� © SEEd Tutti i diritti riservati Farmeconomia e percorsi terapeutici 2007; 8 (Suppl 2) Il ruolo terapeutico delle statine nella riduzione del rischio cardiovascolare Lorenzo Pradelli (1), Mario Eandi (2) (1)Centro di Ricerche Farmacoeconomiche, Advanced Research srl, Torino (2)Dipartimento di Farmacologia Clinica, Università degli Studi di Torino colesterolo è indispensabile per la vita animale: è ingrediente essenziale della membrana cellu- lare di tutte le cellule, in cui riduce la fluidità, incrementa la stabilità meccanica e la flessibi- lità, oltre a contribuire alla regolazione dello scambio di sostanze messaggere; è la sostanza base per la sintesi degli ormoni steroidei quali aldosterone, cortisone, testosterone, estradiolo, vitamina D e viene impiegato per la produzione della bile. Tutte le cellule dell’organismo umano sono capaci di sintetizzare colesterolo a partire dal- l’acetilcoenzima A, seguendo la via dell’acido mevalonico, di cui la tappa limitante è rap- presentata dall’enzima HMG-CoA reduttasi, il target delle statine. Una volta sintetizzato, il colesterolo epatico viene aggregato con apolipoproteine, acidi grassi e trigliceridi in lipoproteine VLDL e rilasciato nel microcirco- lo, dove sotto l’azione della lipoprotein-lipasi endoteliale viene trasformato in IDL, che ri- tornano al fegato per l’idrolisi a LDL, la forma maggiormente biodisponibile di colesterolo per le cellule utilizzatrici (Figura 1). L’entità della sintesi di colesterolo endogeno è regola- ta in parte dall’assunzione alimentare con un meccanismo di feedback negativo, ma in molti casi ciò non è sufficiente e si determina iper- colesterolemia, che può essenzialmente essere ricondotta a due grandi quadri: iperlipoprotei- nemia di tipo IIb (la più comune), da eccessiva produzione epatica di VLDL, in cui si associa ipertrigliceridemia, e iperlipoproteinemia di tipo IIa, dovuta a difetti delle apolipoproteine o dei loro recettori cellulari, in cui l’ipercolestero- lemia LDL non si associa ad altre significative alterazioni lipidemiche. LE STATINE: CENNI DI FARMACOLOGIA Le statine disponibili differiscono fra di loro per alcune caratteristiche chimico-fisiche (solubilità), farmacocinetiche (assorbimento, legame proteico, metabolismo ed escrezione) e farmacodinamiche (potenza relativa). Le principali caratteristiche farmacologiche sono riportate in Tabella I. Storicamente vengono classificate come: INTRODUZIONE La relazione esistente tra varie alterazioni lipidemiche e il rischio di cardiopatia coronarica sono ben documentati dalla ricerca di base, da studi clinici, da quelli epidemiologici retro- spettivi e prospettici, nonché dai grandi trial randomizzati di intervento. In questi ultimi, la terapia basata sugli inibitori della HMG-CoA reduttasi (statine) ha prodotto ampie riduzioni della colesterolemia totale, del colesterolo vei- colato dalle lipoproteine a bassa densità (LDL) e dei trigliceridi, così come un aumento del colesterolo veicolato dalle lipoproteine ad alta densità (HDL), tutte modificazioni associate a una riduzione del rischio cardiovascolare. Inoltre, questi ampi studi clinici e le meta-ana- lisi condotte aggregando i loro risultati hanno dimostrato riduzioni altamente significative e clinicamente rilevanti dei tassi di infarto miocardico, ictus e morte cardiovascolare (per tutti e tre gli end-point riduzioni approssimative di un terzo) e della mortalità totale (di circa un quinto). In questo lavoro, dopo un veloce richiamo alla funzione biologica del coleste- rolo e alla farmacologia delle statine, verrà tracciata una breve rassegna dei principali studi che hanno dimostrato la relazione tra rischio cardiovascolare e alterazioni lipidemiche, con focus particolare sulla colesterolemia, e dei trial considerati pietre miliari per la definizione del ruolo terapeutico delle statine e che hanno portato all’allargamento delle indicazioni dalla mera riduzione della colesterolemia in soggetti francamente dislipidemici e già affetti da pato- logia aterosclerotica al più moderno approccio che si basa sulla valutazione globale del rischio cardiovascolare. COLESTEROLO: IL RUOLO BIOLOGICO Il colesterolo è uno steroide, cioè una mole- cola lipidica costituita da quattro anelli di atomi di carbonio e una coda alifatica. Nell’uomo la maggior parte del colesterolo necessario (circa 80%) è prodotta per sintesi autonoma, negli adulti tra 1 e 2 grammi al giorno. Solo una pic- cola parte (in media 0,1 - 0,3, al massimo 0,5 grammi) viene assunta con l’alimentazione. Il �© SEEd Tutti i diritti riservatiFarmeconomia e percorsi terapeutici 2007; 8 (Suppl 2) L. Pradelli, M. Eandi - di tipo I, di derivazione fungina (lovastati- na, simvastatina, pravastatina); - di tipo II, di sintesi (fluvastatina, atorvasta- tina, e rosuvastatina). Il meccanismo d’azione delle statine consiste nell’inibizione competitiva dell’en- zima regolatore della sintesi del colesterolo (HMGCoA-reduttasi), che induce una riduzione della concentrazione intracellulare di colestero- lo; questa riduzione porta ad un aumento, sulla superficie cellulare, del numero dei recettori per le LDL. Il risultato è una maggiore captazione di LDL plasmatiche da parte degli epatociti, con conseguente riduzione della colesterolemia. Le statine sono efficaci nel ridurre i livelli plasma- tici di colesterolo LDL e in misura minore di trigliceridi, oltre a indurre un incremento delle HDL. L’entità della riduzione della colesterole- mia LDL che può essere raggiunta con la terapia a base di statine è strettamente dosaggio-dipen- dente e può superare il 40-50% di riduzione, agli alti dosaggi (Tabella II). Gli studi sperimentali suggeriscono inoltre uno spettro di azioni più ampio, cui si fa riferi- mento con il termine effetto pleiotropico delle Tabella I Caratteristiche farmacologiche delle statine attualmente disponibili in Italia Farmaco Forma (Pro-farmaco) Assorbimento (%) Biodisponibilità orale (%) Legame proteico (%) Emivita plasmatica (ore) Clearance renale (%) Tmax (ore) Lovastatina Sì 30 < 5 > 95 1,1-1,7 < 13 2-4 Pravastatina No 10-26 10-26 40-55 1,8-2 20 1-1,5 Simvastatina Sì 85 < 5 > 95 1,9-3,0 < 13 1-3 Atorvastatina No 30 12-14 > 98 14-15 < 3 1-2 Fluvastatina No 98 29 > 98 3 < 6 0,6-1 Rosuvastatina No 40-60 20 88 20 10 3-5 Tessuti periferici ESOGENO Lipidi dietetici Intestino Intestino epitelio Chilomicroni Capillari TG Tessuto adiposo Residui lipoproteici Recettore residuo Acidi biliari e colesterolo LPL TG Tessuto adiposo Fegato Acidi biliari COLESTEROLO Acetil-CoA HMG-CoA Epatocita Lisosoma Macrofago Ossidazione lipidica ENDOGENO Sangue VLDL Capillari IDL LDL HDL COLESTEROLO Lisosoma Steroidi Membrane cellulari Cellula periferica Placca aterosclerotica Recettore LDL Recettore LDL Figura 1 Metabolismo del colesterolo 10 © SEEd Tutti i diritti riservati Farmeconomia e percorsi terapeutici 2007; 8 (Suppl 2) Il ruolo terapeutico delle statine nella riduzione del rischio cardiovascolare statine: la capacità di modificare positivamente la funzione endoteliale, di stabilizzare e ridurre l’infiammazione delle placche ateromatose con conseguente riduzione della produzione e soprattutto del distacco di trombi, che sem- brano, almeno in parte, legate alla inibizione della sintesi degli isoprenoidi, anch’essi derivati dall’HMGCoA. Tutte le molecole sono ritenute efficaci, purché la scelta del principio attivo e della sua posologia sia fatta seguendo percorsi diagno- stici e terapeutici altamente individualizzati e tenendo nel giusto conto il quadro clinico e le caratteristiche personali del paziente [2]. COLESTEROLEMIA E RISCHIO CARDIOVASCOLARE Osservazioni epidemiologiche Sono stati i grandi studi osservazionali prospettici a documentare la relazione posi- tiva esistente tra mortalità cardiovascolare e colesterolemia, identificata come uno dei più importanti fattori di rischio per le malattie ate- rosclerotiche insieme a ipertensione, diabete, obesità, fumo, familiarità e altri. Lo studio di Framingham (Massachusetts) raccoglie i dati clinici dell’intera popolazione residente fin dagli anni cinquanta. Dopo trent’anni di follow-up, le analisi statistiche hanno rivelato che i livelli di colesterolo sono direttamente correlati con la mortalità totale e cardiovascolare [3]. Lo studio Multiple Risk Factor Intervention Trial (MRFIT) [4], in cui 361.662 uomini di età compresa tra 35 e 57 anni sono stati seguiti per 6 anni, ha evidenziato che la correlazione tra colesterolemia totale e mortalità per coro- naropatia è lineare per valori fino a 240 mg/dl (senza valore soglia inferiore), mentre al di sopra diviene esponenziale. Il Prospective Cardiovascular Münster Heart Study (PRO- CAM) [5] ha