Farmeco 2016;17(Suppl 3).html
Farmeconomia. Health economics and therapeutic pathways 2016; 17(Suppl 3): 1-32
http://dx.doi.org/10.7175/fe.v17i3S.1279
supplement
Valutazione clinica ed economica dell’introduzione sul mercato italiano della combinazione trametinib + dabrafenib nel trattamento del melanoma in stadio avanzato
Clinical and economic evaluation of the introduction of the combinazion trametinib + dabrafenib in the management of advanced melanoma in the Italian market
Lorenzo Pradelli 1, Paolo Ascierto 2
1 AdRes HE & OR, Torino
2 Oncologia Melanoma, Immunoterapia Oncologica e Terapie Innovative, Istituto Nazionale dei Tumori "Fondazione Pascale", Napoli
Abstract
Melanoma is the most aggressive type of all skin cancers. In Italy the incidence is increasing both in men and in women with 13,800 new cases expected in 2016. The advanced melanoma therapy has changed in recent years with the use of immunotherapy and targeted therapies. In particular, treatment with BRAF inhibitors in patients with advanced BRAF V600 mutated melanoma has shown high rates of rapid response and survival. Due to development of acquired resistance with disease progression the rapid response observed with BRAF inhibitor therapy is not long lasting. Combining a BRAF inhibitor with a MEK inhibitor may help to delay the development of resistance and to enhance the antitumor activities with a further increase in the response and survival rate. Trametinib, an inhibitor of MEK kinases, and dabrafenib, an inhibitor of BRAF kinase, have authorizations as monotherapies and in combination with each other for treating adults with unresectable or metastatic melanoma with BRAF V600 mutation. Purpose of this report is to describe the combination in terms of clinical efficacy, safety, and economic impact. In particular, a cost-effectiveness analysis and a budget impact analysis were performed in order to evaluate the combination versus monotherapy and the financial sustainability of trametinib + dabrafenib on the Italian market.
Keywords
Advanced melanoma; Dabrafenib; Trametinib; Health Technology Assessment; Combination therapy
Corresponding author
Lorenzo Pradelli
l.pradelli@adreshe.com
Disclosure
Il presente supplemento è stato supportato da Novartis Farma Spa.
Introduzione
Il melanoma cutaneo rappresenta solo il 3% di tutti i casi di tumore in Italia, ma è anche uno dei principali tumori che insorgono in giovane età e attualmente costituisce il terzo più frequente in uomini e donne al di sotto dei 50 anni [1]. I trend di incidenza mostrano un aumento del 3,1% e del 2,6% dei nuovi casi di melanoma in Italia negli uomini e nelle donne, rispettivamente, con 13.800 nuovi casi attesi nel 2016. La prognosi dipende dallo stadio in cui viene diagnosticato il tumore; con statistiche più infauste nei soggetti con melanoma avanzato, che rappresentano circa 1:11 delle diagnosi in Italia [2,3].
Le evidenze disponibili in merito alle risorse consumate e ai costi associati al trattamento del melanoma, specialmente negli stadi più avanzati, sono limitate e per lo più riferite a realtà cliniche oggi in parte superate. In particolare, l’Osservatorio ARNO ha analizzato i dati provenienti dai database amministrativi di circa 30 ASL italiane e relativi a un campione di pazienti con almeno un ricovero con diagnosi principale o secondaria di melanoma durante il 2009 [4]. L’analisi si è concentrata principalmente sul sottogruppo di pazienti con melanoma metastatico e per un periodo di 365 giorni dalla dimissione sono state registrate le risorse sanitarie consumate, compresi farmaci, ricoveri, prestazioni diagnostiche/specialistiche, servizi e prestazioni per il trattamento delle comorbilità. Il calcolo del costo complessivo ha portato alla stima di una spesa annuale di circa 5 mila euro per paziente con melanoma e più di tre volte superiore nel paziente con melanoma metastatico [4]. In questi pazienti la spesa farmaceutica rappresentava la voce di costo principale (50,1%), seguita dai ricoveri (42,7%) e dalle prestazioni specialistiche (7,2%). Nello studio MELODY [2] sono stati analizzati i dati, in termini di modalità di trattamento, esiti e consumi di risorse e costi associati, dei pazienti con diagnosi di melanoma in stadio III non resecabile o IV. In questo caso il costo complessivo per il trattamento di un paziente con melanoma in stadio avanzato è risultato circa 5 mila euro, di cui quasi la metà dovuto ai ricoveri ospedalieri e più di un terzo associato alla chirurgia. La notevole differenza nella stima dei costi nei due studi è dovuta principalmente al fatto che nello studio MELODY non viene conteggiato il costo del trattamento farmacologico, che nell’analisi dell’osservatorio ARNO rappresenta il capitolo di spesa maggiore [2,4]. Come già accennato, le realtà riportate in questi due studi descrivono un approccio ormai superato nella cura del melanoma in quanto considerano farmaci che non sono più indicati per il trattamento specifico della patologia o sono stati riconosciuti inefficaci in caso di metastasi.
