ecj 4 2009:ecj 4 2009.qxd Materiale protetto da copyright. Non fotocopiare o distribuire elettronicamente senza l’autorizzazione scritta dell’editore. em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi on e, c lin ic a, r ic er ca • A nn o V n um er o IV • A go st o 2 00 9 • w w w .e cj .it 45 revisioni dalla letteratura e dal web emergency care journal Una review sistematica sull’efficacia clinica della somministrazione in continuo degli antibiotici beta-lattamici Generalmente gli antibiotici vengono suddivisi in concentrazione-dipendenti, come gli aminoglicosi- di e i chinolonici, per i quali il massimo killing dei batteri si ottiene incrementando il rapporto tra con- centrazione massima (Cmax) e MIC (Cmax/MIC), e tempo-dipendenti, ad esempio i beta-lattamici, che presentano efficacia tanto maggiore quanto più tempo la concentrazione si mantiene superiore alla MIC (T > MIC). Pertanto, sono state studiate varie modalità di somministrazione degli antibiotici, vol- te a migliorarne l’efficacia (possibilmente riducen- done la tossicità). Tradizionalmente i beta-lattami- ci vengono somministrati in dosi refratte. Negli an- ni si sono succeduti vari studi volti a identificare eventuali vantaggi clinici derivanti dalla loro infu- sione continua; tuttavia, la reale maggior efficacia di questa modalità di somministrazione rimane a tutt’oggi controversa. Per tale motivo gli Autori hanno condotto una revi- sione sistematica della letteratura al fine di determi- nare se la somministrazione degli antibiotici beta- lattamici mediante infusione continua o “estesa” de- termini o meno dei vantaggi “clinici”. A tal fine gli autori hanno svolto un’approfondita ricerca in lette- ratura (PubMed, EMBASE, Cochrane Controlled Trial Register) prendendo in considerazione articoli riguardanti studi con le seguenti caratteristiche: trial controllato randomizzato; confronto tra infusione continua o “estesa” (durata di ogni somministrazio- ne di almeno 3 ore) versus infusione “a bolo” e trat- tamento mirato di infezione acuta in pazienti adulti ospedalizzati. La ricerca iniziale ha identificato un gruppo di 30 articoli potenzialmente utili per la me- ta-analisi, da cui ne sono stati selezionati 14 effetti- vamente inseriti nella review. Gli outcomes considerati erano mortalità e risolu- zione clinica (clinical cure). Pur non essendoci ete- rogeneità significativa tra gli outcomes dei vari stu- di, sono state tuttavia rilevate importanti differenze inerenti la numerosità dei campioni, il setting e la popolazione in esame. Dal funnel plot è emersa una asimmetria dei risultati, a favore dei gruppi in trat- tamento mediante infusione a bolo, che può avere principalmente due spiegazioni: il fatto che nella quasi totalità degli studi il gruppo in trattamento con infusione a bolo riceveva una dose di antibioti- co maggiore rispetto al controllo, oppure il piccolo numero di studi incorporato nella meta-analisi. Per quanto riguarda il “beneficio” clinico, la som- ministrazione di beta-lattamici in continuo o “este- sa” non si è dimostrata superiore rispetto alla som- ministrazione tradizionale (755 pazienti); allo stes- so modo non sono emerse differenze significative di mortalità tra le varie modalità di somministrazio- ne (541 pazienti). Prendendo in considerazione in- vece anche studi osservazionali (non inseriti nella meta-analisi), in due lavori la somministrazione di antibiotici beta-lattamici in continuo si è dimostra- ta superiore rispetto ai boli intermittenti. Commento. Dalla meta-analisi non emerge una dif- ferenza significativa tra le differenti modalità di somministrazione degli antibiotici beta-lattamici negli outcomes, mentre negli studi non randomiz- zati presi in considerazione l’infusione continua sembrerebbe essere dotata di maggiore efficacia ri- spetto all’infusione “a bolo”. Tali risultati suggeri- scono che la somministrazione di antibiotici beta- lattamici mediante infusione continua non sia in- dicata in tutti i pazienti ospedalizzati (ovviamente necessitanti di tale terapia) potendo tuttavia risul- tare superiore ad altre pratiche infusionali in pa- zienti selezionati (ad esempio pazienti critici, co- me coloro affetti da polmonite nosocomiale). Il ra- zionale potrebbe essere quello (confermato da re- centi studi) secondo cui nei pazienti “critici” (ad esempio settici) il mantenimento della concentra- zione plasmatica di farmaco > MIC per il 100% del tempo (T > MIC 100%) determina maggior benefi- cio clinico rispetto a T > MIC inferiore al 100% (ne- gli studi in vitro è sufficiente, a seconda dell’anti- biotico, una T > MIC al più del 70%). Interessante Dalla letteratura e dal web Marco Ricca, Remo Melchio Dipartimento di Emergenza, A.O. Santa