emergency care journal MALATTIE INFETTIVE em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi o ne , c lin ic a, r ic er ca • A nn o V I n um er o 4 • D ic em br e 20 10 • w w w .e cj .it Materiale protetto da copyright. Non fotocopiare o distribuire elettronicamente senza l’autorizzazione scritta dell’editore. 39 Valutazione di un test rapido (TQS) per la determinazione dello stato immunitario antitetanico in pazienti con ferite in Pronto Soccorso. Studio pilota C. Prevaldi, G. Ragusa, A. Fede Catania, D. Luccisano, G. Buffolo, E. Ferro, M. Valeri, F. Domenichini, M. Bettinardi, K. Zanchetto, D. Vido Pronto Soccorso/Accettazione, USSL 10 “Veneto Orientale”, San Donà di Piave Introduzione Nonostante la disponibilità di vaccini efficaci, il tetano rimane una malattia prevalente, con un’incidenza in Ita- lia che varia fra i 60 e i 100 casi/anno e relativa mortalità che raggiunge il 39%. Il rischio, per i medici di Pronto Soccorso, di incontrare un paziente esposto al tetano, è quotidiano, ed è loro la responsabilità di attuare l’adegua- ta profilassi antitetanica. Fino a oggi l’unico strumento per valutare lo stato di immunizzazione antitetanico in urgenza, in assenza di documentazione attestante l’avve- nuta vaccinazione, è la capacità del paziente di ricordare la vaccinazione e/o il richiamo, ma questo, in vari studi, è stato dimostrato essere fallace. Attualmente l’unica prova accettata di immunità individuale resta un titolo sierico di anticorpi antitetano superiore a 0,01 UI/mlF, misura- to mediante emoagglutinazione passiva, ma questi test richiedono più giorni per essere effettuati, risultando di poca utilità in urgenza, e questo implica una notevole incertezza e imprecisione nella scelta di somministrare o meno la profilassi con l’immunoglobulina. Molti studi infatti mostrano come il 15-20% della popolazione rego- larmente vaccinata non presenti la copertura anticorpale necessaria e, per contro, circa il 60-80% della popolazio- ne anamnesticamente indicata per la profilassi antitetani- ca risulti in realtà ancora immunizzata. Da studi effettuati in Italia e in altri Paesi industrializza- ti risulta una scarsa attenzione ed eccessiva sicurezza da parte dei medici di Pronto Soccorso nei confronti della profilassi antitetanica. Solo il 59% dei medici riporta nei verbali lo stato vaccinale del paziente, e, mentre in alcu- ni pazienti viene effettuata una sovra-immunizzazione, per altri, proprio quelli a elevato rischio di contrarre il tetano, viene omessa o delegata la profilassi. Al fine di valutare con appropriatezza lo stato di immu- nizzazione antitetanico dei pazienti feriti che si presen- tano al nostro Pronto Soccorso, abbiamo introdotto un metodo, semplice e affidabile, per valutare il reale stato di sieroprotezione del paziente: il Tetanus Quick Stick® (TQS), un test immunocromatografico per la determi- nazione rapida (10 minuti) degli anticorpi anti-tetano in campioni di siero, plasma o sangue intero. Pazienti e metodi Abbiamo valutato il test TQS in un campione di 50 pa- zienti con ferita ritenuta suscettibile al tetano, in assenza di documentazione o con documentazione attestante la necessità di immunoprofilassi attiva, secondo il protocol- lo del Ministero della Salute. Il test TQS è stato effettuato dal personale infermieristico in fase di triage o all’inizio della visita e mantenendo momentaneamente in cieco il risultato. Per ogni paziente si è provveduto da parte del medico, alla compilazione di una scheda dove venivano barrate alcune caselle/memo sul tipo di paziente, il tipo di ferita e l’eventuale profilassi scelta in base ai protocolli ministeriali vigenti. Prima di somministrare la profilassi il risultato del test veniva quindi reso noto al medico e pertanto veniva registrato se e come il risultato del test modificava la scelta precedente il test. Risultati Dei 50 pazienti valutati a rischio secondo l’intervista, 22 sono risultati positivi al test TQS e quindi già immu- nizzati contro il tetano, mentre 28 risultavano negativi. Di questi, 3 pazienti che asserivano di essersi recente- mente sottoposti a richiamo