Clinical Management Issues 2008; 2(2) ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 83 Appropriatezza e ricerca in MG Andrea Pizzini 1 Gli strumenti di appropriatezza a disposizione del medico di famiglia NAsCe Il bIsoGNo dI ApproprIAtezzA IN sANItà “Appropriatezza” è un termine astratto del linguaggio comune che denota la relazione esistente fra due cose diverse. Se apriamo infatti un dizionario troviamo che l’aggetti- vo “appropriato” corrisponde ad altri termi- ni come “adeguato” o “conveniente”, i quali reggono il dativo; ciò sta ad indicare che una cosa non può essere appropriata in senso as- soluto, ma può soltanto essere appropriata, adeguata o conveniente rispetto a un’altra cosa e, in modo particolare, rispetto al rag- giungimento di un determinato fine. Negli ultimi anni questo aggettivo ha co- minciato a essere usato in ambito medico e nel significato corrente l’appropriatezza di un procedimento clinico viene valutata in rela- zione ai costi, all’efficacia di quella procedura e ai bisogni della popolazione. Infatti fino a non molti decenni or sono l’opera del clinico non poneva il problema dell’appropriatezza in modo pressante come oggi: il fine del me- dico al letto del malato appariva unitario, gli Abstract The World Health Organization describes three particular features to assess the appropriateness of most medical services provided by clinicians during typical primary care visits: equity, efficacy and effectiveness. But many others aspects are involved and primary care physicians provide a wide range of services, most of which have not been studied sufficiently to develop explicit criteria for appropriateness. This articles describes meaning and characteristics of appropriateness in primary care and underlines the most important difficulties met by general practitioners, from the so called “disease mongering” to the application of the results of trials into the real clinical practice. Keywords: appropriateness, primary care, general practitioners Criteria and instruments of appropriateness in primary care. CMI 2008; 2(2): 83-88 1 Medico di Medicina Generale, Torino strumenti atti a raggiungerlo erano pochi e la valutazione dell’agire medico era sempli- ce. In una parola, la via che conduceva alla buona condotta medica era ben tracciata e al medico non restava che seguirla. La pratica clinica odierna è invece diventata un’attività complessa che prevede fini diversi e che deve tenere conto di numerosi elementi eterogenei: al di là del valore basilare del bene del mala- to, esistono infatti altri valori estremamente importanti per la moderna medicina. L’appropriatezza è dunque nella sua essen- za l’espressione della distanza che intercorre tra un comportamento osservato e un com- portamento atteso in base alle conoscenze scientifiche e/o agli aspetti normativi esi- stenti; in questo senso è quindi intesa come un mezzo per misurare delle attività. MIsurAre l’ApproprIAtezzA IN MedICINA GeNerAle Se si debbono valutare gli strumenti per poter misurare l’appropriatezza nell’ambito Corresponding author Dott. Andrea Pizzini andrea.pizzini@tiscali.it Clinical Management Issues 2008; 2(2) ©SEEd Tutti i diritti riservati 84 Gli strumenti di appropriatezza a disposizione del medico di famiglia della medicina di famiglia, bisogna ricercare quali sono le peculiarità delle cure primarie. La World Heath Organization (WHO) in- dividua nelle cosiddette “3E” le caratteristi- che basilari dell’appropriatezza nelle cure primarie [1]: efficacia: intesa come la capacità di misu- rare la distanza che vi è tra i benefici di un atto medico e i rischi che esso comporta; efficienza: intesa come la capacità di mi- surare la distanza che vi è tra i benefici di un atto medico e il suo costo; equità: intesa come la capacità di misurare la distanza che vi è tra i benefici di un atto medico e la sua accessibilità per l’utente. Si potranno così distinguere diverse forme di appropriatezza a seconda dell’aspetto che viene considerato (Tabella I). efficacia: benefici ↔ rischi Nell’ambito degli strumenti per misura- re l’efficacia, si possono distinguere diverse forme di appropriatezza. Appropriatezza metodologica: riguarda lo stile investigativo e operativo del clinico e rappresenta un elemento fondamentale della sua attività. Un atteggiamento metodologico corretto