Introduzione La Corte di Cassazione, Sezione Penale, con la sen- tenza n. 32901 del 20.1.2004, si è occupata della responsabilità del medico specializzando. Si tratta di argomento molto delicato che, in passato, aveva generato non poche controversie che hanno porta- to alla riorganizzazione della relativa figura all’in- terno delle strutture sanitarie. La fonte normativa dei diritti e doveri del medico specializzando è il D.Lgs 8.8.1991 n. 257, con il quale è stata data attuazione alla direttiva europea n. 82/76/Ce, che disciplina l’attività del medico non strutturato. La normativa citata è stata poi modifi- cata dal D.Lgs 17.8.1999 n. 368 che ha dato attua- zione alla direttiva n. 93/16Ce. Tale ultima norma- tiva ha previsto, in particolare, che il medico che si iscrive alla Scuola di Specializzazione stipuli un contratto di formazione lavoro finalizzato esclusi- vamente all’acquisizione delle capacità professio- nali specifiche relative alla specializzazione scelta. Ma vediamo la massima della sentenza: «In tema di colpa professionale del medico, il concreto e personale espletamento di attività da parte dello specializzando comporta pur sempre l’assunzione diretta, da parte sua, della posizione di garanzia La responsabilità penale del medico specializzando Elena Albini Avvocato del Foro di Milano La Corte di Cassazione, Sezione Penale, con la senten- za n. 32901 del 20.1.2004, si è occupata della respon- sabilità del medico specializzando. La fonte normativa dei diritti e doveri del medico specializzando è il D.Lgs 8.8.1991 n. 257, con il quale è stata data attuazione alla direttiva europea n. 82/76/Ce e il D.Lgs 17.8.1999 n. 368 che ha dato attuazione alla direttiva n. 93/16Ce. In particolare, la Corte ha sancito che: «In tema di colpa professionale del medico, il concreto e personale espleta- mento di attività da parte dello specializzando compor- ta pur sempre l’assunzione diretta, da parte sua, della posizione di garanzia nei confronti del paziente, condi- visa con quella che fa capo a chi le direttive impartisce, secondo i rispettivi ambiti di pertinenza e di incidenza; anche sullo specializzando incombe pertanto l’obbligo di osservanza delle leges artis che hanno come fine la prevenzione del rischio non consentito». Nella sentenza analizzata il medico specializzando è stato chiamato e rispondere penalmente per avere eseguito non corretta- mente un intervento di anestesia epidurale con succes- siva somministrazione di un farmaco (il Gutron), giu- dicato inadeguato per la soluzione di una problematica di ipotensione. SINTESI nei confronti del paziente, condivisa con quella che fa capo a chi le direttive impartisce, secondo i rispettivi ambiti di pertinenza e di incidenza; anche sullo specializzando incombe pertanto l’obbligo di osservanza delle leges artis che hanno come fine la prevenzione del rischio non consentito. (Nella specie la Corte ha ritenuto che lo specializzando non fosse esente da responsabilità non avendo egli valutato l’errore nella direttiva impartitagli dal pri- mario, con lui in sala operatoria)». Il caso clinico La Corte di Appello di Roma, con sentenza del 30.9.2002, dichiarava di non doversi procedere per estinzione del reato per prescrizione nei confron- ti di due sanitari (S.B. e M.M.). Agli imputati era stato contestato il reato di lesioni colpose gravis- sime in danno ad un soggetto (D.S.D.), al quale, nel momento dalla nascita – nel 1994 – erano state diagnosticate «asfissia perinatale ed encefalopatia ipossico-ischemica convulsa», che avrebbero de- terminato, in seguito, «un quadro di tetraplegia spastica» dovuta alla prolungata condizione di ipo- tensione materna verificatasi durante il parto, subi- to dopo l’inizio dell’anestesia epidurale, non prati- emergency care journal medicina legale em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi o ne , c lin ic a, r ic er ca • A nn o V I n um er o 3 • S et te m br e 20 10 • w w w .e cj .it Materiale protetto da copyright. Non fotocopiare o distribuire elettronicamente senza l’autorizzazione scritta dell’editore. 