ecj 3 2009:ecj 3 2009 Materiale protetto da copyright. Non fotocopiare o distribuire elettronicamente senza l’autorizzazione scritta dell’editore. 4 em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi on e, c lin ic a, r ic er ca • A nn o V n um er o II I • G iu gn o 2 00 9 • w w w .e cj .it editoriale emergency care journal Se un marziano arrivasse sulla Terra e si mettesse ad osservare l’assistenza sanitaria (soprattutto in Italia), tra le prime cose che gli salterebbero agli occhi vi sa- rebbe la discrasia esistente tra l’autorappresentazio- ne che l’operatore sanitario ha di sé e della propria professione e la concreta pratica professionale. Questa frattura raggiunge il massimo nel caso del medico, ossia nella situazione apicale. Infatti spesso al giovane medico si richiede ancora il giuramento d’Ippocrate dando come scontato che i cardini com- portamentali della professione medica siano ancora sostanzialmente quelli di allora e che il medico sia – come nel passato – una sorta di “artigiano” la cui pra- tica è tesa al ristabilimento della salute. È proprio in questa immagine diffusa che sta l’er- rore, perché a ben vedere la situazione attuale è completamente cambiata, e lo svolgimento della pratica clinica avviene in un contesto nuovo e di- verso, che pone problemi nuovi e diversi da quelli del passato. In questo breve editoriale non inten- diamo affatto risolvere le questioni aperte, ma al- meno cominciare a fare qualche riflessione per ri- uscire ad afferrare i termini del problema. In suc- cessivi interventi cercheremo di fissare l’attenzione su aspetti più specifici. Per un primo accostamento ai problemi etici posti dall’organizzazione sanitaria, può essere utile ricor- dare un passo scritto nella prima metà degli anni ‘60 del secolo scorso da un grande teologo prote- stante tedesco, che era giunto alla maturità ed ave- va vissuto il processo di transizione avvenuto in Europa nel corso del XX secolo. In un capito inti- tolato: La tecnica è qualcosa di diabolico? comincia- va con la seguente considerazione: “La tecnica non può in nessun caso essere considerata come qual- cosa che continui il processo evolutivo del lavoro artigiano personale. Se osserviamo un moderno na- stro trasportatore per la lavorazione a catena o un sistema di fabbricazione completamente automati- co, ci troviamo di fronte ad un mondo del tutto di- verso [da quello tradizionale] e soprattutto ‘aliena- to’, ‘spersonalizzato’. Lo strumento del lavoro artigiano è a disposizione della mano dell’uomo e con un oggetto siffatto ci troviamo in un rapporto immediato. Con la tecni- ca invece, entrando in funzione le forze della natu- ra, come il vapore, l’elettricità, la forza atomica, si è sviluppato un mondo della produzione qualitati- vamente nuovo, che non si trova più in mano al- l’uomo, ma all’interno del quale l’uomo opera sem- pre più in qualità di funzionario. Quello che io chiamavo la messa in marcia recipro- ca delle forze della natura ha come conseguenza di rendere mediato il rapporto dell’uomo con ciò che si produce mediante l’aiuto di quelle forze. Ed è ap- punto questa zona intermedia che comincia ora a dar luogo a processi propri. Comincia per così dire a fare storia e a sorpassare le persone di fare la sto- ria in campo tecnico. … Non solo ‘usiamo’, per fa- re un esempio, il telefono, ma ne abbiamo anche l’angoscia, perché ci sfrutta, perché scompiglia il corso organico del nostro lavoro e del nostro ripo- so, e in momenti di collera ci sentiamo portati a ca- talogarlo, insieme alla lista delle scadenze e all’uf- ficio delle imposte, nel triunvirato di una moderna tirannide. Ivo Casagranda, Maurizio Mori* Dipartimento di Emergenza e Accettazione, ASO Santi Antonio e Biagio e C. Arrigo, Alessandria *Presidente della Consulta di Bioetica Onlus; Professore di Bioetica, Università di Torino Etica e organizzazione sanitaria Osservazioni preliminari per cominciare ad accostare il problema Materiale protetto da copyright. Non fotocopiare o distribuire elettronicamente senza l’autorizzazione scritta dell’editore. 