prevede: la raccolta delle osservazioni cliniche e strumentali; la formulazione delle ipotesi diagnosti- che; l’attuazione di una strategia diagnostica razionale; la correttezza degli interventi terapeutici. Appropriatezza scientifica: intesa come appropriatezza scientifica della pratica clini- ca. Essa infatti non riguarda il modo in cui il medico affronta i problemi del suo paziente, ma le conoscenze scientifiche sulle quali le sue decisioni sono basate. Un atteggiamento scientifico corretto prevede: interventi eseguiti secondo le linee guida; terapie secondo quanto indicato dall’evi- denza scientifica; un aggiornamento continuo del medico.           Appropriatezza deontologica ed eti- ca: è l’ultimo elemento da considerare e valuta un’altra componente fondamentale dell’efficacia di un intervento medico, ossia l’aspetto umano del rapporto medico-mala- to. L’evoluzione tecnologica della medicina ha messo in ombra questo momento del- l’agire medico favorendo l’efficienza tecni- co-scientifica a scapito della comprensione umana del malato. In tal modo è andata emergendo e diffondendosi, specie negli ambienti specialistici e in quelli che ricor- rono molto frequentemente alle tecnologie più elaborate, una medicina fredda, molto preoccupata dell’accuratezza diagnostica e della validità delle prescrizioni terapeutiche, ma indifferente al modo in cui il paziente vive e affronta quell’episodio fondamentale della propria vita che è la malattia. Questo modo di professare l’arte medica sottolinea e privilegia uno dei due aspetti basilari della medicina − quello scientifico-tecnologico − ma ignora totalmente il secondo elemento che riguarda il rapporto medico-paziente che viene ad instaurarsi nel corso dell’atto clinico. Un atteggiamento deontologico- etico corretto prevede: particolare attenzione al rapporto medico- paziente, all’ascolto e alla comprensione; partecipazione professionale alla vicenda personale del malato. efficienza: benefici ↔ costi Appropriatezza economica: riguarda l’aspetto della spesa monetaria necessaria per ottenere i risultati attesi. Negli ultimi anni è venuta emergendo una nuova compo- nente della appropriatezza dell’operare me- dico, che si differenzia nettamente da tutte le forme precedenti per il fatto che non si origina da un’esigenza interna alla medicina, ma da bisogni che sono estrinseci all’ambito sanitario. Un atteggiamento economico corretto prevede: valutare se un certo provvedimento, oltre ad essere adeguato a far fronte alla situa- zione patologica di un malato, non causa un aumento eccessivo delle spese; particolare attenzione al rapporto costo/ beneficio. equità: benefici ↔ accessibilità Appropriatezza sociale: riguarda l’aspetto sociale e imparziale del modo di dispensare le cure. Il contenimento dei costi, la neces-     tabella I. Appropriatezza in Medicina Generale secondo la World Heath Organization [1] efficacia Benefici ↔ rischi Appropriatezza metodologica Appropriatezza scientifica Appropriatezza deontologica-etica    efficienza Benefici ↔ costi Appropriatezza economica equità Benefici ↔ accessibilità Appropriatezza sociale Clinical Management Issues 2008; 2(2) ©SEEd Tutti i diritti riservati 85 A. Pizzini sità di fornire in modo uniforme la migliore assistenza possibile a tutti, la libertà di scelta del paziente e del medico sono fini fra loro contrastanti. Poiché nella realtà le decisioni mediche vengono prese da soggetti che han- no funzioni sociali profondamente diverse (politici, amministratori, medici clinici e non clinici) è indispensabile che ciascuno di que- sti attori interpreti coerentemente il ruolo e la funzione che gli sono propri. Così, men- tre spetterà ai politici e agli amministratori preoccuparsi di ridurre la spesa sanitaria in relazione alle esigenze globali della società, il clinico dovrà preoccuparsi prima di tutto del proprio malato e, pur tenendo ovviamen- te in considerazione le esigenze sociali e la necessità di non favorire gli sprechi, deve garantire che il paziente che gli si è affidato riceva la migliore terapia di cui necessita in quel momento. Un atteggiamento sociale corretto pre- vede: la facile accessibilità ai servizi e alle cure; la libertà di scelta delle cure e dei sani- tari; l’uguale assistenza sanitaria a tutti i cit- tadini. ...e lA ChIAMANo ApproprIAtezzA! Già solo se si