41 cata, secondo l’accertamento dei giudici di primo e secondo grado, nel rispetto delle leges artis. Il medico anestesista e lo specializzando in ane- stesia e rianimazione, – che ben sapevano che l’anestesia epidurale avrebbe potuto provocare un calo pressorio con effetti negativi sul feto – ave- vano effettuato in modo non adeguato il previsto “preriempimento del letto vascolare” e, una volta manifestatasi l’ipotensione, avevano utilizzato un farmaco, il Gutron, inadeguato alla correzione del fenomeno. I difensori dei sanitari hanno promosso ricorso in Cassazione e hanno criticato la sentenza di Appel- lo deducendo, il difensore del medico anestesista, che «la corte di merito, nel ritenere responsabile il dott. M., non ha osservato, in tema di rapporto di causalità, i principi ormai stabiliti dalle sezioni unite penali della Corte di Cassazione con sentenza del 10 luglio n. 30328, 2002, Franzese, la quale ha affermato che è possibile ravvisare un nesso causa- le tra la condotta omissiva del sanitario e l’evento solo quando, alla stregua del giudizio controfattuale sulla base di una generalizzata regola di esperienza o di una legge scientifica universale o statistica, sia certo che ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa impeditiva dell’evento, questo non si sarebbe verificato». Tale verifica controfattua- le – sempre secondo la difesa del medico anestesista – non è mai stata posta in essere, non avendo mai nessuno dei periti affermato che, ove vi fosse stato un preriempimento totale, non vi sarebbe stata la crisi ipotensiva o che la crisi si sarebbe potuta supe- rare immediatamente con la pressamina non deter- minando così la sofferenza del piccolo nato. Aggiunge il difensore del medico specializzando, dopo avere sottolineato che «non si era mai data importanza al dato oggettivo, citato anche nella descrizione dell’intervento chirurgico e nella pagi- na neonatologica della cartella clinica, del giro del cordone ombelicale stretto all’arto inferiore destro, che con i movimenti del neonato avrebbe potuto, per stiramento, determinare ipoafflusso ematico materno fetale», che secondo la sentenza Franze- se «non è consentito dedurre il nesso di causalità come automatismo da un coefficiente di probabi- lità statistica, dovendo, invece, il giudice operare una verifica del mero dato statistico in relazione alle concrete fattispecie storiche e fattuali, esclu- se interferenze di fattori alternativi, e pervenire ad un giudizio in termini di certezza che la condotta emissiva del medico è stata condizione necessaria dell’evento lesivo con alto grado di credibilità ra- zionale o probabilità logica». Il difensore del medico specializzando rilevava, in- vece, che la citata sentenza delle Sezioni Unite ha posto anche in evidenza che, «qualora il riscontro probatorio sul nesso causale risulti insufficiente, incerto e contraddittorio – e nella specie non può dirsi, affatto certo – si è in presenza di un ragione- vole dubbio sulla efficacia condizionante dalla con- dotta omissiva rispetto ad altri fattori che interagi- scono nella produzione dell’evento lesivo e ciò non può che comportare la neutralizzazione dell’ipotesi prospettata dall’accusa e l’esito assolutorio del giu- dizio». Il difensore dal medico specializzando rilevava poi, in chiusura, che «l’imputato era uno specializzan- do in anestesia, il quale, dato e non concesso che abbia proceduto all’inserimento dell’ago epidurale, stava svolgendo mera attività didattica come di- scente ed assistente alla lezione del cattedratico e solo quest’ultimo stava compiendo attività medico- professionale». Sostanzialmente, ai sanitari imputati era stato con- testato di aver eseguito non correttamente l’aneste- sia epidurale e, rimasto il profilo di colpa del non adeguato preriempimento del letto vascolare, nella sentenza si è anche rimproverato ai sanitari l’uso di un farmaco, il Gutron, inefficace. Come già detto, la difesa del medico specializ- zando eccepisce che il sanitario in quel momen- to, svolgeva mera attività didattica come discente/ assistente alla lezione del cattedratico, mentre era il medico anestesista che svolgeva attività medico/ professionale. In giudizio è emerso che l’inserimento dell’ago epi- durale è stato eseguito dal medico specializzando. Sotto questo profilo, la Corte ha ritenuto di appli- care il principio stabilito dalla Cassazione (Sez. IV penale n. 2453/1998), secondo il quale «il concre- to personale espletamento di attività operatoria da parte dello specializzando comporta l’assunzione diretta, anche da parte sua, della posizione di ga- ranzia nei confronti del paziente in merito all’os- servanza delle leges artis». Secondo la Corte di Cassazione il medico specia- lizzando, non mero spettatore, ma, insieme con il medico