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La proposta di Legge Finanziaria 2007 (approvata dal
Consiglio dei Ministri il 29 settembre 2006), per
quanto riguarda la compartecipazione dei cittadini al-
la spesa per prestazioni di pronto soccorso, al Capo
VI, art. 88, lettera m, così recita: «Per le prestazioni
erogate in regime di pronto soccorso ospedaliero non
seguito da ricovero, la cui condizione è codificata co-
me codice bianco, gli assistiti non esenti sono tenuti
al pagamento di una quota fissa pari a 23,00 euro. Gli
assistiti non esenti, la cui condizione è stata codifica-
ta come codice verde, ad eccezione di quelli afferen-
ti al pronto soccorso a seguito di traumi ed avvele-
namenti acuti, sono tenuti al pagamento di una quo-
ta di 41,00 euro. Sono salve le disposizioni eventual-
mente assunte dalle regioni che, per l’accesso al pron-
to soccorso ospedaliero, pongono a carico degli assi-
stiti oneri più elevati».
Le problematiche sollevate da questo provvedimento
sollecitano una riflessione non superficiale attorno a
una serie di questioni di carattere generale e specifico:
• i provvedimenti di compartecipazione alla spesa

sanitaria da parte del cittadino contraddicono i
principi di equità e universalità, che devono ispi-
rare il Servizio Sanitario Nazionale?

• esiste un overcrowding delle strutture di Pronto
Soccorso e tale fenomeno è legato all’utilizzo inap-
propriato delle stesse? 

• se sì, quali misure si possono realizzare per agire
sulle radici strutturali del problema?

• le misure di compartecipazione alla spesa per le
prestazioni di PS sono giustificate e utili ai fini del
contenimento del fenomeno dell’affollamento e
dell’eventuale utilizzo improprio del servizio?

• in concreto, come dovrebbe essere applicato il ticket
per garantire risultati di efficacia, di equità, di fa-
cilità di gestione?

Per quanto attiene al primo quesito, e cioè l’aderenza ai
principi di equità e universalità, occorre osservare che a
partire dalla Legge n. 833/1978, che sanciva il diritto
a livelli di salute “eguali”, a seguito della continua ten-
denza incrementale verificatasi nella spesa sanitaria si
è passati con il DLgs 502/1992 al concetto di livelli di
salute “uniformi” (secondo criteri prevalenti di compa-
tibilità economica) e infine, con il DLgs 229/1999, al
concetto di LEA, livelli essenziali (mai minimi) di as-
sistenza, con preciso riferimento a caratteristiche gene-
rali di efficacia e a caratteristiche specifiche di appro-
priatezza delle prestazioni1. In effetti, la crescita della
spesa sanitaria, alimentata dall’invecchiamento e dal
progresso scientifico-tecnologico, è un fenomeno con-
dizionante comune a tutti i Paesi sviluppati ed è preve-
dibile2 che nell’arco di 25 anni le risorse destinate alla
sanità passino dall’attuale 7-11% del PIL al 20%. Se
da un lato la crescita ineluttabile di questo settore di at-
tività rappresenta «una locomotiva formidabile del
progresso umano, una fonte di innovazioni, di cui be-
neficeranno tutti i settori dell’economia»3, d’altro can-
to la crescita della domanda porrà sempre più il pro-
blema di definire «un paniere di cure di qualità a com-
pleto finanziamento pubblico» sulla base di criteri di
efficacia e appropriatezza (appunto i LEA!), accanto a
settori nei quali può essere contemplata una compar-
tecipazione dell’utente. Sulla base delle esperienze ge-
nerali e di settore, è da ritenere che, per alcune presta-
zioni ad alto rischio di inappropriatezza o marginali,
forme di compartecipazione alla spesa possano accom-
pagnare programmi di educazione al buon uso dei ser-
vizi, che rendano il cittadino consapevole del valore
delle prestazioni ricevute e dei diversi livelli di priori-
tà della domanda da soddisfare, in relazione alle di-
verse condizioni socio-economiche e alla diversa gra-
vità delle condizioni cliniche.

