Clinical Management Issues 2008; 2(4) ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 169 Italo Paolini 1 Caso ClInICo Il paziente è un uomo di 65 anni, con pre- cedente di sindrome coronarica acuta senza sopraelevazione del tratto ST (NSTEMI). Tra i problemi del paziente, al momento del ricovero, avvenuto a causa dell’insorgenza di dolore toracico, si evidenziano: BMI 32,5 con circonferenza vita 103; y diabete tipo 2 con emoglobina glicata pari y a 6,7 mg/dl; ipertensione arteriosa con media dei valori y pressori dell’ultimo anno pari a 136-83; ipercolesterolemia con LDL colesterolo y pari a 123 mg/dl. La terapia cronica in corso al momento del ricovero vedeva il soggetto assumere 4 mole- Il follow-up nel paziente con cardiopatia ischemica, momento essenziale nella comunicazione ospedale territorio: problemi e opportunità abstract It is known that the transition from the inpatient to the outpatient setting is a critical time. Evidence suggests that contact between patients and providers (i.e., physicians, nurse practitioners, and physician assistants) during this interval may be crucial for appropriate treatment modifications and recognition of errors in treatment. Ambulatory follow-up provides opportunities for clinical assessment, patient education, and medication review, which may in turn improve outcomes. However, little is known about the appropriate timing and type of follow-up that is necessary following hospitalization for AMI. In Italian System of Heath contact between general pratictioner and specialists, after dicharge, is critical moment for management of chronic pharmacological and non pharmacological therapy. If professional approaches are not integrated can reduce patients compliance and effectiveness of therapies themselves. Good management of chronic cardiovascular disease requires attention to stenghtening the continuity of information and management of patients. Keywords: ambulatory follow-up, coronary hearth disease, chronic therapy, disease management, continuity of information, effectiveness Follow-up of ischemic cardiopathy, an essential moment in the communication between in- patient and out-patient setting: problems and opportunities CMI 2008; 2(4): 169-179 1 Medico di Medicina Generale. Area cardiovascolare Società Italiana di Medicina Generale Corresponding author Dott. Italo Paolini Via Salaria, 15 – 63043 Arquata del Tronto (AP) italopaolini@gmail.com Perché descriviamo questo caso? Il caso descritto, nella sua assoluta sem- plicità, evidenzia un aspetto pratico di una problematica di frequente riscontro nell ’attività ambulatoriale quotidiana del MMG e degli specialisti cardiologi. Il paziente affetto da cardiopatia ischemica (ma le problematiche sono analoghe in altre patologie cardiovascolari croniche) necessita, dopo l ’evento acuto e il relativo ricovero, di un integrazione tra diverse figure professionali (nel caso più semplice tra MMG e cardiologo, ma non è infre- quente l ’interazione con altri specialisti come ad esempio diabetologo e nefrologo) e l ’attuale normativa e organizzazio- Caso clinico Clinical Management Issues 2008; 2(4) ©SEEd Tutti i diritti riservati 170 Il follow-up nel paziente con cardiopatia ischemica, momento essenziale nella comunicazione ospedale territorio ne del rapporto curante-consulente non sempre è adeguata per garantire quello che dovrebbe essere invece l ’obiettivo del follow-up programmato ovvero l ’otti- mizzazione e il miglioramento dell ’ade- sione da parte del paziente a un regime terapeutico farmacologico e non. Su quali basi costruire questa collabora- zione? Come regolare il flusso informativo perché apporti i giusti contenuti in en- trambe le direzioni e consenta la reale col- laborazione e lo scambio di informazioni utili a paziente e professionisti coinvolti? Quali le componenti della continuità assi- stenziale che è una delle necessità fonda- mentali dell ’attuale sistema di cure? cole di farmaci anti-ipertensivi (calcio-anta- gonista, diuretico tiazidico a basso dosaggio (12,5 mg/die) associato ad ACE-inibitore, beta-bloccante), statina e acido acetilsalici- lico. La compliance del paziente all’assunzio- ne dei farmaci non era ottimale e vi era una tendenza a ridurre l’assunzione di farmaci, in particolare anti-ipertensivi. Alla dimissione dal ricovero la terapia cronica veniva modificata (in grassetto le variazioni di molecola o nuovi farmaci) e risultava così composta: antiaggregante: acido acetilsalicilico 100 