5 Clinical Management Issues seguentemente lo spettro delle patologie è passato a condizioni prima non note in questa popolazione quali tumori, epatopatie, INTRODUZIONE L’introduzione della terapia antiretrovirale altamente efficace (Highly Active Anti-Re- troviral Therapy – HAART) ha determinato una sostanziale modifica nell’epidemiologia e nella storia naturale dell’infezione da HIV [1]. Essa ha infatti comportato una notevole riduzione della mortalità e della morbilità passando da una sopravvivenza media dalla diagnosi di 1,2 anni nel 1989 fino a oltre 16 anni nel 2003 [1]. L’aumento della sopravvivenza ha causato una cronicizzazione dell’infezione che, in- sieme alla diminuzione della mortalità per cause infettive, ha determinato l’insorgenza di nuove problematiche nella gestione del paziente affetto da infezione da HIV. Con- Perché descriviamo questo caso Il paziente descritto è un tipico caso di complicanze metaboliche determinate dall ’infezione da HIV e dalla terapia antiretrovirale. Bisogna sempre tenere presente che i soggetti HIV-positivi pre- sentano un rischio cardiovascolare più elevato che nella popolazione generale: è dunque necessario sottoporli a screening più frequenti per valutare l ’insorgenza di complicanze metaboliche Corresponding author Prof.ssa Cristina Giannattasio cristina.giannattasio@ ospedaleniguarda.it Caso clinico Abstract The introduction of antiretroviral therapy (ART) has substantially modified the clinical history and epidemiology of HIV infection with an important decline in infective causes of death and an increase in non-infective comorbidities particularly in cardiovascular complications. HIV infection has been related to an increased cardiovascular risk due to the presence of three factors: classic cardiovascular risk factors (shared with the general population), HIV infection itself (indirectly due to the inflammation and directly due to viral molecule) and ART-related chronic metabolic alterations. We describe a peculiar case of metabolic alteration in an HIV infected patient on ART with particular attention to the diagnosis and therapeutic aspects. Giving the higher cardiovascular risk of this specific population it is advisable that the clinician performs a frequent re-assessment of risk factors and cardiovascular organ damage. An early detection of metabolic alteration must lead to an aggressive specific therapy; this must be done by taking care of the HIV-infected subject fragility and the interactions with ART. Keywords: HIV; Antiretroviral therapy; Dyslipidemia; Arterial hypertension; Cardiovascular risk Arterial hypertension and dyslipidemia in a HIV-positive patient treated with antiretroviral therapy CMI 2012; 6(1): 5-14 1 Centro Ipertensione Arteriosa, Clinica Medica, Ospedale San Gerardo, Monza 2 Dipartimento di Medicina Clinica e Prevenzione, Università degli studi di Milano-Bicocca e Cardiologia IV, Ospedale Niguarda, Milano Alessandro Maloberti 1, Paolo Villa 1, Dario Dozio 1, Francesca Citterio 1, Giorgia Grosso 1, Mauro Betelli 1, Francesca Cesana 1,2, Cristina Giannattasio 2 Ipertensione arteriosa e dislipidemia in un paziente HIV-positivo in terapia antiretrovirale 6 ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2012; 6(1) Ipertensione arteriosa e dislipidemia in un paziente HIV-positivo in terapia antiretrovirale chiaro: infatti gli studi in questo ambito hanno dato risultati contrastanti; se da una parte si è evidenziato un incremento del rischio di infarti miocardici acuti del 26% [20-22], dall’altra l’inizio della terapia non è stato connesso a un incremento del rischio cardiovascolare [23]. È verosimile che i di- versi criteri di inclusione, endpoint e tempi di osservazione siano alla base delle diffe- renze osservate. Le evidenze appena individuate, insieme a una relativa giovane età di insorgenza e quindi a un notevole tempo di esposizio- ne, hanno portato le società internazionali a stendere linee guida specifiche per questa popolazione per la valutazione del rischio cardiovascolare e per l’appropriata terapia delle alterazioni metaboliche [24,25]. Le ultime linee guida della European AIDS Clinical Society (EACS – ottobre 2011) [24,25] individuano una strategia di scree- ning più aggressiva rispetto alla popolazione generale evidenziando la