ecj 3 2009:ecj 3 2009 Materiale protetto da copyright. Non fotocopiare o distribuire elettronicamente senza l’autorizzazione scritta dell’editore. em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi on e, c lin ic a, r ic er ca • A nn o V n um er o II I • G iu gn o 2 00 9 • w w w .e cj .it 41 revisioni dalla letteratura e dal web emergency care journal Bolo di eritropoietina: una nuova arma nella gestione dell’arresto cardiaco? L’eritropoietina, oltre a costituire un ben noto fat- tore di crescita per i progenitori della serie eritroi- de, attiva potenti meccanismi di protezione cellu- lare durante i fenomeni di ischemia e riperfusione in vari tessuti, tra cui il miocardio. Studi su ratti sottoposti a massaggio cardiaco esterno dopo fi- brillazione ventricolare hanno dimostrato effetti positivi sulla perfusione coronarica in corso di ri- animazione e sulla disfunzione miocardica post-ar- resto. Un gruppo di ricercatori sloveni ha pertanto voluto verificare se la somministrazione di eritro- poietina a pazienti vittime di arresto cardiaco ex- traospedaliero poteva migliorarne l’outcome. Lo stu- dio è iniziato come randomizzato, ma a causa di problemi di natura tecnica (indisponibilità del far- maco per carenza di finanziamento), è stato modi- ficato il disegno a posteriori, introducendo anche un gruppo di controllo storico. In sostanza di 24 pazienti in arresto cardiaco che hanno ricevuto eri- tropoietina 90.000 UI bolo entro 2 min dall’inizio del massaggio cardiaco, ben 22 (92%) hanno ripre- so il circolo spontaneo e sono stati ammessi all’u- nità di terapia intensiva, con una sopravvivenza in ospedale del 54%. Del gruppo di controllo il ROSC avveniva nel 53% dei casi e la sopravvivenza in ospedale nel 20%. Gli Autori concludono che l’eri- tropoietina somministrata precocemente nei pa- zienti in arresto cardiaco può migliorare l’efficacia emodinamica del massaggio cardiaco determinan- do un maggior tasso pazienti che recuperano il cir- colo e che sopravvivono in ospedale. Commento. Questo è il primo studio sull’uomo che riporta un effetto positivo dell’eritropoietina nel l’arresto cardiaco extraospedaliero. Dal punto di vi- sta metodologico il problema maggiore è rappre- sentato dalla perdita della randomizzazione nel cor- so del lavoro, per cui in parte il farmaco è stato somministrato non in cieco, con potenziali bias di selezione e di migliore esecuzione della CPR nei pa- zienti trattati. Tuttavia, costituisce uno studio pilo- ta di assoluto interesse, destinato sicuramente a es- sere seguito da studi randomizzati che possano confermare o meno la reale efficacia dell’eritropoie- tina nel contesto dell’arresto cardiaco. Grmec S et al. Erythropoietin facilitates the return of spontaneous circulation and sur- vival in victims of out-of-hospital cardiac arrest. Resuscitation 2009 (in press). Il trattamento trombolitico dell’embolia polmonare acuta: una revisione, poche certezze Questo lavoro, partendo dalla presentazione di un caso clinico di TEP submassiva, analizza le indica- zioni attuali all’utilizzo della terapia trombolitica nei pazienti con TEP acuta, con particolare atten- zione al rischio emorragico, ai parametri emodina- mici, alla mortalità e alla valutazione dei pazienti con TEP submassiva a rischio di evoluzione. Nonostante la terapia trombolitica sia stata impie- gata per la prima volta nel 1960 per il trattamento dell’embolia polmonare acuta, esistono in letteratu- ra solo 11 RCT, peraltro poco numerosi, che hanno comparato questa terapia al trattamento anticoagu- lante convenzionale; di questi, poi, solo uno aveva come end point primario la mortalità (elemento in- dubbiamente fondamentale in questo contesto!). Per quanto riguarda la scelta del trombolitico (strep- tokinasi, urokinasi e rt-PA; approvati dall’FDA), non vi sono studi che abbiano dimostrato la superiorità dell’uno rispetto all’altro e la metanalisi del 2005 non ha evidenziato differenze significative; tuttavia, le linee guida ACCP consigliano l’utilizzo di rt-PA poiché ha il minor tempo di infusione (10 mg a bo- lo seguiti da 90 mg in 2 ore) ed è considerato fibri- no-specifico, attivando preferenzialmente il plasmi- nogeno sulla superficie del trombo. In merito al rischio emorragico, vi sono determi- nate controindicazioni assolute che- però- gli Au - tori sottolineano poter essere anche considerate su- perabili in condizioni estreme di EP massiva (solo la concomitante presenza di emorragia cerebrale ri- Dalla letteratura e dal Remo Melchio, Elena Migliore, Fulvio Pomero Dipartimento di Emergenza, AO Santo Croce e Carle, Cuneo mane una controindicazione assoluta). Dai dati de- gli 11 già citati