Una research agenda per la Medicina d’Urgenza italiana Primiano Iannone Direttore SC Pronto Soccorso, Ospedale di Lavagna, ASL4 Chiavarese (GE) è opinione sempre più diffusa che, se la ricerca biomedica non è deputata al semplice accresci- mento di conoscenze ma a permettere esiti sani- tari sempre più rilevanti e soddisfacenti per il più vasto numero possibile di persone, nel rispetto dei principi etici fondamentali, allora essa non può esaurirsi in curiosity driven research, e meno che mai in market driven research. Bisogna invece che si trasformi in problem driven research, centrata sui più importanti obiettivi di salute pubblica, definiti dal concorrere delle aspettative legittime ed espli- cite dei vari portatori di interessi (ricercatori, me- dici, altre professioni sanitarie, pazienti, manager e politici, industria, istituzioni filantropiche), e che veda i suoi risultati utilizzati con tempestività ed efficienza sul paziente, sulla popolazione, o per in- formare le grandi decisioni di politica e organizza- zione sanitaria. Vari ostacoli si frappongono tuttavia alla compiuta realizzazione di questa visione ottimistica sul va- lore e le ricadute della ricerca biomedica. Il primo e più importante è nella discrepanza fra research questions concepite e sviluppate dalla comunità dei ricercatori – talora commisti in modo opaco alla logica for profit dell’industria farmaceutica e del- le biotecnologie – e research needs percepite dagli utilizzatori della ricerca: medici, pazienti, ammini- stratori, politici e società in senso lato. Difficilmen- te questi obiettivi collimano. L’altro gap, altrettanto rilevante, è quello traslazionale, cioè il blocco che si realizza fra le ipotesi generate dalla ricerca bio- medica di base e la loro sperimentazione clinica (from bench to bedside) – il cosiddetto blocco tra- slazionale T1, translation to humans. Vi è poi quello che impedisce il trasferimento dei risultati dalla ri- cerca clinica d’eccellenza (trial randomizzati e con- trollati, metanalisi, health technology assessments, linee guida) ai gruppi di pazienti (blocco T2, tran- slation to patients), per finire con l’ultimo ostacolo (blocco T3, translation to practice) alla traduzione dei risultati della ricerca in politiche assistenziali e innovazioni organizzative. è risaputo: una quota consistente della ricerca si perde in questo percor- so tortuoso e non trova adeguato sbocco pratico, con costi umani e materiali enormi a causa della mancata adozione di tecnologie e pratiche sanita- rie utili e il perpetuarsi di pratiche inutili, obsolete o addirittura dannose. L’“inefficienza” complessiva della ricerca biomedica nel raggiungere i suoi sco- pi è ulteriormente peggiorata da altri sprechi. Che cominciano con la scelta di research questions talo- ra mal poste, nella più totale ignoranza delle espe- rienze già compiute e attingibili dalla letteratura, oltre che scarsamente rilevanti per i clinici e per i pazienti. Passano per metodi di ricerca e disegno degli studi inadeguati a rispondere alle domande. Continuano con l’under-reporting (soprattutto di quegli studi con risultati negativi) e il reporting selettivo (si pubblicano solo i risultati favorevo- li) e poi finiscono con una distorta – quando non apertamente fraudolenta – interpretazione delle conclusioni. Se questo è, in estrema sintesi, l’orizzonte entro cui la definizione di una research agenda deve neces- sariamente muoversi, è opportuno chiedersi come ricondurre tale discorso alla Medicina d’Urgenza in generale e a quella italiana in particolare. La prima domanda, radicale, è se sia davvero necessaria la ricerca in Medicina d’Urgenza, oppure se non sia meglio occuparsi solo di assistenza sanitaria, la- sciando le incombenze della ricerca “a chi abbia tempo da dedicarvi”. La risposta non è scontata, se ci si limita a una con- cezione tradizionale, bench to bedside, della ricer- ca stessa, e si considera la distanza fra Medicina d’Urgenza e ricerca di base, rivolta alla conoscenza delle “cause prime” delle malattie e dei loro mec- canismi fisiopatologici intimi, o la difficoltà estre- ma a concepire e condurre trial clinici tradizionali, randomizzati e controllati, nel caotico e affollato mondo dei Dipartimenti di Emergenza. Per molto tempo, in effetti, è stato proprio così, con pochi emergency care journal editoriale em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi o ne , c lin ic a, r ic er ca • A nn o V I n um er o 2 • G iu gn o 2 01 0 • w w w .e cj .it Materiale protetto da copyright. Non fotocopiare o distribuire elettronicamente senza l’autorizzazione scritta dell’editore. 