ecj 1 2009 00:ecj 1 2009 00 Materiale protetto da copyright. Non fotocopiare o distribuire elettronicamente senza l’autorizzazione scritta dell’editore. 4 em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi on e, c lin ic a, r ic er ca • A nn o V n um er o I • Fe bb ra io 2 00 9 • w w w .e cj .it editoriale emergency care journal Premessa In precedenti contributi1-3 sono stati delineati al- cuni frames teorico-pratici, orientati a documenta- re attività di formazione, che ripensano la comples- sità del Pronto Soccorso e della Medicina d’Urgenza, intesi come laboratori aperti4 per la ri- cerca, la sperimentazione e l’apprendimento conti- nuo. E non solo come un ambito dove si verificano errori clinici, sui quali intervenire dopo. Il presente contributo focalizza una caratteristica dei processi decisionali ivi emergenti, caratterizzati da un’elevata e specifica “densità decisionale”. Prende spunto dal contributo di Prevaldi5, che uti- lizza alcuni costrutti importanti del lessico della psicologia di orientamento cognitivo per illuminare le “trappole mentali”6-8 nelle quali si incorre facil- mente. Tra i termini utilizzati da Prevaldi, si esplo- rerà, per renderlo più accessibile nelle sue declina- zioni concrete, il costrutto cognitivo che connota la “consapevolezza”, il cui uso corrente rischia di banalizzare l’esperienza sottesa. Una caratteristica della consapevolezza è di essere una premessa in- dispensabile a qualunque attività dotata di senso, ma corre il rischio di essere data per scontata, op- pure di essere trasformata in un concetto troppo ampio e passepartout. Sembra dunque utile esplici- tare l’importanza che può assumere un addestra- mento alla “consapevolezza”, più differenziato e fo- calizzato. Lo scopo è quello di avviare un ripensa- mento delle abituali strategie di formazione, intesa come processo di apprendimento, che siano in gra- do di produrre più ampia consapevolezza anche dei processi decisionali9-11. Tale attitudine può illumi- nare le premesse cognitive ed emotive che sono in grado di fronteggiare più adeguatamente i fattori di rischio tipici delle routine del Pronto Soccorso, caratterizzate non solo da alta densità decisionale, ma anche da numerosi altri fattori predisponenti allo stress, come richiamati da Prevaldi. Dalla semantica al processo Con il termine “consapevolezza” oggi si cerca di circoscrivere uno stato mentale caratterizzato da at- tenzione, concentrazione, presenza e vigilanza, orien- tato ad accogliere in modo pacato, realistico, spon- taneo e tranquillo quanto accade ai diversi livelli della realtà interna ed esterna. La lingua inglese utilizza due termini, Awareness e Mindfulness, che sono tradotti in italiano, il primo, con “coscienza” e, il secondo, con “consapevolez- za”. Nel presente contesto utilizzeremo sempre il ter- mine mindfulness12,13, precisando che la traduzione più accreditata è quella di “piena consapevolezza”, per non incorrere in alcune ambiguità del termine “coscienza”. Spesso, infatti, esso – nella lingua ita- liana – rimanda a un significato di “semplice vigi- lanza passiva”, oppure richiama la sua valenza etica, che non sono disgiunte dal termine “consapevolez- za”, ma non ne costituiscono il focus principale. Una breve storia del termine Mindfulness, o piena consapevolezza mentale, è la traduzione in inglese della parola SATI, che in lin- gua pali significa “attenzione consapevole” o “at- tenzione nuda” o, detto diversamente, “il sapere te- nere viva la propria consapevolezza nella realtà pre- sente”. Il termine mindfulness, che è stato recepito dal lessico della psicologia13, è riconosciuto come termine “tecnico” da alcuni approcci cognitivi – ma non solo, come si vedrà – che sono orientati a va- lorizzare le risorse cognitive ed emotive presenti nel Cliente. Ma non dimentica la sua ascendenza se- Eusebio Balocco Consulente di Organizzazione e Formatore di orientamento psico-socio-analitico From Awareness to Mindfulness Alcune ipotesi su come predisporre la mente a trattare la “densità decisionale” in Pronto Soccorso Materiale protetto da copyright. Non fotocopiare o distribuire elettronicamente senza l’autorizzazione scritta dell’editore. 