La terapia del melanoma avanzato è infatti molto cambiata negli ultimi anni con l’immunoterapia e le terapie a bersaglio molecolare che hanno quasi completamente sostituito la chemioterapia e hanno portato a un aumento del tasso di risposta e della sopravvivenza. In particolare, l’approccio terapeutico al paziente con melanoma metastatico BRAF mutato, che rappresenta circa il 50% delle diagnosi di melanoma [1], si è radicalmente trasformato grazie all’individuazione di farmaci in grado di riconoscere selettivamente specifici target espressi dalla cellula del melanoma. Tuttavia, gli inibitori BRAF utilizzati in monoterapia, nonostante abbiano dimostrato un incremento nel tasso di risposta e nella sopravvivenza, presentano ancora dei limiti importanti, tra cui lo sviluppo di resistenza entro 6-7 mesi dall’inizio della terapia. La somministrazione in combinazione con un inibitore del segnale MAPK, ritenuto il responsabile dello sviluppo di resistenza, sembrerebbe in grado di potenziare l’attività dell’inibitore di BRAF.
Oggetto del presente report è l’associazione di trametinib, un inibitore altamente selettivo delle protein chinasi MEK1 e MEK2, e dabrafenib, un inibitore selettivo dell’attività delle BRAF chinasi, che ha dimostrato una maggiore efficacia rispetto a dabrafenib e vemurafenib in monoterapia in termini di sopravvivenza, complessiva e libera da progressione [5-7], e che nel 2015 è stata la prima combinazione a ricevere l’indicazione per il trattamento di pazienti adulti con melanoma inoperabile o metastatico positivo alla mutazione BRAF V600 [8,9].
La combinazione trametinib + dabrafenib è soggetta a prescrizione medica limitativa, da rinnovare volta per volta, vendibile al pubblico su prescrizione di centri ospedalieri specializzati, specificatamente individuati dalle Regioni, o di specialisti. Inoltre, al fine di garantirne l’appropriatezza d’uso, è necessario compilare la scheda del registro di monitoraggio AIFA predisposto per ogni paziente in trattamento. Tali vincoli prescrittivi possono rappresentare un onere a carico del SSN che deve garantire l’accessibilità ai centri e mettere a disposizione personale qualificato per garantire la presa in carico del paziente a 360 gradi. Tuttavia, essendo reti già in atto per vemurafenib e dabrafenib in monoterapia, l’introduzione della combinazione trametinib + dabrafenib non dovrebbe gravare ulteriormente sul SSN da questo punto di vista.
Obiettivo del presente report è fornire una panoramica sul melanoma in Italia partendo dalla diffusione e dalle opzioni disponibili per la sua gestione, con speciale riguardo agli stadi più avanzati. Il focus poi passa sulla combinazione trametinib + dabrafenib in termini d’impatto clinico, con la descrizione dei principali trial clinici condotti, ed economico, presentando i risultati di un’analisi di costo-efficacia nei confronti della monoterapia e di un’analisi di impatto sul budget che completa il quadro valutando la sostenibilità finanziaria a breve termine dell’accesso al mercato di trametinib + dabrafenib.