RCT, risulta che la terapia trombo- litica è responsabile di sanguinamento maggiore nel 9,1% dei casi, contro il 6,1% del trattamento epari- nico convenzionale; tale differenza non raggiunge, tuttavia, la significatività statistica. Le emorragie minori si verificano, invece, in maniera significati- vamente maggiore nei pazienti trombolisati (22,7% versus 10%). Dati diversi risultano dal Registro Interna zionale sull’embolia polmonare (ICOPER), in cui ben il 21,9% dei pazienti trombolisati svilup- pa un evento emorragico maggiore, e similarmente nel lavoro di Fiumara del 2006 (19,2%). Dalla me- tanalisi degli 11 RCT non risulta una significativa differenza di mortalità a 72 ore e a 30 giorni tra il gruppo di pazienti sottoposti a trombolisi e il grup- po trattato convenzionalmente (4,3% versus 5,9%); tuttavia, data la già sottolineata povertà metodolo- gica degli studi, già Goldhaber, nel 2005, auspica- va la necessità di un trial con almeno 1000 pazien- ti per poter dimostrare la presenza o meno di un beneficio in termini di mortalità. Nonostante que- sti dati, le linee guida consigliano la trombolisi nel paziente emodinamicamente instabile, mentre ri- mane incerta la condotta terapeutica da tenere in caso di EP submassiva (stabilità emodinamica con evidenza strumentale e/o ematochimica di disfun- zione del ventricolo destro). Tale condizione si sti- ma rappresenti ben il 40-50% di tutti i casi di TEP acuta ed è gravata da una mortalità maggiore (se- condo il registro ICOPER, i pazienti con disfunzio- ne ventricolare destra, anche con valori pressori normali, hanno un rischio raddoppiato di morire rispetto ai pazienti con funzionalità destra norma- le). Questo dato è stato confermato da un lavoro di Grifoni e Coll., che registrarono una mortalità del 5% nei pazienti stabili ma con dimostrata disfun- zione ventricolare destra, esattamente pari alla mortalità dei pazienti instabili con ipotensione. Sulla scorta di questi dati, Konstantinides ha svol- to uno studio su pazienti stabili ma con disfunzio- ne destra, dimostrando che il trattamento trombo- litico non riduce la mortalità globale ma risparmia l’escalation in questi pazienti. In mancanza di dati definitivi, le linee guida ACCP del 2008 consiglia- no con raccomandazione di grado 2B il trattamen- to trombolitico in selezionati pazienti ad alto ri- schio di evoluzione, ma ancora senza ipotensione e con basso rischio di sanguinamento. Le stesse li- nee guida consigliano (grado 1C) la stratificazione del rischio in tutti i pazienti con TEP. Per identifi- care i pazienti a rischio di peggioramento clinico mancano, tuttavia, dati certi sulle indagini strumen- tali e/o di laboratorio da utilizzare. Il marker biochi- mico più studiato che si è dimostrato avere una cor- relazione diretta con il grado di disfunzione ventri- colare destra è la troponina. Tale marker cardiaco è anche risultato avere un elevato valore predittivo ne- gativo per la mortalità ospedaliera da TEP. Per cui una troponina normale potrebbe correlare con un basso rischio di evoluzione negativa nel paziente con TEP submassiva, anche se, muovendosi tra le 6 e le 12 ore dall’esordio della sintomatologia, potrebbe in- durre in un ritardo terapeutico pericoloso. Anche il BNP è risultato avere un buon valore predittivo ne- gativo per la mortalità intraospedaliera, ma a fronte di un valore predittivo positivo troppo basso. In ba- se a questi dati revisionati della letteratura, gli Autori di questa revisione giungono alla proposta finale di un algoritmo per la presa in considerazione della te- rapia trombolitica. Commento. Dai dati di questa revisione, effettuata da esperti autorevoli e sintetizzata nell’AGILE al- goritmo finale, non emerge in realtà una condotta terapeutica chiara da tenere nei pazienti con TEP acuta senza deterioramento emodinamico. Al fine di identificare una popolazione che potrebbe esse- re trattata con trombolisi con un buon rapporto ef- ficacia/sicurezza, è necessaria una stratificazione più accurata che tenga conto non solo dell’ecocar- diogramma, ma anche di markers biochimici affi- dabili. Questa risposta potrebbe arrivare da un trial clinico in corso che stratifica i pazienti sulla base di ecocardiogramma, troponina e BNP. Todd JL, Tapson VF. Thrombolytic Therapy for Acute Pulmonary Embolism. A critical apprai- sal. Chest 2009; 135: 1321-29. Materiale protetto da copyright. Non fotocopiare o distribuire elettronicamente senza l’autorizzazione scritta dell’editore. 42 em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi on e, c lin ic a, r ic er ca • A nn o V n um er o II I • G iu gn o 2 00 9 • w w w .e cj .it 42 revisioni dalla letteratura e dal web