5 em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi on e, c lin ic a, r ic er ca • A nn o V n um er o II I • G iu gn o 2 00 9 • w w w .e cj .it editoriale La tecnica diventa l’irruzione di un elemento estra- neo nella nostra vita, davanti al quale noi restiamo ammaliati e che, come apparizione di una nuova onnipotenza, può assumere per noi qualcosa di si- mile a un valore religioso. È strano, ma proprio a imitazione di ciò che avviene a livello religioso, sembrano sprigionarsi da questo fenomeno vene- razione, malia e terrore. Nella storia del pensiero il carattere di estraneità della tecnica trova la sua spie- gazione migliore nella teoria hegeliano-marxistica della conversione della quantità in qualità: la tec- nica non è soltanto la somma quantitativa di cono- scenze scientifiche sulla natura e di stadi di possi- bilità nella produzione, ma in quanto assommarsi si verifica, nasce qualcosa di essenzialmente nuo- vo, appunto il ‘completamente diverso’ della tecni- ca. Su questo fatto assai strano e forse il meno notato dai tecnici stessi, e cioè che la tecnica ci è piomba- ta addosso come l’irruzione di qualcosa di estraneo, hanno rivolto invece la loro attenzione proprio i biologi. Konrad Lorenz mostra ad esempio nei suoi acuti studi sugli animali che le grandi mutazioni d’ambiente condizionate dal clima e dalla geologia, nei primi periodi della storia dell’umanità, si com- pirono molto a rilento e perciò l’uomo ebbe lunghi periodi di tempo a disposizione per adattarvisi. Anche la tecnica ci porta ora a una violenta muta- zione della nostra situazione ambientale. Lo si toc- ca con mano. Ma questa mutazione determinata dalla tecnica, si differenzia da quei processi deri- vanti dai fattori climatici e biologici, per il fatto che essa ci è piombata addosso all’improvviso. Si è com- piuta in pochi decenni. Basta immaginarsi che i no- stri nonni possano a un tratto uscire dalla tomba e attraversare una grande strada, per avere un’idea chiara della radenza di questo sviluppo. Innumerevoli difficoltà del mondo tecnicizzato di oggi, dai trasporti e comunicazioni alla politica, de- vono essere ascritti essenzialmente al fatto che noi, in questo nostro mondo così radicalmente mutato, non ci siano ancora acclimatati, e ci muoviamo an- cora nel mondo atomico come degli stranieri”1. Abbiamo riportato ampiamente le parole di Thielicke perché illustrano con efficacia il senso di consapevolezza della profondità del mutamento comportato dall’avanzamento tecnico. Nella cita- zione ritroviamo alcuni temi che hanno riscosso grande successo nella seconda metà degli anni ‘60 grazie alla scuola di Francoforte (Adorno, Horkeimer, Marcuse, ecc.), come ad esempio l’op- pressione provocata dalla tecnica che ridurrebbe l’uomo ‘a una dimensione’, con un ineliminabile estraniamento da sé. Ma essa è interessante perché sottolinea con straordinario vigore almeno i se- guenti punti: 1. l’avvento della tecnica segna un cambiamento radicale nella storia umana; 2. l’industria ha caratteristiche strutturalmente di- verse dall’artigianato, perché il rapporto tra in- dividuo e oggetto non è più diretto ma mediato; 3. la tecnica dà origine a effetti propri, che sono qualitativamente diversi dalla somma degli ele- menti individuali di soggetti specifici; 4. la tecnica irrompe nella nostra vita come ele- mento estraneo; 5. la tecnica ci è piombata addosso all’improvviso per cui non ci siamo ancora assuefatti e siamo come degli stranieri in casa nostra. Se consideriamo che l’organizzazione è una tecni- ca, diventa chiaro perché il discorso di Thielicke assume qualche rilievo anche per il discorso su cui intendiamo cominciare la riflessione. Sino a po- chi decenni fa, la pratica della medicina era quel- la di artigiani che, in quanto singoli, si rapporta- vano con singoli pazienti cui cercavano di offrire le (poche) terapie disponibili. Oggi tutto è cam- biato, perché l’assistenza sanitaria da una parte si avvale sia della industria farmaceutica che appre- sta nuovi farmaci sia dell’industria di nuovi stru- menti tecnici, e dall’altra si avvale della coopera- zione di molti soggetti. Qui sta la novità che cambia il quadro della situa- zione. Grazie all’organizzazione, l’assistenza