Bibliografia
1. AIOM, CCM, AIRTUM. I numeri del Cancro in Italia 2016. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore
2. Johnston K, Levy AR, Lorigan P, et al. Economic impact of healthcare resource utilisation patterns among patients diagnosed with advanced melanoma in the United Kingdom, Italy, and France: results from a retrospective, longitudinal survey (MELODY study). Eur J Cancer 2012; 48: 2175-82; https://doi.org/10.1016/j.ejca.2012.03.003
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8. Mekinist® – Riassunto delle caratteristiche di prodotto
9. Tafinlar® – Riassunto delle caratteristiche di prodotto
Inquadramento epidemiologico e diagnostico del melanoma cutaneo e trattamento degli stadi avanzati
Fattori di rischio
Il melanoma cutaneo è una patologia tumorale multifattoriale della cute, che riconosce tra le sue cause un intreccio di fattori genetici, fenotipici e ambientali, tra i quali spicca in particolar modo l’esposizione a raggi ultravioletti [1]. Si tratta di un tipo di tumore comune, specialmente nei Paesi Occidentali, non facile da diagnosticare e che presenta, però, una prognosi abbastanza buona se diagnosticato nelle fasi iniziali [1]. È caratterizzato da due diverse fasi di crescita [1]:
fase di crescita radiale: si tratta della fase non tumorigenica nella quale vi è proliferazione dei melanociti nell’epidermide e/o nel derma papillare;
fase di crescita verticale: è la fase tumorigenica nella quale il melanoma può metastatizzare.
I fattori di rischio noti sono [2]:
fototipo cutaneo chiaro: la razza caucasica è di gran lunga la più colpita;
elevato numero di nevi, specialmente se displastici;
storia familiare di melanoma, con riferimento ad alcune mutazioni ereditarie;
stato di immunodeficienza;
esposizione a raggi UV: si tratta del più importante fattore di rischio ambientale. Risultano particolarmente dannose elevate dosi assorbite, l’esposizione intermittente e l’esposizione in età infantile e adolescenziale. L’uso di creme con filtro solare è ancora controverso, ma sembra risultare protettivo. Particolarmente dannosi sono i lettini solari, soprattutto sotto i 30 anni di età, e le ustioni solari;
esposizione ad alcuni prodotti chimici usati in agricoltura;
eccessivo consumo di agrumi.
Svolgono, invece, un ruolo protettivo alcune vaccinazioni (antitubercolare e antivaiolosa) e alcune malattie infettive contratte in giovane età [2]. È in corso di sperimentazione il ruolo protettivo di alcuni derivati alimentari, in particolare [2]:
i licopeni (presenti soprattutto nei pomodori);
i sulforafani (nei fiori dei broccoli);
gli estratti del tè verde.
Anche il consumo eccessivo di caffè sembra essere correlato a una diminuzione del rischio di melanoma [2].
Epidemiologia
Melanoma cutaneo
Il melanoma cutaneo si concentra in Nord-America, Europa e Oceania, dove si annovera l’85% dei casi. In Italia è il terzo tumore più frequente al di sotto dei 50 anni [2]. Nel 2016 sono attesi 13.800 nuovi casi di melanoma cutaneo in Italia, con un rischio d’insorgenza alto in entrambi i sessi (1:66 per i maschi e 1:84 per le femmine). I trend d’incidenza sembrano essere in aumento (+3,1% all’anno negli uomini e +2,6% all’anno nelle donne), anche se occorre valutare l’effetto su questi dati della miglior capacità diagnostica [2]. La prevalenza è di 129.387 casi in Italia e i più recenti dati di mortalità, risalenti al 2013, stimano che il melanoma sia responsabile dell’1% di tutte le morti per tumore [2]. La sopravvivenza a 5 anni in Italia è dell’85,4% ed è superiore alla media europea. La sopravvivenza è maggiore nei pazienti più giovani [2]. Le differenze tra regioni italiane sono notevoli, con un’incidenza e una prevalenza decisamente più basse nelle regioni del Centro Sud, che risultano però avere una sopravvivenza a 5 anni peggiore [2].