necessità di valu- tare l’anamnesi cardiovascolare, la pressione arteriosa, i lipidi plasmatici, il metabolismo glucidico e gli indici di composizione cor- porea (BMI, circonferenza addominale, rapporto vita/fianchi e presenza di lipodi- strofia) alla diagnosi, prima di affrontare una terapia antiretrovirale, a breve distanza da ogni sua modifica e comunque almeno una volta all’anno. In questo contesto abbiamo deciso di de- scrivere un caso clinico paradigmatico del- le alterazioni metaboliche che si possono riscontrare nel paziente HIV-positivo in terapia antiretrovirale affrontandole sia dal punto di vista clinico-diagnostico, sia dal punto di vista terapeutico. CASO CLINICO Descriviamo il caso di un paziente di sesso maschile di 65 anni (B.L.) noto per infezione da HIV dal 1994 verosimilmente per tra- smissione eterosessuale. È stato inizialmente Raccomandazioni y Valutare alla diagnosi, all ’introduzione della terapia antiretrovirale, a ogni sua modifica e comunque annualmente il rischio cardiovascolare dei pazienti HIV-positivi y Effettuare periodicamente gli accertamenti con uno studio completo dei possibili danni d ’or- gano cardiovascolare, parimenti a quanto previsto per il paziente iperteso non HIV-positivo y Tenere presente le interazioni della terapia antiretrovirale con i farmaci antipertensivi, ipolipemizzanti e ipoglicemizzanti (www.hiv-druginteractions.org) nefropatie e patologie ossee. Queste condi- zioni vengono complessivamente chiamate comorbilità non infettive, e tra di esse spic- ca sicuramente un aumento della mortalità e morbilità cardiovascolare con un incre- mento del numero di eventi e del rischio cardiovascolare rispetto all’era pre-HAART e rispetto alla popolazione generale [2-4]. La patologia cardiovascolare nel soggetto HIV- positivo è rappresentata principalmente dalla miocardiopatia dilatativa, dalle pericarditi e da un processo aterosclerotico accelerato. Nei soggetti affetti da HIV l’incremento del rischio cardiovascolare e l’aterosclerosi accelerata sarebbero causate dalla concomi- tanza dei fattori di rischio cardiovascolare classici, tra cui segnaliamo un’alta prevalenza di tabagismo [5,6], ma anche dalla presenza di fattori specifici per questa popolazione ovvero il virus HIV di per sé e la terapia antiretrovirale. Il virus HIV di per sé determinerebbe un incremento del rischio sia indirettamente a causa dell’infiammazione cronica, dell’im- munoattivazione e dei disturbi della coagu- lazione [7], sia direttamente a causa di alcune sue molecole (quali Gp120, TAT e NEF) che in studi in vitro hanno dimostrato di stimo- lare pattern pro-aterogenici [8,9]. Inoltre l’infezione virale cronica è stata associata a dislipidemia con un incremento del coleste- rolo totale e LDL e dei trigliceridi e con una diminuzione del colesterolo HDL [10,11]. Infine la terapia antiretrovirale è stata connessa a molteplici alterazioni metabo- liche specialmente in chi assume inibitori delle proteasi (Protease Inhibitors – PI), in particolar modo se di vecchia generazione. La terapia cronica con PI e inibitori nucle- osidici della trascrittasi inversa (Nucleoside Reverse Trascriptase Inhibitors – NRTI) è stata connessa a dislipidemia [12-14], al- terazioni glucidiche fino al franco diabete [15,16], ipertensione [17], lipodistrofia [18] e sindrome metabolica [19]. Quanto questo determini un reale incre- mento del rischio di eventi non è ancora 7 ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2012; 6(1) A. Maloberti, P. Villa, D. Dozio, F. Citterio, G. Grosso, M. Betelli, et al. Il paziente veniva quindi dimesso man- tenendo un basso dosaggio di amfotericina B per via orale. Nel corso di tale ricovero i lipidi plasmatici erano all’interno dei limiti di norma (cole- sterolo totale = 197 mg/dl, colesterolo HDL = 44 mg/dl, colesterolo LDL = 140 mg/dl e trigliceridi = 66 mg/dl). Nel gennaio 2007 avveniva un ulteriore ricovero presso il reparto di malattie infet- tive del nostro nosocomio per insufficienza renale acuta prontamente regredita in segui- to alla sostituzione di amfotericina B con fluconazolo e quindi molto probabilmente da imputare al primo dei due antimicotici. Durante tale ricovero al controllo degli esami ematochimici si evidenziava comple- ta soppressione della replicazione dell’HIV (l’HIV-RNA