vaccinale, risultavano ne- gativi al test TQS, e quindi non immunizzati rispetto al tetano. Conclusioni Da questa esperienza pilota, emerge che il TQS: • ha modificato la gestione nel 42% dei casi, evitando trattamenti non necessari in 22 casi su 49, con un reale beneficio per i pazienti e un interessante ri- sparmio economico; • ha permesso di individuare e trattare 3 pazienti che sarebbero rimasti sottoimmunizzati e a rischio di in- fezione; • è stato accettato senza difficoltà da tutti i pazienti ed è risultato pratico, veloce e di facile applicazione per tutti gli operatori medici e paramedici. Sulla base di questi dati preliminari, si è deciso di esten- dere e validare l’esperienza con uno studio multicentrico AcEMC, che prevede l’inserimento del test rapido TQS a integrazione/verifica dell’intervista anamnestica, nell’al- goritmo decisionale che guida il medico di Pronto Soc- corso rispetto alla somministrazione della profilassi anti- tetanica. Ciò al fine di migliorare la valutazione dello sta- to immunitario del paziente, evitando misure inadeguate, riducendo i costi e garantendo la appropriata profilassi. emergency care journal MALATTIE INFETTIVE em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi o ne , c lin ic a, r ic er ca • A nn o V I n um er o 4 • D ic em br e 20 10 • w w w .e cj .it Materiale protetto da copyright. Non fotocopiare o distribuire elettronicamente senza l’autorizzazione scritta dell’editore. 40 Malaria cerebrale da P. falciparum E. Castagna, E. Migliore, E. Bernardi, A. Iacobucci SC Medicina d’Urgenza – DEA, AO S. Croce e Carle, Cuneo Un uomo di 60 anni viene trasportato in DEA in stato di incoscienza. In anamnesi non presenta patologie. La moglie riferisce di essere rientrata in Italia col marito 5 giorni prima da un viaggio in Burkina Faso durato 20 giorni. Il paziente non ha praticato profilassi per mala- ria. Il giorno seguente al rientro l’uomo ha presentato febbre, astenia e diarrea; interpellato il curante, in so- spetto di sindrome influenzale iniziava paracetamolo. La mattina stessa la moglie riferisce impossibilità di ri- svegliare il paziente. I parametri sono: GCS 7, PA 80/60 mmHg, FC 115’R, SatO 2 86%, T 39°C; è presente rigor, le pupille sono isocoriche, miotiche, i ROT conservati. Dopo IOT, posizionamento di CVC e CV, vengono effet- tuati Rx torace e TC torace smdc, con evidenza di ad- densamenti basali, mentre la TC cranio smdc risulta ne- gativa. Viene iniziata ventilazione e infusione di liquidi e noradrenalina. Gli ematochimici evidenziano: leuco- citosi neutrofila (GB 11,66 x 103/ul, N 82%), piastrino- penia (16 x 103/ul), coagulazione ai limiti, creatinina 2,9 mg/dl, glicemia 89 mg/dl, AST 257 U/l, ALT 111U/l, GGT 60 U/l, LDH 2910 U/l, PCR 164mg/l. In consi- derazione del viaggio e della clinica viene effettuata ri- cerca del plasmodio su sangue periferico, con riscontro di P. falciparum (25 parassiti/campo). Il paziente viene ricoverato in rianimazione, dove inizia chinino ev (dose carico 20 mg/kg in 4 h, seguita da 10 mg/kg ogni 8 h) e doxiciclina in SNG. La puntura lombare risulta nega- tiva; al fundus sono presenti modificazioni cromatiche dei vasi retinici. Alla RM encefalo si apprezza edema ce- rebrale diffuso. Viene proseguita ventilazione e inizia- ta terapia dialitica; in 3° giorno viene ripetuto striscio periferico, che risulta negativo. Alla sospensione della sedazione si assiste a recupero delle funzioni neurolo- giche, con miglioramento dell’emodinamica e recupe- ro della funzione renale. In 8° giorno viene sospeso il chinino e si inizia graduale svezzamento respiratorio. Il paziente viene trasferito in Medicina d’Urgenza il 27° giorno, e dopo 10 giorni trasferito presso struttura di riabilitazione. Discussione Negli ultimi anni l’incidenza di malaria è aumentata nei Paesi industrializzati, come risultato dell’emigrazione dalle aree endemiche e dei più frequenti viaggi in tali zone. La maggior parte dei casi importati in Europa e USA è dovuta a P. falciparum. Il P. falciparum è responsa- bile della maggior parte delle complicanze neurologiche (convulsioni, psicosi, agitazione, alterazioni