y mg/die; clopidogrel 75 mg/die y ; calcio-antagonista; y ACE-inibitore y ; beta-bloccante; y statina y . Il reparto di cardiologia proponeva un programma di follow-up a 1 mese, 3 mesi e 6 mesi. Il paziente, prima delle visite di follow-up effettuava esami di laboratorio in parte previsti dal reparto che proponeva il controllo e in parte prescritti dal medico curante. In particolare la situazione del paziente con la persistenza di un livello di LDL co- lesterolo superiore a 100 (106 mg/dl) a 3 mesi induceva il medico di medicina gene- rale (MMG) a sostituire la statina con una di maggiore potenza ad adeguato dosaggio. Nel corso del terzo follow-up, al 6° mese, la situazione degli esami di laboratorio vedeva una emoglobina glicata < 7 mg/dl, glicemia a digiuno 129 mg/dl, LDL colesterolo pari a 78 mg/dl. AST uguale a 39 e ALT pari a 50, CPK 48. La pressione arteriosa considerata come media dei valori pressori rilevati am- bulatorialmente (n. 6 misurazioni) era pari a 127-82 con frequenza cardiaca = 56/min. Il cardiologo di turno (inevitabilmente la turnazione di lavoro porta a interazione con diversi professionisti) pur rilevando la stazio- narietà del quadro clinico e le discrete con- dizioni del paziente e avendo a disposizione le suddette informazioni da parte del MMG, riteneva di proporre cambiamenti allo sche- ma terapeutico in corso e in particolare: sostituzione dell’ACE-inibitore; y sostituzione della statina; y variazione del dosaggio del calcio-anta- y gonista. Il MMG, convinto di avere inviato un paziente in discrete condizioni di stabilità clinica e con target terapeutici soddisfacenti si trova nella situazione di: accettare le modifiche proposte; y continuare la terapia in corso, non tenendo y conto dei suggerimenti del collega; accettare parzialmente le modifiche pro- y poste, con adeguato monitoraggio dei valori di PA; cercare di contattare il collega cardiologo y per concordare una sintesi tra le diverse vedute terapeutiche (il successo di questa opzione è legata alla probabilità, di so- lito scarsa, di riuscire a comunicare con il collega nel momento in cui si pone il problema). In ogni caso, ci si trova nella sgradevole si- tuazione di evidenziare al paziente disparità di vedute tra professionisti parte dello stes- so sistema sanitario e il rischio di riduzione della compliance (già precaria) da parte dello stesso paziente. DIsCussIone Cardiopatia ischemica e controlli attivi La necessità di un adeguato sistema di controlli attivi delle patologie cardiovasco- lari croniche e in particolare per i pazienti affetti da cardiopatia ischemica è una rac- comandazione presente in molte linee gui- da e documenti di consenso, statunitensi ed europei [1-7]. In questi documenti viene esplicitamente evidenziato il ruolo fondamentale del medi- co generalista nelle fasi successive all’evento ischemico acuto per l’organizzazione e il mantenimento di un follow-up adeguato Clinical Management Issues 2008; 2(4) ©SEEd Tutti i diritti riservati 171 I. Paolini volto al mantenimento di una completa te- rapia, farmacologica e non farmacologica, oltre che all’ottimizzazione della stessa in base alle esigenze del paziente. I controlli extraospedalieri, hanno, tra gli altri, alcuni obiettivi fondamentali: la valutazione dei sintomi del paziente; y la verifica di un uso corretto e regolare y dei farmaci; l’eventuale integrazione terapeutica in base y a modificazioni nella situazione clinica; il rinforzo educazionale e il y counseling rela- tivo agli stili di vita e alle conseguenti mo- dificazioni comportamentali richieste. In particolare il follow-up collaborativo, gestito insieme dal medico generalista e dal- lo specialista cardiologo, sembra essere mi- gliore, sempre relativamente alla compliance rispetto alle terapie farmacologiche croniche, rispetto a quello condotto da una sola figura professionale [6]. Le indicazioni provenienti dalle linee gui- da, riguardo l’uso di beta-bloccanti, acido acetilsalicilico, farmaci che agiscono sull’as- se renina-angiotensina e statine nei pazienti con presenza di coronaropatia, in prevenzio- ne secondaria, derivano dalla dimostrazione di una significativa riduzione di mortalità e nuove ospedalizzazioni [8]. Ma il divario tra quanto raccomandato e quanto si riscontra nella pratica clinica è ancora ampio [7,9]. Quanto di questo gap sia determinato dal- la mancanza di uniformità nella inevitabile “gestione integrata” del paziente tra i diversi livelli assistenziali è