Clinical Management Issues 2007; 1(4) ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 143 Giovanni Lamura 1, Maria Gabriella Melchiorre 1 Il ruolo dei famigliari caregiver nell’assistenza agli anziani in Italia La saLute degLI anzIanI MIgLIora, Ma non tanto da rIdurre IL CarICo assIstenzIaLe suLLe faMIgLIe Le migliorate condizioni di salute della popolazione italiana si riflettono in una sua maggiore longevità – testimoniata dalla cre- scita del numero di ultrasessantacinquenni, che costituiscono ormai il 20% della popola- zione totale [1] – e in una graduale riduzio- ne della prevalenza della disabilità, passata tra gli over 65 dal 21,7% del 1994 al 18,8% del 2005 [2]. L’effetto congiunto di questi due feno- meni ha fatto sì che il numero complessivo di anziani disabili sia rimasto tuttavia so- stanzialmente costante nell’ultimo decen- nio, intorno ai 2 milioni di persone, con un carico assistenziale nella gran parte dei casi soddisfatto dai famigliari degli interessati, solo raramente integrati dall’aiuto dei servizi pubblici esistenti. Ciò viene confermato da un recente studio condotto dal Dipartimento Ricerche Gerontologiche dell’INRCA (Isti- tuto di Ricovero e Cura a Carattere Scien- tifico in ambito geriatrico) che, nell’ambito del progetto di ricerca europeo EURO- FAMCARE1, ha intervistato quasi 1.000 � Lo studio EUROFAMCARE è un progetto finanziato dall ’Unione Europea per il trien- nio 2003-2005 nell ’ambito del V Programma Quadro per la ricerca e lo sviluppo tecnologico (contratto n. QLK6-2002-02647). Per in- formazioni più dettagliate in lingua inglese si famigliari (anche detti carer o caregiver) di anziani non autosufficienti residenti in Italia, e sui cui risultati si baserà gran parte delle riflessioni di seguito riportate [3]. senza adeguatI sostegnI L’assIstenza – un CoMpIto prevaLenteMente feMMInILe – dIventa gravosa Un elemento confermato dallo studio è che questo compito assistenziale ricade principalmente sulle donne (lo sono il 77% dei carer italiani), in particolare sulle mogli e, in assenza o a sostegno di queste ultime, soprattutto sulle figlie degli anziani non autosufficienti [4], cosa che giustifica una “declinazione al femminile” di tale ruolo. Nonostante l’esperienza di cura presenti certamente anche elementi positivi – oltre la metà delle caregiver dichiara che accudire il famigliare anziano la “fa sentire bene” [3] – non poche sono le conseguenze negative riportate dalle interessate. Queste consisto- no principalmente nella mancanza di tempo per se stesse e per curare le relazioni sociali, con conseguente sensazione di isolamen- to, provata anche per il non poter contare rinvia al sito internet del centro coordinatore (http://www.uke.uni-hamburg.de/institu- te/medizinsoziologie/ims2/gerontologie/eu- rofamcare/), mentre per una sintesi in lingua italiana si veda il sito: http://www.inrca.it/ CES/EuroFamCare.htm editoriale 1 INRCA, Ancona Corresponding author Dott. Giovanni Lamura c/o INRCA (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico: www.inrca.it), Dipartimento Ricerche Gerontologiche, V. S. Margherita 5 60124 Ancona Tel.: 071-8004797 Fax: 071-35941 E-mail: g.lamura@inrca.it Clinical Management Issues 2007; 1(4) ©SEEd Tutti i diritti riservati 144 Editoriale su nessuno che possa sostituirle nel ruolo di caregiver, particolarmente gravoso se si assistono persone con problemi cognitivi e disturbi comportamentali. Sempre in chia- ve prevalentemente femminile si presenta anche il problema della compatibilità tra lavoro di cura e lavoro retribuito, e quindi della “doppia presenza” [5]: ben il 43% dei caregiver italiani è occupato e, tra questi, ol- tre uno su sette ha dovuto ridurre il proprio orario lavorativo per potersi dedicare al fa- migliare non autosufficiente. Questa moti- vazione impedisce di lavorare al 9% dei carer non occupati, di cui un ulteriore 7% è stato