emergency care journal editoriale em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi o ne , c lin ic a, r ic er ca • A nn o V II nu m er o 2 • G iu gn o 2 01 1 • w w w .e cj .it Materiale protetto da copyright. Non fotocopiare o distribuire elettronicamente senza l’autorizzazione scritta dell’editore. 3 Non-invasive Intensive Care in Pronto Soccorso e Medicina d'Urgenza Nicola Di Battista SC Medicina d'Urgenza - Ospedale di Faenza (RA) Tissue is the issue “Tissue is the issue” è il messaggio operativo che da alcuni anni la cultura intensivistica promuove in modo pressante verso tutti i professionisti che operano nel settore dell’urgenza. Il noccio- lo della questione sta nella cellula: ovvero il trattamento di un paziente “critico” impone che ogni sforzo diagnostico e/o tera- peutico debba sempre essere indirizzato all’ottimizzazione della perfusione cellulare, vero ed unico terminale, al fine di salva- guardarne il metabolismo. In una logica fortemente interdisci- plinare, ogni competenza specialistica coinvolta deve ribaltare il proprio approccio metodologico, ovvero operare una sorta di rivoluzione copernicana: in emergenza il consueto baricen- tro degli interessi diagnostici e terapeutici, rappresentato dalla tradizionale centralità toracica (cuore e polmoni) deve saper cedere il passo alla “periferia” ovvero alla cellula; meglio, al mi- tocondrio. L’ottimizzazione della funzione cellulare costituisce il prerequisito necessario ed indispensabile per un controllo del danno d’organo in essere ed in possibile rapida evoluzione. Sen- za tale chiarezza di obiettivi da perseguire, ogni nostro tentativo rischia di essere vanificato. La minore invasività possibile Negli ultimi due decenni il rapporto costo-beneficio degli in- terventi intensivistici invasivi, inteso soprattutto in termini di salute, ha messo in chiara evidenza i rischi derivanti dalle possi- bili complicanze cui ogni manovra invasiva è esposta. La minore disponibilità economica, contemporanea all’aumento dei costi degli interventi sanitari, ha favorito un interesse ed un’attenzio- ne crescenti nei confronti della tecnologia non-invasiva. L’acquisizione di una buona conoscenza scientifica e fisiopatolo- gica della medicina intensiva, integrata con l’utilizzo di tecno- logia innovativa non invasiva, ha offerto al medico dell’urgenza una preziosissima opportunità di crescita culturale, di identi- ficazione professionale e di revisione organizzativa del proprio campo di azione. Ottenere in modalità non-invasiva e in tempo reale informazioni sicure concernenti a) la perfusione e respi- razione cellulare, b) l’output cardiaco, c) le resistenze vascolari periferiche, (oltre a quelle ormai consolidate, quali gli scambi polmonari, la ventilazione, l’equilibrio acido-base etc.) significa poter inquadrare il paziente instabile più rapidamente; ne deriva un più precoce ed appropriato trattamento. La stessa diatriba societaria, protrattasi peraltro a lungo, tra medici d’urgenza ed anestesisti-rianimatori viene a svuotarsi di ogni significato pretestuoso quando i professionisti coinvolti nell’emergenza siano in grado di riscoprire, con reciproco rispet- to, i rispettivi campi di azione, caratterizzati essenzialmente dal- la tipologia di minore o maggiore invasività delle manovre e del monitoraggio attivati. Una comune e condivisa cultura intensi- vistica costituisce l’unica strada possibile per il conseguimento: 1. di un elevato filtro in ingresso verso le terapie intensive, e quindi di una maggiore appropriatezza del loro impiego, 2. di un precoce inquadramento emodinamico, e quindi di una maggiore efficacia dell’intervento terapeutico 3. di una migliore compren- sione fisiopatologica del timing in cui l’intervento terapeutico si inserisce, e quindi di un suo più efficiente monitoraggio, 4. di una più efficace continuità assistenziale del paziente critico, e quindi di un suo outcome più favorevole, 5. di una riduzione dei costi assistenziali globali, e quindi di una possibile sosteni- bilità economica. Una comune cultura ed un reciproco ricono- scimento dei rispettivi ruoli favoriscono una forte integrazione strategica, senza la quale l’organizzazione dell’emergenza appare fortemente compromessa. È auspicabile altresì un coinvolgi- mento culturale e tecnologico esteso anche alle altre compe- tenze specialistiche dell’Ospedale per Acuti; ne conseguirebbe una migliore integrazione interdisciplinare, un più appropriato coinvolgimento del rianimatore in caso di emergenza intraospe- daliera, ed