difficile da quantificare, ma è indubbio che un approccio derivante da una reale condivisione di modalità e con- tenuti rappresenterebbe una condizione as- solutamente favorevole per il miglioramento della compliance assistenziale dei pazienti. Complessità assistenziale e compliance terapeutica Gran parte della complessità assistenziale del paziente con cardiopatia ischemica de- riva da problemi e bisogni che sono sempre meno pertinenza esclusiva di singole figure professionali e sempre più derivanti da ri- sposte integrate, multispecialistiche e mul- tiprofessionali. Una patologia con elevata prevalenza nel soggetto anziano, caratterizzata da frequenti comorbidità (diabete tipo 2, ipertensione, insufficienza renale cronica, ictus, ecc.) con necessità di assistenza prolungata nel tempo e con assunzione di politerapie farmacolo- giche non può essere considerata come la semplice somma di interventi e decisioni autonome che non tengano conto di percorsi assistenziali e complessità che ne derivano. Come ben sintetizzato in una efficace pubblicazione sul governo clinico: «l’ele- mento critico, ai fini di una buona qualità dell’assistenza, è il coordinamento e l’inte- grazione tra servizi e professionalità distinte chiamati ad intervenire nei diversi momenti di uno stesso percorso evolutivo della pato- logia» [10]. Cambiamenti frequenti e non adeguata- mente motivati o concordati tra le diverse figure professionali chiamate a intervenire sullo stesso paziente conducono a un au- mento della non aderenza e al cadere di uno degli obiettivi principali del percorso di follow-up. Un recente studio evidenzia chiaramente come la non-aderenza ai farmaci cardiova- scolari rappresenti un problema serio nella gestione dei pazienti con patologie cardio- vascolari [11]. Aumentare la aderenza/persistenza si- gnifica aumentare la spesa per farmaci, ma contemporaneamente ridurre le spese non farmacologiche, portando complessivamente a un risparmio. Le conseguenze economiche di una non- aderenza o di cambi frequenti tra molecole, anche se della stessa classe di farmaci, non sono state studiate in modo definitivo e ne- cessitano di appositi indagini. Sempre dal punto di vista economico, un altro studio [12] ha cercato, mediante proie- zioni attuate con un modello costo/efficacia di Markov, di valutare lo scenario derivante da una applicazione di una terapia completa nel post-infarto. I risultati evidenziano come la copertura totale della terapia di prevenzione seconda- ria post-infarto a beneficiari Medicare (lo studio riguardava la realtà USA), potrebbe avere un impatto favorevole sia sulla vita dei pazienti che sui costi sanitari che ne derivano. Il paziente con patologia cardiovascolare cronica dovrebbe, una volta ottimizzata la te- rapia, mantenere l’assunzione dei farmaci nel tempo e assumere regolarmente il farmaco senza interruzioni o riduzioni posologiche. Il fatto che l’interruzione della terapia cro- nica sia un problema reale è dimostrato dalla rilevante incidenza di sospensione della tera- pia osservata ad esempio in due grandi studi come HOPE e ON-TARGET [13,14]. In queste popolazioni, adeguatamente monitorate, la sospensione del trattamento Clinical Management Issues 2008; 2(4) ©SEEd Tutti i diritti riservati 172 Il follow-up nel paziente con cardiopatia ischemica, momento essenziale nella comunicazione ospedale territorio Da parte del MMG Da parte del cardiologo Da parte del paziente Non adeguata conoscenza della malattia Situazione geografica e sociale Età avanzata-deficit cognitivi Stadi avanzati di malattia Variabilità interprofessionale Mancanza di rifornimento costante Diverse situazioni organizzative Situazione ambientale non favorevole Variabilità delle competenze cliniche Variabilità di approccio alle patologie croniche Situazione ambientale non favorevole Gli ostacoli a un approccio uniforme del follow-up oggetto di studio ha riguardato percentuali variabili tra il 20 e il 30% dei soggetti. Qual è la reale persistenza e aderenza al trattamento nella popolazione reale? Alcune analisi, non specificamente rivolte al paziente con pregresso infarto, possono aiutare a comprendere la dimensione del fenomeno. In uno studio pubblicato dall’istituto di farmacologia dell’Università di Bologna [15] si è valutata l’aderenza a terapia anti- ipertensiva dopo la prima prescrizione su un’area urbana ed extraurbana di 350.000 abitanti, selezionando una coorte di 6.043 pazienti con prima prescrizione di farmaco