anestesista, protagonista, operatore, ane- stesista, se poteva avere dei problemi di manuali- tà, comprensibili in uno specializzando, non po- teva però non conoscere, come doveva, che cosa significasse praticare l’anestesia epidurale, quali i possibili, se non probabili, effetti della stessa, tra i quali il calo pressorio della paziente con tutti i con- nessi rischi per il feto, quali le tecniche e i farmaci per prevenirli, o, se insorti, per ovviarvi, il che im- medicina legale em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi o ne , c lin ic a, r ic er ca • A nn o V I n um er o 3 • S et te m br e 20 10 • w w w .e cj .it Materiale protetto da copyright. Non fotocopiare o distribuire elettronicamente senza l’autorizzazione scritta dell’editore. 42 plicava che egli, nel momento in cui interveniva, sia pure consigliato da altri, non potesse non far valere le sue ineliminabili conoscenze teoriche per doverosamente contribuire, grazie a esse, alla buo- na riuscita dell’intervento nel quale, rispetto alla paziente, assumeva la posizione di garante. La Corte conferma quindi quanto già affermato nella sentenza del 24.11.1999, n. 13389, Tretti, secondo la quale «in tema di colpa professionale del medico, il concreto e personale espletamento di attività da parte dello specializzando comporta pur sempre l’assunzione diretta da parte sua della posizione di garanzia nei confronti della paziente, condivisa con quella che fa capo a chi le direttive impartisce, secondo i rispettivi ambiti di pertinen- za e di incidenza, sicché anche su di lui incombe l’obbligo di osservanza delle leges artis che hanno come fine la prevenzione del rischio non consen- tito – nel caso di specie, il rischio che il calo pres- sorio si verificasse e si protraesse danneggiando il feto –, con la conseguenza che non lo esime da responsabilità la passiva acquisizione alla direttiva data ove non si appalesi appropriata, avendo egli, al contrario, in questo caso, l’obbligo di astenersi dal direttamente operare». Sottolinea la Corte che l’applicazione del citato principio potrebbe avere, in concreto, dei costi; ma, il bene, il valore, del quale è costituito garan- te, non può non imporre al medico, oltre che l’ob- bligo di conoscere le leges artis, anche l’ulteriore obbligo di farle meditatamente e responsabilmente valere qualora sia necessario e ciò anche se il me- dico che opera, che viene fatto intervenire, è uno specializzando, non potendo anche lo specializ- zando non agire se non rifacendosi al modello di agente, all’homo ejusdem condicionis et professionis, a quel modello che, pur consapevole della propria, relativa, esperienza, sa che, se la manualità perfetta si acquisisce con l’esperienza, l’uso di questo o di quel farmaco per fronteggiare questa o quella eve- nienza non dipende dall’esperienza, ma da altro, dalla astratta conoscenza delle leges artis, alla cui concreta applicazione egli deve, se del caso, con- tribuire. Quanto all’accertamento dell’errore medico, la Corte di Cassazione ha ritenuto la decisione di me- rito non censurabile e adeguatamente motivata. Il giudice di primo grado ha premesso che la gravi- danza della paziente era risultata, documentalmen- te, del tutto regolare e che nessuna anomalia era rinvenibile nella fase immediatamente successiva al ricovero e antecedente all’inizio dell’anestesia in quanto la medesima paziente era stata sottoposta agli ordinari controlli riportati, con i relativi ora- ri, nella cartella clinica. Il medesimo giudice ha sottolineato, poi, che i periti avevano escluso, in particolare, una situazione di cronica ipossia fetale, sicché era da negare che il quadro lesivo presentato dal neonato fosse stato generato da fattori prenata- li, soprattutto nelle ultime dieci settimane di gesta- zione. Ha indugiato, infine, il pretore sul preriem- pimento del letto vascolare, sul calo della pressio- ne arteriosa della partoriente, manifestatosi subito dopo l’inizio della procedura anestesiologica, e sul farmaco, il Gutron, ritenendolo di gran lunga meno idoneo di altri farmaci a contrastare il calo presso- rio, calo che ha accertato essersi protratto per circa trenta minuti, ben al di là di quei quaranta-settanta secondi oltre i quali «il feto, costruito fisiologica- mente per poter resistere a situazioni di mancato scambio materno-fetale, poteva andare incontro, come vi era andato, ad una acidosi metabolico-re- spiratoria con conseguenti