dello stato di coscienza e coma, le ultime due definenti la malaria cerebrale). La malaria cerebrale si presenta nel 2,4% dei viaggiatori con malaria1; la mortalità raggiunge il 18%. La diagnosi di malaria deve essere considerata in tutti i soggetti con febbre, segni neurologici e anamnesi di viaggio in area endemica nei 3 mesi precedenti; la dia- gnosi parassitologica viene effettuata mediante osserva- zione diretta dei parassiti con microscopio su sangue (goccia spessa/striscio sottile). La malaria cerebrale ha le caratteristiche di un’encefalopatia diffusa simile a quella metabolica, e viene definita in base a: GCS ≤ 8 o score di Blantyre ≤ 22, presenza di plasmodi in circo- lo, esclusione di altre cause di coma (ipoglicemia, me- ningite). L’indicatore più attendibile per la diagnosi è la presenza di uno o più elementi di retinopatia malarica: emorragie, alterazioni vascolari, aree biancastre retini- che3. I pazienti con alterazione del sensorio devono es- sere sottoposti a puntura lombare per escludere conco- mitante meningite batterica. Al neuroimaging possono essere presenti edema cerebrale, infarti corticali e aree iperintense nella sostanza bianca4, tuttavia nessuna di tali caratteristiche è diagnostica di malattia. Le mani- festazioni cliniche sono conseguenti al sequestro de- gli eritrociti parassitati nel microcircolo encefalico. La maggior parte dei pazienti si presenta con febbre, rigor e/o brividi; il 15-20% degli adulti presenta convulsioni, e la percentuale sale all’80% nei bambini. Le sequele neurologiche sono più comuni nei bambini; negli adulti la prevalenza è 3-10%5; queste includono psicosi, atas- sia, rigidità extrapiramidale o emiplegia; fattori di ri- schio indipendenti per lo sviluppo sono la durata del coma e la presenza di convulsioni. L’inizio precoce della terapia antimalarica è l’unico fattore in grado di ridur- re la mortalità. Per il trattamento sono approvate due classi di farmaci: i derivati della china (chinino/chini- dina ev) e i derivati artemisinici (artesunato, arteme- ther); entrambi vengono associati ad altri antimalarici, in modo da ridurre la durata della terapia e lo svilup- po di resistenze. In caso di malaria cerebrale è sempre raccomandato effettuare la dose di carico. L’OMS rac- comanda come farmaco di scelta per la terapia della malaria cerebrale l’artesunato ev6. Dal momento che gli antimalarici richiedono 12-18 h per uccidere i parassiti, sono stati utilizzati in associazione nelle prime ore di- versi farmaci per ridurre mortalità e rischio di sequele neurologiche, ma nessuna molecola ha dimostrato di modificare l’outcome; di conseguenza nessun farmaco è raccomandato. Diversi studi hanno valutato l’associa- zione di dexametasone; una metanalisi non ha riportato riduzione della mortalità, ma un aumento di emorragie emergency care journal MALATTIE INFETTIVE em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi o ne , c lin ic a, r ic er ca • A nn o V I n um er o 4 • D ic em br e 20 10 • w w w .e cj .it Materiale protetto da copyright. Non fotocopiare o distribuire elettronicamente senza l’autorizzazione scritta dell’editore. 41 gastrointestinali nel gruppo trattato7. Recentemente è emerso il ruolo neuroprotettivo dell’EPO nella malaria cerebrale: in bambini con malaria cerebrale e alti livelli di EPO la sopravvivenza in assenza di sequele neurolo- giche risulta maggiore8. La profilassi con antiepilettici potrebbe migliorare l’outcome, in particolare le sequele neurologiche; una singola dose di fenobarbitale riduce la frequenza di convulsioni nell’adulto, ma aumenta la mortalità nei bambini, per effetto deprimente l’iperven- tilazione compensatoria all’acidosi. Conclusioni La malaria cerebrale da P. falciparum è un’emergenza medica; la terapia antimalarica deve essere iniziata il più precocemente possibile, sempre con la dose cari- co. Diversi farmaci sono stati studiati in associazione alla terapia specifica, ma a oggi nessuno ha dimostrato efficacia nel migliorare l’outcome. La malaria cerebrale spesso si associa a disfunzioni d’organo, con anemia, ipoglicemia, insufficienza renale acuta, insufficienza epatica, coagulopatia9. Bibliografia 1. Leder K et al. Malaria in travelers: a review of the GeoSentinel surveil- lance network. Clin Infect Dis 2004; 39: 1104-1112. 