Clinical Management Issues 2008; 2(3) ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 103 Andrea Calvo 1, Paolo Ghiglione 1, Adriano Chiò 1 Management del paziente affetto da sclerosi laterale amiotrofica IntroduzIone La sclerosi laterale amiotrofica (SLA) è una patologia neurodegenerativa progressiva cau- sata dall’interessamento selettivo e simultaneo del motoneurone corticale (I motoneurone) e di quello spinale o a partenza dai nuclei dei nervi cranici (II motoneurone). La causa del- la SLA è sconosciuta, anche se circa il 5-10% dei casi presenta una familiarità positiva per la malattia. La patologia presenta un decor- so progressivo e inarrestabile, con potenziale coinvolgimento di tutti i gruppi muscolari (arti, tronco e distretto bulbare), e porta al decesso nella maggior parte dei casi in circa 2-4 anni, di solito a causa di progressiva insuf- ficienza respiratoria e, più raramente, di grave denutrizione o polmonite ab ingestis. La sua incidenza nei paesi occidentali è di circa 2,0-2,9 casi per 100.000 abitanti/anno, la prevalenza è di circa 8 casi per 100.000 Abstract Amyotrophic lateral sclerosis (ALS) is a progressive, fatal, neurodegenerative disease caused by the degeneration of motor neurons. We report a case of a 45-years-old patient with ALS to underline difficulties and challenges in ALS management. Even though ALS remains fatal, several advances have been made in improving the consequences of this disease: symptomatic treatments have an important role in controlling sialorrhea, bronchial secretions, pseudobulbar emotional lability, cramps, spasticity, depression and anxiety, insomnia and pain. An adequate management of ALS should be multidisciplinar, involving not only the neurologist, but also family physicians and many other specialists, such as pulmonologist, rehabilitation medicine physician, speech therapist, dietitian and psychologist. The multidisciplinary approach should be aimed at relieving specific problems associated with the disability of single patients and improving their quality of life. Keywords: amyotrophic lateral sclerosis (ALS), management, multidisciplinary approach Management of patients with amyotrophic lateral sclerosis CMI 2008; 2(3): 103-111 1 Centro SLA, Dipartimento di Neuroscienze, Università degli Studi di Torino e ASO San Giovanni Battista di Torino abitanti [1]. La SLA è lievemente più co- mune nel sesso maschile (rapporto maschi- femmine = 1,2:1) e ha un picco di età di insorgenza nella settima decade. Per tali caratteristiche cliniche questa pa- tologia ha un impatto sulla vita del pazien- Caso clinico Corresponding author Dott. Andrea Calvo andreacalvo@hotmail.com Perché descriviamo questo caso? A causa dell ’esito fatale, della degenera- zione progressiva e dell ’assenza di cure, la SLA causa grandi difficoltà nella ge- stione sia da parte dei caregivers che del personale sanitario. È quindi importante evidenziare la necessità di un approccio multidisciplinare e di un’assistenza mi- rata a implementare, per quanto possibi- le, la qualità di vita del paziente, adot- tando tutte le terapie sintomatiche per curare il malato nella sua globalità Clinical Management Issues 2008; 2(3) ©SEEd Tutti i diritti riservati 104 Management del paziente affetto da sclerosi laterale amiotrofica te e della famiglia quasi sempre devastante, causando grandi difficoltà nella gestione sia da parte dei caregivers che del personale sanitario: per questo motivo è importante una stretta collaborazione tra le varie figure professionali, in particolare il neurologo e il medico di famiglia. CAso ClInICo Paziente maschio di 45 anni, con anamne- si patologica remota non significativa, forte fumatore, affetto da lieve ipertensione arte- riosa, venne sottoposto a ricovero in reparto di neurologia ospedaliera per alcuni accer- tamenti a causa della comparsa, avvenuta 4 mesi prima, di impaccio motorio nella dor- siflessione del piede destro, accompagnata da saltuari crampi e frequenti fascicolazioni; inoltre da circa 1 mese era comparsa iposte- nia prossimale all’arto superiore destro con fascicolazioni. Durante la degenza venne sottoposto a numerosi accertamenti, tra cui un accurato esame obiettivo neurologico che evidenzia- va fascicolazioni spontanee diffuse ai 4 arti, ipotrofia del muscolo trapezio destro, ipotro- fia dei muscoli della gamba destra, ipostenia del muscolo tibiale anteriore e dell’estensore breve