Ticket per le prestazioni 
di Pronto Soccorso:
questioni etiche 
e questioni economiche
Ugo Sturlese 

Direttore Medicina Interna d’Urgenza, Azienda Sanitaria Ospedaliera “Santa Croce e Carle”, Cuneo



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Tornando ai servizi ospedalieri per l’emergenza, è in-
dubitabile che in particolare nell’ultimo decennio vi sia
stato un notevole incremento nell’utilizzo del Pronto
Soccorso in tutto il mondo sviluppato, con fenomeni
di sovraccarico sul servizio e di sovraffollamento (over-
crowding), che hanno determinato conseguenze anche
gravi sugli esiti delle patologie più gravi.
Naturalmente il sovraffollamento può essere determi-
nato anche da inefficienze interne ai servizi (carente
organizzazione dei flussi, ritardi nell’esecuzione e nel-
la refertazione degli esami e delle consulenze, sosta
prolungata dei pazienti in attesa di posti letto per il ri-
covero in presenza di una progressiva riduzione e di
una cattiva distribuzione del loro numero).
Ma l’incremento degli accessi pare essere il motivo
più evidente: negli USA dal 1993 al 2003 vi è stato un
aumento del 26%, con un carico superiore alle capa-
cità di risposta dei servizi per almeno il 50% del tem-
po4; in Italia nel 2004 vi sono stati 22.491.357 ac-
cessi (dati del Ministero della Salute), con un aumen-
to di circa il 50% nell’ultimo decennio, dei quali il
20% erano codici bianchi, ovvero non urgenze, e il
64% codici verdi, ovvero urgenze differibili5. I dati re-
lativi all’Italia (alta percentuale di codici bassi) sono
molto indicativi di un’inappropriatezza d’uso del
Pronto Soccorso e sono confortati dall’esito di inchie-
ste mediante intervista, condotte periodicamente nei
nostri servizi sui codici bianchi, che evidenziano fra
i motivi più frequenti di ricorso al PS la necessità di
ottenere risposte in tempi brevi e di qualità elevata a
problemi percepiti come urgenti e la non sempre fa-
cile accessibilità agli ambulatori dei medici di base. In
una recentissima indagine (AO Santa Croce e Carle di
Cuneo), su 131 pazienti classificati come codici bian-
chi, solo 45 ritenevano di presentare un disturbo di
salute severo e solo 16 giudicavano il disturbo tale
da richiedere un’attenzione immediata; la metà di es-
si non aveva cercato il medico curante e del restante
50% un buon numero aveva avuto difficoltà ad acce-
dere alle cure primarie. 
Per la verità, negli USA l’overcrowding è addebitato so-
lo in parte all’aumento del numero degli accessi e al-
l’uso inappropriato degli Emergency Departments
(ED), mentre sono sottolineate carenze di tipo strut-
turale (riduzione di posti letto, di staff per l’emergen-
za, di spazi di cura e di osservazione a fronte di una
maggior complessità dei pazienti), carenze assicurati-
ve per le cure di base, restrizioni nella formazione
del personale dell’Emergenza-Urgenza nelle Univer-
sità (Derlet RW, vicepresidente AAEM). Inoltre, co-
me riferisce il n. 1 del 2006 della rivista Annals of
Emergency Medicine, numerosi studi sono stati con-
dotti sulla popolazione dei frequent users of ED, e cioè
sulle persone che utilizzano il PS più di quattro vol-