5 em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi on e, c lin ic a, r ic er ca • A nn o V n um er o I • Fe bb ra io 2 00 9 • w w w .e cj .it editoriale mantica che riconduce a processi e stati mentali ca- ratterizzati da illuminazione (satori)14, sorpresa, stupore, conseguiti con l’esercizio della meditazio- ne, intesa in un’accezione che prescinde da qua- lunque riferimento a dimensioni confessionali. Un primo approccio centrato in modo esplicito sul- la mindfulness fu elaborato da Jon Kabat-Zinn15, professore di medicina alla Boston University, in- sieme ai suoi Collaboratori, a partire dai primi an- ni ottanta. Il programma al quale lavorarono, e del quale diedero costantemente conto, era denomina- to Mindfulness Based Stress Reduction (MBSR)16. Tale programma si fondava sulla tradizione bud- dhista Vipassana, che ha tra le sue principali carat- teristiche quella di offrire ai partecipanti l’opportu- nità di fare esperienza diretta e progressiva di mind- fulness, senza per questo richiedere alcun impegno verso l’adozione di un credo buddhista o in qual- che modo religioso e, anzi, senza neppure porre esplicitamente il tema della “meditazione”. Secondo la definizione di Jon Kabat-Zinn, mindful- ness significa «porre attenzione in un modo parti- colare: intenzionalmente, nel momento presente e in modo non giudicante» (Jon Kabat-Zinn, 1994). È autoesplorazione e trasformazione. Permette di assaporare nuovi modi di conoscere e nuovi modi di essere, ascoltando più attentamente la propria personale esperienza, momento dopo momento. Può essere intesa anche come “specchio del pensie- ro”. Riflette soltanto che cosa sta accadendo real- mente, senza polarizzazioni. È osservazione non giu- dicante. È quella capacità della mente di osservare le cose così come sono, senza critiche o giudizi. È consapevolezza non concettuale. È la capacità di «prendere coscienza e vivere in armonia con se stes- si e il mondo intero. Comporta l’autoindagine, la messa in discussione della nostra visione del mon- do, della posizione che vi occupiamo, e l’apprezza- mento della pienezza di ciascun momento della no- stra esistenza. Soprattutto, riguarda il mantenimen- to del contatto con la realtà» (Jon Kabat-Zinn, 1997)16. Si tratta di un’educazione mentale che ci insegna a fare un’esperienza del mondo completamente nuo- va. «Se vogliamo essere felici, dobbiamo innaffiare il seme della consapevolezza che è in noi. La con- sapevolezza è il seme dell’illuminazione, dell’atten- zione, della comprensione, della compassione, del- la liberazione, della trasformazione e della guari- gione» (Thich Nhat Hanh, 1975)12. È utile ribadire che per praticare lo sviluppo della consapevolezza non è assolutamente necessario diventare buddhi- sti: le pratiche sono universali, non dipendono da alcun sistema di credenze, né da alcuna ideologia. A che cosa può servire la mindfulness La mindfulness serve ad assumersi la responsabilità di conoscere meglio il nostro corpo, ascoltandolo attentamente e coltivando le nostre risorse interne di guarigione. È uno degli aspetti centrali della pra- tica di consapevolezza, che parte sempre da una concentrata attenzione ai vissuti corporei e a essi ri- torna costantemente come base della pratica stes- sa. Accresce l’accettazione e la pazienza nei con- fronti del proprio stato di malattia o delle proprie infermità psicologiche e fisiche. Influisce sulla no- stra capacità di padroneggiare le situazioni difficili della vita, conferendo un maggiore potere di ge- stione dello stress, dei conflitti e dei problemi or- dinari e straordinari. Educa a poco a poco la mente a sostituire le emozioni distruttive17 con modi di es- sere più costruttivi, che promuovono l’equanimità, l’amore e la saggezza. In altre parole, «un nudo im- pulso al bene» (Pensa C., 1994)18. Applicazioni e sviluppi della mindfulness Apprendere dall’esperienza10 è una delle cose più difficili, qualunque sia l’approccio teorico al quale ci si riferisca. Esplorare, dunque, alcuni risultati ot- tenuti ricorrendo alle ipotesi di lavoro basate sulla mindfulness può favorire l’acquisizione di un nuo- vo frame esperienziale, entro il quale poter decli- nare la densità decisionale del Pronto Soccorso. 