emergency care journal organizzazioneÊ eÊ formazione em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi o ne , c lin ic a, r ic er ca • A nn o V II nu m er o 3 • S et te m br e 20 11 • w w w .e cj .it MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. 15 LaÊ centralizzazioneÊ delÊ politrauma Studio della realtà ferrarese e simulazione della presenza di unÊ protocolloÊ concordatoÊ Luigi Melcarne, Adelina Ricciardelli#, Roberto Melandri**, Marco Farinatti°, Alessandro Gatti°, Savino Occhionorelli* #Responsabile medico CO 118 Fe – Medicina d’Urgenza, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara **Direttore UO Medicina d’Urgenza, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara °Medicina d’Urgenza – 118, Azienda USL Ferrara *Dipartimento Scienze Chirurgiche, Anestesiologiche e Radiologiche, Sezione Clinica Chirurgica – modulo operativo Chirurgia d’urgenza, Azienda Osp. Universitaria Sant’Anna, Ferrara In un periodo in cui si chiede a tutti uno sforzo complessivo a un utilizzo più razionale degli ospedali, delle risorse e dei dipartimenti di emergenza, la centralizzazione – invio diretto del giusto paziente al giusto ospedale nel giusto tempo – permette una ottimizzazione delle risorse e una migliore gestione dei pazienti. In questa trattazione abbiamo studiato lo stato della centralizza- zione nella realtà ferrarese in cui un protocollo di centralizzazione è oggi in fase di introduzione. Lo studio ha mirato a simulare la realtà qualora il protocollo fosse stato già attivo negli anni 2008 e 2009. I risultati hanno confermato non solo che un numero importante di pazienti con caratteristiche tali da richiedere un trattamento presso CTZ di Ferrara fossero invece stati indirizzati primariamente verso PST, ma anche come, SINTESI viceversa, all’Arcispedale Sant’Anna siano giunti dalla periferia al- cuni pazienti che non necessitavano di trattamenti avanzati. La letteratura evidenzia i vantaggi di una corretta centralizzazione per i pazienti politraumatizzati; lo studio, incentrato sulla realtà estense, dimostra altresì che la redazione di protocolli concordati che guidino gli operatori sanitari nella scelta della corretta destinazione del paziente politraumatizzato non comporterebbe un iperafflusso al centro hub di riferimento, ma piuttosto una migliore organizzazione complessiva dei servizi, con equa ripartizione tra hub e spoke. Nel soccorso extraospedaliero velocità non sempre è sinonimo di garanzia di sopravvivenza; ciò è tanto più vero nel caso del poli- trauma in cui, ancor più del tempo, assume importanza la qualità delle cure. Introduzione A tutt’oggi manca nella comunità scientifica internazionale un accordo sulla definizione di “politrauma”1. In questa trattazione ci si atterrà alla determinazione presente nella procedura aziendale “la golden hour del politrauma”, ovvero: "paziente con una o più lesioni d'organo o apparato che, singolarmente o per effetto cumu- lativo, sono tali da determinare una possibile compromissione di almeno una funzione vitale", preferendola alla più classica defini- zione di Trentz: “sindrome da traumatismo multiplo caratterizzato da un ISS > 17, con successiva reazione sistemica che può sfociare in disfunzione di organi e sistemi vitali non direttamente interessati dall’evento traumatico”2, mal applicabile all’ambiente extraospeda- liero sul quale ci soffermeremo. Con più di cinque milioni di morti l’anno nel mondo e un livello di invalidità secondaria pari al doppio della mortalità, la patologia traumatica rappresenta la terza causa di morte3 nel mondo occidentale, la prima se si considera la fascia atti- va della popolazione, ovvero compresa tra i 18 e i 40 anni4. In Italia i decessi annui per trauma sono circa 24.5005, dovuti innanzitutto a incidenti automobilistici, quindi domestici e sul lavoro6-8. La letteratura descrive l’evoluzione temporale della mortalità per trauma, tipicamente rappresentata da una curva trimodale