anti-ipertensivo. In questa popolazione, seguita negli anni, il 18% ha avuto una sola prescrizione nei 3 anni di osservazione, il 13% più di una pre- scrizione, ma ha sospeso il farmaco antiiper- tensivo nel corso del primo anno, il 69% ha proseguito durante il 2° anno e il 60% nel 3° anno (almeno una prescrizione durante l’anno). In termini di copertura (almeno 300 dosi minime di farmaco durante l’anno) solo il 34% è risultato “coperto” durante il 1° anno e il 24% durante il 2° anno. Il 20% dei pazienti nel corso dei 3 anni. Dall’analisi sui Pazienti con persistenza di trattamento, il 42% manteneva lo stesso regime nei 3 anni, il 25% aggiungeva altri farmaci al trattamen- to iniziale, il 34% cambiava completamente regime terapeutico. Un’altra analisi [16], sempre sulla stessa popolazione, che allargava la valutazione all’uso, oltre che dei farmaci anti-ipertensivi, ai farmaci ipolipemizzanti, ipoglicemizzanti orali, e nitrati concludeva letteralmente: «la mancanza di aderenza ai trattamento car- diovascolari cronici rappresenta un proble- ma preoccupante: sebbene la maggioranza della popolazione continui il trattamento negli anni, meno del 50% di questi rice- ve un quantitativo di farmaco compatibile con un trattamento farmacologico regolare e questo compromette gli effetti favorevoli dei farmaci disponibili». Un altro studio [17], condotto in Um- bria, ha valutato la compliance al trattamen- to con statine per un periodo di 4,5 anni di follow-up, in una popolazione con malattia cardiovascolare. Nei 39.222 soggetti identificati la persi- stenza media del trattamento è stata di 5,3 mesi e solo 12,8% dei soggetti ha mostrato una persistenza del trattamento. Una compliance migliore, ma comunque non adeguata, si è evidenziata nei pazienti con contemporaneo uso di ASA e ricoveri per eventi cardiovascolari maggiori. Evidenza del sottotrattamento e della scarsa aderenza nell’uso di statine emerge anche da un’altra analisi sulla popolazione di Ravenna [18]. La diffusione della problematica a tutto il territorio nazionale è testimoniata anche Figura 1 MMG-cardiologo nel follow-up del paziente Clinical Management Issues 2008; 2(4) ©SEEd Tutti i diritti riservati 173 I. Paolini da un altro studio, svolto sulla popolazione del Veneto, che ha esaminato la prescrizio- ne di statine nel corso del 2005, basandosi su due indici: dose della terapia e intervallo di esposizione. Si rinnova l’osservazione che il 50% circa dei pazienti assume i farmaci in modo disconti- nuo o occasionale, ma emerge il dato rilevante rappresentato dal fatto che il ricovero ospeda- liero si associa con un trattamento massimale con 3 o più farmaci a una frequenza quasi doppia della continuità dei trattamenti. Le conclusioni del lavoro sono: «l’adesio- ne alle cure (almeno di quelle che si basano sull’impiego di statine) si modifica sì in pre- senza di un evento, ma lascia supporre che sia fortemente vincolata dalla percezione e presa in carico “condivisa” del rischio globale». Tenendo conto di questi dati e di quanto avviene quotidianamente nella realtà assisten- ziale è necessario stabilire modalità di condi- visione assistenziale che, basate su evidenze scientifiche accettate da medicina generale e medicina specialistica, consentano di ridurre queste problematiche e di migliorare i bene- fici derivanti da una terapia farmacologica cronica ben condotta da parte del paziente. MMG-cardiologo: ostacoli nel rapporto di follow-up Quali sono o possono essere, nella realtà del SSN italiano, i principali ostacoli che si frappongono a un approccio uniforme e concordato al follow-up del paziente coro- naropatico? La Figura 1 riporta schemati- camente alcune situazioni da cui possono derivare impedimenti a un corretto percorso di integrazione professionale: La variabilità nell’approccio professionale da parte del MMG può derivare: da differenze nell’iter formativo sviluppato y nella fase post-universitaria (la formazione da parte dell’università riguardo la figura del MMG è stata, sinora, assolutamente carente e insufficiente per la specificità professionale derivante dal ruolo) e lega- ta a una frequente estrazione specialistica estremamente variabile; da differenze nell’organizzazione dell’at- y tività professionale che si riflettono, ine- vitabilmente, nell’approccio alle diverse situazioni ed in particolare alla gestione organizzata delle patologie croniche e so- prattutto di quelle cardiovascolari. Lo schema tradizionale divide l’approc- cio da parte