te l’anno: in realtà questa popolazione risulterebbe es-
sere più ammalata della media dal punto di vista fisi-
co o mentale e quindi sarebbe costretta a richiedere
più cure ospedaliere, malgrado utilizzi con una certa
regolarità i servizi ambulatoriali e non presenti parti-
colari problemi assicurativi4. In ogni caso si tratta di
studi legati a un contesto diverso dal nostro (finanzia-
mento dei servizi in base al numero e al valore delle
prestazioni, diversa e spesso incompleta copertura as-
sicurativa di base) e condotti su una popolazione se-
lezionata (8% degli adulti, 28% degli accessi), che ov-
viamente non considera le inappropriatezze legate al-
l’uso episodico del Pronto Soccorso. Tanto che l’edi-
toriale di Steven L. Bernstein, sullo stesso numero
della rivista, riporta altri studi (Lowe et al. in USA,
van Uden in Olanda) che suggeriscono l’utilità del-
l’estensione degli orari delle cure primarie (almeno
12 ore) nella riduzione degli accessi al Pronto Soccor-
so (–20% e –53% rispettivamente), individuando
quindi in quest’ambito un punto di possibile debo-
lezza del sistema.
Quest’ultima osservazione ci riporta alla necessità di
esaminare le radici strutturali del fenomeno, in una si-
tuazione, quale quella del nostro Paese, in cui non
esistono condizioni di carenza assicurativa nell’acces-
so ai servizi di base, salvo che per una quota sempre
maggiore di cittadini extracomunitari, per i quali tut-
tavia la soluzione non può essere trovata se non in
una normativa generale che promuova una regolazio-
ne delle quote degli immigrati e una regolarizzazio-
ne del loro status. Come già osservato, esistono sicu-
ramente ragioni culturali di carattere soggettivo, deter-
minate in parte da una fiducia quasi miracolistica in
un modello tecnologico di sanità, in parte dalla ne-
cessità di ottenere risposte rapide che non interrom-
pano i “normali” ritmi lavorativi. Accanto a esse vi so-
no ragioni legate a condizioni di disagio psico-sociale
(patologie psichiatriche, dipendenze) e all’invecchia-
mento della popolazione, anche se questo fattore in-
terviene più sulla gravità delle condizioni cliniche di
presentazione che sul numero percentuale degli ac-
cessi. Sembrano tuttavia predominanti ragioni legate
alla carente organizzazione della risposta sanitaria e so-
ciale sul territorio e alle porte dell’ospedale. Proprio in
questo ambito sembra opportuno verificare il risul-
tato dell’introduzione di elementi di innovazione, a
meno che non si intenda (risposta possibile, ma del
tutto impropria) dilatare a dismisura le capacità ope-
rative del Pronto Soccorso. Seguendo questa logica, ci
pare del tutto appropriata l’enfasi posta dal Ministe-
ro della Salute e da molti Assessorati regionali sul po-
tenziamento della medicina di associazione e sulla
costituzione dei gruppi interdisciplinari delle cure
primarie, operanti in strutture (le “Case della Salute”)



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in grado di dare una risposta continuativa (almeno 12
ore) alle molteplici esigenze del cittadino malato
(prevenzione, diagnosi e cura anche delle urgenze
“minori”, prenotazioni di esami e di consulenze spe-
cialistiche, prescrizione di farmaci e di presidi prote-
sici, assistenza sociale). Ugualmente dovrà essere fa-
cilitato, sempre nel rispetto dell’appropriatezza, l’ac-
cesso alla medicina specialistica, prevedendo anche
l’adozione di percorsi diretti dal PS (con triage im-
mediato o differito) per i casi urgenti attinenti le spe-
cialità di base (oculistica, ORL, stomatologia, piccola
chirurgia).
In questo contesto che ruolo giocano le misure di
compartecipazione alla spesa per le prestazioni di PS
(ticket)? È sicuramente vero che tale misura di per sé
non raggiunge lo scopo di combattere l’eccessivo ri-
corso, tante volte inappropriato, al Pronto Soccorso:
come sottolineato da A.M. Ferrari e V. Giustolisi5, do-
po un primo periodo di riduzione della domanda
(della durata di 1-2 anni) si ritorna rapidamente al
trend in aumento degli anni precedenti (anche se, ag-
giungo io, a un livello inferiore allo storico tendenzia-
le). È peraltro da considerare che nella maggior par-
te delle Regioni il ticket è stato applicato solo ai co-
dici bianchi e, qualora esteso anche ai codici verdi
giudicati non urgenti dal medico di turno in Pronto
Soccorso, con criteri ampiamente discrezionali. Mol-
to spesso poi l’importo del ticket non era coerente
con analoghe misure assunte in altri settori, essendo
inferiore ad esempio a quello applicato alle prestazio-
ni di diagnostica ambulatoriale. In ogni caso, trattan-
dosi di una misura non meramente fiscale né sem-
plicemente moderatrice dell’uso di un servizio (anche
se queste motivazioni non possono essere trattate con
sufficienza), essa va accompagnata a una campagna
informativa, che ne evidenzi gli aspetti di correspon-
sabilizzazione del cittadino nel realizzare condizioni
di appropriatezza d’uso dei servizi, allo scopo soprat-
tutto di garantire le cure più tempestive ai casi più
critici che accedono al Pronto Soccorso.
Di conseguenza, particolarmente delicati risultano es-
sere gli aspetti relativi alle procedure di applicazione del
ticket: è essenziale che la richiesta di compartecipa-
zione alla spesa venga percepita come rispondente a
criteri di chiarezza, di semplicità, di equità, anche al
fine di evitare conflittualità immediate e contenziosi
a distanza. L’esperienza ci insegna che occorre defini-
re regole “oggettive”, che non lascino spazio alla sog-
gettività decisionale degli operatori e che consenta-
no di essere applicate a una popolazione numerica-
mente consistente. Pare corretto che, come previsto
dalla “finanziaria”, la compartecipazione riguardi sia
i codici bianchi (per definizione clinicamente inap-
propriati) per prestazioni non seguite da ricovero, sia