carat- terizzata da tre picchi: a pochi minuti dall’evento, morti imme- diate; a poche ore, morti precoci; e a distanza di giorni o settima- ne dal trauma, morti tardive9,10. La complessità della mortalità per trauma ha portato alla cre- azione di indici come il Preventable Death Rate (PDR), il quale cerca di stabilire la quota di morti evitabili qualora l’assistenza al paziente politraumatizzato fosse ottimale11,12. Gli “errori” nell’approccio all’assistito politraumatizzato possono es- sere suddivisi in tre macrogruppi: difetti nella gestione dei tempi, nel management del paziente e infine nelle lesioni non diagnosticate13. In a time in which everybody’s asked a big effort to use hospitals, resources and emergency departments in a rational way, the Cen- tralization – that is sending the right patient to the right hospital at the right time – allows an optimization of the resources and a better management of medical patients. In this study we examined the actual state of Centralization in the city of Ferrara where an experimental protocol of “centralization” has been introduced. This study has the purpose of simulating reality if the protocol had been introduced in the years 2008/2009. The results confirm not only that an important number of patients that were meant to be sent to the CTZ of Ferrara where instead sent to the PST but also that, on the contrary, patients from the suburbs that didn’t require advanced treatments were sent to the Sant’Anna hospital of Ferrara. So if medical literature already points out the advantages of a cor- rect Centralization for patients with polytraumas; the study, based on the reality in Ferrara , shows how the creation of an agreed pro- tocol with the goal to guide health workers at sending polytrauma patients to the right destination , instead of creating an excessive flow th the main hub, can improve the overall organization of health services, with an equal distribution between hub and spoke. When considering First Aid not always speed and rapidity guarantee survival; this is so much more real in the case of patients with po- lytrauma, where quality of cures assumes more importance than time. ABSTRACT organizzazioneÊ eÊ formazione em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi o ne , c lin ic a, r ic er ca • A nn o V II nu m er o 3 • S et te m br e 20 11 • w w w .e cj .it MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. 16 Volendo ridurre al minimo la quota di morti evitabili dovute a dismanagement dei tempi di gestione (24% del PDR) pre- e in- traospedalieri (rispettivamente 9% e 15% del totale dei decessi evitabili), per anni si è affermato tra gli operatori del soccorso al politrauma il concetto di golden hour16-17: “vi è un’ora d’oro tra la vita e la morte. Se sei un paziente politraumatizzato in stato criti- co ti restano circa 60 minuti per sopravvivere. Potresti anche non morire durante questo tempo, ma dopo tre giorni o due settima- ne, ma qualcosa di irreparabile è accaduto al tuo corpo” (Cowley, 1976)18. Sebbene diffusamente accettata, questa teoria non è mai stata scientificamente dimostrata dalla letteratura19. Oggigiorno è più corretto intendere la golden hour non come un limite tempo- rale categorico di 60 minuti entro il quale sottoporre il paziente alle cure del caso, ma come filosofia di lavoro che spinga l’opera- tore sanitario ad attivare tutte quelle procedure e quei protocolli che permettano un più rapido accesso alle cure definitive per il paziente20. Ovvero, come sintetizzava nelle sue “tre R” Trunkey: “get the Right patient to the Right hospital in the Right time”21, por- tare il giusto paziente, nel giusto ospedale, nel giusto tempo. Nel soccorso extraospedaliero velocità non sempre è garanzia di sopravvivenza; ciò è tanto più vero nel caso di politrauma in cui, ancor più del tempo, assume importanza la qualità dell’as- sistenza sanitaria22-24. Organizzazione dei SIAT (sistema integrato assi- stenzaÊ alÊ trauma)Ê