Melanoma cutaneo avanzato
Se si restringe il campo ai soli soggetti con melanoma avanzato (stadio III non resecabile o stadio IV), le statistiche sono decisamente più infauste. Un’ampia metanalisi del 2008 [3] ha analizzato i dati relativi a 42 studi, per un totale di 2.100 pazienti arruolati con melanoma metastatico, evidenziando che la sopravvivenza mediana era solo di 6,2 mesi e che la sopravvivenza a un anno era del 25,5%. Tale studio, però, è stato condotto prima dell’introduzione delle più recenti e più efficaci immunoterapia e terapia a bersaglio molecolare e pertanto non rispecchia più gli outcome attuali. Date le difficoltà diagnostiche, in Italia una quota di pazienti (1:11 circa) riceve la prima diagnosi di melanoma già allo stadio avanzato [4,5].
Diagnosi
La diagnosi clinica di melanoma presenta delle difficoltà ed è ampiamente soggetta all’esperienza del medico, facendo registrare una sensibilità che varia dal 50% all’85%. Viene effettuata mediante l’esame clinico generale e con l’aiuto della dermoscopia, che ha di gran lunga migliorato l’accuratezza diagnostica, consentendo di evitare molti falsi negativi [1]. Per l’esame clinico è utile verificare se è presente in un determinato paziente un nevo diverso dagli altri (segno del “brutto anatroccolo”) e se vi sono lesioni papulose o nodulari, soprattutto se di recente insorgenza, in rapida crescita, di consistenza dura della lesione ed elevazione. In caso di lesione sospetta, si procede alla biopsia, preferenzialmente escissionale completa. In casi dubbi si può ricorrere all’immunoistochimica e all’ibridazione fluorescente in situ.
Secondo la classificazione istologica comunemente utilizzata (WHO, 2006), esistono quattro sottotipi principali di melanoma [1]:
melanoma a diffusione superficiale;
melanoma nodulare;
lentigo maligna;
melanoma acrale-lentigginoso.
La diagnosi e la prognosi, oltre che dal sottotipo diagnostico, sono influenzate anche dalla fase di crescita (radiale o verticale), dallo spessore di Breslow, dall’indice mitotico, dall’eventuale presenza di ulcerazione, di linfociti infiltranti il tumore, di regressione, di infiltrazione linfovascolare e microsatellitosi e infine dalla classificazione molecolare [1].
La classificazione molecolare ha una genesi relativamente recente, essendo stata concepita negli ultimi 10 anni a seguito dell’identificazione di alcune mutazioni diffuse e del conseguente sviluppo di terapie a bersaglio molecolare. In particolare, nelle cellule di melanoma sono state identificate mutazioni in geni che codificano per chinasi coinvolte nella via di segnalazione RAS/RAF/MEK/ERK Mitogen Activated Protein Kinases (MAPK), responsabile dei processi di proliferazione e differenziazione cellulare. Tale via di segnalazione sembra essere cruciale nell’insorgenza di melanoma [1].
Sono stati identificati quattro sottotipi molecolari [6]:
mutazioni attivanti il gene BRAF;
mutazioni attivanti i geni RAS (HRAS, KRAS e soprattutto NRAS);
mutazioni inattivanti il gene NF1;
assenza di mutazioni nei tre geni sopra citati.
