ecj 2012:Layout 1 editoriale Materiale protetto da copyright. Non fotocopiare o distribuire elettronicamente senza l’autorizzazione scritta dell’editore. 4 em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi on e, c lin ic a, r ic er ca • A nn o V III n um er o I I • G iu gn o 2 01 2 • w w w .e cj .it emergency care journal Alcune delle domande che il medico d’urgenza si pone continuamente, ma più spesso in giovane età e all’inizio del suo operare nel particolarissimo setting costituito dall’emergenza, sono: “Saprò rispondere a tutti i bisogni? Saprò essere all’altezza delle necessità così molteplici che mi porranno gli utenti? Avrò sempre la sufficiente lucidità per affrontare con calma e com- petenza gli scenari più disparati che mi si parranno davanti? Saprò governare lo stress nel convulso contesto di un affollato Pronto Soccorso?”. Questo tipo di quesiti non sottendono solo la sensazione di inadeguatezza culturale che a volte può invadere chi si occupa di medicina d’urgenza, ambito medico che sicuramente necessita per un suo corretto operare della maggior quantità di co- noscenze teoriche e capacità tecniche coinvolgenti i più disparati ambiti delle cultura medica, ma includono anche la per- cezione che tutto quanto di “tecnico”, “pratico” e “operativo” è necessario, sia governato da meccanismi cognitivi specifici e, in un certo senso, dedicati e che solo da una perfetta integrazione tra questi due sistemi possa avere origine una efficace azione clinica. A questo affascinante e pregnante tema, è stata dedicata una sessione del Convegno AcEMC che si è svolto a Milano dal 7 al 9 giugno: “La medicina d’urgenza tra mente e corpo”. In questo contesto si sono confrontati esperti di vari ambiti del sapere, uniti tutti dal comune impegno nello studio di quei meccanismi cognitivi e operativi, condivisi da vari settori del la- voro che a vario titolo si occupano di emergenza. Nell’introdurre l’evento il dott. Casagranda asseriva che “strettamente connessa alla particolarità del setting dell’emergenza è la necessità di ragionare e agire rapidamente. Questo presuppone un’abilità cognitiva e decisionale elevata oltre alla padro- nanza delle varie procedure”. Su questo aspetto “cognitivo”, non insegnato nelle nostre università, si deve sempre più foca- lizzare una parte consistente della nostra attenzione, senza ovviamente nulla togliere al continuo sforzo nel miglioramento delle tradizionali competenze tecnico-culturali. In aggiunta però si dovranno sempre più prendere in considerazione i sup- porti alla decisione di tipo tecnico / ingegneristico / informatico (come ci è stato presentato dall’ing. Fumagalli) che nel tempo si sono andati affinando e la cui padronanza da parte del medico di emergenza costituisce e sempre più costituirà un fondamentale ausilio professionale. Certamente il processo decisionale in medicina d’urgenza può essere, come ha brillantemente esposto il prof. Antonietti del Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica di Milano, “fast and frugal heuristics”, indicando con ciò una metodologia di approccio ai problemi clinici assolutamente peculiare per la sua capacità di sintesi delle reali necessità e possibilità di lavoro in un Pronto Soccorso. È il tentativo continuo di scelta tra processi veloci ed economici, ma a volte ingannevoli, e si- stemi accurati, ma lenti e dispendiosi. Poter dimostrare che un tipo di modello siffatto ha la possibilità di condurre a soddi- sfacenti conclusioni, con un potere predittivo almeno pari (o non inferiore) a modelli che prendono in considerazione un numero molto più elevato di informazioni (con un significativo risparmio di tempo e di denaro), non può essere che fonte di grande speranza e opportunità per il medico di urgenza. Di certo il sistema è compatibile con l’ambiente di PS, caratterizzato da tempi e capacità di acquisire informazioni ridotti, e con il sistema economico che sempre più, in epoca di “spending review”, impone riduzione dei costi, a volte ai limiti della tollerabilità etica. Su questo aspetto è doveroso segnalare che, a moderare le nostre entusiastiche aspettative, intervengono le considerazioni fatte da alcuni autori (Gorini e Pravettoni, 2011) in merito ai rilevanti bias (“confirmation” e “anchoring”) che intervengono sistematicamente nel processo cognitivo di questo tipo e che possono portare a conclusioni troppo precoci o troppo “ristrette”. Non dimentichiamo che in medicina il chiudere troppo la mente alle varie possibilità diagnostico-terpeutiche possibili è facile induttore di errore medico. Un fondamentale passo avanti è quindi quello di tentare di acquisire una sempre maggiore consapevolezza del modo di de- cidere, di individuare strategie sempre nuove di gestione dei problemi e di essere capaci di applicarle: la meta-euristica. Ma ci siamo mai soffermati a riflettere su “come” e “cosa” pensa un medico di PS durante la sua attività? La dott.ssa Prevaldi, medico “sul campo”, ci ha fatto riflettere sul problema, sulle componenti del processo decisionale in medicina d’urgenza. L’ambiente