L’assistenza al paziente politraumatizzato è garantita in Emilia Romagna da un sistema dell’emergenza-urgenza costituito da25: • sistema di allarme sanitario dotato di un numero telefonico di accesso breve e universale (CO 118) • sistema territoriale di soccorso; • servizi e presidi ospedalieri collegati in rete secondo un mo- dello hub & spoke26. Le risorse umane, i mezzi e le strutture che compongono il siste- ma vengono connesse in rete per assicurare un’assistenza tempe- stiva ed efficace delle emergenze-urgenze dal territorio alla defi- nitiva collocazione del paziente. Questo modello organizzativo richiede l’integrazione dei diversi servizi e strutture e una for- mazione specifica e interdisciplinare del personale sanitario27. La rete, attorno alla quale si sviluppa il servizio di assistenza all’emergenza-urgenza, si realizza secondo un modello hub & spoke28 nel quale l’ospedale hub (solitamente un CTS) farà da centro di riferimento per gli spokes periferici con i quali reste- rà strettamente interconnesso. Tra gli spokes vi potranno essere alcuni che per le loro peculiarità e per la presenza di alcune specializzazioni assumono la duplice veste di spoke per l’hub principale e di hub rispetto agli ospedali periferici di zona29,30. In un sistema siffatto, le più alte specialità e professionalità vengono concentrate all’interno dell’hub di riferimento con ot- timizzazione dell’offerta sanitaria e una migliore gestione delle criticità31-33. Una simile organizzazione richiede l’attivazione di protocolli di cen- tralizzazione che guidino l’operatore sanitario nella scelta dell’ospe- dale di destinazione più appropriato al trattamento del paziente. La regione Emilia-Romagna è divisa in tre SIAT indipendenti: Emilia Orientale, Emilia Occidentale e Romagna). All’interno di ciascuno è possibile individuare tre diverse tipo- logie di ospedale: 1. CTS (Bologna Osp. Maggiore per il SIAT Emilia Orientale) che funge da hub per tutti gli ospedali di zona e nel quale sono concentrate le più alte specializzazione per il tratta- mento dei pazienti politraumatizzati – hub di riferimento. 2. CTZ (due per il SIAT Emilia Orientale, Ferrara e Modena) ovvero centri in grado, grazie alla presenza di alcune alte specializzazioni, di trattare alcuni casi di traumi maggiori – con veste di spoke rispetto a Bologna ma di hub per i PST delle rispettive province. 3. PST ovvero tutti gli ospedali maggiori in cui non dovrebbero essere inviati i pazienti politraumatizzati se non in particola- ri casi di necessità. MaterialiÊ eÊ metodi L’importanza della centralizzazione già evidenziata dalla lettera- tura e la prossima attivazione di un protocollo di centralizzazio- ne per la provincia di Ferrara, redatto tenendo conto delle linee guida più recenti, ci ha spinto ad analizzare la realtà ferrarese, ricercando i dati sui pazienti politraumatizzati nei territori che fanno capo ai PST periferici, escludendo quindi quanti fosse- ro stati vittime di gravi traumatismi in territorio di pertinenza dell’Ospedale Sant’Anna (CTZ di riferimento) e quanti fossero giunti in ospedale con mezzi propri con riferimento agli anni 2008 e 2009. I documenti utilizzati per la raccolta dati sono stati le schede paziente 118 e i referti di Pronto Soccorso degli ospedali peri- ferici, integrati, qualora deficitari, con le informazioni presenti nel sistema 118 N@t. Sulla base delle informazioni provenienti da questi documenti si è realizzata una simulazione dell’applicazione del protocollo, in maniera identica sia per i dati pre-hospital (ovvero ricavati dalle schede 118) sia per quelli in-hospital (dai referti PS). Per ogni paziente si è compilata una scheda di centralizzazio- ne evidenziando dapprima i parametri fisiologici (quindi FR, GCS, Pa, RTS, PTS), poi i parametri anatomici, e infine i crite- ri anamnestici e di rischio, seguendo il percorso definito dalla flow-chart del “protocollo centralizzazione” e definendo quale Fig. 1 - Flow-chart centralizzazione per territorio, dipendenza Osp. del Delta – Lagosanto (FE). organizzazioneÊ eÊ formazione em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi o ne , c lin ic a, r ic er ca • A nn o V II nu m er o 3 • S et te m br e 20 11 • w w w .e cj .it MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. 