lesioni cerebrali gravi». Il pretore – e la Corte di merito successivamente – dopo avere affermato, seguendo i periti del di- battimento, che non poteva esservi alcun dubbio che «il danno cerebrale subito dal bambino doves- se ricollegarsi, almeno in parte, proprio alla pro- lungata condizione di ipotensione materna essen- dosi alterati i vasi pressori che normalmente con- sentono una corretta ossigenazione del feto», ha puntualizzato sia che «l’insorgenza del fenomeno, subito dopo l’inizio della proceduta anestesiologi- ca, consentiva di ritenere, con assoluta certezza, il fenomeno – il calo pressorio – direttamente e uni- vocamente dipendente dalla predetta procedura», sia che «a tale fattore, anche volendo, per ipotesi meramente teorica, attribuire l’ipotensione marca- ta a qualsiasi altro errore procedurale comunque addebitabile agli imputati, doveva aggiungersi il fattore deciso, insorto nelle fasi in cui l’ipotensione si era già determinata, dell’utilizzo di un farmaco inadeguato, qual è il Gutron, alla pronta ed effica- ce correzione del fenomeno, mentre doveva essere utilizzata l’Efedrina o la Pressamina». I sanitari ricorrenti hanno dedotto, in sede di im- pugnazione, che la decisione di Appello non ha te- nuto conto di quanto affermato dalle Sezioni Unite (nella sentenza Franzese) in tema di rapporto di causalità nell’ambito della colpa professionale me- dica, ovvero che: • è possibile ravvisare un nesso causale tra la condotta e l’evento solo quando, alla stregua del giudizio controfattuale fondato su di una generalizzata regola di esperienza o su una leg- ge scientifica universale o statistica, sia certo medicina legale em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi o ne , c lin ic a, r ic er ca • A nn o V I n um er o 3 • S et te m br e 20 10 • w w w .e cj .it Materiale protetto da copyright. Non fotocopiare o distribuire elettronicamente senza l’autorizzazione scritta dell’editore. 43 che, ipotizzandosi come realizzata dal medico la condotta doverosa impeditiva dell’evento, questo non si sarebbe verificato; • non è consentito dedurre il nesso di causalità con automatismo da un coefficiente di proba- bilità statistica, dovendo il giudice operare una verifica del mero dato statistico in relazione alle concrete fattispecie storiche e fattuali, escluse interferenze di fattori alternativi, e pervenire al giudizio che la condotta omissiva del medico è stata condizione necessaria dell’evento lesivo con alto grado di credibilità razionale o proba- bilità logica; • qualora il riscontro probatorio sul nesso causale risulti insufficiente, incerto o contraddittorio, si è in presenza di un ragionevole dubbio sulla efficacia condizionante della condotta omissiva rispetto ad altri fattori che interagiscano nella produzione dell’evento lesivo e ciò non può che comportare la neutralizzazione dall’ipotesi prospettata dall’accusa e l’esito assolutorio del giudizio. Nel caso di specie, hanno sostenuto i sanitari, il giudizio controfattuale non è stato formulato e, del resto, i periti mai hanno affermato che, ove ci fos- se stato un preriempimento totale, non vi sarebbe stata la crisi ipotensiva o che la crisi si sarebbe po- tuta superare immediatamente con la pressamina. Si è obiettato, inoltre, da parte dei sanitari che non è stata indicata la legge, scientifica o statistica, di copertura e non si è tenuto conto che in assenza di una legge scientifica universale o di una legge statistica prossima a cento, per attribuire rilevan- za a leggi statistiche con coefficienti, medio-bassi o medio alti, occorre escludere che altre possono essere state le cause dell’evento. Secondo i sanitari, le sentenze dei due gradi di me- rito non hanno risolto alcuno di questi problemi. La Corte di Cassazione è andata in una direzione diversa. Secondo la Suprema Corte, la Corte di Appello, nel trattare il tema del rapporto di causalità, ha pre- messo che proprio dalla prolungata ipotensione sono derivati al nascituro i danni cerebrali poi ri- scontrati in modo vistoso alla nascita e certificati nella cartella clinica dell’Istituto di puericultura, ove il neonato veniva immediatamente ricoverato, cartella che indicava quale diagnosi di accettazione «una asfissia perinatale ed encefalopatia ipossico- ischemica convulsa, successivamente confermate dai gravissimi esiti di tetraplegia spastica». I periti di ufficio hanno indicato univocamente la causa di tale situazione