1. Un contributo dell’approccio cognitivo: nel- l’ambito delle applicazioni psicoterapeutiche che si rifanno a un orientamento cognitivo, sa- rà esaminato un ambito circoscritto, ma parti- colarmente delicato e rilevante. Si tratta dell’ap- plicazione della mindfulness alla terapia delle de- pressioni gravi, con una delimitazione esplicita alla prevenzione delle ricadute, in pazienti che si stanno rimettendo da episodi depressivi mag- giori (Segal Z.V., Teasdale M.G.V., Williams G.J.M., 2002 e 2006)19. In questo ambito sono stati raggiunti, dopo prolungate sperimentazio- ni e con l’applicazione di protocolli rigorosi, al- cuni risultati clinici interessanti. Il testo citato, con un prefazione di Kabat-Zinn, è preceduto da un’ampia introduzione di Fabio Giommi20, che rende conto dei risultati fino a ora raggiun- ti e li inserisce nel contesto italiano. Si tratta del primo manuale completo, che traduce in termi- ni rigorosi la pratica della mindfullness. «Sebbene esistano molti metodi e molte tecni- Materiale protetto da copyright. Non fotocopiare o distribuire elettronicamente senza l’autorizzazione scritta dell’editore. editoriale 6 em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi on e, c lin ic a, r ic er ca • A nn o V n um er o I • Fe bb ra io 2 00 9 • w w w .e cj .it che per coltivarla, la mindfulness non è una tec- nica o un metodo, ma può essere definita un modo di essere o un modo di vedere che com- porta un ‘tornare in sé’, in tutti i significati del- l’espressione. Implica il riuscire a diventare più intimi con la propria esperienza attraverso l’e- sercizio sistematico dell’autosservazione, con una sospensione intenzionale dell’impulso a defi- nire, valutare e giudicare l’esperienza. Offre in tal modo molteplici opportunità di superare il ricorso automatico a reazioni emozionali e a processi di pensiero inveterati e perlopiù indi- scussi (…)». È un approccio insolito per un te- sto scientifico, come gli Autori stessi riconosco- no, e penso che, dato l’argomento, sia assoluta- mente funzionale ai loro obiettivi (Jon Kabat- Zinn)21. 2. Un contributo di orientamento psicoanalitico: il costrutto di mindfulness sta suscitando un no- tevole interesse anche tra i professionisti che utilizzano quadri di riferimento psicoanalitico. Il testo di Allen J.G., Fongy P., 200622, “La Mentalizzazione”, recentemente tradotto in ita- liano, sembra un buon esempio di come la ri- cerca clinica si orienti a effettuare ibridazioni coraggiose tra paradigmi non solo diversi, ma spesso concorrenti. In questo caso è stata dedi- cata grande attenzione ai risultati derivanti da una ricerca empirica, connessa alla difficoltà di standardizzare modelli d’intervento efficaci, a fronte delle enormi difficoltà sperimentate nel- l’avviare prima, e nel portare avanti poi, una te- rapia psicodinamica di pazienti borderline. Gli stessi Autori – che rivendicano la relativa novi- tà del loro approccio, mediante il ricorso siste- matico ai processi di mentalizzazione – ricono- scono il loro debito alla pratica della mindful- ness, intendendola come «un’attenzione poten- ziata e una presa di consapevolezza nei confronti dell’esperienza corrente o della realtà presente, ca- ratterizzata da un’attenzione e consapevolezza particolarmente ricettive». (Allen J.G., Fonagy P., 2006, 2008)22. Una sperimentazione ormai decennale, che trova una prima ampia docu- mentazione nel testo citato, sembra orientare i clinici e i ricercatori della Menninger Clinic di Topeka, nel Kansas, a ritenere che, per ottenere la collaborazione dei pazienti, sia praticamente indispensabile premettere un’adeguata prepara- zione psicopedagogica, orientata a far sperimen- tare una almeno incipiente consapevolezza dei propri processi interni, per poter avviare e per rendere poi utilizzabili dai pazienti borderline gli interventi che una terapia psicodinamica può offrire. 3. Un contributo organizzativo: a questo punto sarebbe utile evidenziare alcune implicazioni della mindfulness e il loro impatto sulla vita or- ganizzativa del Pronto Soccorso. Qui si può so- lo proporre un cenno sintetico, che potrà esse- re ripreso e approfondito in un prossimo con- tributo. Si tratta di meditare alcuni contributi rilevanti dell’opera di Karl WEICK23,24, più volte citato in precedenti contributi1, che è considerato uno dei più autorevoli studiosi, a livello mondiale, di Organizzazioni comples- se, esposte a grandi rischi, e delle strategie co- gnitive25 che possono prevenire il collasso del sensemaking. Noto che Maurizio Catino26, che si rifà nel suo libro alle ipotesi di Weick, dedi- ca un solo cenno rapido alla mindfulness, a p. 243, traducendola come “attenzione vigile”. In questo modo rischiano di andare persi lo spes- sore semantico e l’utilizzo di una chiave di let- tura promettente. Il secondo capitolo del vo- lume di Weick