17 sarebbe stata la destinazione dei pazienti secondo il protocollo confrontandola poi con quella reale (Figure 1 e 2). Sulla base dei documenti utilizzati, scheda 118 o referti PS, la popolazione è stata divisa in due gruppi: 1. Pre-hospital – per il quale si è tenuto conto della scheda 118. Pazienti provenienti da aree delle provincia di Ferrara di non diretta pertinenza del CTZ Sant’Anna che negli anni 2008 e 2009 fossero giunti in ospedale con codice “2 con avviso” o “tre”. Per un totale di 187 pazienti (104 nel 2008 e 83 nel 2009). 2. In-hospital – per il quale si è tenuto conto dei referti di Pron- to Soccorso dei pazienti prima trasportati in un distretto pe- riferico e solo successivamente centralizzati presso il noso- comio ferrarese con diagnosi di politrauma e codice di triage giallo o rosso. Il totale dei pazienti appartenente a questo gruppo è 75 (39 nel 2008 e 36 nel 2009). Nel complesso il numero dei pazienti presi in esame è stato di 262 (Tabella 1). Risultati Dallo studio della popolazione pre-hospital è emerso come nel 2008 il 51% dei pazienti sia stato indirizzato direttamente al PS di Ferrara contro un 47% destinato ai diversi spokes peri- ferici; nel 2009, invece, il 57% è giunto al nosocomio ferrarese contro il 39% destinato ai PS periferici. Una variazione quindi non statisticamente significativa ma che assume importanza se si osservano i dati dei pazienti con codice 3, quindi quelli sicu- ramente più gravi. Per questi pazienti la quota di invii primari al PS di Ferrara è passata dal 68% del 2008 all’86% del 2009, un incremento significativo che sottolinea la sensibilizzazione del personale impegnato sulla strada al tema della centralizzazione. Interessanti sono anche le informazioni che risultano dai refer- ti di Pronto Soccorso dei pazienti trasferiti prima in uno spoke periferico e solo secondariamente trasferiti a Ferrara; i tempi di permanenza negli anni 2008 e 2009 sono sovrapponibili, ovvero: • più di 2 ore 61-63%; • tra 1 e 2 ore 31-33%; • meno di 1 ora 4-8%. Quindi un importante ritardo nell’accesso alle cure definitive. Simulazione Per quanto concerne il gruppo pre-hospital, realizzata la simula- zione, è emerso come (Tabella 2): • dei pazienti inviati direttamente a Ferrara (103): – 80 sarebbero stati ugualmente inviati direttamente a Fer- rara; – 21 sarebbero stati destinati a spokes periferici; – per 2 pazienti l’insufficienza di dati non ha permesso una ricostruzione verosimile; • dei pazienti inviati in spokes periferici (83): – 50 sarebbero ugualmente stati inviati in periferia; – 31 sarebbero stati direttamente centralizzati a Ferrara; – per 2 pazienti i dati sono risultati insufficienti. Riscrivendo i dati (Figura 3, Tabella 3): • Situazione reale senza protocollo: – 101 pazienti sono giunti a Ferrara; – 81 pazienti sono stati inviati in periferia. • Qualora fosse stato attivo il protocollo: – 111 pazienti sarebbero giunti a Ferrara, – 71 pazienti sarebbero giunti in periferia. Una differenza quindi non statisticamente significativa che sot- tolinea come l’introduzione del protocollo non comporterà un Fig. 2 - Flow-chart centralizzazione per territorio, dipendenza Osp. di Argenta e Cento (FE) Tabella 1 Popolazione in esame. Pre- hospital In-hospital Totale 2008 104 39 143 2009 83 36 119 2008Ê +Ê 2009 187 75 262 2008 2009 Ferrara Spoke Ferrara Spoke InvioÊ concorde 42 78% 29 59% 38 74% 21 62% InvioÊ nonÊ concorde 11 20% 19 39% 10 16% 12 35% Dati insufficienti 1 2% 1 2% 1 10% 1 3% Tabella 2 Gruppo Pre-hospital - Numero di accessi al centro hub o allo spokes concordante o non concordante con il protocollo. organizzazioneÊ eÊ formazione em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi o ne , c lin ic a, r ic er ca • A nn o V II nu m er o 3 • S et te m br e 20 11 • w w w .e cj .it MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. 