patologica verificatasi a cari- co del neonato attribuendola alla prolungata ipossia materna, a sua volta riconducibile alle inadeguate tecniche operative e farmacologiche poste in essere, in sede di anestesia, dagli attuali imputati. Naturalmente, i consulenti di parte hanno conte- stato tale giudizio, prospettando diverse origini del danno cerebrale subito dal neonato, ma le loro ar- gomentazioni sono apparse al collegio puramente ipotetiche, indimostrate, prive di un puntuale ri- scontro scientifico e comunque incapaci di attribu- ire a fattori causali diversi le lesioni accertate. In queste proposizioni c’è tutto: • l’anestesia epidurale praticata senza adeguato preriempimento vascolare; • l’ipotensione della partoriente come conseguen- za della epidurale non accompagnata da adeguato preriempimento e dall’uso di un farmaco di effica- cia tale da consentire alla pressione di risalire; • l’ipotensione prolungata come causa del danno cerebrale del nascituro; • l’infondatezza della tesi che altre cause, diverse dalla non corretta esecuzione dell’anestesia-preri- empimento e farmaco, possano aver determinato l’ipotensione della partoriente e il danno cerebrale del bambino. In particolare, il giudice di primo grado ha ripor- tato quanto era stato scritto nella perizia, ovvero, che «la perfusione materno-fetale con conseguente scambio di O 2 , metabolici, anidride carbonica e ca- taboliti, deve essere garantita da un corretto equi- librio pressorio con un gradiente negativo in dire- zione madre-feto» e che «dai dati relativi all’ane- stesia si evidenzia che per un periodo prolungato (circa venti minuti), la pressione massima dalla partoriente non superava i 70/80 mmHg e la mini- ma era così bassa da non essere rilevabile». Il giudice di primo grado ha, dunque, ritenuto es- sere dato scientifico condiviso, legge scientifica condivisa, che il calo della pressione arteriosa dalla madre, se prolungato e rilevante, provoca danni al feto e ha, appunto, affermato – dopo aver fotocopia- to, nella stessa pagina, la parte della cartella clinica in cui era stata descritta la procedura dell’anestesia epidurale con l’indicazione, tra l’altro, dell’ora in cui era stata eseguita, dell’ora in cui la pressione aveva incominciato a scendere, dai livelli cui era scesa con il trascorrere dei minuti, circa trenta, e dei farmaci usati par farla risalire – che, secondo i periti, il danno cerebrale del bambino deve ricolle- garsi, almeno in parte, proprio alla prolungata con- dizione di ipotensione materna, essendosi alterati i valori pressori che normalmente consentono una corretta ossigenazione del feto. Quindi, in base alle medicina legale em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi o ne , c lin ic a, r ic er ca • A nn o V I n um er o 3 • S et te m br e 20 10 • w w w .e cj .it Materiale protetto da copyright. Non fotocopiare o distribuire elettronicamente senza l’autorizzazione scritta dell’editore. 44 risultanze del giudizio, il giudice di primo grado ha concluso per ritenere che causa della prolun- gata condizione di ipotensione arteriosa materna era stata l’anestesia epidurale non correttamente eseguita. Secondo gli imputati, invece, il calo pressorio po- teva avere avuto cause diverse dalla ritenuta non corretta esecuzione dell’anestesia e, inoltre, il dan- no neurologico del bambino avrebbe potuto farsi risalire a cause che prescindevano totalmente dal calo della pressione arteriosa della madre. Il giudice di primo grado ha estesamente argomen- tato sulle eccezioni formulate dai sanitari come se- gue. Anzitutto, il giudice di prime cure ha escluso che le lesioni riportate dal neonato fossero riconducibili a fattori prenatali in quanto dalla testimonianza del medico ginecologo è emerso l’andamento assoluta- mente regolare della gravidanza. È stato rilevato, inoltre, che nessuna anomalia era rinvenibile nella fase immediatamente successiva al ricovero e antecedente all’inizio dell’anestesia in quanto la paziente è stata sottoposta agli ordinari controlli riportati con i relativi orari, nella cartella clinica e il tempo trascorso dal ricovero deve rite- nersi normale, essendo stato in parte impiegato per l’effettuazione dei controlli e in parte dipeso dall’ef- fettuazione di altri parti. Il giudice di primo grado ha sottolineato ancora che i periti hanno, in par- ticolare, escluso una situazione di cronica ipossia fetale che normalmente si esprime