e lungo delle dita a destra, tale da cau- sare una deambulazione steppante a destra, riflessi osteotendinei presenti e simmetrici anche in sede di ipotrofia. Gli esami ematochimici rilevarono livelli di creatinfosfokinasi (CPK) elevati (560 U/l), mentre tutti gli altri valori risultarono nei li- miti di norma, compresi gli ormoni tiroidei, i markers epatite B e C, i markers neoplastici, il dosaggio delle immunoglobuline sieriche e il dosaggio della vitamina E; la risonanza magnetica della colonna cervicale eviden- ziava un’ernia discale sottolegamentosa a livello di C6-C7 senza segni di mielopatia compressiva; all’elettromiografia (EMG) risultò un quadro di sofferenza neurogeni- ca con denervazione in atto ai muscoli dei 4 arti; le prove di funzionalità respiratoria mostrarono un lieve quadro ostruttivo. Gli altri accertamenti strumentali eseguiti (TC torace ed ecografia addome e tiroide) risul- tarono negativi. Sulla base del quadro clinico, dei segni all’EMG e dei livelli di CPK venne posta diagnosi di probabile SLA, e fu consigliato al paziente di recarsi per un’ulteriore valuta- zione presso il nostro Centro. Alla prima valutazione si evidenziò, in più rispetto al ricovero precedente, pre- senza di riflesso masseterino e iniziali fa- scicolazioni linguali, senza chiara disartria né disfagia. Il paziente fu poi sottoposto ad ulterio- ri accertamenti, in particolare risonanza magnetica dell’encefalo e della colonna lombosacrale, risultate negative, e ulteriori accertamenti ematochimci quali il dosag- gio degli anticorpi anti Borrelia, un quadro immuno-reumatologico completo, il do- saggio della piombemia, tutti risultati nei limiti di norma; inoltre la ricerca genetica per le mutazioni della superossido dismu- tasi 1 (SOD1) e della malattia di Kennedy risultarono negative. Sulla base dell’età del paziente e della rapidità di progressione dei sintomi è stata eseguita una biopsia musco- lare che evidenziava un quadro istologico di atrofia muscolare neurogena. Sulla base del quadro clinico caratterizzato da sintomi e segni clinici ed elettromiogra- fici di sofferenza diffusa del I e II motoneu- rone, anche nel distretto bulbare (riflesso masseterino e fascicolazioni linguali), livelli di CPK, e l’esclusione tramite gli esami la- boratoristici e strumentali di patologie che potessero spiegare la degenerazione del I e II motoneurone, fu posta diagnosi di SLA definita, forma classica sporadica. Il paziente venne quindi preso in carico dal nostro Centro e sottoposto a ulteriori valutazioni, tra cui visita fisiatrica per la pre- scrizione di ausilii e di fisioterapia passiva e di mantenimento, visita dietologica e visita pneumologica. Inoltre iniziò ad assumere riluzolo. Il quadro clinico ebbe poi un’inesorabile progressione, con comparsa di dispnea da sforzo e in clinostatismo, che rese necessa- rio l’utilizzo della ventilazione non invasiva (NIV ), con iniziale beneficio clinico, specie durante la notte; inoltre l’ipostenia ai 4 arti mostrò andamento rapidamente ingrave- scente, casusando nell’arco di pochi mesi tetraplegia completa. Insieme alla perdita delle funzioni motorie spinali comparvero, seppur meno rapide per progressione, disfa- gia, disartria e disfonia. Durante questo periodo il paziente venne seguito domiciliarmente, attivando l’assi- stenza domiciliare intergrata (ADI), e grazie alla collaborazione tra il neurologo del centro SLA e il medico di base. Il paziente è poi stato sottoposto, a causa di un peggioramento ulteriore dei sintomi bulbari, a gastrostomia percutanea, utilizzan- Clinical Management Issues 2008; 2(3) ©SEEd Tutti i diritti riservati 105 A. Calvo, P. Ghiglione, A. Chiò do la metodica per via radiologica (PRG) e posto in nutrizione enterale. Le condizioni cliniche del paziente si sono mantenute stazionarie per circa due mesi, durante i quali però è comparsa una grave sindrome ansioso-depressiva reattiva, che ha reso necessario l’utilizzo di farmaci antide- pressivi e benzodiazepine. Tale sintomatolo- gia è peggiorata quando sono comparsi de- ficit dei muscoli della motilità oculare estri- seca, che hanno reso ulteriormente difficile la comunicazione del paziente con l’esterno, comunicazione che era possibile in un pri- mo tempo con ausilii comunicativi a bassa tecnologia (tabelle trasparenti e campanello utilizzabile con il movimento del capo) e poi con un sistema di eye tracking. L’insufficienza respiratoria