costretto al prepensionamento, mentre un carer su dieci lamenta restrizioni di carriera o impossibilità a lavorare con regolarità. sostegnI e servIzI dI supporto aI CaregIver: La sItuazIone In ItaLIa Su quali sostegni e servizi di supporto pos- sono contare le famiglie italiane impegnate su questo fronte? La normativa vigente (in particolare attraverso le leggi 104/1992, 335/1995 e 53/2000) riconosce anzitutto periodi di permesso retribuiti per il carer che lavora [6]. Diversi sono, inoltre, i sostegni monetari introdotti (a livello nazionale) in forma di pensioni di disabilità, indennità di accompagnamento e sgravi fiscali, nonché (più recentemente e a livello regionale e lo- cale) assegni di cura e buoni servizio. Ben- ché quasi sempre rivolti all’anziano, questi strumenti finiscono con l’esercitare un effetto di sollievo anche nei confronti dei famiglia- ri maggiormente impegnati nella sua cura, sebbene non vada trascurato il fatto che que- sta tipologia di aiuti trasferisce sugli utenti l’onere di gestire l’assistenza, rischiando per- tanto di accentuare le differenze tra coloro in grado di organizzarsi adeguatamente e quanti invece non ci riescono. Ciò di cui tut- tavia i carer italiani sembrano maggiormente soffrire è la carenza di adeguati servizi “di sollievo”, come evidenziato dal fatto che nel nostro Paese appena il 3,5% di essi dichiara di farne uso (contro l’oltre 20% registrato in Paesi come la Germania, la Svezia e il Re- gno Unito) [7], prevalentemente in forma di centri diurni (con finalità parallele di servizio all’anziano e sollievo al caregiver), gruppi di supporto o auto mutuo aiuto [8], consulenza e training. Alla luce di questo risultato, non deve stupire che una famiglia italiana su sei ricorra al proprio Medico di Medicina Ge- nerale per ottenere consiglio e sostegno, una figura che finisce pertanto per svolgere un ruolo di supplenza rispetto all’insufficiente disponibilità di servizi dedicati. QuaLItà deLL’assIstenza agLI anzIanI e deL supporto aI CaregIver: QuaLI I probLeMI e Cosa MIgLIorare? L’obiettivo principale della gran parte dei famigliari che prestano cura è di poter ga- rantire la miglior assistenza possibile alla persona accudita. In tale ottica, anche un servizio di qualità prestato all’anziano non autosufficiente finisce con l’esercitare un ef- fetto positivo nei confronti dei suoi famiglia- ri caregiver. Agli occhi di questi ultimi, tra le principali barriere che ostacolano la fruibilità dei servizi disponibili nel nostro Paese, un ruolo preponderante è giocato dalla com- plessità delle procedure burocratiche per potervi accedere (di cui si lamenta il 28% delle famiglie), dalla carenza di informa- zioni (15%) e dalla lunghezza delle liste di attesa (11%), tutti aspetti citati in Italia con molta maggior frequenza che negli altri Paesi [9]. Quasi un caregiver italiano su tre riferisce inoltre di non usare (di persona o tramite l’anziano assistito) un servizio che sarebbe invece “necessario”, e ciò viene ad- debitato, oltre che alle già citate deficienze di carattere informativo (riportate da oltre metà degli interessati), anche ai costi dello stesso (ritenuti eccessivi da oltre un terzo del campione), mentre meno rilevante (12%) ri- sulta la sua lontananza, anche traducibile, per altro verso, in carenza di adeguati mezzi di trasporto per raggiungerlo. Illuminanti appaiono, in proposito, i re- quisiti che i carer ritengono maggiormen- te importanti in un servizio di supporto, individuati dal 60% dei caregiver italiani nella “tempestività” dello stesso (i.e. l’essere disponibile “nel momento in cui se ne ha più bisogno”), nella “capacità del personale assistenziale di trattare l’anziano con dignità e rispetto” (57%) e nella “necessaria prepa- razione degli addetti all’assistenza” (48%). Il messaggio – di cui non tutti gli enti erogatori di servizi appaiono consapevoli [10] – non