Croce e Carle, Cuneo Materiale protetto da copyright. Non fotocopiare o distribuire elettronicamente senza l’autorizzazione scritta dell’editore. em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi on e, c lin ic a, r ic er ca • A nn o V n um er o IV • A go st o 2 00 9 • w w w .e cj .it 46 l’analisi degli Autori sulle possibili cause della dis- crepanza tra studi clinici controllati e osservazio- nali: eterogeneità dei pazienti arruolati (grande in- tervallo di confidenza della meta-analisi); utilizzo nella quasi totalità degli studi randomizzati di dosi di antibiotico superiori nel gruppo “a bolo”; ade- guata analisi farmaco-cinetica e dinamica effettua- ta solamente in pochi studi; prevalenza negli studi osservazionali di pazienti con infezioni da gram ne- gativi (più sensibili per somministrazioni prolun- gate/continue data l’assenza dell’effetto post-anti- biotico da parte dei beta-lattamici nel confronto di tali microorganismi). Infine, vengono sottolineate le potenziali limitazioni di tale analisi: end-point spesso valutati non “in cieco”, in genere scarsa nu- merosità dei campioni in esame, rischio di selection bias negli studi retrospettivi. Roberts JA, et al. A systematic review on clinical benefits of continuos administration of β-lactam antibiotics. Crit Care Med 2009 Vol. 37, No. 6 STEMI in ospedali senza emodinamica: PCI facilitata (precoce ma non troppo), nuove evidenze È utile sottoporre routinariamente ad angioplasti- ca coronarica un paziente con STEMI che ha già ri- cevuto la trombolisi (angioplastica facilitata)? Una meta-analisi del 2005 aveva risposto negativamen- te a questa domanda, individuando la causa del fal- limento di questa strategia in un eccesso di sangui- namento nel gruppo sottoposto a entrambi i tratta- menti riperfusivi (in quanto i pazienti che subisco- no una PCI sono trattati anche con clopidogrel e inibitori delle glicoproteine IIbIIIa). Tuttavia è di- mostrato che i pazienti che non rispondono alla trombolisi e vengono quindi sottoposti a riperfu- sione meccanica (angioplastica di salvataggio, re- scue PCI) ottengono un beneficio. I ricercatori han- no ipotizzato che il problema maggiore della PCI facilitata fosse il tempo troppo breve che intercor- reva tra la trombolisi e la PCI che la seguiva imme- diatamente. Si sono realizzati quindi alcuni studi mirati a definire se esisteva un beneficio quando veniva utilizzato un intervallo di tempo maggiore (superiore a 2 ore) tra trombolisi e PCI. Le rispo- ste incoraggianti giunte da questi trials non erano definitive a causa della bassa numerosità campio- naria. Sul numero del 23 giugno 2009 del New England Journal of Medicine è comparso un impor- tante studio canadese (TRANSFER-AMI) che ha di- mostrato il beneficio della PCI facilitata, ma riser- vata ai centri non dotati di laboratorio di emodina- mica e che quindi devono trasferire il paziente. In sostanza, gli Autori hanno randomizzato oltre 1000 pazienti con STEMI reclutati in ospedali sen- za emodinamica, ad eseguire la terapia standard (trombolisi, eventuale PCI di salvataggio oppure PCI ritardata), oppure all’esecuzione di routine del- la PCI facilitata precoce (entro 6 ore dopo la trom- bolisi) trasferendo il paziente in un centro dotato di emodinamica subito dopo la trombolisi. Il 98,5% dei pazienti randomizzati alla PCI precoce ha effet- tivamente effettuato il cateterismo cardiaco entro un tempo mediano di 2,8 ore, rispetto ad un 88,7% di pazienti sottoposti a cateterismo in un tempo mediano di 32,5 ore nel gruppo di controllo I ri- sultati hanno dimostrato una riduzione dell’end- point combinato mortalità, reinfarto, recidiva di ischemia, scompenso cardiaco nuovo o peggiorato e shock cardiogeno, a 30 giorni dal 17,2% (terapia standard) all’11,0% (PCI precoce di routine), RR 0,64 (IC 95% 0,47-0,87). Non si sono documenta- te differenze tra i due gruppi rispetto ai sanguina- menti maggiori. Gli Autori concludono che in pa- zienti con STEMI che giungono in ospedali senza laboratorio di emodinamica, una strategia che in- cluda la trombolisi e il trasferimento precoce di routine per l’esecuzione della PCI migliora l’outco- me a 30 giorni rispetto al trattamento standard (in- clusa PCI ritardata). Commento. Premesso che l’angioplastica primaria rimane il trattamento ottimale per i pazienti con STEMI, lo studio conferma l’utilità di una strategia che preveda trombolisi + trasferimento per PCI fa- cilitata tra le 2 e le 24 ore dopo la trombolisi nei pazienti che si presentano in ospedali senza labo- ratorio di emodinamica. Cantor WJ. Routine early angioplasty after fibrinolisys for acute myocardial infarc- tion. New England Journal of Medicine 2009; 369: 2705-18. revisioni dalla letteratura e dal web