considerano i tre elementi dell’appropriatezza descritti nel precedente paragrafo, la situazione risulta per il me- dico estremamente complessa. Tuttavia, a questi fattori se ne sommano molti altri che tendono a confondere ulteriormente, che sottraggono appropriatezza al sistema e che obbligano, specialmente il medico di famiglia, ad un lavoro aggiuntivo (spesso sconosciuto e sottovalutato) di correzione ed educazione. Attualmente per verificare se l’operato di un medico di famiglia è appropriato, il Ministero della Salute, attraverso le ASL, stima la spesa in campo farmaceutico: in pratica l’appropriatezza è valutata attraverso il denaro. Anche le industrie farmaceutiche hanno interesse nel misurare l’operato del Medico di Famiglia e lo fanno studiando e mostrando percorsi appropriati di utilizzo dei loro farmaci: in pratica ricercano l’ap- propriatezza attraverso la salute. Ciò appare un controsenso rispetto all’obiettivo ultimo delle due Istituzioni, poiché per il Ministero della Salute l’obiettivo primario è certamen-    te la salute dei cittadini, mentre le industrie farmaceutiche perseguono la vendita dei far- maci, ovverosia il denaro! (Figura 1). Entrambi questi soggetti poi misurano l’operato dei medici contando il numero di ricette fatte. Per il medico, al contrario, il problema reale è il malato che ha di fronte: a mio parere, dunque, un sistema di questo tipo è schizofrenico, limitato e, per restare in tema, gravemente inappropriato per la valutazione del nostro lavoro! dAI NoN dIseAse AI dIseAse MoNGerING A rendere difficile il raggiungimento del- l’appropriatezza in campo sanitario si ag- giunge una lunga serie di moderne tendenze che si vanno oggi sempre più affermando; di fronte a tali situazioni, il medico di famiglia si trova spesso come sola forza di contrasto. Alcuni di questi aspetti sono ben illustrati in due articoli pubblicati sul British Medi- cal Journal. Il primo lavoro [2] analizza una tenden- za in progressiva crescita: quella di definire come malattia ogni evento o situazione della vita comune, alimentandone la medicalizza- zione. L’articolo, che esamina approfondita- mente e scientificamente cosa si deve inten- de oggi realmente per malattia, si conclude stilando una classifica delle prime 20 “non malattie” (tra le 200 individuate) che, pur non rappresentando una reale condizione patologica, sono spesso spacciate come tali Figura 1 La misura dell ’appropriatezza dal punto di vista del Ministero della Salute e dell ’industria farmaceutica Appropriatezza attraverso: DENARO Appropriatezza attraverso: SALUTE Ministero della salute Farmindustria Obiettivo: SALUTE Obiettivo: DENARO prescrizione Clinical Management Issues 2008; 2(2) ©SEEd Tutti i diritti riservati 86 Gli strumenti di appropriatezza a disposizione del medico di famiglia e quindi degne di attenzione, di diagnosi e magari anche di terapia (Tabella II). Il secondo articolo [3] descrive un feno- meno in sempre maggior espansione: ovve- rosia alcune forme di “medicalizzazione a tutti i costi”, che possono oggi essere tran- quillamente descritte come disease mongering (letteralmente “commercializzazione delle malattie”, ossia la pratica di spingere una ma- lattia con lo scopo di vendere più farmaci). Nell’articolo viene descritta l’arte di creare o modellare il percepito delle malattie per allargare il mercato di farmaci conosciuti, invece di creare nuovi farmaci per malattie conosciute e ben definite da un punto di vista clinico-epidemiologico. Gli Autori identifi- cano 5 situazioni possibili che si prestano a questa strumentalizzazione e forniscono, per ognuna di esse, un esempio reale. un diffuso fenomeno considerato come un problema medico: la calvizie L’eccessiva perdita di capelli tende spesso ad essere definita come un problema medico; ne consegue che ogni persona ha il legittimo diritto ad accedere alle procedure sanitarie per porre fine al problema! Vengono poi prospettate conseguenze infauste: impatto emotivo con possibili ricadute sulla salute, conseguenze lavorative negative e diminu- zione del benessere mentale. sintomi modesti come presagio di malattie più serie: il colon irritabile A lungo il colon irritabile è stato conside- rato un comune disordine funzionale e la ge- stione prevedeva essenzialmente l’esclusione di sintomi o segni di severità. Recentemente, negli