e Sutcliffe, intitolato “Expectations and Mindful ness”, enfatizza, an- che a livello metaforico, la necessità della mindfulness, «Formally, we define mindfulness as ‘rich awareness of discrimninatory detail’» (p. 32). Si può ipotizzare che la sottostima della mindfulness possa dipendere da una scarsa pro- pensione a lasciarsi coinvolgere in integrazio- ni e ibridazioni con modelli teorici ancora grezzi, che possono però contenere intuizioni dissonanti. Credo che se ne possa discutere, anche perché i problemi e le decisioni che so- no richieste in tempi rapidi, per la loro solu- zione, emergono quasi sempre in un contesto dato con dimensioni “olistiche”, non ancora scissi da competenze specialistiche27. Bibliografia 1. Balocco, E., Alcune ipotesi per una formazione consistente, orientata a favorire processi di auto organizzazione di sensema- king in Pronto Soccorso. ECJ 2005, I, n. 1, 2006, pag. 18-21. 2. Balocco, E., Il Pronto Soccorso tra processi di auto organizza- zione e workplace learning, ECJ 2006, II, n. 6, pag. 19-22. 3. Balocco, E., Pesenti Campagnoni, M., L’etica protestante nella formazione del medico di Pronto Soccorso. Alcune considera- zioni prima e dopo un corso di formazione, ECJ 2007, III, n. 6, pag. 24-29. 4. Catino M, Albolino S. Colpa ed errore – Logiche d’analisi in aero- nautica ed in medicina. In: Studi Organizzativi. Franco Angeli Editore, Milano, n. 1, 2008, pp.117-144. 5. Prevaldi C. Strategie cognitive: un metodo per ridurre l’errore diagnostico in Pronto Soccorso. ECJ 2009, V, n. 1. Materiale protetto da copyright. Non fotocopiare o distribuire elettronicamente senza l’autorizzazione scritta dell’editore. 7 em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi on e, c lin ic a, r ic er ca • A nn o V n um er o I • Fe bb ra io 2 00 9 • w w w .e cj .it editoriale 6. Motterlini M. Trappole mentali – Come difendersi dalle proprie illusioni e dagli inganni altrui. Rizzoli, Milano, 2008. 7. Jervis G. Pensare dritto, pensare storto. Introduzione alle illu- sioni sociali. Bollati Boringhieri, Torino, 2007. 8. Antomarini B. Pensare con l’errore – Il bersaglio mobile della co- noscenza. Codice Edizioni, Torino, 2007. 9. Pravettoni G, Vago G. La scelta imperfetta – Caratteristiche e li- miti della decisione umana. Mc Graw Hill, Milano, 2007. 10. Motterlini M, Crupi V. Decisioni mediche. Raffaello Cortina, Milano, 2005. 11. March JG (1994). Prendere decisioni. Il Mulino, Bologna, 1998. 12. Hanh TN (1975). Il miracolo della presenza mentale: un ma- nuale di meditazione. Ubaldini, Roma, 1992. 13. WIKIPEDIA, vedi alla voce Mindfulness. I diversi motori di ri- cerca danno conto in modo dettagliato dello stato dell’arte e del relativo mercato. 14. Provenzali A. Zen ed imprenditorialità. Sviluppo & Organizza - zione 2008; 228: 30-43. 15. Kabat-Zinn J (1994). Dovunque tu vada ci sei già. Corbaccio, Milano, 1997. 16. Kabat-Zinn J (1997). Le emozioni che fanno guarire. Mondadori, Milano, 1998. 17. Dalai Lama, Goleman D (2003) (a cura di). Emozioni distrutti- ve – Liberarsi dai tre veleni della mente: rabbia, desiderio e illu- sione. Mondadori, Milano, 2003. 18. Pensa C. La tranquilla passione – Saggi sulla meditazione bud- dista di consapevolezza. Ubaldini, Roma, 1994. 19. Segal ZV, Teasdale MGV, Williams GJM (2002). Mindfulness – Al di là del pensiero, attraverso il pensiero. Bollati Boringhieri, Torino, 2006. 20. Giommi F (2006). Introduzione a: Mindfulness – Al di là del pensiero, attraverso il pensiero. Cit. 21. Kabat-Zinn J (2002). Prefazione a: Mindfulness – Al di là del pensiero, attraverso il pensiero. Cit. 22. Allen JG, Fonagy P (2006) (a cura di). La mentalizzazione – Psicopatologia e trattamento. Il Mulino, Bologna, 2008. Altri te- sti che esplicitamente introducono il riferimento alla mindful- ness: Germer CK, Siegel RD. Mindfulness and Psychotherapy. Guilford Pubblications, 2005. 23. Weick KE (1979). Organizzare – La psicologia sociale dei pro- cessi organizzativi. Isedi, Torino, 1993. 24. Weick K (1995). Senso e significato nell’organizzazione. Raffaello Cortina, Milano, 1997. 25. Weick KE, Sutcliffe KM. Managing the Unexpected – Resilient performance in age of Uncertainty. John WILEY & Sons, S. Francisco, CA, 2007. 26. Catino M. Da Chernobyl a Linate – Incidenti tecnologici o erro- ri organizzativi. Mondadori, Milano, 2002. 27. Tagliagambe S. Saper fare la scuola: il triangolo che non c’è. Einaudi, Torino, 2008.