2. Newton CR, Chokwe T, Schellenberg JA et al. Coma scales for chil- dren with severe falciparum malaria. Trans R Soc Trop Med Hyg 1997; 91: 161. 3. Beare NA, Taylor TE, Harding SP et al. Malarial retinopathy: a newly estabilished diagnostic sign in severe malaria. Am J Trop Med Hyg 2006; 75: 790. 4. Patankar TF, Karnad DR, Shetty PG et al. Adult cerebral malaria: prog- nostic importance of imaging findings and correlation with post- mortem findings. Radiology 2002; 224: 811-816 5. Jain V et al. Burden of cerebral malaria in central India (2004-2007). Am J Trop Med Hyg 2008; 79: 636-642. 6. World Health Organization. Guidelines for the treatment of malaria. WHO, Geneva, 2006. 7. Prasad K, Garner P. Steroids for treating cerebral malaria. Cochrane Review 2008. 8. Casals-Pascual C et al. High levels of erythropoietin are associated with protectionagainst neurological sequelae in African children with cerebral malaria. Proc Natl Acad Sci USA, 2008; 5: 2634-2639 9. Mishra SK, Newton C. Diagnosis and management of the neurologi- cal complications of falciparum malaria. Nat Rev Neurol 2009; 5: 189-198. Immunoprofilassi passiva antitetanica in Pronto Soccorso: utilizzo di un test rapido nella scelta decisionale F. Giostra, R. Ferrari, M. Cavazza UO Medicina d’Urgenza e Pronto Soccorso, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna Introduzione I traumatismi con ferite rappresentano una quota im- portante degli accessi in Pronto Soccorso. Il dati forniti nel 1996 dal Ministero della Salute hanno evidenziato un progressivo incremento dei casi di tetano in Italia a partire dal 1991 (nel 1995 si è registrato un aumento del 54% di segnalazioni rispetto al 1991). è esperienza quotidiana la difficoltà di stabilire con certezza lo stato vaccinale antitetanico dei soggetti afferenti in Pronto Soccorso, ciò costringe il medico a proporre frequen- temente l’immunoprofilassi. Attualmente la certezza di immunizzazione contro il tetano è ottenuta con metodo ELISA: il paziente si considera protetto quando il livello anticorpale è superiore a 0,1 UI/ml. Questo test, tutta- via, non è utilizzabile in emergenza perché richiede 48- 72 ore per il risultato. Recentemente è stato commercia- lizzato un test immunocromatografico, Tetanos Quick Stick (TQS), che consente di dirimere in 10 minuti “al letto del paziente” se il livello anticorpale è superiore 0,1 UI/ml. La specificità è del 97,5% (la sua positività ha il 99,6% di probabilità che il metodo ELISA dia un valore anticorpale protettivo) e la sensibilità dell’83%. Obiettivi Lo scopo di questo studio è stato quello di verificare se l’utilizzo del TQS potesse modificare l’impiego del- le immunoglobuline antitetaniche suggerito dal dato anamnestico. Materiali e metodi Abbiamo praticato il test a pazienti di età superiore a 18 anni che si presentavano in Pronto Soccorso entro 24 ore dall’evento traumatico con ferite ad alto rischio (secondo le indicazioni del Ministero della Salute) e che non avessero la certezza di aver effettuato un ciclo com- pleto vaccinale negli ultimi 10 anni. Sono stati utilizzati 40 TQS su 39 pazienti (in un caso il test è stato ripetuto in quanto la banda di controllo del test è risultata negativa). Il test è stato effettuato seguendo le istruzioni della ditta produttrice. Dei 39 utenti testati in 34 sarebbe stata indicata l’im- munoprofilassi passiva o perché non ricordavano se e quando erano stati vaccinati (27/34) o perché avevano effettuato l’ultimo richiamo vaccinale da più di 10 anni emergency care journal MALATTIE INFETTIVE em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi o ne , c lin ic a, r ic er ca • A nn o V I n um er o 4 • D ic em br e 20 10 • w w w .e cj .it Materiale protetto da copyright. Non fotocopiare o distribuire elettronicamente senza l’autorizzazione scritta dell’editore. 