4 studi – e pochissimi davvero rilevanti – condotti nei Dipartimenti di Emergenza, quasi sempre in una manciata di grandi centri accademici norda- mericani, dove la ricerca in Medicina d’Urgenza e sulla Medicina d’Urgenza è fiorita. Se invece con- sideriamo la Medicina d’Urgenza come interfaccia principale fra ospedale e cure primarie, punto di approdo dell’emergenza territoriale e snodo crucia- le di percorsi assistenziali costosi e complessi, con il concorso di team multiprofessionali e multidi- sciplinari, e luogo per eccellenza di presentazione dell’acuzie indifferenziata, si comprende facilmen- te come la nuova ricerca traslazionale e valutativa trovi nella Medicina d’Urgenza stessa un terreno fertile di sviluppo (molto più che in altre discipline monospecialistiche ospedaliere), avvalendosi delle nuove metodologie (studi after-before, studi quali- tativi, o di comparative effectiveness, per esempio) e allargandosi a campi di indagine quanto mai va- riegati e “non convenzionali” (dalla simulazione al forecasting, dagli studi metacognitivi al risk mana- gement). Il tutto per affrontare problematiche che – in assen- za di evidenze certe – dovrebbero costituire delle priorità alte nell’agenda della ricerca, perché – in un’ottica di salute pubblica – a elevato impatto in termini di costi, frequenza, rischi e, non ultimo, elevata ansia sociale. Cosa si è tuttavia finora ma- terializzato e cosa è concretamente realizzabile, so- prattutto in Italia, per evitare che tutto quanto det- to sopra non sia altro che whishful thinking? Altro- ve, e parliamo soprattutto degli USA dove gran par- te della ricerca in Medicina d’Urgenza è compiuta, essa è nata e decollata in pochi centri accademici e con il contributo determinante di ricercatori di altre branche biomediche, fino al raggiungimento di una invidiabile quota di oltre il 50% di tutta la ricerca biomedica mondiale in Medicina d’Urgen- za, e una progressiva acquisizione di finanziamenti pubblici NIH, sebbene ancora proporzionalmente inferiori a quelli ottenuti dalle altre discipline. In quel caso, l’effetto dell’accademia, della esistenza della specialità e il contatto e la collaborazione con altre discipline hanno svolto un ruolo determinan- te, per l’effetto didattico ed emulativo trainante che ricercatori di esperienza hanno avuto sui me- dici dell’urgenza, motivati ma talvolta inesperti di ricerca clinica. Il modello è esportabile, nella fattispecie, all’Italia? Un dato è sorprendente del panorama della ricerca in Medicina d’Urgenza nostrana: nonostante l’as- senza fino a pochissimo tempo fa di una scuola di specializzazione, la ricerca italiana in questo set- tore era – a tutto il 2005 – ai primissimi posti del panorama mondiale, fatti salvi i limiti di significato degli indici bibliometrici correnti (Impact Factor). Probabilmente, su tale risultato gradevolmente inatteso gioca un ruolo determinante il contributo di tanti medici di derivazione specialistica (soprat- tutto internistica) con esperienze di ricerca clini- ca e/o di base, confluiti nella Medicina d’Urgenza. Con il decollo della specialità, le cose non potreb- bero che migliorare, in teoria, se la carenza di me- dici paventata nei prossimi anni non assorbirà tut- te le risorse disponibili in assistenza, lasciando a secco le prospettive della ricerca. Tuttavia, anche nella migliore delle ipotesi, e cioè che si inneschi (o meglio, si amplifichi) un percorso di ricerca si- mile a quello nordamericano, potenziato dall’acca- demia, esso non garantirebbe la copertura di quei gap e sprechi che abbiamo sopra citato, e che lo stesso modello nordamericano non ha saputo evi- tare, quanto meno per ciò che attiene ai blocchi traslazionali T2 e T3. Posto il bisogno di ricerca in Medicina d’Urgenza in Italia, e di sempre migliore ricerca, occorre