con una ridu- zione dell’accrescimento e del peso fetale, una ri- duzione del liquido amniotico, una alterazione dei parametri CTG. Dalla documentazione medica in atto, in particolare dal tracciato cardiotomografico (esame effettuato tra le 12.30 e le 13.25 del giorno in cui è stato eseguito l’intervento) e dai dati neo- natologici relativi ai parametri morfologici valutati alla nascita, non si evidenzia nessuna delle variabili sopra indicate. In particolare, la limpidezza del li- quido amniotico e le risultanze del tracciato car- diotomografico, ancorché non effettuato per tutto il travaglio del parto, sono da ritenersi sufficiente- mente indicativi del benessere del feto unitamente agli altri elementi osservati. Il giudice di primo grado, a questo punto, ha por- tato la propria attenzione alla fase, successiva, dell’esecuzione della procedura anestesiologica premettendo quanto posto in evidenza dai periti in ordine alla necessità che la «perfusione materno- fetale con conseguente scambio di O 2 sia garanti- ta da un corretto equilibrio pressorio», e finendo con il rilievo che le indicazioni fornite dai periti permettono di ritenere non valida, perché priva di adeguata motivazione, l’osservazione contenu- ta nel parere espresso dal perito di parte secondo il quale «la limitata – nel tempo e nell’intensità – fase di ipotensione arteriosa che la gestante ha evidenziato non può avere evocato nel neonato conseguenze neurologiche dannose, a meno che non preesistessero o coesistessero a suo carico altre patologie del tutto indipendenti dalla tecnica e dai farmaci di anestesia, cui si è fatto ricorso nel caso». Nella fase prenatale nulla di anormale era accaduto o era stato scientificamente rilevato che potesse far pensare a una sofferenza fetale prenatale o, in parti- colare, a una ipossia fetale cronica e nessuna prova era stata prodotta per dimostrare il contrario, per dimostrare, cioè, che le conseguenze neurologiche dannose preesistevano o coesistevano a carico del bambino con altre patologie; e se le conseguenze neurologiche non preesistevano o non coesisteva- no con altre patologie significa – secondo il giudice di primo grado – che le stesse sono state determi- nate da qualcosa verificatosi durante l’anestesia, da quel calo di pressione, non limitato nel tempo e nell’intensità, ma, protrattosi nel tempo (circa tren- ta minuti) e di tutt’altro che irrilevante intensità. Neppure può accogliersi – sempre secondo il giu- dice di primo grado – l’ipotesi formulata dal pe- rito di parte che l’ipossia fetale potrebbe essere stata causata da una anemizzazione acuta mater- na dipendente da una causa chirurgica. Ciò per la decisiva ragione che l’ipotesi di emorragia è stata attendibilmente smentita in sede testimoniale con l’accertamento che il valore basso dell’emoglobina rilevabile all’esame emocromocitometrico deve at- tribuirsi, anche in mancanza di rilievi circa feno- meni emorragici nella cartella clinica e sulla scorta dell’esame effettuato il giorno successivo all’inter- vento, alla consistente perfusione dei liquidi neces- sari per l’anestesia. Il giudice di primo grado ha, infine, escluso quale causa del danno la rilevanza del giro di funicolo stretto intorno all’arto inferiore destro in ragione della zona interessata. Quindi, in base alle argomentazioni che precedo- no, la Cassazione ha pronunciato il rigetto della impugnazione proposta dai sanitari per le ragioni di seguito riassunte: • escluso che il danno neurologico del bambino abbia avuto causa diverse dal calo della pressione della partoriente ed escluso che questo calo possa essere dipeso da altre, ipotizzate, cause; • accertato che questo calo si è verificato nel corso del parto ed è stato prolungato e rilevante; medicina legale em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi o ne , c lin ic a, r ic er ca • A nn o V I n um er o 3 • S et te m br e 20 10 • w w w .e cj .it Materiale protetto da copyright. Non fotocopiare o distribuire elettronicamente senza l’autorizzazione scritta dell’editore. 