Stati Uniti, una campagna pubblicita- ria ha cercato di farlo divenire un problema medico importante sostenendo che è po- tenzialmente pericoloso («vi è il pericolo che vi sia sotto un problema più serio»). La campagna è stata interrotta per il ritiro dal commercio del farmaco “in lancio” al segui- to della comparsa di effetti avversi gravi, a volte anche fatali. problemi personali o sociali come un’unica malattia: la fobia sociale La fobia sociale è definita come un pro- blema sotto-soglia, corrispondente a milioni di persone con una mancata diagnosi di un problema psichiatrico serio. Questa conce- zione porta a considerare ciò che andrebbe inteso come una difficoltà personale o un problema di conflittualità sociale come un problema medico che prevede soluzioni di tipo farmacologico. La medicalizzazione del malessere umano sembra non avere limiti: viene spacciato come problema psichiatrico qualsiasi malessere o comportamento che non sembra conforme alle regole o a quella che viene considerata la comune norma. un fattore di rischio inteso come malattia: l’osteoporosi Come l’ipertensione arteriosa e l’iperco- lesterolemia, la perdita di massa ossea – che avviene fisiologicamente con l’età – è il tipico esempio di fattore di rischio concettualizzato come malattia. Così come l’incremento del- la pressione arteriosa aumenta il rischio di stroke e l’aumento del colesterolo il rischio di infarto miocardico acuto, così il calo della massa ossea aumenta il rischio di frattura. Ma prevenire è sempre meglio di curare? Se si analizzano i dati di letteratura si nota che in donne senza fratture con un BMD = -1,6, la somministrazione di alendronato per 4 anni porta ad una riduzione del rischio rela- tivo del 44%. In realtà gli stessi dati, letti più correttamente, indicano che le fratture nel gruppo placebo sono del 3,8% contro il 2,1% di fratture nel gruppo in trattamento, con una riduzione del rischio assoluto ridotto di solo -1,7%! I farmaci sono quindi efficaci in persone malate (ovverosia con pregressa frattura), mentre prescriverli in prevenzione primaria ne aumenta il mercato, ma non ga- rantisce appropriatezza perché vi è un’errata valutazione del rapporto rischio/beneficio, non è una scelta sostenibile economicamen- Età Lavoro Noia Borse sotto gli occhi Ignoranza Calvizie Lentiggini Orecchie grandi Capelli grigi o bianchi Bruttezza Nascita Allergia al XXI secolo Cambio di fuso orario Infelicità Cellulite Postumi di sbornia Ansia per le misure del pene o invidia del pene Gravidanza Stress da traffico Solitudine 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. 18. 19. 20. tabella II Le situazioni di “non malattia” spesso considerate come patologiche [2] Clinical Management Issues 2008; 2(2) ©SEEd Tutti i diritti riservati 87 A. Pizzini te e oltretutto vi sono terapie più idonee ad essere utilizzate in prevenzione primaria: quindi non è appropriato scientificamente, economicamente e socialmente. Sarebbe come somministrare un anti-ipertensivo a un non iperteso o un ipocolesterolemizzante a chi non è dislipidemico! (ma forse qualcuno comincia già a sostenere anche questi ultimi due atteggiamenti?!). la prevalenza di una malattia calcolata per ampliare l’entità della patologia: la disfunzione erettile «Il 39% degli uomini visitati dai medici di famiglia ha un problema erettile». Con questa affermazione si tenta far percepire il problema come il più esteso possibile. Da un’attenta analisi dello studio da cui que- sta percentuale è stata tratta si nota infatti che, nel suo calcolo, sono stati inseriti tutti i gradi di problemi di erezione, quindi anche chi li riferisce solo in modo molto occasio- nale. La percentuale non tiene inoltre conto dell’età; la suddivisione per fasce di età può certamente fornire una stima più sensata: a 40 anni è il 3%, a 50 il 15%, a 60 il 26%, >70 il 48%. Infine, una valutazione ancora più realistica dell’entità del problema si può ottenere eliminando dalla stima le catego- rie dove la disfunzione erettile è, per motivi clinici, più frequente (es. i diabetici, i car- diopatici, ecc.). I CrIterI dI ApproprIAtezzA soNo proNtI per essere utIlIzzAtI NellA prAtICA ClINICA? Ogni giorno noi medici dobbiamo pren- dere decisioni circa le procedure da consi- gliare ai nostri pazienti. Ad esempio, come riporta un’editoriale del New England