dell’emergenza è caratterizzato dalla contemporanea presenza di elementi spesso confondenti: elevato e impre- vedibile (“stocastico”) flusso di lavoro, con richiesta di elevati standard assistenziali, affollamento e confusione ambientale, con processi interattivi multipli ed elevato livello di incertezza, elevata intensità decisionale e attività forzatamente “multi- tasking”. Quanto descritto è certamente l’ambiente più favorevole alla genesi del grande nemico di tutti: l’errore! Appare allora sempre più evidente che, accanto alla stringente necessità di acquisire sempre maggiori competenze specifiche scientifiche e professionali, dovrà sempre più svilupparsi la cultura delle “non-technical skills”, dell’acquisizione di quelle Conoscenza e decisione in medicina d’urgenza: insieme per vincere Mario Cavazza ecj 2012:Layout 1 17/10/12 14.22 Pagina 4 editoriale conoscenze non strettamente connesse alla medicina d’emergenza, ma fondamentali perché tali conoscenze e competenze possano essere applicate nel modo migliore e da tutti i professionisti, in ogni tempo e in ogni luogo. Acquisire coscienza dei e dimestichezza con i propri processi cognitivi vuole dire sapersi orientare in un ambiente che può presentare segnali forti o deboli, associati a molti o pochi confondenti, con variabili rapporti la cui corretta o meno interpretazione segna la differenza tra la vita e la morte. Fermarci a riflettere su queste cose può aiutarci a capire che il nostro metodo di approccio diagnostico è spesso assai variabile, dipendendo moltissimo dalla formazione individuale, dal percorso professionale, dal contesto più o meno articolato in cui operiamo, e dalle età delle vita, laddove è ben noto che il processo diagnostico del giovane può essere lento, “pericolosamente” lento e costoso, ma forse più preciso (o “troppo” preciso nel contesto dell’urgenza?), mentre quello del “senior”, che spesso lavora di “pancia” e di esperienza (“ne ho viste di tutti i colori”), è veloce ed efficace, ma a volte im- preciso, “pericolosamente” impreciso. Impegnarsi a tentare di combinare i due metodi in modo bilanciato deve certamente costituire un punto fondamentale nella operatività quotidiana, così come iniziare a riflettere sul “come pensiamo”, riflettere sulla “meta cognizione” nel contesto dell’emergenza: pensa sempre a che cosa stai pensando! Nell’ambito del metodo meta cognitivo a mio parere grande rilevanza deve essere data soprattutto all’aspetto dell’acquisizione della capacità di autocritica, considerando la universale tendenza dei professionisti alla auto-assoluzione e auto-giustificazione. Nella sua relazione sulla decisione e multidisciplinarietà il dott. Coen ci ha ricordato un grook, un aforisma dello scienziato/filosofo danese Piet Hein che affermava: “The road of winsdom? Well it’s plain and simple to express: err, and err and err again BUT less, and less, and less!”. In questa lapidaria espressione accanto ad un crudo esame di realtà sono presenti le indicazioni per l’uscita. In secondo luogo è determinante sapere selezionare le strategie di lavoro più idonee, in un contesto ove le “linee guida” ab- bondano e spesso costituiscono elementi di incertezza più che di sicurezza, per la grande variabilità della casistica, per la difficile applicabilità nel contesto dell’urgenza (sono fatte da specialisti per specialisti), e per quella quota di indeterminatezza che includono, peraltro insita nella medicina stessa. Capire le classi di euristica da selezionare e adottare nel decision making di PS è quindi di fondamentale importanza nell’attività quotidiana e nella programmazione della stessa. L’attivazione di questi processi è allora di fondamentale, anzi vitale importanza per il medico di PS, e sarà anche la base per affrontare l’altro grande problema dell’operatore dell’urgenza, lo stress lavoro-correlato, a cui tante relazioni sono state de- dicate (Baldi, Iannello-Gervasini, Presutti, Cerrina, Fraticelli e tanti altri) e per gestire il quale è determinante che vengano attivate strategie organizzative e di supporto, come titolava la relazione del dott. Compagnoni-Pesenti, in un contesto generale che non può esaurirsi esclusivamente nell’ambito del PS ma deve coinvolgere tutte le realtà, sia intraospedaliere che territo- riali. Vorrei concludere con le parole di un poeta americano molto popolare, Edgar Lee Masters, che sognava la sintesi perfetta della vita: “Quando ero giovane avevo ali forti e instancabili ma non conoscevo le montagne, quando fui vecchio conobbi le montagne, ma le ali stanche non tennero dietro alla visione. Il genio è saggezza e gioventù”. Provare a realizzare anche solo in parte questa sintesi nella medicina d’emergenza può essere la nuova sfida da vincere per lavorare sempre meglio. 5 em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi on e, c lin ic a, r ic er ca • A nn o V III n um er o I I • G iu gn o 2 01 2 • w w w .e cj .it Materiale protetto da copyright. Non fotocopiare o distribuire elettronicamente senza l’autorizzazione scritta dell’editore. ecj 2012:Layout 1 17/10/12 14.22 Pagina 5