osservato 23.616 impiegati tede- schi per 14 anni e ha confermato la relazione esponenziale tra colesterolo totale, colesterolo LDL e rapporto LDL/HDL con la mortalità per cardiopatia coronarica (CHD). Gli studi fin qui menzionati riguardavano paesi a livelli elevati di colesterolemia e di mortalità cardiovascolare, ma successivamente la relazione tra questi due elementi è stata verificata anche in popolazioni a basso rischio cardiovascolare, ad esempio nel Seven Country Study [6], durato 25 anni, che ha incluso 12.770 uomini fra 40 e 59 anni, in Olanda, Finlandia, Grecia, Yugoslavia, Italia, Giappone e Usa. Evidenze cliniche A sostegno del ruolo causale della colestero- lemia nella patologia cardiovascolare suggerito dalle osservazioni epidemiologiche e dell’effi- cacia delle statine nella riduzione del rischio di eventi maggiori vengono progettati e condotti i grandi trial randomizzati. Lo studio �S (Scandinavian Simvastatin Survival Study) [7], svolto su pazienti con angina o infarto miocardico pregresso e co- lesterolo compreso fra circa 210 mg/dl e 300 mg/dl, dimostrò la relazione tra riduzione dei livelli ematici di colesterolo e percentuali di morbilità e mortalità cardiovascolari (30-35% in meno nel gruppo trattato) e fu il primo trial a dimostrare chiaramente il beneficio dalla terapia con statine. Lo studio WOSCOPS [8] reclutò preva- lentemente uomini di mezza età con ipercole- sterolemia, elevato indice di massa corporea e in buona parte fumatori, ma senza precedente evento cardiovascolare. In questa popolazione ad elevato rischio la somministrazione di statine per cinque anni determinò riduzioni di morta- lità e morbilità cardiovascolare dell’ordine del 30% circa. Poco più tardi la pubblicazione dei risul- tati dello studio CARE [9] dimostrò notevoli benefici delle statine anche in pazienti con precedente infarto del miocardio, ma livelli di colesterolo considerati nella norma (200 mg/dl): nel corso dei 5 anni di studio, nel gruppo trattato il tasso di re-infarti, letali e non, fu inferiore del 24% rispetto al gruppo placebo. Qualche anno dopo lo studio LIPID [10] enfatizzò l’importanza del trattamento ipolipi- demizzante in prevenzione secondaria, indipen- dentemente dai valori colesterolemici basali: i pazienti arruolati presentavano infarto miocar- dico pregresso o angina instabile e colesterolo totale compreso fra 150 mg/dl e 270 mg/dl. La Tabella II Percentuali di riduzione media del colesterolo LDL ottenibili con le diverse statine (modificato da [1]) Dose giornaliera (mg) Molecola 5 10 20 40 80 Atorvastatina 31% 37% 43% 49% 55% Fluvastatina 10% 15% 21% 27% 33% Lovastatina - 21% 29% 37% 45% Pravastatina 15% 20% 24% 29% 33% Rosuvastatina 38% 43% 48% 53% 58% Simvastatina 23% 27% 32% 37% 42% 11© SEEd Tutti i diritti riservatiFarmeconomia e percorsi terapeutici 2007; 8 (Suppl 2) L. Pradelli, M. Eandi mortalità coronarica in seguito a trattamento si ridusse del 22% e, benché i benefici indotti dalla terapia risultarono maggiori nei pazienti con c- LDL elevato, l’analisi per sottogruppi dimostrò l’efficacia della prevenzione secondaria con statine a qualsiasi livello di colesterolemia. Lo studio AFCAPS/TexCAPS [11] riportò l’attenzione sulla prevenzione primaria; in que- sto studio, infatti, la terapia ha determinato una riduzione del 37% del rischio di primo evento coronarico maggiore in pazienti con livelli medi di LDL-colesterolo (130-190 mg/dl). Lo studio HPS [12] (Heart Protection Study) è un grande trial randomizzato condotto per 5 anni su circa 20.000 soggetti ad alto ri- schio cardiovascolare (diabetici, vasculopatici, pregressa cardiopatia ischemica o ictus) dal disegno fattoriale 2x2 per l’assegnazione a terapia ipolipemizzante con statine e a quella con vitamine antiossidanti. La novità princi- pale è il fatto che sono stati reclutati pazienti con valori di LDL pari o inferiori a 115 mg/dl (circa il 30% dei pazienti) e pazienti oltre i 70 anni all’inclusione. Indipendentemente dai livelli basali di colesterolemia, LDL o totale, il trattamento con statine ha determinato la ri- duzione delle LDL e ha mostrato che anche una riduzione dai 116 mg/dl fino ad allora ritenuti ottimali a 77 mg/dl si associa a significativa riduzione degli eventi vascolari. In particolare la riduzione di mortalità totale è stata del 12%, del 17% quella della mortalità