mostrò un graduale peggioramento rendendo necessa- rio l’aumento delle ore di ventilazione fino al momento in cui il paziente decise, dopo lunga e accurata comunicazione, di non es- sere sottoposto a tracheostomia e quindi a ventilazione invasiva assisitita. Venne quindi instaurata domiciliarmen- te (con il supporto del personale dell’ADI e del medico di famiglia), secondo le linee guida europee sul management del pazien- te affetto da SLA [2], una blanda sedazione con l’utilizzo di benzodiazepine e oppioidi a basse dosi, che alleviarono l’ansia e ridussero la dispnea, fino al momento del decesso per carbonarcosi. ProCesso dIAgnostICo La diagnosi della SLA in presenza di una storia di malattia e di una sintomatologia tipica è normalmente considerata relativa- mente agevole. Come per le altre patologie neurodegerative, non esistono marcatori diagnostici specifici, pertanto il processo di diagnosi differenziale può risultare difficol- toso. Quindi, ancora oggi, il ritardo diagno- stico medio dall’esordio dei sintomi è ele- vato e può arrivare a 18 mesi [3], così come il rischio di errori diagnostici, che possono causare conseguenze dannose come terapie inadeguate o scorrette (ad es., interventi sulla colonna per diagnosi di canale stretto cer- vicale) [4]. Giungere a una diagnosi corret- ta di SLA è importante non solo per poter iniziare prima possibile il trattamento neu- roprotettivo, ma soprattutto per l’approccio psicologico del paziente alla malattia. Secondo i criteri diagnostici internazionali (criteri di El Escorial rivisti) [5] la diagno- si di SLA si basa sulla presenza di segni e sintomi clinici di degenerazione del primo e secondo motoneurone, sulla progressione temporale dei segni e dei sintomi e sull’esclu- sione di altre cause di malattia, mediante in- dagini elettrodiagnostiche, di neuroimmagi- ne e di laboratorio (Tabella I). Occorre per- tanto porre estrema attenzione nell’escludere tutte le forme che possono simulare la SLA, anche perché molte di esse sono trattabili. In generale, la comparsa di sintomi atipici o un decorso inatteso sono i più importanti segnali che suggeriscono un errore diagno- stico o una diagnosi diversa [6]. Il processo diagnostico della SLA deve includere, oltre a un’accurata anamnesi e un approfondito esame obiettivo, un esa- me elettromiografico, con valutazione di Presenza di Segni di degenerazione del II motoneurone (clinici, neurofisiologici o neuropatologici), di evidenza clinica di degenerazione del I motoneurone, di progressione anamnestica od obiettiva di sintomi o segni con diffusione nello stesso o in altri distretti esclusione di Altre patologie in grado di spiegare la degenerazione del I e II motoneurone (sulla base di dati neurofisiologici o neuropatologici) e di altri processi patologici evidenziabili agli esami neuroradiologici, in particolare l’eventuale presenza di sintomi e segni sensitivi, disturbi sfinterici, disturbi visivi, segni e sintomi disautonomici, disfunzioni dei gangli della base, demenza tipo Alzheimer e sindromi simil-SLA SLA clinicamente definita Segni di MNS e MNI in tre regioni SLA clinicamente definita, con conferma di laboratorio Segni di MNS e MNI in una regione e il paziente è portatore di una mutazione genetica patogena per la SLA SLA clinicamente probabile Segni di MNS e MNI in due regioni con alcuni segni di MNI rostrali ai segni del MNI SLA clinicamente probabile, con conferma di laboratorio Segni di MNS in uno e più regioni e segni di MNI definiti dall’EMG in almeno due regioni SLA clinicamente possibile Segni di MNS e MNI in una regione, o segni di MNS in almeno due regioni, o segni di MNS e MNI in due regioni senza segni di MNS rostrali ai segni del MNI tabella I Diagnosi di SLA secondo i criteri di El Escorial rivisti [5] tabella II Classificazione di El Escorial rivista: livelli di certezza diagnostica [5] MNI = motoneurone inferiore; MNS = motoneurone superiore Clinical Management Issues 2008; 2(3) ©SEEd Tutti i diritti riservati 106 Management del paziente affetto da sclerosi laterale amiotrofica muscoli degli arti superiori e inferiori, del distretto cranico e del tronco, e un esame elettroneurografico, con valutazione dei principali nervi motori e sensitivi degli arti. Inoltre, è necessario eseguire una serie di esami ematochimici necessari per la diagnosi differenziale [2]. I criteri diagnostici di El Escorial rivisti includono anche la definizione