del MMG come basato su tre scenari: medicina di attesa; y medicina di opportunità; y medicina di iniziativa. y La medicina di attesa rappresenta tut- tora il modello prevalente e vede il MMG intervenire in base al bisogno o alla richie- sta espressa da paziente in occasione del contatto. Probabilmente questo tipo di approccio risulta poco adatto a soddisfare adeguata- mente le esigenze derivanti dalla misurazio- ne e stratificazione dei fattori di rischio della popolazione di assistiti sia in prevenzione primaria e in situazioni di alto rischio (ad es. diabete) che in prevenzione secondaria su soggetti, come i coronaropatici, in cui un evento si è già verificato. La grande frequenza di accesso riscontra- ta nello studio del MMG (in due anni oltre l’80% della popolazione di assistiti ha con- tatto con il proprio medico curante) è legata in gran parte a situazioni acute non gravi o a esigenze di tipo burocratico che rendono difficile, in un’attività non specificamente organizzata e quantitativamente molto im- pegnativa, il recepimento delle opportunità (per medico e paziente) potenzialmente sfruttabili nel contatto [19]. Il modello più adatto nella gestione dei pazienti ad alto rischio cardiovascolare è quello che, allargando il campo, concerne la assistenza, da parte delle cure primarie, del paziente con patologia cronica ed è un mo- dello che dovrebbe virare decisamente verso medicina di opportunità e di iniziativa con un netto potenziamento della componente organizzativa da parte del MMG e del per- sonale di studio. Virare verso la medicina di iniziativa signi- fica, per il MMG, in primo luogo, identifi- care la popolazione affetta da una determi- nata patologia cronica costruendo un vero e proprio registro di patologia e caratterizzare il profilo di rischio in base a parametri clini- co-laboratoristici-strumentali. In pratica e sinteticamente i parametri da adottare per dividere in alto e basso rischio questi pazienti, derivano da: ECG da sforzo negativo (o test di ima- y ging negativo); funzione ventricolare non compromessa; y funzione renale normale; y microalbuminuria assente; y controllo pressorio e metabolico. y La Tabella I esemplifica gli elementi utili nella valutazione del rischio nel coronaropa- Clinical Management Issues 2008; 2(4) ©SEEd Tutti i diritti riservati 174 Il follow-up nel paziente con cardiopatia ischemica, momento essenziale nella comunicazione ospedale territorio tico e che dovrebbero consentire a MMG e specialista cardiologo di definire e persona- lizzare i percorsi di follow-up. In particolare il MMG dovrebbe, in que- sti pazienti, predisporre una check-list di valutazione e verifica ponendosi una serie di quesiti: sono noti e registrati i fattori di rischio y cardiovascolare? la pressione arteriosa e i livelli di coleste- y rolo LDL sono adeguatamente controllati e registrati? sono stati prescritti ASA, beta-bloccanti, y ACE-inibitori? è necessario prescrivere statine? y l’assunzione dei farmaci da parte del pa- y ziente è regolare? è presente sintomatologia anginosa che y richiede prescrizione di farmaci o consu- lenza specialistica? è presente sintomatologia suggestiva di y scompenso cardiaco che richiede pre- scrizione di farmaci o consulenza spe- cialistica? si è valutata la presenza di patologia ate- y rosclerotica in altri distretti, in particolare le carotidi? Altrettanto importanti e difficili da rimuo- vere sono gli ostacoli identificabili dalla parte dello specialista cardiologo. Anche per questo professionista, pur se in misura in- dubbiamente minore, è presente una notevole variabilità interprofessionale. Inoltre le realtà organizzative in cui si cala l’attività ambula- toriale possono presentare grandi differenze e standard organizzativi diversi e in base a queste si possono determinare situazioni più o meno favorevoli e che si ripercuotono sulla qualità stessa dell’approccio professionale. Fattore notevolmente penalizzante per un’omogeneità di approccio è l’inevitabile variabilità della figura che effettua la con- sulenza cardiologica con la frequente eve- nienza di un cambio di specialista ad ogni controllo specialistico. Inoltre la differenza può riguardare il modo stesso di intendere il rapporto con il SSN e il paziente da parte ad esempio di uno specialista ambulatoriale convenzionato o di un cardiologo ospedaliero che effettua attività ambulatoriale. Ultimi, ma spesso decisivi, gli ostaco- li derivanti dal paziente per le frequenti comorbidità, il