cardiovascolare, del 24% per gli eventi maggiori e del 27% per l’ictus ischemico. ASCOT [13 ] (Anglo-Scandinavian Cardiac Outcomes Study), di nuovo con disegno fattoria- le 2x2 per assegnazione a terapia ipolipemizzan- te e antipertensiva, ha randomizzato oltre 10.000 pazienti europei con valori di colesterolemia totale < 250 mg/dl a ricevere o meno ulteriori 10 mg di atorvastatina (a prescindere dal tratta- mento ipolipemizzante eventualmente in corso) ed è stato interrotto precocemente per motivi etici dopo i primi 3 anni, in seguito alle analisi ad interim che evidenziarono una riduzione di eventi coronarici del 36%. Anche lo studio CARDS [14], condotto su circa 3.000 diabetici senza patologia cardiova- scolare pregressa, è stato interrotto prematura- mente per il medesimo motivo, dopo osserva- zione di una riduzione del 37% dell’incidenza di cardiopatia coronarica, l’end-point primario nel gruppo assegnato alla statina. Nel frattempo, le raccomandazioni delle maggiori linee guida avevano suggerito nuovi, e più bassi, livelli target di colesterolo, la cui utilità è stata valutata nello studio TNT [15] (Treatment to New Targets), un trial che ha randomizzato 10.000 pazienti europei con car- diopatia coronarica a dosi standard o elevate di statina, con target di LDL media di 100 mg/dl e 75 mg/dl, rispettivamente. Nel corso dei 5 anni di osservazione, nel gruppo trattato a dosi elevate si sono verificati il 22% di eventi mag- giori in meno, una differenza statisticamente significativa e clinicamente rilevante che indica come in prevenzione secondaria siano ottenibili ulteriori vantaggi a ridurre livelli di colesterolo già considerabili “normali”. CONCLUSIONI Negli ultimi vent’anni i risultati dei grandi trial condotti sulla prevenzione cardiovascolare primaria e secondaria con statine hanno mo- strato che la riduzione del colesterolo ematico induce la diminuzione dell’incidenza di eventi coronarici, senza identificazione di valori soglia la cui riduzione non comporti un ulteriore bene- ficio. Piuttosto è emerso che la colesterolemia e gli altri principali fattori di rischio hanno effetto sinergico sulla probabilità di morte per cause cardiovascolari. Dall’elaborazione di questi concetti scaturiscono l’allargamento delle indicazioni delle statine, lo spostamento dell’at- tenzione dal singolo fattore al profilo di rischio complessivo, e la quasi costante ridefinizione (e riduzione) dei “target ideali” di colesterolemia, ora differenziati in base alle caratteristiche clini- che del paziente. Le statine sono state dapprima utilizzate esclusivamente negli ipercolestero- lemici già affetti da patologie cardiovascolari; successivamente si sono dimostrate utili anche in pazienti senza patologia manifesta ma con livelli elevati di colesterolo, per giungere ai grandi trial recenti in cui la capacità preventiva cardiovascolare delle statine è stata verificata anche in soggetti normo- o moderatamente disli- pidemici, ma ad elevato rischio cardiovascolare per fattori concomitanti. Per quanto riguarda gli eventi avversi, il profilo continua ad apparire buono, soprattutto per quanto riguarda la temuta rabdomiolisi, che secondo una meta-analisi di trial condotti su ol- tre 90.000 pazienti seguiti per 5 anni, si presenta con frequenza dello 0,01% (p =0,4) maggiore negli utilizzatori di statina che tra quelli trattati con placebo [16]. Pertanto l’evidenza scientifica disponibile supporta la somministrazione di statine per la prevenzione primaria e secondaria in tutti quei pazienti il cui rischio cardiovascolare predomini su quello, basso, di effetti collaterali [17]. 12 © SEEd Tutti i diritti riservati Farmeconomia e percorsi terapeutici 2007; 8 (Suppl 2) Il ruolo terapeutico delle statine nella riduzione del rischio cardiovascolare BIBLIOGRAFIA 1. Law MR, Wald NJ, Rudnicka AR. Quantifying effect of statins on low density lipoprotein cholesterol, ischaemic heart disease, and stroke: systematic review and meta-analysis. BMJ 2003; 326: 1423 2. Vaughan CJ, Gotto AM. Update on Statins: 2003. Circulation 2004; 110: 886-892 3. Castelli WP, Anderson K, Wilson PW, Levy D. Lipids and risk of coronary heart disease. The Framingham Study. Ann Epidemiol 1992; 2: 23-8 4. Multiple Risk Factor Intervention Trial (MRFIT) Research Group. 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