risultava al di sotto dei livelli di sensibilità del metodo) con una iniziale risalita dei valori di CD4+ (142 cell/mm3) delineando un quadro complessivo di com- pleta risposta alla terapia antiretrovirale (Full Responder). Non veniva invece ripetuto il controllo della lipemia in considerazione della sua recente valutazione. I valori di pressione arteriosa durante en- trambi i ricoveri sono risultati entro i limi- ti di norma (in media 130/70 mmHg per il primo e 135/80 mmHg per il secondo); tuttavia tali valori erano comunque alterati dalla presenza di una patologia acuta de- terminante l’ospedalizzazione e quindi non sono utilizzabili ai fini delle successive valu- tazioni in merito all’ipertensione. Dal punto di vista infettivologico, ai suc- cessivi controlli l’HIV-RNA si è sempre mantenuto al di sotto della sensibilità del metodo mentre i CD4+ sono risaliti a valori intorno a 280 cell/mm3. Durante il successivo follow-up effettua- to dagli infettivologi si assisteva, ad agosto 2008, al riscontro di dislipidemia con iper- colesterolemia e ipertrigliceridemia (coleste- rolo totale = 310 mg/dl, colesterolo LDL = 181 mg/dl, colesterolo HDL = 94 mg/dl e trigliceridi = 236 mg/dl). In considerazione del primo riscontro di tali alterazioni, dell’assenza di altri fattori di rischio associati, del rischio cardiovasco- lare complessivo (10% a 10 anni secondo il Framingham risk score) e delle possibili inte- razioni con la già avviata terapia antiretro- virale, al paziente veniva proposta una dieta ipolipidica e veniva posto in follow-up con esami ematochimici. Ai successivi controlli si assisteva a normalizzazione dei valori di trigliceridemia (174 mg/dl, mantenutosi nel- seguito presso l’ospedale Niguarda in buon compenso clinico-virologico senza assumere terapia antiretrovirale fino a novembre 2006. Da segnalare come nel 1993 il paziente abbia subito un intervento di chirurgia oto- rinolaringoiatrica per neoplasia della tonsilla destra con successiva radioterapia in sede. Nel 1994 subiva un ulteriore intervento per svuotamento linfonodale cervicale. Il follow- up è quindi stato sempre negativo e non sono state affrontate ulteriori radioterapie locali né chemioterapie sistemiche. Dal punto di vista dei fattori di rischio cardiovascolare, prima di tale intervento il paziente risultava affetto da ipertensione ar- teriosa di I grado (pressione arteriosa – PA = 145/95 mmHg, mai sottoposta a terapia antipertensiva), era obeso di I grado (peso = 106 kg, altezza = 177 cm, BMI = 33,8 kg/m2) e fumava abitualmente 1-2 sigari al giorno (dall’età di 20 anni circa) mentre i lipidi pla- smatici erano sempre risultati nella norma. In anamnesi familiare non veniva segnala- ta alcuna patologia di rilievo e in modo par- ticolare non cardiopatia ischemica, accidenti cerebrovascolari, ipertensione arteriosa, dia- bete mellito e dislipidemia. Dopo l’intervento il paziente ha sospeso il consumo di sigari e ha iniziato e mantenuto una adeguata dieta ipocalorica con relativo calo ponderale fino a 85 kg (BMI = 27,1 kg/m2, corrispondente a una condizione di sovrappeso). Questi provvedimenti, uniti a un programma di esercizio fisico aerobico, hanno comportato una normalizzazione dei valori di pressione arteriosa (PA = 135/85 mmHg). Dal 13 novembre 2006 al 16 dicembre 2006 il paziente veniva ricoverato presso il reparto di malattie infettive dell’ospedale San Gerardo di Monza per comparsa di ce- falea e vomito. All’esame del liquor cefalo- rachidiano veniva riconosciuta la presenza di Cryptococcus neoformans e veniva quindi trattato con amfotericina B endovena 200 mg/die per 1 mese circa. Per la comparsa dell’infezione opportuni- stica e il quadro di severa immunodepres- sione (CD4+ = 41 cell/mm3, HIV-RNA = 13.000 copie/ml), il paziente rientrava nel gruppo C3 della classificazione CDC per il virus HIV [26] e, in data 28 novembre 2006, iniziava un regime di terapia antiretrovirale di combinazione altamente attiva con due NRTI (abacavir + lamivudina, 600 + 300 mg, 1 compressa alle ore 8) e un PI potenziato (lopinavir/ritonavir, 200 + 50 mg, 2 com- presse alle ore 8 e 2 compresse alle ore 20). 