possibile deficit cognitivo e la scarsa conoscenza dei fondamenti della propria patologia e delle necessità assisten- ziali. Se, in presenza di complessità di que- sto tipo, i messaggi educativi e le decisioni diagnostico-terapeutiche evidenziano “di- sallineamenti” e “contraddittorietà” diventa molto più difficile perseguire gli obiettivi di aderenza e persistenza al trattamento da parte del paziente. L’attuale rapporto curante-consulente specialista, regolato dall’art. 51 dell’Accordo Collettivo Nazionale (ACN) per la medicina generale recita testualmente: «1. Il medico di famiglia, ove lo ritenga necessario, formula richiesta di visita, inda- gine specialistica, prestazione specialistica o proposta di ricovero o di cure termali. 2. La richiesta di indagine, prestazione o visita specialista deve essere corredata dalla diagnosi o dal sospetto diagnostico [...]. 3. Il medico può dar luogo al rilascio della richiesta o prescrizione di indagine speciali- stica anche in assenza del paziente, quando, a suo giudizio, ritenga non necessaria la visita del paziente stesso. 4. Lo specialista formula esauriente rispo- sta al quesito diagnostico, con l’indicazione “al medico curante. 5. Qualora lo specialista ritenga opportuno richiedere ulteriori consulenze specialistiche, o ritenga necessarie ulteriori indagini per la risposta al quesito del medico curante, for- mula direttamente le relative richieste sul modulario previsto dalla legge 326/2003». Nella realtà vi sono con una certa fre- quenza: una scarsa definizione del quesito dia- y gnostico o dello scopo della interazione MMG-specialista; mancata informazione sulla patologia og- y getto del consulto; lavoro autonomo su propri database y (MMG e cardiologo) senza “scambio sus- sidiario” di informazioni; applicazione di follow-up “standard” con y svalutazione della richiesta di consulenza a semplice atto formale (impegnativa neces- saria, indipendentemente da ciò che con- Distanza dall’evento acuto: rischio massimo nei primi 3-6 mesi Età e sesso Funzione ventricolare sinistra Ischemia residua Aritmie ventricolari maggiori (> 10 CPV/ora o run tachicardia ventricolare. Sostenute o ripetitive) Funzione renale (clearance creatinina stimata o misurata) Fattori di rischio (diabete, frequenza cardiaca, fumo, HDL, LDL, microalbuminuria, arteriopatia obliterante, ecc.) Tabella I La valutazione del rischio nel paziente con pregresso infarto miocardico acuto (IMA) Clinical Management Issues 2008; 2(4) ©SEEd Tutti i diritti riservati 175 I. Paolini tiene) e richiesta passiva di riprescrizione di esami che dovrebbero essere richiesti direttamente dallo specialista stesso. Tutto ciò riduce l’interazione, che dovreb- be essere componente essenziale di scam- bio informativo all’interno di un follow-up strutturato e personalizzato, e svuota di significato la collaborazione e il rinforzo educazionale che ne dovrebbe derivare al paziente. La carenza di continuità informativa può a sua volta causare la proliferazione di accer- tamenti diagnostici con moltiplicazioni dei percorsi del paziente; una scarsa chiarezza sulla stadiazione e progressione di malattia; la sopradescritta riduzione della compliance relativa all’ottimizzazione e necessaria cro- nicità dei regimi terapeutici; in definitiva la riduzione di efficacia del follow-up stesso. Complessità assistenziali e risposte possibili La risposta a ostacoli e complessità non è semplice da trovare. Anche la costruzione, pur necessaria, a partire da identificazione di linee guida condivise, di modelli organizzativi, percorsi diagnostico-terapeutici e progetti di gestio- ne integrata della patologia cardiovascolare cronica, potrebbe non essere sufficiente a re- alizzare l’obiettivo che in definitiva possiamo chiamare “continuità assistenziale”. La chiarezza e sinteticità negli scambi informativi, la responsabilità diretta nei ri- spettivi ambiti (senza prescrizioni indotte), norme comuni di riferimento (note AIFA, piani terapeutici, ecc.), percorsi preordinati per situazioni urgenti o complicanze, sup- porto infermieristico ospedaliero e territo- riale (case e care management) ben definiti e inseriti nel percorso insieme a valutazioni di qualità di percorsi e livelli assistenziali possono costituire un notevole passo avanti nella giusta direzione, ma, purtroppo, non essere sufficienti. Questo perché la realtà assistenziale è più complessa: non solo MMG, non solo uno specialista, ma spesso: ricoveri in reparti vari; y ricorso a continuità