i codici verdi (a rischio di inappropriatezza d’uso dei
servizi diagnostici), ad esclusione degli afferenti al
PS per traumi e avvelenamenti. La normativa tutta-
via non specifica se il riferimento viene fatto al codi-
ce in entrata (determinato dall’infermiere in base alla
priorità di cura) o al codice in uscita (determinato dal
medico in base alla diagnosi e alla gravità del caso).
A questo proposito vi è un largo consenso sull’oppor-
tunità di adottare un unico criterio, sufficientemente
oggettivo, basato sulla necessità o meno di ricovero,
con la conseguente applicazione del ticket a tutti gli
assistiti non ricoverati, ad esclusione degli afferenti
per le condizioni patologiche già menzionate. Ugual-
mente, la quota della compartecipazione potrebbe es-
sere differenziata, senza distinzione di codice, in ba-
se alla necessità di eseguire accertamenti diagnostici
o solamente la visita medica. Come previsto dalla
Legge Finanziaria dovrebbero essere rispettati i nor-
mali diritti di esenzione, che tutelano una vasta fascia
di popolazione socialmente o clinicamente “fragile”
(anziani, bambini, percettori di bassi redditi, portato-
ri di specifiche patologie esenti, extracomunitari). 
Naturalmente quest’impostazione della problemati-
ca relativa all’utilizzo crescente del Pronto Soccorso
può prestarsi a riflessioni critiche su aspetti anche di
rilevante importanza, in particolare sul pericolo che
il cittadino possa essere indotto a ritardare o ad evi-
tare il ricorso alle prestazioni sanitarie in alcune con-
dizioni, che richiedono al contrario gran tempestivi-
tà di accesso alle cure (ad esempio in presenza di do-
lore toracico o di deficit neurologico).
Vi è da dire tuttavia che i percorsi previsti per queste
condizioni sono sempre più orientati verso un ricor-
so immediato al Servizio di Emergenza Territoriale
(118) e che comunque un’opportuna iniziativa di in-
formazione, peraltro già in atto da anni, potrebbe
orientare correttamente i cittadini a un utilizzo ap-
propriato dei servizi.
In ogni caso, l’applicazione del ticket per le prestazio-
ni di pronto soccorso potrebbe avere una funzione
di “misura ponte” e di sollecitazione verso un assetto
più equilibrato del Servizio Sanitario Nazionale, tale
da realizzare un forte orientamento verso misure di
promozione della salute, di prevenzione, di potenzia-
mento delle cure primarie. 

Bibliografia
1. Biocca M (ed.). Cittadini competenti costruiscono azioni per la salute.

I piani per la salute in Emilia Romagna 2000-2004. Franco Angeli, Mi-
lano, 2006.

2. Quaderno n. 6 del Cercle des économistes, Le Monde, 23 agosto 2006.
3. Pirani M. La spesa sanitaria motore di sviluppo. La Repubblica, 23

ottobre 2006, p. 18.
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5. Ferrari AM, Giustolisi V. Sole 24 ore-Sanità, 17-23 ottobre 2006.