8 ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2012; 6(1) Ipertensione arteriosa e dislipidemia in un paziente HIV-positivo in terapia antiretrovirale In considerazione degli elevati valori di colesterolo, è stato anche introdotto un farmaco ipolipemizzante a basso dosaggio, preferendo atorvastatina 10 mg, che questa volta non veniva rifiutato dal paziente. Come verrà discusso nella successiva sezione, è sta- to scelto questo specifico principio attivo in quanto libero da interazioni con la terapia antiretrovirale del paziente. Veniva iniziata inoltre terapia antiaggre- gante con acido acetilsalicilico 100 mg, in considerazione dell’elevato rischio cardio- vascolare stimato a 10 anni secondo le linee guida della società europea di ipertensione arteriosa e della società europea di car- diologia (ESH/ESC 2007-2009) [27,28]. In aggiunta veniva raccomanda una dieta ipolipidica, iposodica e ipocalorica, attività fisica aerobica regolare (3 volte a settimana per 30-45 minuti) e completamento degli accertamenti con valutazione del danno d’organo cardiovascolare tramite esecuzione di esami ematochimici, elettrocardiogram- ma, ecocolordoppler dei tronchi sovraortici, ecocolordoppler cardiaco e valutazione della rigidità aortica tramite lo studio della velo- cità dell’onda di polso (Pulse Wave Velocity – PWV ) come consigliato dalle già citate linee guida ESH/ESC [27,28]. Dato il ri- presentarsi dell’ipertensione arteriosa in età avanzata associata agli elevati valori (iper- tensione arteriosa di II grado) è stato inol- tre effettuato uno screening delle principali cause di ipertensione secondaria (iperaldo- steronismo, feocromocitoma e ipercortisoli- smo), come indicato dalle linee guida della Endocrine Society [29]. Agli esami ematochimici si assisteva a un iniziale decremento dei valori della lipemia (colesterolo totale = 240 mg/dl, colesterolo LDL = 124 mg/dl, colesterolo HDL = 90 mg/dl, trigliceridi = 130 mg/dl) senza eleva- zione dei valori di CPK (105 U/l). L’indice di insulino-resistenza HOMA è risultato nella norma (HOmeostatic Model Assessment) [30] (glicemia = 95 mg/dl, insulina = 5,1 microUI/ml, HOMA = 1,19), così come l’esame emocromocitometrico, la funzione renale ed epatica. Sempre agli esami ematochimici sono sta- te escluse le cause più comuni di ipertensione secondaria (metanefrine e cortisolo urinario, aldosterone e renina sono infatti risultati nella norma). L’elettrocardiogramma evidenziava la pre- senza di ritmo sinusale (frequenza cardiaca 80 bpm) e di blocco di branca destra comple- to. All’ecocardiogramma veniva riscontrata la norma ai successivi controlli) mentre per- manevano elevati i valori di colesterolemia. Nel dicembre 2009 veniva quindi proposta l’introduzione in terapia di una statina, ma il tentativo è stato limitato dall’opposizione del paziente all’assunzione di ulteriori farmaci e veniva dunque mantenuto il solo controllo semestrale degli esami ematochimici. Nel febbraio 2010 veniva nuovamente riscontrata la presenza di ipertensione arte- riosa (PA = 170/95 mmHg) che, unita alla permanenza di ipercolesterolemia, portava i colleghi infettivologi a iniziare la terapia con perindopril 4 mg 1 volta al giorno. Si assisteva a un incompleto controllo presso- rio (PA = 150/90 mmHg) per cui l’inibitore dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE-I) veniva sostituito con la sua asso- ciazione con un diuretico risparmiatore di potassio (perindopril/indapamide), poi so- speso per comparsa di iperkaliemia. In considerazione della mancata risposta clinica il paziente veniva inviato per una va- lutazione presso il centro dell’ipertensione arteriosa e del rischio cardiovascolare come spesso avviene nel nostro nosocomio grazie alla presenza di una stretta e assodata colla- borazione tra le due unità operative. Nell’attesa della nostra visita il paziente veniva sottoposto a monitoraggio della pres- sione arteriosa delle 24 ore (marzo 2011), che confermava la presenza di pressione arteriosa severamente aumentata per la si- stolica e moderatamente aumentata per la diastolica (pressione arteriosa media 24 h = 158/88 mmHg, media diurna = 162/90 mmHg, media notturna = 149/83 mmHg). Sempre nel marzo 2011 il paziente ve- niva quindi valutato presso il nostro centro dell’ipertensione arteriosa per l’ottimizza- zione della terapia. Alla nostra valutazione abbiamo riscontrato una pressione arteriosa di 160/100 mmHg in clinostatismo e 165/90 mmHg in ortostatismo. All’esame obiettivo si riscontrava la pre- senza di soffio sistolico 1-2/6 irradiato alle carotidi mentre la restante obiettività risul- tava nella norma. Non era presente alcun segno di lipoatrofia o lipoipertrofia alla va- lutazione clinica. Il riscontro di valori pressori così elevati, unito allo scarso potere antipertensivo di pe- rindopril, ci ha portato a effettuare modifiche alla terapia antipertensiva sostituendo l’ACE- I con un farmaco della stessa classe ma con maggior effetto ipotensivo (ramipril 5 mg, 1 compressa alle ore 8) rimandando l’associazio- ne di più farmaci nel caso di mancata risposta. 