart Failure); tale studio, che ha valutato l’efficacia di nebivololo (beta-bloccante di terza generazione), è infatti uno dei pochi trial che hanno specificatamente esaminato la terapia per lo scompenso in soggetti anziani, inclusi quelli con funzione sistolica preservata, dimostrando una significativa riduzione nella mortalità e nel rischio di ospedalizzazione [6]. Lo studio ha randomizzato 2.128 pazienti con età ≥ 70 anni con storia di scompenso cardiaco (ricovero per scompenso nell’anno precedente o frazione di eiezione ≤ 35%) ad assumere nebivololo titolato da 1,25 mg/die a 10 mg/die (1.067 pazienti) o placebo (1.061). Da tale studio emerge che nebivololo è ben tollerato ed efficace nello scompenso cardiaco dei pazienti anziani. Nello studio MERIT-HF è stato rilevato che l’efficacia di metoprololo nella riduzione della mortalità è sovrapponibile nel gruppo dei soggetti giovani (< 65 anni) e nel gruppo degli anziani (> 65 anni) [22]. Il confronto tra efficacia dei beta-bloccanti nel diminuire la mortalità in soggetti giova- ni e anziani è stato condotto anche tramite una metanalisi che ha raccolto i dati di 5 trial clinici randomizzati per un totale di 17.346 soggetti; essa ha confrontato gli ef- fetti dei beta-bloccanti negli anziani (definiti in maniera variabile nei diversi studi in base a una soglia di 59-71 anni) e in pazienti di più giovane età. La revisione non ha rileva- to differenze significative (p = 0,38) nella riduzione della mortalità per tutte le cause associate al trattamento con beta-bloccanti, che era significativa in entrambi i gruppi (rischio relativo 0,66, limiti di confidenza al 95% da 0,52 a 0,85, nei pazienti più giovani, p = 0,001, vs rischio relativo 0,76, limiti di confidenza al 95% da 0,64 a 0,90 nei pazienti più anziani, p = 0,002) [23]. sicurezza e tollerabilità Secondo quanto riportato dall’Euro Heart Study e da altri studi osservazionali, solo il 30-50% dei soggetti con scompenso cardiaco è trattato con beta-bloccanti, con una dose che è approssimativamente la metà di quella usata nei trial clinici [24]: la motivazione che sta alla base di questo sottoutilizzo e della bassa dose impiegata è da ascrivere al fatto che il medico si trova di fronte a soggetti con età > 70 anni nei quali teme che i farmaci possano essere mal tollerati. Al contrario i risultati degli studi che han- no esaminato questa categoria di pazienti hanno evidenziato che non vi sono diffe- renze nella sicurezza dei beta-bloccanti nel paziente giovane e nell’anziano. Ad esempio, l’analisi condotta sul sotto- gruppo dello studio MERIT-HF (Metopro- lol CR/XL Randomised Intervention Trial in Congestive Heart Failure) ha dimostrato che metoprololo CR/XL è ben tollerato in pa- zienti anziani con scompenso sistolico [18]. Analogamente, dal SENIORS è emerso che nebivololo è ben tollerato nei soggetti > 70 anni [6] e lo studio COLA (Carvedilol Open Label Assessment) ha mostrato che anche carvedilolo è ben tollerato negli ultraset- tantenni [25]. dati osservazionali Passando dal mondo dei trial al mondo reale, i presupposti di efficacia e sicurezza nei pazienti anziani hanno trovato conferma negli studi osservazionali [26]. A livello nazionale gli studi ANMCO hanno evidenziato una bassa percentuale di utilizzo di ACE-inibitori e beta-bloccanti nel paziente anziano [27]. Tali differenze sono state evidenziate sia in strutture inter- nistiche che cardiologiche. Nello studio TE- MISTOCLE (hearT failurE epideMIological STudy in itaLian pEople), ad esempio, nei pa- zienti con età > 75 anni (età media 82 anni) i beta-bloccanti erano prescritti al 5,3% dei dimessi dai Reparti di Medicina e al 9,2% dei dimessi dai Reparti di Cardiologia [27]. Beta-bloccanti non selettivi Alprenololo, bucindololo, carteololo, carvedilolo, labetalolo, nadololo, oxprenololo, penbutololo, pindololo, propranololo, sotalolo, tertratololo, timololo Beta-bloccanti selettivi Acebutolo, atenololo, betaxololo, bisoprololo, celiprololo, esmololo, metoprololo, nebivololo, practololo tabella IV Beta-bloccanti selettivi e non selettivi Clinical Management Issues 2009; 3(2) ©SEEd Tutti i diritti riservati 93 A. De Bernardi Per questo motivo si sottolinea l’impor- tanza di un follow-up ambulatoriale dove vengano implementati, in modo attento, i farmaci beta-bloccanti. Il relativo incremento di prescrizione dei beta-bloccanti negli anni più recenti è stato supportato non solo dalla diffusione dei dati dei trial, ma anche dagli studi di implementazione guidata, come lo studio BRING-UP dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri. L’obiettivo di questo progetto consisteva nel tentativo di trasferire le conoscenze derivate dai trial alla pratica quotidiana, attraverso la diffusio- ne di linee guida e l’implementazione di un percorso formativo ad hoc [28]. I dati dello studio BRING-UP suggeriscono l’assenza di effetti negativi del trattamento con beta- bloccante sullo stato cognitivo e sul tono dell’umore e, complessivamente, sul livello di autosufficienza e sulla qualità di vita. Dallo studio BRING-UP 2, condotto da marzo 2001 a gennaio 2002 su pazienti ≥ 70 anni (dei 1.518 soggetti arruolati, il 33% era già in terapia con un beta-bloccante, men- tre il 31% l’aveva iniziata durante lo studio) è emerso che la controindicazione più fre- quente all’uso di questi farmaci nell’anziano è rappresentata dalla presenza di broncopatia ostruttiva severa (58%), seguita dalla bradi- cardia (20%) e dall’impegno emodinamico (17%) [14,15]. IMplICAzIonI per lA prAtICA ClInICA Nonostante il fatto che gli anziani rappre- sentano oltre il 70% dei pazienti del “mondo reale”, non esistono linee guida specifiche per il trattamento dello scompenso in que- sti soggetti; vengono fornite soltanto rac- comandazioni relative alle dosi e agli effetti collaterali. I pazienti anziani affetti da scompenso cardiaco devono essere trattati partendo da piccole dosi che vanno lentamente in- crementate, secondo il principio noto alla geriatria “start low and go slow”. Talora dosaggi non massimali possono garantire il giusto equilibrio tra efficacia e tollerabilità del trattamento. La terapia beta-bloccante dovrebbe essere avviata in pazienti già in trattamento con ACE-inibitori e diureti- ci con assenza di segni e sintomi di riten- zione idrica o di ipoperfusione d’organo. Il trattamento con beta-bloccanti non va iniziato in pazienti instabili e/o in presenza di controindicazioni quali bradicardia sin- tomatica o asma bronchiale con necessità di terapia broncodilatatrice. Va ricordato che la presenza di malattie bronchiali non associate a severa ostruzione delle vie aeree, non costituisce una controindicazione alla terapia beta-bloccante (da preferire agenti con elevata selettività β1, come ad esempio carvedilolo) [28]. Soprattutto nell’anziano, l’inizio del trat- tamento può associarsi a ritenzione idrica o a un transitorio peggioramento dello scom- penso; in questi casi, se necessario, il dosag- gio del beta-bloccante può essere tempora- neamente ridotto o sospeso. L’efficacia dei beta-bloccanti è tempo-di- pendente: nel primo periodo di trattamen- to l’azione cronotropa e inotropa negativa può condizionare un deterioramento della funzione cardiaca, mentre in seguito preval- gono le azioni emodinamiche e biologiche favorevoli. L’obiettivo di dosi simili a quelle utilizzate nei trial è di per sé difficile da raggiungere in un paziente fragile come quello anziano: in questo caso si persegue il principio “poco è meglio di niente”. L’utilizzo di dosi non massimali di beta-bloccante può rappresen- tare il giusto compromesso tra l’obiettivo di garantire la massima efficacia in termini di sopravvivenza e quello di non incidere su morbilità e qualità della vita. ConClusIonI In conclusione, i dati disponibili sull’uti- lizzo dei beta-bloccanti nel paziente anziano sono i seguenti: gli anziani hanno un profilo clinico e fi- y siopatologico peculiare; nei pazienti anziani le evidenze disponi- y bili suggeriscono un’efficacia terapeutica, in termini di mortalità, simile a quella dei pazienti più giovani; i dati disponibili non sono ancora suffi- y cienti per definire il profilo rischio/bene- ficio per il trattamento dei grandi anziani e di quelli molto fragili; l’età avanzata di per sé non costituisce un y valido motivo per non iniziare o sospen- dere un trattamento con beta-bloccante, benché sia necessario prestare particolare attenzione nelle fasi iniziali del tratta- mento. Vi è pertanto la necessità di applicare più estesamente i risultati della ricerca nella pra- tica clinica. Sarebbe inoltre interessante che Clinical Management Issues 2009; 3(2) ©SEEd Tutti i diritti riservati 94 Utilizzo dei beta-bloccanti nella terapia dello scompenso cardiaco cronico nel paziente anziano fossero condotti studi sugli effetti dei beta- bloccanti sulla qualità di vita dei pazienti anziani: questo aspetto, infatti, assume un particolare rilievo in questo tipo di soggetti, rispetto al prolungamento della stessa. bIblIoGrAfIA Ho KK, Kannel WB, Levy D. The epidemiology of heart failure: the Framingham Study. 1. J Am Coll Cardiol 1993; 22 (Suppl A): 6A-13A Senni M, Tribouilloy CM, Rodeheffer RJ, Jacobsen SJ, Evans JM, Bailey KR et al. Congestive 2. Heart Failure in the community: a study of all incident cases in Olmsted County, Minnesota in 1991. Circulation 1998; 98: 2282-9 Rich MW. Heart failure in the 21st century: a cardiogeriatric syndrome. 3. J Gerontol A Biol Sci 2001; 56: M88-M96 AA.VV. Effects of enalapril on mortality in severe congestive heart failure. 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