di livelli di certezza diagnostica (Tabella II), che sono stati ideati per essere utilizzati nell’ambito di trial clinici, benché spesso vengano usati an- che nella pratica clinica di routine. Tuttavia i livelli diagnostici di EL Escorial sono stati aspramente criticati perché troppo restritti- vi e perché portano all’esclusione di circa il 20-30% dei pazienti con SLA dall’accesso ai trial controllati [7]. MAnAgeMent terAPeutICo Pur in assenza di una terapia eziologica ri- solutiva, la SLA è una malattia assolutamente curabile, e gli obiettivi della presa in carico terapeutica sono il miglioramento o il mante- nimento della qualità di vita del paziente. Comunicazione della diagnosi La comunicazione delle “cattive notizie” è il primo momento terapeutico, in cui tra l’altro inizia l’alleanza terapeutica tra medico e paziente [8]. Quando si sottovaluta que- sta fase le conseguenze possono avere effetti devastanti sul paziente e sulla famiglia, cau- sando un senso di abbandono e impedendo il rapporto neurologo-paziente. Sono stati identificati alcuni paradigmi, linee di com- portamento e consigli per la comunicazione delle cattive notizie, che considerano sia la modalità della comunicazione sia il suo con- tenuto [9] (Tabella III). Multidisciplinarietà Sia la diagnosi sia la gestione dei pazienti affetti da SLA possono essere eseguiti sul territorio o in centri specializzati multidisci- plinari, in cui vari specialisti esperti della ma- lattia lavorano insieme, talora raggiungendo l’obiettivo dell’interdisciplinarietà. Secondo alcuni studi la sopravvivenza dei pazienti seguiti nei centri specializza- ti è maggiore di quella dei pazienti seguiti da neurologi generali, indipendentemente da altri fattori prognostici, quali la durata di malattia, l’esordio bulbare e la rapidità di progressione clinica, forse perché nei centri specializzati vi è una migliore utilizzazione della ventilazione non invasiva, delle tecniche nutrizionali e delle cure palliative [10,11]. Inoltre il numero di ricoveri e la loro durata sono significativamente ridotti fra i pazienti afferenti ai centri multidisciplinari, con una conseguente riduzione dei costi [11]. Come Il processo della comunicazione Luogo Tranquillo, confortevole, in condizioni di privacy Struttura Parlare di persona Disporre di una quantità di tempo sufficiente per non dover procedere troppo in fretta Evitare le interruzioni Mantenere il contatto visivo e sedere vicino al paziente     Partecipanti Far partecipare le persone significative per il paziente, se questi è d’accordo Come parlare In modo empatico: con calore, partecipazione e rispetto Mantenere il ritmo del paziente; permettergli di condurre la comunicazione   Linguaggio Semplice, con accurata scelta dei vocaboli, ma diretto; evitare eufemismi e gergo medico Che cosa Il contenuto della comunicazione Che cosa dire Cercare di capire ciò che il paziente sa già della malattia. Cercare di capire fino a che punto il paziente vuole sapere Avvertire che si stanno per comunicare notizie poco piacevoli Parlare delle possibili terapie, anche palliative, del fatto che non è possibile far regredire completamente i disturbi, e chiarire la prognosi, in termini meno negativi possibile Riconoscere ed esplorare la reazione del paziente e permettergli di esprimere le proprie emozioni Riassumere la discussione, verbalmente e per iscritto Permettere al paziente e ai suoi cari di fare domande       Rassicurazione Spiegare con chiarezza quali interventi terapeutici sono possibili Dire al paziente che si farà qualsiasi intervento per mantenere le sue condizioni funzionali e che si rispetteranno tutte le scelte terapeutiche che egli vorrà fare Rassicurare il paziente che continuerà ad essere seguito e che non sarà abbandonato Discutere le opportunità di partecipare a protocolli sperimentali Proporre al paziente la possibilità di ottenere una seconda opinione se lo desidera      tabella III Modalità e contenuto della comunicazione delle notizie nelle malattie neurologiche croniche. Modificato da [9] Clinical Management Issues 2008; 2(3) ©SEEd Tutti i diritti riservati 107 A. Calvo, P. Ghiglione, A. Chiò genetica Circa il 5-10% dei casi di SLA ha una base genetica. Sono stati identificati alcu- ni geni le cui mutazioni possono causare la malattia, la prima delle quali è stata identi- ficata nel gene che codifica per la superos- sido dismutasi 1 (SOD1) (20-25% dei