9 ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2012; 6(1) A. Maloberti, P. Villa, D. Dozio, F. Citterio, G. Grosso, M. Betelli, et al. 2011: colesterolo totale = 210 mg/dl, cole- sterolo HDL = 90 mg/dl, colesterolo LDL = 107 mg/dl, trigliceridi = 65 mg/dl) senza che venissero evidenziati effetti collaterali indesiderati dei farmaci utilizzati. DISCUSSIONE Il caso clinico da noi presentato individua le tipiche complicanze metaboliche presenti nel paziente HIV-positivo a distanza di anni dall’infezione e dall’inizio della terapia an- tiretrovirale. Al di là dell’interesse scientifico relativo al ruolo del virus HIV di per sé e della terapia antiretrovirale nella genesi di queste altera- una massa ventricolare sinistra indicizzata alla superficie corporea oltre i limiti di nor- ma (LVMI = 165,19 g/m2) in un quadro di ipertrofia concentrica (rapporto spessore/ raggio del ventricolo sinistro, H/R = 0,48). Inoltre veniva riscontrato un pattern diasto- lico pseudonormalizzato. Veniva poi eseguita un’ecografia dei tron- chi sovraortici con riscontro a destra di una piccola placca eccentrica a margini regolari a livello della carotide comune determinan- te stenosi del 20% circa; sempre a destra alla biforcazione veniva rilevata una placca iso- ecogena a margini regolari che si estendeva alla carotide interna determinante stenosi massima del 30% [31]. A sinistra vi era la presenza di bulbo di placca iperecogena ec- centrica estesa alla carotide interna determi- nante accelerazione di flusso (PSV = 1,25 m/s) come da stenosi del 50% per criteri velocimetrici [32] (Figura 1). Lo spessore miointimale (Intima Media Thickness – IMT) a sinistra era risultato essere aumentato (1,07 mm) mentre a destra non veniva misurato per presenza di placche nella sede di misura (2 cm dal bulbo carotideo sulla parete dista- le). Dal punto di vista renale era presente una lieve microalbuminuria (42,8 mg/die) con funzione renale nella norma (clearance cal- colata secondo formula di Cockroft-Gault = 183 ml/min). Come consigliato dalle linee guida ESH- ESC [27,28] nel nostro centro viene eseguita anche la PWV, che è risultata oltre i limiti di norma (13,1 m/s) sia secondo la classifica- zione ESH/ESC [27] sia secondo i nuovi va- lori di norma recentemente pubblicati [33]. Secondo le linee guida ESH-ESC [27,28] il rischio cardiovascolare stimato a 10 anni è risultato essere molto elevato, portando dunque il target pressorio del paziente a 130/80 mmHg mentre, secondo i criteri NCEPT ATP-III del 2001 [34] il coleste- rolo LDL del paziente dovrebbe essere in- feriore a 100 mg/dl (70 mg/dl secondo la revisione del 2004 [35] e secondo le linee guida della società europea di cardiologia e della società europea dell’aterosclerosi ESC/ EAS 2011 [36]). È stata quindi aumentata la posologia sia dell’ACE-I (sino a raggiun- gere 10 mg/die) sia di atorvastatina, raggiun- gendo il dosaggio di 40 mg/die. Nella Ta- bella I sono riportate le terapie assunte dal paziente tra il 1994 e il 2011. A seguire si assisteva a parziale raggiun- gimento del target pressorio (PA = 135/85 mmHg) e del colesterolo LDL (a settembre Figura 1. Immagine ecocolordoppler del bulbo e dell ’arteria carotide interna sinistra Periodo Terapia introdotta 1994-2006 y Dieta ipocalorica y Esercizio fisico aerobico Nov 2006 y Amfotericina B ev y Abacavir + lamivudina y Lopinavir/ritonavir Dic 2006 y Amfotericina B orale (in sostituzione di amfotericina ev) Gen 2007 y Fluconazolo (in sostituzione di amfotericina B) Ago 2008 y Dieta ipolipidica y Follow-up con esami ematochimici Feb 2010 y Perindopril → poi sospeso Mar 2011 y Perindopril/indapamide → poi sospeso y Ramipril y