emergency care journal editoriale em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi o ne , c lin ic a, r ic er ca • A nn o V I n um er o 3 • S et te m br e 20 11 • w w w .e cj .it MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. 4 MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. 4 La valutazione del contesto: dalle riflessioni di Saint VincentÊ allaÊ traduzioneÊ nelÊ modoÊ realeÊ Ivo Casagranda ECJ Senior Editor and Journal Founder Molti dei lettori ricorderanno le due giornate di Saint Vincent su “Errore e responsabilità nelle organizzazioni sanitarie com- plesse”, il dibattito seguito alla presentazione del questionario che evidenziava il peso della medicina difensiva nelle decisio- ni dei medici, le proposte dei giuristi della Fondazione Fede- rico Stella dell’Università Cattolica di Milano con la proposta di arrivare a una proposta legislativa che depenalizzasse l’errore medico in assenza di dolo e l’intervento del Consigliere della Corte di Cassazione Blaiotta che introduceva il concetto di con- testualizzazione dell’errore. Questo intervento suscitò un ampio dibattito, proprio perché da parte dei medici d’urgenza si capiva come fosse importante che il mondo giuridico comprendesse le condizioni particolari, il “contesto”, in cui essi operano: affolla- mento, necessità di operare in multitasking, poco tempo a dispo- sizione per la decisione, numerose interruzioni. Al termine del Convegno venne scritta la carta di Saint Vincent, un documento di consenso su errore e responsabilità nelle organizzazioni sa- nitarie complesse, che all’ultimo punto recita: “Per consolidare il rapporto di fiducia tra medico e paziente è indispensabile ri- disegnare l’attuale modello di attribuzione della responsabilità penale e civile. Una ragionevole limitazione della responsabilità penale del sanitario ai soli eventi avversi realizzati con ‘colpa grave’, accompagnata dall’introduzione di programmi di giusti- zia riparativa in ambito sanitario e da un riordino delle norme in tema di assicurazione per la responsabilità civile che metta al centro le strutture che erogano prestazioni sanitarie e non i singoli operatori. Ciò consentirebbe di spezzare il circolo vizioso che induce molti sanitari, oggi, ad adottare comportamenti di medicina difensiva”. Alla luce di quanto scritto è utile esaminare la sentenza 16328/11 della Corte Suprema di Cassazione, quarta sezione penale, su ricorso avverso una precedente sentenza del giudice del Tribunale di Rossano di non luogo a procedere ai sensi dell’articolo 425 cod. proc. pen. nei confronti di [omissis] in ordine al reato di omicidio colposo in danno di [omissis] per non aver commesso il fatto. Il ricorso alla Corte di Cassazio- ne era stato fatto nei confronti del medico di Pronto Soccorso e di un cardiologo, per imperizia, negligenza, comportamento omissivo, mancato approfondimento diagnostico e conseguente diagnosi clamorosamente erronea a cui seguiva la morte del pa- ziente. La relazione al Consiglio della Corte è stata fatta dal dott. Rocco Marco Blaiotta. La relazione racconta la storia, passata e presente, in tema di colpa nell’esercizio della professione medica. Fino agli anni ’80 la responsabilità penale si configurava solo nei casi di colpa gra- ve e cioè “di macroscopica violazione delle più elementari re- gole dell’arte”. Successivamente vi è stato un cambiamento del pensiero giurisprudenziale ritenendo che questo atteggiamento coprisse anche casi di effettiva superficialità da parte dei profes- sionisti e che derivasse da una concezione paternalistica del rap- porto medico-paziente. A partire dagli anni ’80 l’indirizzo giu- risprudenziale muta radicalmente e la colpa professionale viene valutata sulla base delle regole generali contenute nell’articolo 43 del codice penale. Ritornando ai punti di novità della relazione Blaiotta, emerge il concetto di contesto che dovrebbe essere tenuto in conto nell’esprimere il giudizio. Vanno valutate le contingenze in cui siano presenti difficoltà o novità tecnico-scientifiche e dall’al- tro “aspetto mai prima enucleato esplicitamente, le contingenze nelle quali il medico si trova ad operare in emergenza quindi in quella situazione turbata dall’impellenza che [omissis] rende non di rado difficili anche le cose facili”. La relazione prosegue con una osservazione importante “quest’ultima notazione [omissis] apre alla considerazione delle contingenze del caso concreto che dischiudono le valutazioni sul profilo soggettivo della colpa, sulla concreta esigibilità della condotta astrattamente doverosa”. Infine la conclusione: “[omissis] una attenta e prudente anali- si della realtà di ciascun caso può consentire di cogliere i casi nei quali vi è una particolare difficoltà nella diagnosi, sovente accresciuta dall’urgenza; e di distinguere tale situazione da quel- le in cui il medico è malaccorto, non si adopera a fronteggiare adeguatamente l’urgenza o tiene comportamenti semplicemente omissivi, tanto più quanto la sua specializzazione gli impone di agire tempestivamente proprio in urgenza”. Per concludere, è probabile che nel prossimo futuro nella valutazione della colpa nell’esercizio della professione medica si distingueranno i casi in cui il medico è stato maldestro, non si è adoperato adegua- tamente per risolvere il problema o ha adottato comportamenti omissivi, dai casi in cui vi è stata particolare difficoltà nel giun- gere alla diagnosi o da quelli in cui problemi legati al contesto sono stati causa di intervento non adeguato. Ancora dalla Carta di Saint Vincent. “Occorre considerare la medicina come una scienza che opera in contesti al contempo di profonda conoscenza e di grande incer- tezza [omissis] in caso di errori involontari, occorre superare la cultura della colpa orientata soltanto a individuare il colpevole di un avvento avverso. è auspicabile promuovere processi di just culture in cui i professionisti siano messi in grado di distinguere i comportamenti accettabili da quelli non accettabili”. P.S. I più attenti tra i Lettori avranno visto che a differenza delle altre volte non ho firmato l’editoriale come Editor in Chief di ECJ. Da questo numero ho, come si dice, passato la mano al dott. Mario Cavazza, che ringrazio per aver accettato con entusiasmo questo incarico. Questa decisione è maturata nel tempo per due motivi: il primo è che i numerosi impegni mi impedivano ormai di far fronte alle numerose responsabilità che la direzione di una rivi- sta richiede e il secondo è la convinzione che un ricambio nella direzione porti nuovi stimoli e nuove idee. Mi rimane la pro- fonda soddisfazione di essere riuscito, dopo aver fondato ECJ, a farla uscire regolarmente, pur tra mille difficoltà, per sei anni. Ma la soddisfazione maggiore è di lasciare la direzione dopo aver portato questa rivista, con l’aiuto di alcuni Amici sempre presen- ti, all’indicizzazione su Medline. Ringrazio l’Editore, il Diretto- re Editoriale e la sua équipe perché in tutti questi anni hanno permesso alla rivista di uscire regolarmente lasciandomi tutta la libertà possibile nell’impostazione della rivista e nella pubblica- zione degli articoli. Infine un grazie di cuore a tutti i Lettori che in questi anni non ci hanno mai abbandonato.