potrebbe essere più chiaro: “qualità” signifi- ca, in questo ambito, non tanto (o non solo) essere “tecnicamente bravi”, quanto soprat- tutto fornire la necessaria prestazione assi- Clinical Management Issues 2007; 1(4) ©SEEd Tutti i diritti riservati 145 G. Lamura, M. G. Melchiorre stenziale al momento giusto e con modalità rispettose della dignità dell’utente. IL rICorso a personaLe assIstenzIaLe stranIero: opportunItà e sfIde Alla luce di questi dati, non può sorprendere il crescente ricorso a personale assistenzia- le straniero, spesso convivente, registratosi recentemente in Italia, che ha consentito a molte famiglie di alleggerire in modo perso- nalizzato l’onere assistenziale a proprio ca- rico. Il fenomeno ha ormai raggiunto livelli quasi “strutturali”, soprattutto quando l’at- tività assistenziale diviene particolarmente gravosa, come testimoniano non solo dati EUROFAMCARE – che evidenziano come ricorra a tale soluzione il 36% delle famiglie con anziano gravemente disabile – ma anche del CENSIS, dai quali emerge che il feno- meno interessa il 41% delle famiglie con ma- lati di Alzheimer [11]. Certamente, quindi, il ricorso alle assistenti famigliari straniere ha costituito finora una grande opportunità per le famiglie italiane, per diversi motivi [12]: la convenienza economica, legata ai differenziali di reddito (tra l’Italia e i Paesi di origine, in cui buona parte dei salari gua- dagnati vengono rimessi), alla coabitazione (che abbatte i costi abitativi) e, last but not least, all’irregolarità che caratterizza molti dei rapporti instaurati; l’incentivo pubblico, derivante dalla disponibilità di provvidenze economiche (come indennità di accom- pagnamento e assegni di cura) nonché di agevolazioni fiscali; la possibilità di erogare un’assistenza personalizzata all’anziano, ma anche commisurata alle esigenze dei carer fa- migliari; e quindi la possibilità di ritardare, se non del tutto evitare, l’istituzionalizzazio- ne dell’anziano (così come confermato dal recente calo registrato dai ricoveri di perso- ne anziane in istituto) [13]. A fronte di tali vantaggi, tuttavia, non può essere trascurata una serie di sfide che il fenomeno comporta, e in particolare: l’effettiva qualità dell’assistenza erogata da personale non sempre formato ad hoc, di cui occorre quindi promuovere e mo- nitorare la qualificazione; la regolarità dei rapporti di lavoro, da perseguire attraverso opportune iniziati- ve volte a favorire l’emersione del lavoro nero;   il rischio di sfruttamento del personale immigrato o, all’opposto, di abusi nei con- fronti degli anziani assistiti, da contrastare attraverso misure volte a spezzare l’isola- mento in cui viene svolta l’attività assisten- ziale coinvolgente queste figure. A queste sfide “in patria” – cui recentemente si è tentato di dare una risposta concordata a livello nazionale tramite un’intesa della Conferenza Unificata Stato-Regioni, Città e Autonomie Locali [14] – si aggiungono quelle “all’estero”, riconducibili alla “soste- nibilità” di questo fenomeno nei Paesi d’ori- gine del personale straniero. E ciò sia da un punto di vista sociale – con ciò intendendosi la possibile instaurazione di situazioni di care drain (cioè di carenze assistenziali nei confronti dei famigliari, anziani e bambini in primis, che dipendono dal sostegno delle persone emigrate in Italia) – sia economico, derivante cioè dalla possibile (e d’altron- de auspicabile) riduzione dei differenziali di reddito, che potrebbe non rendere più conveniente l’impiego come assistente fa- migliare nel nostro Paese (salvo incrementi sostanziali dei compensi accordati, con ine- vitabile perdita di competitività di questa soluzione rispetto ad altre, oggi considerate “fuori mercato”). osservazIonI ConCLusIve Dare concretezza allo sbandierato obietti- vo di favorire la permanenza delle persone anziane non autosufficienti al