Atorvastatina y Acido acetilsalicilico y Raccomandata dieta ipolipidica, iposodica e ipocalorica y Raccomandata attività fisica aerobica regolare Tabella I. Riassunto delle terapie assunte dal paziente tra il 1994 e il 2011 10 ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2012; 6(1) Ipertensione arteriosa e dislipidemia in un paziente HIV-positivo in terapia antiretrovirale zioni, il caso descritto presenta importanti implicazioni cliniche. La presenza della patologia cronica in- fiammatoria sistemica, della terapia anti- retrovirale e delle sue molteplici interazio- ni farmacologiche, la non sempre buona compliance al trattamento e le problema- tiche psicologiche e sociali spesso comuni in questi pazienti pongono al medico la necessità di un maggior grado di atten- zione sia dal punto di vista diagnostico sia terapeutico. Secondo le già citate linee guida dell’E- ACS [24,25], nel nostro caso, gli esami ematochimici già richiesti dagli infettivologi sarebbero stati sufficienti alla completa sta- diazione delle complicanze metaboliche del paziente. Se invece seguiamo le linee guida ESH/ESC [27,28], queste ci indicano la necessità di effettuare ulteriori valutazioni ai fini di avere un quadro completo dell’albero cardiovascolare. Benché le alterazioni metaboliche descrit- te nel nostro paziente siano presenti solo da alcuni anni all’esecuzione degli esami ecogra- fici, è stata evidenziata la presenza di danno d’organo specifico. Infatti, a livello cardiaco è stata evidenziata la presenza di ipertrofia ventricolare sinistra concentrica mentre a livello carotideo la presenza addirittura di una placca della carotide interna sinistra determinante stenosi del 50%. Non bisogna naturalmente escludere l’in- fluenza del pregresso tabagismo e obesità ma, come già ribadito, lo scopo di questo articolo non è quello di valutare l’eziologia delle alterazioni metaboliche e dei danni d’organo prima viste. Nonostante sia stata recentemente descrit- ta un’equazione specifica per i pazienti HIV positivi (DAD 5 Years Estimated Risk Calcu- lator) [37], che tiene conto anche dell’assun- zione pregressa e attuale di antiretrovirali, le linee guida EACS [24,25] consigliano, per la valutazione del rischio cardiovasco- lare a 10 anni, l’utilizzo dell’equazione di Framingham. Un metodo più semplice per predire il ri- schio cardiovascolare è quello a categorie riportato nelle linee guida ESH/ESC [27,28] (Tabella II). Prima dell’esecuzione degli esami ecografici, il rischio cardiovasco- lare a 10 anni era stimato come moderato, mentre dopo l’esecuzione di un completo screening cardiovascolare la presenza del danno d’organo porta a collocare il paziente in una categoria superiore con un rischio cardiovascolare elevato. Questa modifica non è importante solo dal punto di vista prognostico ma anche per la necessità di intraprendere un più frequente monitoraggio clinico-strumentale e per la presenza di obiettivi terapeutici più stretti. Il passaggio alla categoria di rischio elevata comporta infatti un diverso target pressorio e dei lipidi plasmatici che, come già visto, dovrebbero raggiungere livelli inferiori a 130/80 mmHg e 100 mg/dl di colesterolo LDL [27,28,34,35]. Il raggiungimento di questi target è spesso difficile già nel paziente HIV-negativo [38] e risulta essere ulteriormente complesso nel paziente sieropositivo. La sfida terapeutica è posta dalle problematiche di compliance e dalla contemporanea assunzione della tera- pia antiretrovirale che presenta importanti interazioni farmacologiche in particolare con antipertensivi e ipolipemizzanti. Per quanto riguarda la terapia antiperten- siva è importante segnalare come non siano mai stati affrontati studi specifici sull’argo- mento nei pazienti HIV-positivi e quindi come si applichino a essi le informazioni note per la popolazione generale. Pressione arteriosa (mmHg) Altri fattori di rischio, danno d’organo o presenza di patologia concomitante Normale (PAS = 120-129 o PAD = 80-84) Normale-alta (PAS = 130-139 o PAD = 85-89) Grado 1 (PAS = 140-159 o PAD = 90-99) Grado 2 (PAS = 160-179 o PAD = 100-109) Grado 3 (PAS ≥ 180 o PAD ≥ 110) Nessun fattore di rischio aggiunto Rischio nella media Rischio nella media Rischio aggiunto basso Rischio aggiunto moderato Rischio aggiunto elevato 1-2 fattori di