Jour- nal of Medicine [4], se dobbiamo consigliare una coronarografia ci viene naturale fare ri- ferimento a quello che l’evidenza dei lavori scientifici condotti come trial randomizzati ci suggerisce. Tuttavia, se si esaminano i 3 lavori più importanti sull’argomento pre- senti in letteratura, si rileva che, rispettiva- mente, solo il 13%, 8%, 4% dei pazienti che si presentano comunemente negli ambula- tori dei Medici di Famiglia è paragonabile con quelli della popolazione utilizzata negli studi indicati. Nessuno studio fornisce, ad esempio, indicazioni su come trattare un paziente che deve essere sottoposto a coro- narografia, ma che ha più di 65 anni, soffre di più di una patologia cronica associata, è dispeptico ed è lavoratore autonomo libe- ro-professionista: tutti questi sono criteri di esclusione dai trial comunemente condotti. L’Autore dell’editoriale conclude che si può sostenere tranquillamente che, ad oggi, il 20-40% dei pazienti mediamente non ri- ceve la procedura più appropriata per la sua situazione clinica. lA reGIstrAzIoNe del lAvoro quotIdIANo: struMeNto dI ApproprIAtezzA del MedICo dI FAMIGlIA L’appropriatezza è dunque nella sua essen- za l’espressione della distanza che intercorre tra un comportamento osservato e un com- portamento atteso in base alle conoscenze scientifiche e/o agli aspetti normativi esisten- ti. Occorre dunque, per poterla dimostrare e valutare, un mezzo che consenta di misurare le attività del medico [5]. Oggi la cartella clinica informatizzata è lo strumento che più si presta a raggiungere questo obiettivo, consentendo, sia singolarmente che come in- sieme di medici di famiglia, di elaborare gli esiti dell’attività lavorativa quotidiana. Vista l’importanza sempre crescente di vedere affermati i concetti di appropriatez- za contro il dilagare dell’improvvisazione e contro il rischio di affrontare solo gli epi- sodi emergenti a discapito della program- mazione sanitaria, risulta indispensabile trasformare l’attività lavorativa quotidiana di ognuno di noi come la dimostrazione del reale e la ricerca del possibile in campo as- sistenziale [6]. Tale elaborazione è oggi è praticabile tra- mite la cartella clinica informatizzata, che tiene traccia dell’attività quotidiana del me- dico di famiglia, al fine di valutare: gli esiti nel “mondo reale” delle attività sanitarie: ad esempio quali sono le reali attese per gli esami e/o consulenze richie- ste, come realmente i pazienti assumono le terapie, come realmente un paziente si rivolge al Sistema Sanitario Nazionale, quali sono gli esiti delle procedure dei pazienti al di fuori dei trial, ecc. l’appropriatezza in tutti i campi del la- voro svolto: non solo dal punto di vista della spesa farmaceutica, ma anche dal punto di vista degli esiti. Ad esempio è di scarso interesse sapere quanto un medico spende in farmaci anti-ipertensivi se non   Clinical Management Issues 2008; 2(2) ©SEEd Tutti i diritti riservati 88 Gli strumenti di appropriatezza a disposizione del medico di famiglia si sa quanti pazienti sono stati curati con tali farmaci, e soprattutto quanti hanno raggiunto l’obiettivo terapeutico e quin- di sono salvaguardati dalla progressione della patologia e dalle sue complicanze Pertanto per il medico è essenziale poter ribattere ai dati relativi alle spese per la cura di una data patologia, con i dati sul metodo usato per il raggiungimento degli obiettivi di appropriatezza: metodologici, scientifi- ci, deontologici, sociali e quindi, in ultimo, anche economici. bIblIoGrAFIA 1. WHO: Declaration of Alma-Ata. International Conference on Primary Health Care, Alma- Ata, USSR, 6-12 September 1978 e successive integrazioni 2. Smith R. In search of “non disease”. BMJ 2002; 324: 883-5 3. Moynihan R, Heath I, Henry D, Gøtzsche PC. Selling sickness: the pharmaceutical industry and disease mongering. BMJ 2002; 324: 886-91 4. Shekelle PG. Are appropriateness criteria ready for use in clinical practice? N Engl J Med 2001; 34: 677-8 5. Campbell SM, Braspenning J, Hutchinson A, Marshall NM. Research methods used in developing and applying quality indicators in primary care. BMJ 2003; 326: 816-9 6. Thom DH, Kravitz RL, Kelly-Reif S, Sprinkle RV, Hopkins JR, Rubenstein LV. A new instrument to measure appropriateness of services in primary care. Int J Qual Health Care 2004; 16: 133-40