sani- taria è riuscita a raggiungere obiettivi e successo un tempo inimmaginabili. Ma questo crea anche nuovi problemi e nuove difficoltà. Infatti, come os- servava sempre Thielicke, nella tecnica “compaio- no con gigantesca evidenza, come ingrandite da un pantografo, le caratteristiche di colui che l’ha crea- ta”. Questo ci deve fare riflettere. L’organizzazione in sanità è estremamente positiva, e ci consente di conseguire risultati davvero stupefacenti a favore dei pazienti. Essa ha quindi una positiva valenza etica. Tuttavia, per un verso gli operatori sanitari sembra siano ancora fermi all’idea di essere dei singoli che hanno a che fare con altri singoli, e per un altro si fa fatica a controllare l’organizzazione stessa, crean- do nuovi tipi di difficoltà. Di seguito cerchiamo di individuarne qualcuna. Infatti, se l’organizzazione in sanità ha permesso di raggiungere obiettivi importanti, vi sono indubbia- mente alcuni elementi nei suoi ultimi sviluppi che hanno introdotto delle difficoltà, dei problemi che fanno riflettere sull’eticità di questa. In questi an- ni si è portata avanti negli ospedali la logica azien- dalistica per cui gli ospedali hanno anche cam- biato denominazione assumendo quello di azien- da ospedaliera. Se questo cambio di paradigma organizzativo sem- bra da una parte aver migliorato l’efficienza del si- stema, dall’altra ha indubbiamente creato dei vin- coli alle cure. Ad esempio, l’introduzione dei DRG (Diagnosis Related Group) ha avuto il merito di razionalizzare il sistema facendo capire cosa viene fatto a livello di ciascun ospedale e come vengono utilizzate le risorse. Se questo è un dato positivo, in molti casi si è tuttavia passati alla logica “for pro- fit” che considera il malato interessante se legato ad un DRG “pesante” dal punto di vista remune- rativo. Ciò ha portato, ad esempio, a rendere diffi- coltoso il ricovero di pazienti con DRG a rischio di inappropriatezza. Quale comportamento deve, allora, tenere il medico di fronte ad una persona anziana, sola, senza possibilità di essere assistita a domicilio, che necessita di ricovero ma che ha un DRG poco remunerativo? È più importante il DRG o la persona? Sempre nella logica di cui sopra vi è stata e vi è tut- tora una riduzione dei posti letto ospedalieri nella ricerca della massima efficienza organizzativa. Ma dove sta l’eticità del provvedimento se per rag- giungere questo obiettivo devo costringere il pa- ziente, spesso anziano e sofferente, a rimanere mol- te ore (anche 24-48 ore) su di un letto mobile (ba- rella) di Pronto Soccorso, in attesa che si liberi un posto letto? Ancora: perché meravigliarsi di quanto è successo alla Clinica Santa Rita di Milano, avendo stabilito per legge che i DRG chirurgici valgono, in termini di rimborso, più di quelli medici? In questo modo non si fa altro che creare le premesse per la mes- sain secondo piano dei bisogni di salute delle per- sone, rispetto al profitto. Probabilmente potrebbe essere più etico e più uti- le per il paziente passare, almeno in parte, dalla lo- gica aziendalistica ad una che valuti il paziente in base ai bisogni che esprime e alla necessità che ha di risolverli. Ciò porterebbe ad un altro cambio di paradigma e ad una nuova dimensione etica del- l’organizzazione. Questo, probabilmente, si potrà ottenereseguendo i principi della clinical gover- nance, che mette al cento il paziente e i suoi biso- gni e orienta l’organizzazione sanitaria all’efficacia dagli interventi, nella dimensione dell’evidence ba- sed medicine (EBM), alla verifica dei processi tra- mite l’audit, alla prevenzione del rischio clinico, alla trasparenza e responsabilizzazione(accounta- bility), pur non rinnegando gli elementi propri del- l’efficienza. Bibliografia Thielicke, Helmut, La libertà dell’uomo nell’età della tecnica, Paideia Editrice, Brescia, 1970, pp. 81-84. Materiale protetto da copyright. Non fotocopiare o distribuire elettronicamente senza l’autorizzazione scritta dell’editore. 6 em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi on e, c lin ic a, r ic er ca • A nn o V n um er o II I • G iu gn o 2 00 9 • w w w .e cj .it editoriale