18 sovraccarico di arrivi al PS del nosocomio ferrarese, ma solo un’ottimale destinazione dei diversi pazienti alle cure più adatte. Infine, dai dati del gruppo in-hospital, si è cercato di dare una valutazione qualitativa del protocollo di prossima introduzione. Presupponendo che un buon protocollo sarebbe stato in grado di riconoscere la maggior parte delle criticità che avrebbero ri- chiesto un diretto trasferimento al centro hub di riferimento, si è cercato di capire se i criteri fisiologici, anatomici e anamnestici presenti nel protocollo fossero sufficienti a identificare tutti i pazienti che avessero poi necessitato di cure presso il nosocomio ferrarese. Nel 66% dei casi (49 pazienti) il protocollo si è dimostrato in grado di riconoscere questi assistiti mentre nel 30% dei casi (22 soggetti) il protocollo non ha individuato questi pazienti come politraumatizzati. Per 3 pazienti la simulazione non appare ve- rosimile (Figura 4, Tabella 4). Conclusioni Il 30% delle morti per trauma avviene nelle prime ore dopo l’evento (morti precoci). Per limitare il numero di questi decessi si aprono due strade principali: • implementazione dei livelli professionali, tecnologici, dia- gnostici e terapeutici offerti dalla struttura sanitaria (nascita dei trauma center); • attivazione di modelli organizzativi che permettano di ri- durre il terapy-free-intervall sfruttando al meglio la golden hour del politrauma. Proprio tra queste seconde possibilità un elemento fondamen- tale è costituito dalla “centralizzazione” delle vittime di poli- trauma. La procedura, oltre a favorire una riduzione della mortalità e morbilità del paziente politraumatizzato, offre al sistema l’op- portunità di garantire una migliore riqualificazione professio- nale degli operatori del soccorso e una razionalizzazione delle risorse per l’azienda sanitaria. Coscienti dei limiti di una simulazione, abbiamo riconsiderato i singoli casi di traumatismo della provincia di Ferrara degli anni 2008 e 2009, escludendo quelli avvenuti nel territorio di perti- nenza dell’Arcispedale Sant’Anna; per ognuno abbiamo definito, seguendo i criteri della “flow chat centralizzazione” (Figura 1 e Figura 2), quella che sarebbe stata la sua destinazione qualora il protocollo fosse già stato a regime, quindi abbiamo confrontato i risultati con la destinazione reale del paziente. Preme sottolineare come l’obiettivo non fosse quello di entrare nel merito della qualità dei trattamenti; seppur sia verosimile che, essendo l’Arcispedale Sant’Anna ospedale di II livello e quindi dotato di servizi e tecnologie più avanzate, i pazienti avrebbero avuto accesso a un trattamento più specialistico, l’in- dagine non vuole verificare un differente outcome dell’assistito (sarebbe impossibile), ma solo descriverne la differente desti- nazione. • Dai dati emerge come una percentuale cospicua dei pazienti inviati in periferia (37,5%), secondo il protocollo, sarebbe potu- ta essere inviata direttamente a Ferrara. • Importante è anche il dato dei pazienti inviati in prima battuta Fig. 3 - Confronto tra il destino dei pazienti politraumatizzati ris- contrato nello studio e quello atteso nel caso di applicazione del protocollo. Fig. 4 - Analisi gruppo In-hospital - Capacità del protocollo di iden- tificare i pazienti politraumatizzati necessitanti di primario accesso al centro hub con riferimento al totale dei pazienti negli anni 2008 e 2009. Destinazione Situazione reale senzaÊ protocollo Situazione attesa conÊ protocollo Ferrara 101Ê pazientiÊ (80Ê +Ê 21) 111Ê pazientiÊ (80Ê +Ê 31) Spoke 81Ê pazientiÊ (50Ê +Ê 31) 71Ê pazientiÊ (50Ê +Ê 21) c2= 1,13 p = 0,2879 Tabella 3 Confronto tra il destino dei pazienti politraumatizzati riscontrato nello studio e quello atteso nel caso di applicazione del protocollo. Ê Ê Ê Pazienti identificati daÊ criteriÊ protocollo Pazienti non identificati daÊ criteriÊ protocollo DatiÊ nonÊ sufficienti 2008 24 14 1 2009 25 8 2 Totale 49 22 3 Tabella 4 Analisi gruppo In-hospital - Capacità del protocollo di identifi- care i pazienti politraumatizzati necessitanti di primario accesso al centro hub. organizzazioneÊ eÊ formazione em er ge nc y ca re jo ur na l - o rg an iz za zi o ne , c lin ic a, r ic er ca • A nn o V II nu m er o 3 • S et te m br e 20 11 • w w w .e cj .it MaterialeÊ protettoÊ daÊ copyright.