45 • preso atto che l’ipotensione materna è una del- le complicanze codificate dell’anestesia epidurale, che l’ipotensione deve risolversi al più presto, an- che per evitare danni cerebrali al nascituro e che la procedura prevista per l’anestesia epidurale non è stata seguita, nel caso di specie, nel rispetto delle leges artis; • accertato che il calo della pressione si è verifica- to subito dopo l’inizio della procedura anestesio- logica, la conclusione che il calo della pressione e, quindi, il danno neurologico del bambino sono stati conseguenza dell’anestesia epidurale non cor- rettamente eseguita è conclusione che si impone sul piano scientifico e sul piano logico, intenden- dosi, per piano logico, la conclusione, inevitabile, logica appunto, che deve trarsi da dati scientifici sovrapponibili e sovrapposti ai dati di fatto propri della fattispecie. Quindi, secondo la Corte, i giudici di merito han- no indicato con esattezza la legge scientifica di co- pertura e hanno preso in considerazione le ipotesi di altre cause o condizioni dell’evento, prospettate dagli imputati. Il diritto La sentenza in analisi ha approfonditamente ana- lizzato la fattispecie concreta di “asfissia perinatale ed encefalopatia ipossico-ischemica convulsa” ve- rificatesi a causa di uno scorretto intervento medi- co in sede di anestesia epidurale. Nel caso di specie, la sentenza ha analizzato la re- sponsabilità dei sanitari interessati nella differente posizione di medico anestesista e medico specializ- zando, giungendo ad affermare il principio secon- do il quale l’intervento diretto dello specializzando importa per il medesimo una responsabilità – da condividere con il medico anestesista, in questo caso – per errore medico allorché venga accertata l’erroneità dell’intervento praticato nonché la vio- lazione delle leges artis, che si devono presumere conosciute anche dal medico specializzando. In generale, l’attività medica non è soggetta a rigide regole operative, discendendo direttamente da un pa- trimonio di conoscenze che viene elaborato dal sin- golo medico, anche grazie alla pratica professionale. Il professionista medico è obbligato ex lege a svol- gere la propria attività con la diligenza del profes- sionista ai sensi dell’art. 1176 Codice Civile*. Gli obblighi del professionista dunque consistono nella buona pratica sanitaria con l’esecuzione di attività medica e nel costante aggiornamento pro- fessionale. La formazione professionale dei medici avviene attraverso le Scuole di Specializzazione. Nell’eser- cizio dell’attività di specializzazione il medico spe- cializzando viene affiancato da cosiddetti formato- ri, ossia coloro i quali hanno il compito di guidare lo specializzando lungo un complesso iter cultu- rale di formazione onde evitare che il collega con minore esperienza abbia momenti di smarrimento professionale, legati sia al suo ruolo sia alle sue azioni. Secondo la modalità delineata, il medico specializ- zando si inserisce nell’organizzazione divenendo parte del personale ospedaliero. L’aspetto specialistico e l’autonomia del medico specializzando obbligano lo stesso a un continuo confronto con il proprio medico formatore, e spet- ta proprio a quest’ultimo effettuare i controlli su tutto l’operato del sottoposto. Dal punto di vista della responsabilità penale per errore medico, il professionista apprendista, come abbiamo visto, risponde personalmente. La responsabilità personale del medico apprendi- sta viene valutata secondo i parametri della negli- genza, imprudenza, imperizia e nella relativa inos- servanza di leggi, regolamenti e discipline vigenti relativi allo svolgimento della propria attività pro- fessionale. Ne deriva che ogni azione e omissione del medi- co specializzando comporta una responsabilità del medesimo e la determinazione del grado di respon- sabilità viene accertata in base all’attività eseguita, sulla scorta delle conoscenze che devono essere proprie del soggetto in relazione al percorso for- mativo che lo specializzando ha seguito. Quindi, come si è rilevato nel caso analizzato, l’at- tività medica posta in essere dal medico specializ- zando è fonte diretta di responsabilità per il mede- simo sanitario dal quale ci si attende la conoscenza delle leges artis che disciplinano l’attività medica. *Secondo l’art. 1176 c.c. «Nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia e nell’adem- pimento delle obbligazioni inerenti all’esercizio di un’attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell’attività esercitata». medicina legale em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi o ne , c lin ic a, r ic er ca • A nn o V I n um er o 3 • S et te m br e 20 10 • w w w .e cj .it Materiale protetto da copyright. Non fotocopiare o distribuire elettronicamente senza l’autorizzazione scritta dell’editore. 46