42 Emofilia acquisita in paziente HIV positivo: una singolare emergenza ematologica E. Migliore, E. Bernardi, A. Allione, L.A. Vettorazzi, B. Tartaglino SC Medicina d’Urgenza e DEA, AO S. Croce e Carle, Cuneo Uomo di 65 anni HIV positivo in triplice terapia antivi- rale con viremia indosabile e linfociti CD4+ nella nor- ma a recente controllo; viene ricoverato presso il nostro reparto per ematomi multipli con anemizzazione e al- lungamento dell’aPTT. Nei due mesi precedenti riferi- va due episodi di macroematuria con colica renale; per tale motivo si era autosomministrato un FANS intra- muscolo con comparsa di vasto ematoma gluteo. L’uro- TC documentava rene destro escluso con indicazione a cistoscopia. Il paziente presentava macroematuria, ecchimosi ed ematomi diffusi, il maggiore coinvolgente tutto l’arto inferiore sinistro; tra gli esami di laboratorio alterati all’ingresso: Hb 6,6 g/dl, creatinina 2,6 mg/dl, urea 103 mg/dl, aPTT 78’’. Si procedeva a trasfusione di emazie concentrate e plasma fresco. Il mix test 1:1 non rilevava correzione del deficit e gli inibitori del fattore VIII risultavano ad alto titolo (118 Unità Bethesda/ml) con fattore VIII < 1%. Si poneva diagnosi di emofilia acquisita con indicazione a trattamento con prednisone 1 mg/kg e fattore VII ricombinante attivato che veniva iniziato a un dosaggio di 90 µg/kg a bolo ev, seguito da 16 µg/kg/ora in infusione continua. Per irreperibilità di accessi venosi periferici si procedeva a posizionamen- to di CVC giugulare complicato da vasto ematoma con compressione del faringe e della trachea e conseguente dispnea. La RM dell’addome escludeva la sospetta neo- plasia renale ed evidenziava un altro ematoma a livello della parete toracica. Nei giorni successivi il paziente veniva trasferito in Ematologia dove, per il persistere di diatesi emorragica si infondevano immunoglobuline (Ig vena 30 g/die per 5 giorni) e rituximab (375 mg/m2 un’infusione a settimana per 4 settimane). Gli inibitori del fattore VIII al controllo a una settimana dall’inizio del trattamento risultavano pari a 278 UB/ml. Si assi- steva a lento miglioramento delle condizioni cliniche, normalizzazione della funzionalità renale e progressi- va riduzione del fabbisogno di emotrasfusioni. Solo a 2 mesi dall’inizio del trattamento con rituximab si as- sisteva a progressiva risalita del valore di fattore VIII con consensuale discesa degli inibitori e accorciamento dell’aPTT (Figura 1). A sei mesi il paziente manifestava una recidiva di malattia nuovamente responsiva a un secondo ciclo di trattamento con rituximab e predni- sone a scalare. (7/34). Cinque dei 39 utenti ritenevano che probabil- mente erano stati vaccinati negli ultimi 10 anni, in que- sti pazienti non sarebbe stata indicata l’immunoprofi- lassi passiva. Risultati In 14 (41%) dei 34 utenti verosimilmente non vaccina- ti, il test ha dimostrato un valore anticorpale protettivo evitando il ricorso all’immunizzazione passiva. Sei dei 7 pazienti con ultimo richiamo vaccinale superiore ai 10 anni, sono risultati positivi al test. Nei 5 pazienti verosi- milmente vaccinati, il test ha dimostrato che solo uno, in realtà, era realmente protetto contro il tetano. Negli altri 4 è stato necessario praticare le immunoglobuline. In 18 (46%) dei 39 pazienti testati, quindi, il dato anam- nestico non corrispondeva al reale stato immunologico antitetanico del paziente. Discussione Questi risultati dimostrano come la decisone di som- ministrare immunoglobuline antitetaniche da parte del medico di Pronto Soccorso, sia basata attualmente su informazioni non attendibili. A questa scelta ine- vitabilmente approssimativa, bisogna aggiungere che, malgrado il Ministro della Salute consigli la profilassi passiva per ferite considerate ad alto rischio (“ferite la- cere, puntorie, contaminate da terriccio o sporcizia, da morso di animale, ustioni o con necrosi dei tessuti”) in realtà lo stesso Ministero segnala come la quasi totalità dei casi di tetano si sia manifestata a seguito di “ferite o escoriazioni banali”. Ferite spesso sottovalutate dallo stesso medico di Pronto Soccorso che, anche in caso di scarsa certezza sul reale stato vaccinale del paziente, raramente propone la profilassi