casi familiari); altri geni implicati con certezza sono il gene che codifica per la VAMP/sy- naptobrevin-associated membrane protein B (VAPB), quello per la senatassina (SETX) e il gene ALS 2 (alsina). Purtroppo ad oggi in oltre il 75% delle forme familiari di SLA non è ancora nota la mutazione causale. Il conselling genetico dovrebbe essere eseguito nei casi a esordio giovanile, in quelli con ca- ratteritiche cliniche atipiche e in tutti quelli con familiarità nota. terapia eziologica, neuroprotettiva e neurotrofica Non esiste ancora una terapia eziologica della SLA. Il riluzolo, che agisce riducen- do l’accumulo extracellulare di glutammato attraverso una diminuzione del rilascio di questo neurotrasmettitore, è l’unico farmaco approvato per il trattamento della malattia, poiché avrebbe un effetto neuroprotetti- vo [12]. Altri farmaci avrebbero un effetto neuroprotettivo aspecifico, in particolare gli antiossidanti, quali la vitamina E. Negli ultimi anni sono stati sperimentati numerosi farmaci per il trattamento della SLA, con risultati purtroppo negativi. Sono attualmente in corso numerosi trial tera- peutici farmacologici con diverse molecole e sperimentazioni con terapie innovative, quali vari tipi di cellule staminali (cellule me- senchimali, embrionali, ematopoietiche, del cordone ombelicale) e fattori di crescita con potenziale effetto neurotrofico; questi ultimi studi, tuttavia, sono per ora quasi esclusiva- mente limitati alla fase preclinica. terapia sintomatica Le cure palliative non sono più intese solo come le cure di fine vita, ma più in genera- le sono il complesso di terapie sintomati- che per curare il malato nella sua globalità. Ogni sintomo associato alla SLA prevede delle possibilità di gestione terapeutica più o meno efficaci. La scialorrea è trattabile e, sebbene le evi- denze scientifiche vengano da studi condotti su altre patologie, amitriptilina è considerato il farmaco di prima scelta. Altri farmaci pro- posti sono atropina, glicopirrolato (non in commercio in Italia), scopolamina e benztro- pina. La tossina botulinica di tipo A, iniet- tata nelle ghiandole salivari, è in grado di ri- durre la scialorrea nei pazienti con SLA, ma ha un effetto temporaneo e può indurre gravi effetti collaterali, come ipostenia dei muscoli del collo e del massetere. È stata anche pro- posta la radioterapia sulle ghiandole parotidi, sottolinguali e sottomandibolari con risultati promettenti in studi preliminari. Le secrezioni bronchiali mucose sono difficilmente eliminabili ed estremamente fastidiose, in particolare nei pazienti con insufficienza respiratoria. Per liberare le alte vie respiratorie può essere sufficiente utiliz- zare aspiratori meccanici, ma per le basse vie respiratorie tali ausilii non sono sfrut- tabili. Possono essere utili, oltre ai farmaci sopra elencati per la scialorrea, i mucolitici e i broncodilatatori anticolinergici. Senza dubbio, l’ausilio più utile attualmente dispo- nibile per liberare le vie aeree dalle secrezioni in caso di tosse inefficace è l’insufflator-ex- sufflator, un’apparecchiatura che consente la tosse assistita [13]. La labilità emozionale di tipo pseudo- bulbare, o incontinenza emotiva, può esse- re un sintomo socialmente invalidante ed è presente in circa un quarto dei pazienti. Nella pratica clinica i farmaci più utili sono gli antidepressivi serotoninergici, che spesso sono efficaci sin dalla prima somministra- zione. Di recente uno studio ha dimostrato l’efficacia del destrometorfano. Talora sono utilizzabili con successo basse dosi di neu- rolettici atipici. I crampi possono essere un sintomo pre- coce e fastidioso. Il chinino solfato, alla dose di 125-250 mg una o due volte al giorno, può risultare molto efficace ed è ben tollerato. Sono anche utilizzati, con risultati inco- stanti, magnesio, carbamazepina, fenitoina, verapamil e gabapentin. Le fascicolazioni sono un sintomo molto comune nella SLA, e nella maggior parte dei casi non sono disturbanti per il paziente. Raramente, se molto frequenti e persistenti, possono richiedere un trattamento. Farma- ci utili possono essere il chinino solfato, la carbamazepina, la fenitoina e il magnesio cloruro o solfato. La spasticità in alcuni pazienti è il sin- tomo più invalidante. La terapia fisica è di prima scelta nel tentare di ridurre l’iper- tono piramidale nella SLA. Fra i farmaci, nella pratica clinica si sono mostrati efficaci baclofen (25-75 mg/die), tizanidina (6-24 Clinical Management Issues 2008; 2(3) ©SEEd Tutti i diritti riservati 108 Management del paziente affetto da sclerosi laterale amiotrofica mg/die), memantina (10-60 mg/die), dan- trolene sodico (25-100 mg/die) e diazepam (10-30 mg/die). Baclofen intratecale po- trebbe essere utile in pazienti allettati con gravissima spasticità farmacoresistente. Per trattare la spasticità degli arti e dei muscoli assiali è stata anche usata la tossina botuli- nica di tipo A. I disturbi dell’umore e d’ansia specie di tipo reattivo sono molto frequenti e vanno riconosciuti e trattati. L’ansia è generalmente più grave nella fase di diagnosi e successi- vamente nelle fasi avanzate di malattia, in particolare quando insorge l’insufficienza respiratoria. Non è controindicato trattare l’ansia dei pazienti affetti da SLA con ben- zodiazepine. I farmaci antidepressivi più utilizzati sono amitriptilina e gli SSRI. Il sostegno psicologico è spesso estremamente utile per i pazienti con SLA e i loro caregi- vers, in varie forme (sostegno individuale, gruppi di autoaiuto, corsi di formazione per i pazienti e le famiglie). L’insonnia è un sintomo comune nella SLA ed è dovuto a diverse cause, come il dolore muscoloscheletrico, l’insufficienza re- spiratoria, l’incapacità di cambiare posizione durante il sonno, le fascicolazioni e i crampi muscolari e i disturbi emozionali e psicologi- ci. In primo luogo è necessario curare la cau- sa scatenante. Ovviamente si può intervenire sul sonno direttamente utilizzando farmaci come zolpidem, amitriptilina, difenidramina e anche benzodiazepine. Il dolore è un sintomo non direttamente causato dalla patologia, ma indirettamente dovuto all’ipomotilità. Il più comune dolo- re è quello da periartrite della spalla, che è legato all’immobilità articolare e dovreb- be essere prevenuto con la mobilizzazione articolare e ripetuti cambi di posizione del paziente; frequenti sono anche i dolori ai glutei e agli arti inferiori. Il trattamento si basa su farmaci antinfiammatori non steroi- dei e soprattutto sulla fisioterapia passiva. È possibile usare gli oppiodi se i farmaci non narcotici risultano inefficaci. Meno frequentemente è necessario gestire sintomi quali reflusso gastroesofageo, do- vuto a indebolimento del diaframma e dello sfintere esofageo inferiore, che può risponde- re ad agenti properistaltici (ad es. metoclo- pramide e domperidone) e antiacidi; l’edema delle estremità, dovuto a ridotta vis a tergo per l’ipotonia e la ridotta attività muscolare con conseguente riduzione del ritorno ve- noso e ristagno ematico periferico, che si può trattare sollevando gli arti in posizione di scarico, con la fisioterapia e con le calze elastiche; lo spasmo laringeo (improvvisa chiusura in adduzione delle corde vocali, indotto da diversi stimoli, come emozioni, aspirazione di liquidi, reflusso gastroesofa- geo), che di solito recede spontaneamente in pochi secondi, ma che può essere tratta- to con antistaminici o antiacidi, e la stipsi, che è consigliabile trattare con clisteri di diversa entità, rispetto all’uso di lassativi di vario genere. respirazione Il parametro vitale a rischio nella SLA è la respirazione, a causa dell’interessamento della muscolatura respiratoria (diaframma e muscoli della cassa toracica) con conse- guente sviluppo di insufficienza respiratoria, spesso complicata da fenomeni di aspirazio- ne acuti o polmoniti da cibo, per la conco- mitante presenza di deficit delle funzioni bulbari [14]. È estremamente importante individuare precocemente la comparsa di disturbi respiratori, grazie alla conoscenza di segni clinici indiretti, quali la sonnolenza diurna e la cefalea al risveglio (entrambi se- gni di deficit respiratorio nelle ore notturne), la sensazione di confusione o rallentamento mentale, od ovviamente dei segni clinici di- retti quali la dispnea sotto sforzo o nel cor- so della fonazione. Le prove di funzionalità respiratoria includono la spirometria, che dovrebbe essere eseguita già all’inizio della malattia, meglio con maschera, con follow- up ogni 6 mesi; tra i parametri spirometri- ci è importante valutare la capacità vitale (VC) e la sniff nasal pressure (SNP) [14]. La saturimetria notturna può rilevare disturbi ventilatori notturni e può essere eseguita domiciliarmente. Fondamentale è l’emoga- sanalisi arteriosa, in particolare la pCO2, sia per la diagnosi che per monitorare la