assistenziale; y ricorso a più MMG nell’ambito di forme y associative; accessi di Pronto Soccorso per la patologia y cronica o per patologie associate; Figura 2 Nodi della rete e interrelazioni assistenziali nel cardiopatico cronico MMG (di solito più di uno) specialista cardiologo (di solito più di uno) altri specialisti Volontariato Infermiere ospedaliero Infermiere territoriale Pronto soccorso aDI/aDP/ cure intermedie Continuità assistenziale Familiari nurse professionali e non Clinical Management Issues 2008; 2(4) ©SEEd Tutti i diritti riservati 176 Il follow-up nel paziente con cardiopatia ischemica, momento essenziale nella comunicazione ospedale territorio assistenza domiciliare e residenziale con fi- y gure infermieristiche e mediche diverse; visite specialistiche per diverse branche; y visite libero-professionali; y lo specialista cardiologo, anche dello stes- y so centro, è spesso diverso e con diversa impostazione; cambio medico curante; y ecc. y La Figura 2 schematizza la possibile com- plessità dei percorsi assistenziali. In uno scenario di questo tipo l’elemento da potenziare è la continuità assistenziale nelle sue diverse componenti. Possiamo, infatti, identificare tre tipi di continuità [20] che dovrebbero coesistere per offrire un’assistenza qualificata: continuità di informazione y : riguarda l’uso di informazione degli eventi passati e delle circostanze personali per effettua- re un piano di cura appropriato a ogni individuo; continuità di gestione y : consiste in un ap- proccio unitario e coerente nella gestione della condizione di salute in risposta ai bisogni del paziente; continuità di relazione y : è una relazione terapeutica continua tra il paziente e uno o più fornitori di cura. La continuità informativa e gestionale richiede l’uso di strumenti informativi che consentano di avere le informazioni relative al paziente e alla sua storia sanitaria, a dispo- sizione, al momento giusto, nei molti percor- si e nelle tante interazioni possibili. Questo è possibile con la realizzazione di un sistema informativo, realizzato prio- ritariamente per gli usi clinici, oltre che amministrativo-contabile e gestionale, cen- trato sul cittadino e basato sull’applicazione dell’Information and Comunication Technolo- gy (ICT) (Figura 3). I punti di forza dell’ICT sono quelli del- l’integrazione/interazione con il collega- mento di tre mondi attualmente separati: la comunità (il luogo di vita); y le cure primarie; y l’ospedale. y La continuità della presa in carico e la notifica dei contatti con gli altri professio- nisti sono elementi essenziali per ridurre l’effetto della frammentazione dell’azione assistenziale e sincronizzare le attività dei diversi operatori che agiscono sul singolo paziente. Il Fascicolo Sanitario Elettronico può essere lo strumento in grado di favorire la collaborazione tra figure professionali che devono prendere atto reciprocamente delle attività in corso in ambiti diversi per giun- gere a una visione che guarda agli aspetti di sincronizzazione delle attività per un insieme di prese in carico, anche parziali e contemporanee. È chiaro che un cambiamento volto alla rimozione degli ostacoli sopradescritti non può riguardare solo la libera iniziativa e or- ganizzazione da parte del MMG o dello spe- cialista, ma deve far parte di una riorganizza- zione complessiva del modello assistenziale e del ruolo richiesto al MMG nella assistenza a pazienti affetti da patologie croniche. Il Cittadino e ICT 118 MMG Continuità assistenzialePronto Soccorso Reparto ospedalieroServizi diagnostici Distretto Ambulatorio specialistico Figura 3 Il cittadino al centro del sistema ICT (Information and Comunication Technology) Clinical Management Issues 2008; 2(4) ©SEEd Tutti i diritti riservati 177 I. Paolini modello che maggiormente si avvicina a queste esigenze è il chronic care model [21] di Wagner in cui, in estrema sintesi, il per- corso di trattamento integrato di specifiche patologie croniche è basato su: lo y sviluppo delle policy e delle risorse di comunità, ricercando contatto con il sociale e il no profit al fine di attuare pro- grammi di sostegno e self management; l’ y organizzazione sanitaria, creando un sistema di trattamento integrato delle patologie croniche; il y supporto all’autogestione, dove il pa- ziente diventa il vero protagonista dei processi assistenziali; il y disegno del sistema d’offerta in cui gli operatori di assistenza, medici e non dovrebbero rifocalizzare le