proprio do- micilio, significa in Italia affiancarne e so- stenerne adeguatamente i famigliari che le assistono nel risolvere gli svariati problemi che tale compito quotidianamente com- porta, secondo quanto sopra delineato. Ciò richiede risorse e investimenti, sia in ambito tecnologico – dove ampi appaiono nel nostro Paese i margini per un più esteso e sistema- tico impiego dell’innovazione scientifica nel settore della qualità della vita degli anziani, come già accade a livello europeo [15] – sia, soprattutto, per riorientare maggiormente verso la long term care il sistema assistenziale italiano, caratterizzato da un eccessivo “ospe- dalocentrismo” (a danno della territorialità), uno scarso coinvolgimento del cittadino- utente nella sua organizzazione [16] e una ridotta – e soprattutto per l’anziano vitale – integrazione tra servizi sociali e sanitari, con conseguente compromissione della con- tinuità assistenziale [17]. Il rigore che il no- stro Paese dimostrerà nel rimuovere queste  Clinical Management Issues 2007; 1(4) ©SEEd Tutti i diritti riservati 146 Editoriale barriere costituirà un chiaro indicatore della nostra capacità di assicurare condizioni di vita dignitose agli anziani non autosufficienti e ai famigliari impegnati nella loro assisten- za, anche al fine di prevenire l’insorgenza di situazioni di abuso, maltrattamento o abban- dono, che più facilmente si verificano quan- do la famiglia non si sente sostenuta. bIbLIografIa 1. Istat. Indicatori demografici anno 2006, Nota informativa del 26 marzo, 2007a. Disponibile su http://www.istat.it/salastampa/comunicati/non_calendario/20070326_00/ indicatoridemografici2006.pdf, accesso in data 23/10/2007 2. Istat. Indagine Multiscopo - Condizioni di salute, fattori di rischio e ricorso ai servizi sanitari, 2007b. Disponibile su http://www.nonprofitonline.it/static/allegati/istat_salute_020307.pdf, accesso in data 23/10/2007 3. Quattrini S, Melchiorre MG, Balducci C, Spazzafumo L, Lamura G (a cura di). Services for supporting family carers of older dependent people in Europe: the national survey report for Italy. Hamburg: Medical University of Hamburg-Eppendorf, 2006. Disponibile su http://www. uke.uni-hamburg.de/extern/eurofamcare/documents/deliverables/nasure_it.pdf 4. Quattrini S. Main characteristics of the Italian family carers’ and older people’s sample. In: Quattrini S, Melchiorre MG, Balducci C, Spazzafumo L, Lamura G (a cura di). Services for supporting family carers of older dependent people in Europe: the national survey report for Italy. Hamburg: Medical University of Hamburg-Eppendorf, 2006. Disponibile su http://www. uke.uni-hamburg.de/extern/eurofamcare/documents/deliverables/nasure_it.pdf 5. Balbo L. La doppia presenza. Inchiesta 1978; 2 6. Polverini F, Principi A, Balducci C, Melchiorre MG, Quattrini S, Gianelli MV et al. EUROFAMCARE: national background report for Italy. Hamburg: Medical University of Hamburg-Eppendorf, 2004. Disponibile su http://www.inrca.it/CES/EuroFamCare/ Documenti/Nabare_Eng.pdf 7. Lamura G et al., per conto del gruppo EUROFAMCARE. Usage and accessibility of support services for family carers of older people in six European countries: prevalence findings from the EUROFAMCARE study. The Gerontologist 2007 (in corso di stampa) 8. Marsili V, Melchiorre MG, Lamura G. Ruolo e prospettive dei gruppi di auto mutuo aiuto per famigliari caregivers di anziani non autosufficienti in Italia. Giorn Geront 2006; 54: 240-8 9. Lamura G et al., per conto del gruppo EUROFAMCARE. Family carers’ experiences in using support services in Europe: empirical evidence from the EUROFAMCARE study. The Gerontologist 2007 (in corso di stampa) 10. Melchiorre MG, Quattrini S, Balducci C, Lamura G. Servizi di supporto per famigliari caregivers di persone anziane in Italia: tipologia e caratteristiche. 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