rischio Rischio aggiunto basso Rischio aggiunto basso Rischio aggiunto moderato Rischio aggiunto moderato Rischio aggiunto molto elevato ≥ 3 fattori di rischio, SM, danno d’organo o diabete Rischio aggiunto moderato Rischio aggiunto elevato Rischio aggiunto elevato Rischio aggiunto elevato Rischio aggiunto molto elevato Malattia CV o renale Rischio aggiunto molto elevato Rischio aggiunto molto elevato Rischio aggiunto molto elevato Rischio aggiunto molto elevato Rischio aggiunto molto elevato Tabella II. Definizione del rischio cardiovascolare secondo le linee guida ESH-ESC 2007. Modificato da [27] 11 ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2012; 6(1) A. Maloberti, P. Villa, D. Dozio, F. Citterio, G. Grosso, M. Betelli, et al. a tenofovir o di propendere per un regime privo di NRTI; altrimenti si può decidere di sostituire la componente PI della terapia con un PI meno noto per determinare effet- ti metabolici, con un NNRTI o con l’unica molecola della nuova classe degli inibitori delle integrasi (raltegravir) [24,25]. Strategia alternativa è quella dell’intro- duzione della terapia ipolipemizzante con statine o fibrati. Ancora oggi è dibattuto nella comunità scientifica internazionale quale delle due strategia sia la migliore dal punto di vista dell’efficacia, della compliance e degli effetti collaterali. L’EACS consiglia un tentativo di modifica della terapia anti- retrovirale nel caso il rischio cardiovasco- lare a 10 anni sia molto elevato (maggiore del 20%); altrimenti viene consigliata l’in- troduzione di un farmaco ipolipemizzante, che si è dimostrata la strategia più efficace e gravata da una minore frequenza di eventi collaterali [43,44]. La decisione va comunque presa di comu- ne accordo con il paziente tenendo presente le caratteristiche della sua infezione (princi- palmente soppressione virale e presenza di resistenze ai farmaci) e la compliance. Nel nostro caso la stabilità della soppressione della replicazione virale da alcuni anni ha portato alla decisione di introdurre una statina. Nel caso sia presa questa decisione è im- portante ricordare come le statine siano metabolizzate da isoenzimi del citocromo P450 implicati nella metabolizzazione dei PI. Assolutamente controindicate sono simvastatina e lovastatina, mentre tutte le altre presentano interazioni variabili con i PI e NNRTI, per cui si rimanda al sito prima visto per maggiori indicazioni [39]. L’induzione/inibizione del citocromo P450 da parte di PI e NNRTI porta l’EACS a indicare dosi di inizio più elevate o ridotte in base alla specifica statina e alla classe di farmaci antiretrovirali utilizzata [24,25]. Di particolare importanza in questi pazienti è anche un più stretto monitoraggio delle fosfocreatinchinasi (CPK) proprio per le possibili interazioni. I fibrati presentano importanti interazioni con gli NRTI, che vanno tenute presenti nel caso siano scelti come terapia per la dislipidemia. Nel nostro paziente nessuna alterazione è stata riscontrata per quanto riguarda il metabolismo glucidico, ma è fondamentale segnalare come la terapia ipoglicemizzante non si discosti da quella del paziente siero- negativo, necessitando primariamente di una In un campo come quello delle interazioni farmacologiche, gravato da un alto rischio di importanti reazioni avverse anche mortali, l’aggiornamento delle informazioni è cru- ciale e pertanto rimandiamo al sito internet hiv-drug interactions [39] mentre ci limite- remo a riportarne alcune a titolo di esempio. Sono state riscontrate interazioni tra do- xazosina e praticamente tutti i PI e gli inibi- tori non nucleosidici della trascrittasi inversa (Non Nucleoside Reverse Trascriptase Inhibi- tors – NNRTI) mentre nessuna interazione è stata segnalata con gli NRTI. Tra i diuretici è importante segnalare le interazioni di furosemide con i PI, NNRTI e NRTI (emtricitabina, lamivudina e teno- fovir), mentre nessuna è stata riportata per amiloride. Gli ACE-I si sono rivelati sicuri se assunti contemporaneamente a tutte le classi di far- maci antiretrovirali mentre tra i sartani solo candesartan, olmesartan e valsartan sono assolutamente liberi da interazioni. È bene evitare la somministrazione di cal- cioantagonisti in associazione con PI (spe- cialmente quando questi siano boosted dalla presenza di