Ê NonÊ fotocopiareÊ oÊ distribuireÊ elettronicamenteÊ senzaÊ lÕ autorizzazioneÊ scrittaÊ dellÕ editore. 19 a Ferrara ma che, secondo il protocollo, avrebbero potuto avere come destinazione uno spoke periferico. La percentuale di questi pazienti è del 20%. Di fatto, questo ci permette di sostenere che l’introduzione del protocollo non dovrebbe comportare un aumento eccessivo di accessi al PS del Sant’Anna, ma piuttosto una migliore organiz- zazione complessiva dei servizi, con una equa ripartizione tra hub e spoke. Per 31 pazienti che nell’arco dei due anni sarebbero arrivati in più al PS ferrarese ce ne sarebbero stati 21 in meno, quindi con un aumento netto di sole 10 unità si scongiura il temuto sovraffollamento dei servizi di emergenza ferrarese. Il giusto paziente sarebbe trasportato al giusto ospedale senza va- riazione significativa nel numero complessivo degli accessi per i singoli PS. Nonostante il protocollo sia stato stilato sulla base di parametri ormai internazionalmente acquisiti, nel momento in cui entre- rà a regime dovrà essere sottoposto ad audit semestrali e poi annuali al fine di verificare il livello di applicazione del docu- mento, della sua capacità di identificare i casi di politrauma, del livello di over- e under-triage associato e delle eventuali migliorie da apportarvi. Sulla base dei dati del gruppo in-hospital, si è cercato di valutare l’efficacia del protocollo: si è partiti dall’assunto che un buon protocollo debba individuare la maggior parte dei casi che non possono essere trattati negli spokes periferici e che quindi ri- chiedono un trasferimento diretto all’hub Sant’Anna. Sono stati quindi presi in esame tutti i casi di traumatismo giunti al PS ferrarese con codice giallo o rosso dopo un primario accesso a PS periferici; anche per questi pazienti, basandoci sui dati dei referti PS della periferia e del Sant’Anna, è stata compilata una possibile scheda di centralizzazione. Dal confronto dei risultati con la destinazione reale è emerso che la maggioranza dei pa- zienti rientrava nei parametri del documento, con percentuali, nei due anni in esame, del 61% e del 58%. I casi invece non riconosciuti dai parametri del protocollo come politraumatismi, ma che hanno richiesto ugualmente un trasferimento, sono cor- relati per lo più a lesioni maxillo-facciali, ovvero con necessità di un consulto specialistico, e a ESA senza segni di ipertensione endocranica diagnosticata dopo indagini di imaging. Quindi si conferma una buona efficacia del protocollo nell’indi- viduare le criticità che necessitano di trattamento presso centro hub. In conclusione possiamo affermare che l’introduzione anche nella realtà ferrarese di un protocollo di centralizzazione com- porterebbe una ottimizzazione delle risorse e una migliore ge- stione dei pazienti. Nel soccorso extraospedaliero velocità non sempre è sinonimo di garanzia di sopravvivenza; ciò è tanto più vero nel caso del politrauma in cui, ancor più del tempo, assume importanza la qualità delle cure offerte. La creazione attorno all’assistito di un’isola di assistenza idonea e qualificata (come se fosse sempre in ospedale), l’ottimizzazio- ne del servizio che garantisca un continuum operativo tra le fasi intra- ed extraospedaliere, le interconnessioni tra ospedali periferici e nosocomi ad alta specializzazione che accolgano i pazienti più critici sono la