pro- gressione del danno respiratorio e instaurare le opportune terapie. Nelle fasi iniziali, in presenza di un’in- sufficienza respiratoria restrittiva di grado lieve, è utile la fisioterapia respiratoria per mantenere la ventilazione del parenchima polomonare e favorire l’eliminazione delle secrezioni. Con il procedere dell’insufficienza respi- ratoria, il supporto con metodiche di ven- tilazione non invasiva a pressione positiva (NIPPV ) si è dimostrato utile nel miglio- ramento della qualità di vita e anche nel prolungare la sopravvivenza dei pazienti [15,16]. Non vi sono tuttavia evidenze scien- Clinical Management Issues 2008; 2(3) ©SEEd Tutti i diritti riservati 109 A. Calvo, P. Ghiglione, A. Chiò tifiche relative al tempo di inizio e ai criteri clinici di somministrazione della NIPPV, seppure sono proposti dei criteri indicativi (Tabella IV ). La NIPPV può essere precritta a seconda della gravità del quadro clinico a intermittenza diurna, solo notturna, o diurna e notturna. Tale metodica è però destinata in fase avanzata a essere utilizzata in maniera continuativa e pone la necessità di proporre al paziente la ventilazione invasiva via tra- chestomia; ciò avviene soprattutto quando i pazienti non hanno più riserva respirato- ria, non tollerano più l’uso del ventilatore non invasivo, non riescono a cooperare con il ventilatore a causa dei sintomi bulbari o presentano un aumento eccessivo e non con- trollabile delle secrezioni. Per evitare procedure d’urgenza, la piani- ficazione, la comunicazione e le direttive del paziente in relazione alla tracheostomia do- vrebbero essere svolte prima della comparsa di grave insufficienza respiratoria [15,17]; la scelta del paziente e della sua famiglia dipendono da molti fattori, in particolare i valori personali, la situazione della famiglia, aspetti emozionali. Il paziente che scelga di essere sottoposto a tracheostomia deve essere seguito domiciliarmente da medici specia- lizzati in cure palliative [6]. La ventilazione invasiva può aumentare la sopravvivenza per molti anni, può essere ben tollerata e accet- tata dai pazienti e dai loro caregivers e talora può migliorare la qualità della vita; tuttavia in altri casi può avere un impatto emozio- nale e sociale devastante sui pazienti e i loro caregivers [17]. nutrizione La disfagia, spesso, è sintomo conclama- to, con di solito prevalente compromissio- ne per i liquidi, ma talora è subdola, ed è sospettabile quando siano riferiti episodi di soffocamento durante il pasto, calo po- derale, scialorrea, o siano evidenti segni di ipofunzione del velo palatino e della lingua; oltre alla valutazione clinica sono importanti metodiche strumentali quali la laringosco- pia con prove al blu di metilene e la video- fluorografia. La gestione della disfagia inizialmente si basa su una coordinazione tra dietologi e foniatri, che forniscono norme dietetiche e tecniche di deglutizione facilitata, anche attraverso una presa in carico logopedica [18,19]. A seconda della gravità del qua- dro clinico verranno consigliati integratori e addensanti dei liquidi o bevande gelifi- cate, fino alla necessità di una nutrizione enterale, che può essere eseguita mediante tre metodiche: la gastrostomia endoscopica percutanea (PEG), la gastrostomia radio- logica percutanea (PRG/RIG) e il sondino nasogastrico (SNG). Sono stati proposti alcuni criteri di in- dicazione alla nutrizione enterale, elencati nella Tabella V. La PEG è la metodica più utilizzata, migliora lo stato nutrizionale, la qualità della vita e la sopravvivenza e ridu- ce il rischio di polmonite da aspirazione tabella IV Criteri per l ’indicazione alla ventilazione non invasiva. Modificata da [14] ESS = Epworth Sleepiness Score Sintomi correlati a debolezza dei muscoli respiratori Almeno uno dei seguenti: dispnea ortopnea sonno disturbato, non a seguito di dolore cefalea al risveglio riduzione della concentrazione perdita di appetito eccessiva sonnolenza diurna (punteggio ESS > 9)        Segni di debolezza dei muscoli respiratori FVC < 80% o SNP < 40 cmH 2 O Presenza di almeno uno dei seguenti fattori: significativa desaturazione notturna misurata mediante ossimetria pCO 2 > 6,5 Kpa all’emogasanalisi arteriosa eseguita al risveglio     Disfagia sintomatica con frequenti episodi di soffocamento Perdita di peso superiore al 10% rispetto al peso in buona salute Indice di massa corporea inferiore a 18,5 Disidratazione