ritonavir, poiché sono tutti far- maci metabolizzati dal medesimo isoenzima del citocromo P450) e NNRTI mentre nes- suna interazione è stata notata con gli NRTI. Infine le interazioni tra beta-bloccanti e PI e NNRTI sono complesse e riman- diamo al sito prima indicato per maggiori informazioni. Nel nostro specifico caso è stata scelta una terapia con ACE-I poiché di provata effica- cia e sicuramente libera da interazioni con i farmaci antiretrovirali. Per la terapia della dislipidemia sono stati affrontati studi specifici in questa sottopo- polazione e, successivamente al fallimento della terapia dietetica e comportamentale, due strategie differenti sono state evidenziate per questa problematica. Da una parte abbiamo la possibilità di mo- dificare la terapia antiretrovirale sostituendo farmaci noti per determinare lo sviluppo di dislipidemia con farmaci più innocui dal punto di vista metabolico. In queste alte- razioni sono stati sicuramente implicati gli NRTI (e in particolar modo gli analoghi ti- midinici zidovudina e stavudina) [14] e i PI [13], mentre gli NNRTI hanno dimostrato una minor influenza sul profilo lipidico as- sociandosi anche a un incremento dei valo- ri di colesterolo HDL [40-42]. Pertanto le modifiche consigliate sarebbero quelle di passare da un NRTI timidinico o abacavir 12 ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2012; 6(1) Ipertensione arteriosa e dislipidemia in un paziente HIV-positivo in terapia antiretrovirale BIBLIOGRAFIA 1. Schneider MF, Gange SJ, Williams CM, Anastos K, Greenblatt RM, Kingsley L, et al. Patterns of the hazard of death after AIDS through the evolution of antiretroviral therapy: 1984-2004. AIDS 2005; 19: 2009-18 2. Barbaro G. Reviewing the cardiovascular complications of HIV infection after the introduction of highly active antiretroviral therapy. Curr Drug Targets Cardiovasc Haematol Disord 2005; 5: 337-43 3. Guaraldi G, Orlando G, Zona S, Menozzi M, Carli F, Garlassi E, et al. Premature age-related comorbidities among HIV-infected persons compared with the general population. Clin Infect Dis 2011; 53: 1120-6 4. Rasmussen LD, Engsig FN, Christensen H, Gerstoft J, Kronborg G, Pedersen C, et al. 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Punti chiave y Il paziente HIV-positivo presenta un rischio cardiovascolare incrementato rispetto alla popolazione generale y Oltre alla presenza dei classici fattori di rischio cardiovascolare sono presenti fattori spe- cifici per questa popolazione quali l ’infezione HIV di per sé e la terapia antiretrovirale y Importanza della identificazione precoce delle complicanze metaboliche-cardiovascolari attraverso uno screening metabolico più aggressivo rispetto alla popolazione generale, non limitato alla valutazione clinica e all ’esecuzione di esami ematochimici (come indi- cato dalle linee guida EACS) ma implementato da uno studio cardiovascolare completo (ecocardiocolordoppler, ecocolordoppler dei tronchi sovraortici, PWV (Pulse Wave Velocity) e funzione renale) y Appropriata terapia che deve tenere presente le particolarità del paziente HIV-positivo ponendo particolare attenzione alle interazioni con la terapia antiretrovirale (www. hiv-druginteractions.org) buona dieta e di modifiche comportamentali. Nel caso sia necessaria l’introduzione di far- maci è essenziale tenere presente le intera- zioni con la terapia antiretrovirale in partico- lare di metformina con gli NRTI (entrambe in grado di determinare acidosi lattica) [45]. I tiazolidindioni invece sono stati implica- ti in alterazioni del profilo lipidico, per cui andrebbero evitati (per quanto possibile) nel paziente ad alto rischio cardiovascolare [46], oltre a presentare interazioni farmacocineti- che con gli NNRTI e i PI. CONCLUSIONI Possiamo quindi concludere ribadendo che il paziente HIV-positivo presenta un rischio cardiovascolare incrementato deter- minato dalla presenza dei classici fattori di rischio, condivisi con la popolazione gene- rale, ma anche di fattori specifici per questa popolazione, quali l’infezione HIV di per sé e la terapia antiretrovirale. 13 ©SEEd Tutti i diritti riservati Clinical Management Issues 2012; 6(1) A. Maloberti, P. Villa, D. Dozio, F. Citterio, G. Grosso, M. Betelli, et al. 5. 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