risposta migliore alla necessità di im- plementazione di tutti i servizi di emergenza-urgenza. Bibliografia 1. Procedura aziendale P-206-AZ, “La golden hour del poli- trauma” percorso di gestione del paziente politraumatizzato dalla fase del soccorso al ricovero nella provinciale di Fer- rara – p 29 2. Neri, Butcher, Zsolt et al. - The definition of politrauma: the need for international consensus. Injury,vol.40, Suppl 4, November 2009:12-22 3. Peden M, McGee K, Sharma G. The injury chart book: a graphical overview of the global burden of injuries. Geneva, World Health Organization, 2002. 4. B.W Sathiyasekaran - Population- based color study of inju- ry-– Injury vol.27, no.10 1996:695-698 5. Stefano, Di Bartolomeo - Epidemiology of major injury in the population of Friuli Venezia Giulia –Injury, Int. J. Care Injured (2004) 35:391-400 6. ISTAT cause di morte anno 2007 7. Registro regionale traumi gravi RRTG – Report dati relati- vi anno 2009 – Trauma Link – Servizio Sanitario Regionale Emilia Romagna 8. Tien, Chu, Brenneman – Causes of death following multiple trauma – Current Orthopaedics (2004) 18, 304-310 9. Gebhard, Huber-Lang, Langerbecks - Polytrauma – patho- physiology and management principles. Arch Surg (2008) 393:825-831 10. Chiara, Cimbanassi, Pitidis – Preventable trauma death: from panel review to population based studies –World J. of Emergency Surgery – 2006 – 1:12 11. Sampalis, Boukas, Stella - Preventable Death Evaluation of the Appropriateness of the On-Site Trauma Care Provided by Urgences-Sante Physicians; The Journal of Trauma: In- jury, Infection, and Critical Care - Volume 39(6), December 1995, pp 1029-1035 12. Chiara, Scott, Cimbanassi, Marini - Trauma deaths in an Italian urban area: an audit of pre-hospital and in-hospital trauma care – Injury Int. J. Care Injured 33 (2002) 553-562 13. Pamerneckas, Macas, Vaitkaitis - Golden hour – early po- stinjury period - MEDICINA (2003) Vol. 39, No.9:845-850 14. Mackenzie CF, Shin B, Cowley RA - Two-year mortality in 760 patients transported by helicopter direct from the road accident scene. Am Surgeon. 1979; 45:101–108. 15. Newgard, Schmicker, Hedges, et al, - – Emergency Medical Services Intervals and Survivals in trauma: Assessment of the “golden Hour” in a Northamerican prospective court – Ann Em Med vol.55, No 3: march 2010:235-246 16. Lerner, Moscati – THE GOLDEN HOUR: SCIENTIC FACT OR MEDICAL “URBAN LEGEND”? – Axademic Emergency medicine; july 2001; 8,7; pp:758-760 17. Trunkey DD, What’s wrong with trauma care? Bull Am Coll Surg 1990;75:10-5 18. Mullins, Veum-Store, Trunkey –Outcome of hospitalizated injured patients after institution of a trauma system in an urban area –JAMA, june 22/29, 1994 – Vol. 271, no 24:1919- 24 19. Sampalis, Denis, Frechette- Direct Transport to Tertiary Trauma Centers versus Transfer from Lower Level Facilities: Impact on Mortality and Morbidity among Patients with Major Trauma –The Journal of Trauma: Injury, Infection, and Critical CareVolume 43 (2), agosto 1997, 43(2), pp 288-296 20. Vestrup JA. Interinstitutional transfers to a trauma cen- ter. Am J Surg 1990; 159:462-465 21. Delibera di giunta – N.ro 2002/1267 approvato il 22/7/2002: piano sanitario regionale 1999/2001 – approvazione delle li- nee guida per l’organizzazione delle aree di attività di livello regionale secondo modello HUb and Spoke 22. A. Ricciardelli - La continuità dell’assistenza nel DEA dal territorio all’ospedale –IV CONGRESSO NAZIONALE SI- MEU – Genova 19-22 maggio 2004 pp1-10 23. D.D. Trunkey – Trauma Center and trauma systems –JAMA 2003, vol 289, No 12:1566-7 24. Atto di intesa tra Stato e Regioni di approvazione delle Linee Guida sul sistema di emergenza sanitaria in applicazione del PR 27 marzo 1992, G.U. n. 114 del 17 maggio 1996, Serie Generale Repubblica Italiana. Ministero Sanità 25. Chiara, Cimbanassi, Fava – La rete organizzativa per la ge- stione del trauma in Italia –Emergency Care Journal, 2005, 1:36-42.