una più fluida dismissione del paziente acuto dal set- tore dell’emergenza verso le altre aree ad elevata intensità di cura dell’ospedale: il tutto a vantaggio dell’iter del paziente “acuto” che altrimenti rischia di essere incanalato in percorsi intensi- vistici più o meno invasivi, e sicuramente a più elevato costo, economico e di salute. La Formazione Diretta conseguenza delle considerazioni sopra esposte è la ne- cessità di rendere fruibili ed accessibili a tutti i professionisti che operano in urgenza i fondamenti dell’emodinamica, al fine di rendere immediatamente interpretabili i dati forniti in tempo reale dalla tecnologica non-invasiva. Una cultura che va in questa direzione permette di trattare, in ogni area ad elevata intensità di cura dell’ospedale, pazienti “critici” con livelli di monitoraggio assistenziale inferiori. Soltanto una piattaforma culturale comu- ne, seppure diversificata nei ruoli che i vari professionisti rivesto- no, riesce a creare le condizioni per una rapida acquisizione delle nuove metodiche. Diventano necessari pertanto percorsi formati- vi, di diverso livello di conoscenza, che però mirano a medesimi obiettivi. Si ritiene che anche concetti che appaiono inizialmente ostici, se opportunamente “banalizzati”, possono essere compresi ed assimilati da tutti, ovviamente in misura proporzionale alle conoscenze di base possedute. È altrettanto evidente che i principi di base dell’emodinamica, ovvero di perfusione e respirazione cellulare non possono assolu- tamente prescindere dalla conoscenza dei principi fisiopatologici che regolano i meccanismi di ossigenazione e ventilazione, essen- do le tre funzioni (ossigenazione, ventilazione e perfusione) for- temente interdipendenti tra loro. Una propedeuticità nell’acquisi- zione delle informazioni, e quindi dei processi formativi, diventa tassativa. La ricca offerta formativa di AcEMC vuole andare in questa direzione. Un possibile modello In un contesto generale di ridotta disponibilità economica e di lievitazione dei costi, soltanto la sinergia tra a) un livello più elevato delle conoscenze, b) una implementazione dell’impiego di tecnologia innovativa non-invasiva e c) una forte integrazio- ne professionale ed umana tra le diverse competenze coinvol- te, può condurre ad una riduzione del rischio clinico e ad un miglioramento della qualità dell’assistenza, o almeno al mante- nimento degli standard sinora raggiunti. Questa sinergia deve essere trasversale nell’intero ospedale; costituisce fattore critico nelle aree ad elevata intensità di cura. La Medicina d’Urgenza occupa una sorta di pole position nel- editoriale Materiale protetto da copyright. Non fotocopiare o distribuire elettronicamente senza l’autorizzazione scritta dell’editore. 4 em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi o ne , c lin ic a, r ic er ca • A nn o V II nu m er o 2 • G iu gn o 2 01 1 • w w w .e cj .it la filiera dei reparti ad elevata intensità di cura; ad essa spet- ta essenzialmente il triplice compito 1. di supportare il Pronto Soccorso alla ottimizzazione del filtro dei ricoveri, utilizzando anche la funzione dell’Osservazione Breve Intensiva, 2 di sta- bilizzare il paziente “critico” prima di una dismissione verso altri reparti, 3. di effettuare ricoveri di breve durata. Anche in assenza di aree strutturate, specificamente dedicate a tali fun- zioni, è possibile realizzare questo triplice obiettivo, purché i posti letto disponibili siano particolarmente versatili a realiz- zare le diverse funzioni appena esposte. A questo scopo ogni posto letto deve poter ospitare qualsivoglia patologia più o meno critica e, all’occorrenza, deve poter essere attrezzato con monitor centralizzato, per ottenere un buon livello di moni- toraggio non-invasivo; tutto questo costituisce il prerequisito indispensabile, ma non sufficiente. Necessitano altresì: una buona intesa tra tutti i professionisti (medici ed infermieri), un clima di lavoro sereno, la consapevolezza da parte dei me- dici del proprio obbligo morale allo studio, accompagnato da una certa curiosità verso la ricerca; ma soprattutto necessita un atteggiamento di personale disponibilità verso la sofferenza del paziente. Questo nuovo modo di interpretare il lavoro del medico d’urgenza e, se si vuole, la stessa cultura dell’urgenza, prefigura a mio parere la nascita di una sorta di Non-invasive Intensive Care, con caratteristiche essenzialmente funzionali, che sia disponibile all’occorrenza per qualsiasi paziente critico, ovunque egli si trovi.