proprie mo- dalità di intervento e di interazione inter- professionale in un team adeguatamente organizzato; il y supporto alle decisioni, con l’adozione di linee guida basate sull’evidenza; i y sistemi informativi clinici, incremen- tando l’utilizzo di sistemi computerizza- ti e favorendo la creazione di registri di patologia. EUROACTION [22] è un trial control- lato, che ha coinvolto otto paesi europei; sei paia di ospedali e sei paia di medicine gene- rali assegnate a un programma di intervento o alla cura standard per seguire i pazienti con CHD o quelli ad alto rischio di sviluppare malattie cardiovascolari. L’endpoint primario, misurato a un anno, era il cambiamento dello stile di vita familiare, la gestione della pressione arteriosa, dei lipidi e del glucosio alle concentrazioni target, e la prescrizione di farmaci cardioprotettivi. Nel gruppo sottoposto a intervento INT sono stati osservati: ridotto consumo di acidi grassi saturi; y aumentato consumo di frutta, verdura e y oli di pesce (i soggetti ad alto rischio e i loro congiunti hanno modificato solo il consumo di frutta e verdura); riduzione della pressione arteriosa al tar- y get (140/90 mm Hg) sia nei pazienti con CHD che nei soggetti AR; differenza % a un anno rispetto al basale y nei livelli di colesterolo totale maggiore che nel gruppo UC (i pazienti con CHD e quelli AR hanno entrambi raggiunto il target di 5 mmol/l) maggiori prescrizioni di ACE-inibitori e y statine nel setting ambulatoriale. I risultati dello studio hanno dimostrato come un intervento multidisciplinare mirato alla riduzione dei fattori di rischio modifica- bili e aderenza e persistenza ai i trattamenti farmacologici, possa migliorare lo stile di vita e i fattori di rischio metabolici per le malattie cardiovascolari. ConClusIonI Il problema del follow-up del paziente af- fetto da cardiopatia ischemica è complesso ed evidenzia la sostanziale inadeguatezza dell’attuale organizzazione nel far fronte alle esigenze insite nella gestione delle patologie croniche, cardiovascolari e non. Da qui l’importanza di sviluppare modelli assistenziali diversi basati su registri di pa- tologia, continuità informativa e gestionale, sviluppo di percorsi diagnostico-terapeutici con la condivisione di linee guida di riferi- mento, e valutazione di qualità dei percorsi stessi. La valutazione di qualità e l’audit sono strumenti fondamentali che richiedono, per essere efficaci, la realizzazione della continuità informativa. Il panorama attuale vede i singoli livelli (ospedale, cure prima- rie, assistenza domiciliare) impegnati nella valutazione autonoma dei propri livelli di intervento (con applicazione di indicatori specifici), ma la qualità complessiva e il ri- sultato in termini di salute per il cittadino necessitano di una valutazione globale. Il lavoro di un unità coronarica ai massi- mi livelli qualitativi può essere inficiato, in termini di risultato complessivo sulla salute del paziente, da un invio tardivo da parte del medico di medicina generale; da ritardi legati a disorganizzazione del sistema del- l’emergenza (118-Pronto Soccorso); dalla mancata educazione del paziente ad alto ri- schio sui sintomi in base ai quali chiamare tempestivamente i soccorsi. Un intervento ottimale con ricovero tem- pestivo, angioplastica ben riuscita e politera- pia farmacologica completa, possono essere vanificati da una miriade di fattori legati al paziente e ai successivi percorsi di assistenza. Il punto di arrivo deve quindi essere la misu- razione di indicatori centrati sul paziente e sul risultato complessivo in termini di salute, mediante la costruzione di registri di patolo- gia e la realizzazione di sistemi informativi correttamente modellati. Clinical Management Issues 2008; 2(4) ©SEEd Tutti i diritti riservati 178 Il follow-up nel paziente con cardiopatia ischemica, momento essenziale nella comunicazione ospedale territorio BIBlIoGraFIa 1. Scottish Intercollegiate Guidelines Network. Acute coronary syndromes. A national clinical guideline. NSH, February 2007 2. Scottish Intercollegiate Guidelines Network. Management of stable angina. A national clinical guideline. NSH, February 2007 3. Smith SC Jr, Allen J, Blair SN, Bonow RO, Brass LM, Fonarow GC et al. AHA/ACC guidelines for secondary prevention for patients with coronary and other atherosclerotic vascular disease: 2006 update: endorsed by the National Heart, Lung, and Blood Institute. 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