di conseguenza pensare alla costruzione di un fra- mework valido e moderno di supporto a questa im- presa, che superi la ottimistica quanto ingenua pre- visione che l’ingresso dell’Università e della specia- lità in Medicina d’Urgenza risolva tutti i problemi. Senza pretese egemoniche, l’AcEMC potrebbe in effetti fare molto, come comunità di medici dediti alla Medicina d’Urgenza e appassionati ai problemi della ricerca sanitaria in questo specifico ambito. Per promuovere la ricerca, non per ostacolarla. Per contribuire alla compilazione di una research agenda, non per dettarla. Attraverso, per esempio, l’organizzazione di tavole rotonde dove, mettendo insieme tutti gli stakeholders (dall’Università alle Charities, dai medici ai pazienti, dai manager sani- tari e decisori politici alle società scientifiche) – e non solo i ricercatori – si arrivi a una definizione il più possibile ampia e condivisa delle priorità della ricerca in Medicina d’Urgenza, oltre le prospetti- ve di branca ospedaliera specialistica, per toccare i rilevantissimi problemi di salute pubblica che la investono; fornendo il supporto metodologico per individuare le research questions più rilevanti, promuovere la valutazione critica della letteratura, l’identificazione delle aree grigie e l’interpretazio- ne corretta dei risultati alla luce delle conoscenze complessive; consigliando i disegni di studio più opportuni e idonei a rispondere alle questioni po- ste (inclusa l’eticità della ricerca stessa); fornendo strumenti di ausilio (e conoscenza) per la parteci- editoriale em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi o ne , c lin ic a, r ic er ca • A nn o V I n um er o 2 • G iu gn o 2 01 0 • w w w .e cj .it Materiale protetto da copyright. Non fotocopiare o distribuire elettronicamente senza l’autorizzazione scritta dell’editore. 5 pazione ai bandi di finanziamento pubblico della ricerca, a livello regionale, nazionale o europeo; in- centivando la collaborazione con le società scien- tifiche di discipline tradizionalmente limitrofe e spesso con maggiore tradizione ed esperienza di ricerca, per progetti comuni; contribuendo alla co- struzione di un registro della ricerca della Medicina d’Urgenza italiana che eviti la duplicazione e fram- mentazione degli sforzi, favorendo il contatto e la collaborazione fra ricercatori di città e regioni di- verse, anche attraverso i nuovi strumenti del Web 2.0; fornendo un data-base dove far convergere la raccolta di dati epidemiologici liberamente acces- sibili; dedicandosi alla knowledge translation, e alla ricerca su quali siano le migliori strategie traslazio- nali, senza le quali il portato della ricerca “alta” è del tutto vano. La recente attenzione del sistema sanitario pub- blico anche italiano a queste tematiche, con la ac- quisita consapevolezza che la ricerca, soprattutto traslazionale – oltre che l’assistenza sanitaria – sia prerogativa essenziale e interesse strategico del ser- vizio pubblico oltre che dell’accademia, come è sta- to già riconosciuto dalla Roadmap nordamericana del NIH, dal Canadian Institute for Health Rese- arch, o dal Department of Health del Regno Unito, non può che favorire la promozione e il governo della ricerca al di fuori del suo alveo tradizionale per migliorarne la qualità, la fruibilità, e la rilevan- za sociale. Non resta che intercettare e interpretare al meglio queste tendenze, con l’occasione irripe- tibile di rendere la ricerca in Medicina d’Urgenza un nuovo paradigma per la sanità italiana del XXI secolo. Avviso a tutti i soci AcEMC Il giorno 3 luglio 2010, presso l’Aula del Dipartimento di Emergenza ed Accettazione dell’Azienda Ospedaliera Policlinico S. Orsola Malpighi (Via Massarenti, 9 - Bologna), alle ore 9.30 in prima convocazione e alle ore 11.00 in seconda convocazione si terrà l’assemblea dei Soci AcEMC per il rinnovo delle cariche direttive. Prof. Federico Miglio Presidente AcEMC editoriale em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi o ne , c lin ic a, r ic er ca • A nn o V I n um er o 2 • G iu gn o 2 01 0 • w w w .e cj .it Materiale protetto da copyright. Non fotocopiare o distribuire elettronicamente senza l’autorizzazione scritta dell’editore. 6