passiva. In conclusione possiamo affermare, come gli strumen- ti anamnestici e clinici a disposizione del medico di Pronto Soccorso per proporre la profilassi antitetanica passiva siano totalmente insufficienti se non addirittura fuorvianti. La disponibilità del TQS in Pronto Soccorso renderebbe molto più appropriato il trattamento e con- sentirebbe di valutare con più attenzione gli utenti con ferite apparentemente banali. Il costo del test verrebbe in gran parte coperto dal nu- mero di immunoglobuline evitate (come risulta dai no- stri dati anche se desunti da un piccolo campione). emergency care journal MALATTIE INFETTIVE em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi o ne , c lin ic a, r ic er ca • A nn o V I n um er o 4 • D ic em br e 20 10 • w w w .e cj .it Materiale protetto da copyright. Non fotocopiare o distribuire elettronicamente senza l’autorizzazione scritta dell’editore. 43 Discussione L’emofilia A acquisita è un raro (I = 0,2-1:1.000.000 abi- tanti/anno) disordine emorragico caratterizzato dalla comparsa di autoanticorpi anti fattore VIII con deficit coagulativo e allungamento dell’aPTT. Dal punto di vi- sta clinico la malattia si caratterizza per la presenza di sanguinamento di cute, tessuti molli, muscoli e mucose con possibile evoluzione catastrofica, tale da costituire un’emergenza ematologica a elevata mortalità (dall’8 al 22%). Il disordine colpisce entrambi i sessi di qualsiasi età (media 60-67 anni); nella metà dei casi si tratta di forme idiopatiche mentre si è vista l’associazione con pa- tologie autoimmuni (LES, AR, s. di Sjögren), tumori so- lidi, patologie linfoproliferative (LLC), patologie derma- tologiche (pemfigo, epidermolisi bollosa), farmaci (peni- cillina, interferone, non nota l’associazione con farmaci antivirali), puerperio, infezioni (non nota l’associazione con HIV, segnalato in letteratura un solo caso di emofilia acquisita in paziente con coinfezione HCV-HIV). I principi del trattamento sono il controllo della dia- tesi emorragica, l’eradicazione dell’inibitore del fattore VIII, la ricerca e il trattamento delle cause scatenanti e la protezione del paziente da traumi e procedure inva- sive. La terapia emostatica viene effettuata con fattore VIII se l’inibitore è presente a basso titolo e fattore VII attivato o concentrato di complesso protrombinico atti- vato se l’inibitore è ad alto titolo. Per quanto riguarda il trattamento immunosoppressivo, non vi sono dati suf- ficienti per preferire un regime terapeutico rispetto a un altro; tuttavia si inizia in genere con prednisone con l’indicazione a introdurre, in caso di mancata risposta, un agente citotossico (ciclofosfamide o ciclosporina A) o l’anticorpo monoclonale anti-CD20 rituximab. Altri trattamenti di seconda linea comprendono la plasmafe- resi e la somministrazione di Ig vena. Bibliografia di riferimento Barnett B, Kruse-Jarres R, Leissinger CA. Current management of ac- quired factor VIII inhibitors. Curr Opin Hematol 2008; 15: 451- 455. Collins P, Hirsch S, Baglin TP et al. Acquired hemophilia A in the United Kingdom: a 2-year national surveillance study by the United King- dom Haemophilia Centre Doctors’ Organisation M. Blood 2007; 109: 1870-1877. Collins P, Percy C. Advances in the understanding of acquired haemo- philia A: implications for clinical practice. B J Haematol 2009; 148: 183-194. Delgado J, Jimenez-Yuste V, Hernandez-Navarro F et al. Acquired hae- mophilia: review and meta-analysis focused on therapy and prog- nostic factors. Br J Haematol 2003; 121: 21-35. Franchini M, Capra F, Nicolini N et al. Drug-induced anti-factor VIII antibodies: a systematic review Med Sci Monit 2007; 13: 55-61. Huth-Kuhne A, Baudo F, Collins P et al. International recommendations on the diagnosis and treatment of patients with acquired haemo- philia A. Haematologica 2009; 94: 566-575. Karpatkin S, Nardi M, Green D. Platelet and coagulation defects associ- ated with HIV-1-infection Thromb Haemost 2002; 88(3): 389-401. Fig. 1 - Progressiva risalita dei valori di fattore VIII e accorciamento dell’aPTT in seguito a trattamento con rituximab.