Aumento della durata dei pasti o interruzione prematura del pasto a causa di episodi di soffocamento o eccessiva fatica del paziente      tabella V Criteri per l ’indicazione alla nutrizione enterale. Modificata da [28] [19,20]. La PEG ha dei rischi nei pazienti con iniziale insufficienza respiratoria poiché richiede una blanda sedazione; le linee guida consigliano di eseguire la PEG prima che la VC scenda al di sotto del 50% del predetto e il peso scenda al di sotto del 10% del peso in buona salute [18,20,21]; tuttavia l’uso della ventilazione non invasiva consente l’esecuzione della PEG anche in soggetti con insufficienza respiratoria relativamente grave [22]. Le ultime linee guida consigliano il po- sizionamento della PRG/RIG, poiché non è necessaria la sedazione ed è eseguibile in pazienti con insufficienza respiratoria e che presentano condizioni generali scadenti [23,24]; tuttavia la PRG/RIG non è dispo- nibile in tutti i centri. Il SNG è meno invasivo, ma presenta nu- merosi svantaggi che ne limitano l’uso, in particolare problematiche di decubito [23]. Clinical Management Issues 2008; 2(3) ©SEEd Tutti i diritti riservati 110 Management del paziente affetto da sclerosi laterale amiotrofica Comunicazione Eccetto i rari casi con demenza fronto- temporale, i pazienti con SLA non svilup- pano disturbi del linguaggio, ma possono perdere la possibilità di comunicare, in par- ticolare per la comparsa di disartria. Questo evento nella sua progressione ha un impatto devastante sulla qualità della vita dei pazienti e dei loro caregivers, peggiorando significati- vamente anche la cura e l’assistenza [25]. Per la gestione della disartria deve essere garantita la presa in carico logopedica che ha il compito di pianificare gli interventi di co- municazione aumentativa alternativa, ai vari livelli di compromissione, fino alla comparsa dell’anartria: il livelli di intervento passano dai gradi di ausilii a bassa tecnologia (tabelle alfabetiche, campanelli), media tecnologia (tastiere alfabetiche), alta tecnologia (com- puter a comando tattile) e altissima tecno- logia (interfacce cervello-computer [BCI], sistemi di eye tracking). Cure di fine vita Già durante il processo diagnostico deve essere pianificato un approccio palliativo [26], in modo tale che i pazienti e i caregivers possano avere a disposizione gli eventuali strumenti di assistenza multidisciplinare anche a livello domiciliare. Qualora il pa- ziente abbia scelto di non essere sottoposto a manovre rianimatorie, l’obiettivo della palliazione è quello di ottimizzare la qualità della vita del paziente e dei suoi parenti, al- leviando le sofferenze fisiche e psicologiche, fornendo supporto psicologico, emozionale e spirituale, consentendo e accompagnando il paziente verso la morte, libero da sofferenze, e supportando la famiglia [27]. Le scelte del paziente in fase terminale sulle possibili alternative di supporto respi- ratorio per ovviare alla dispnea e al deficit ventilatorio, dovrebbero essere discusse al- meno ogni 6 mesi, tenendo conto delle sue inclinazioni spirituali e religiose [6]. I sintomi della dispnea e del dolore posso- no essere attenuati con l’utilizzo di oppioidi da soli o in combinazione con benzodiaze- pine per l’ansia da dispnea; lo stato confu- sionale e l’agitazione psicomotoria dovuta all’ipercapnia necessitano talora neuroletti- ci, in particolare la clorpromazina. Solo in presenza di ipossia sintomatica (ostruzione da focolaio, o pregressa BPCO) è consentito l’uso di ossigenoterapia, per l’effetto inibente sulla frequenza respiratoria, ponendo cautela qualora siano stati somministrati oppioidi. BIBlIogrAfIA 1. Piemonte and Valle d’Aosta Register for ALS (PARALS). Incidence of ALS in Italy. Evidence for a uniform frequency in Western countries. Neurology 2001; 56: 239-44 2. EFNS Task Force on Diagnosis and Management of Amyotrophic Lateral Sclerosis. EFNS task force on management of amyotrophic lateral sclerosis: guidelines for diagnosing and clinical care of patients and relatives. An evidence-based review with good practice points. Eur J Neurol 2005; 12: 921-38 3. Chiò A. ISIS survey: an international study on the diagnostic process and its implications in amyotrophic lateral sclerosis. J Neurol 1999; 246(Suppl. 3): III1-5 4. Belsh JM, Schiffman PL. Misdiagnosis in patients with amyotrophic lateral sclerosis. 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