Il gene che risulta maggiormente mutato è BRAF, che codifica per una serina-treonina chinasi coinvolta nella via di segnalazione sopra citata. Tale mutazione è stata riscontrata nel 50% circa dei melanomi; sebbene siano state identificate circa 40 mutazioni diverse su questo gene, la mutazione V600E è di gran lunga la più frequente (90% sul totale delle mutazioni di BRAF); in essa un glutammato risulta sostituito alla valina a livello del codone 600, determinando l’attivazione dell’attività serin-treoninchinasica della proteina. Altre mutazioni nella stessa posizione sono la V600K e, in percentuali minori, la V600R e la V600D. Le mutazioni di BRAF si riscontrano con maggior frequenza (50-55%) nei melanomi localizzati in aree cutanee non esposte cronicamente al sole. Tuttavia, tali mutazioni non determinano caratteristiche istologiche specifiche della lesione, ma colpiscono preferenzialmente popolazioni diverse di pazienti: la mutazione V600E è stata riscontrata in particolare in soggetti al di sotto dei 55 anni di età, con numerosi nevi melanocitici e in sedi soggette a esposizione solare intermittente, quali tronco e arti. Invece V600K è associato prevalentemente a una popolazione più anziana in sedi tumorali tipiche dell’esposizione solare cronica (testa e collo) [1].
Un altro gene frequentemente colpito, e la cui mutazione è di norma mutualmente esclusiva rispetto a quella di BRAF, è NRAS, riscontrabile nel 15% dei melanomi [1]. Infine, nell’1-3% dei melanomi risulta mutato il gene del recettore c-KIT; tale mutazione determina un aumento dell’espressione della proteina KIT ed è stato rilevato soprattutto nei melanomi mucosali (20%), nei melanomi acrali-lentigginosi (15%), e in quelli su aree esposte cronicamente al sole (3%) [1].
I test per la ricerca della mutazione V600E devono essere effettuati innanzitutto nei pazienti con melanoma avanzato (stadio IIIC non resecabile o stadio IV), in quanto è possibile beneficiare di terapie specifiche a bersaglio molecolare (v. paragrafo sul trattamento). Tuttavia è consigliabile tale test anche in soggetti con malattia operabile allo stadio IIC, IIIA, IIIB e IIIC. Una volta esclusa la mutazione su BRAF, è indicata la ricerca della mutazione di NRAS. Se risultano assenti entrambe le mutazioni, nei melanomi acrali e mucosali è indicata la ricerca per mutazione di c-KIT [1].
Stadiazione
L’American Joint Committee on Cancer [7] ha indicato come procedere alla stadiazione: i pazienti con melanoma in situ vanno inseriti nello stadio 0 e quelli con melanoma invasivo vengono genericamente divisi in 5 sottogruppi differenti [1]:
stadio IA (tumore primitivo “a basso rischio”): < 1,0 mm di spessore senza ulcerazione e assenza di mitosi;
stadio IB-II (tumore primitivo a rischio intermedio-alto): < 1,0 mm di spessore con ulcerazione o per numero di mitosi ≥ 1; o > 1,0 mm con o senza ulteriori caratteristiche associate e linfonodi clinicamente/istologicamente non coinvolti;
stadio III: con linfonodo sentinella positivo o linfonodi clinicamente positivi e/o secondarismi in transit;
stadio IV: presenza di secondarismi a distanza.
Per la classificazione è necessario ottenere i dati relativi a: spessore, indice mitotico, eventuale presenza di ulcerazione, numero di linfonodi interessati e tipo di coinvolgimento (microscopico o macroscopico), eventuale presenza e sede di metastasi a distanza e livello di lattato deidrogenasi (LDH) sierico.
Trattamento
Il trattamento primario per il melanoma è la chirurgia escissionale, con estensione dipendente dalle caratteristiche e dallo spessore del tumore. In seguito è indicata la ricerca del linfonodo sentinella se lo spessore della lesione è ≥ 1 mm e anche per spessori inferiori in presenza di ulcerazione o mitosi [1]. La ricerca del linfonodo sentinella viene effettuata mediante la linfoscintigrafia dinamica; il linfonodo così individuato viene sottoposto a biopsia. In caso di positività istologica o di adenopatia regionale evidente, viene effettuata la dissezione linfonodale completa [1].
La ricerca di metastasi è sconsigliata nei pazienti con melanoma in situ. Negli altri soggetti può essere effettuata, a seconda dello stadio di malattia, mediante Rx torace, ecografia addome e del bacino linfonodale, TAC total body con mezzo di contrasto oppure PET + RMN encefalica [1].
Nei soggetti nello stadio IV si consiglia una biopsia della metastasi anche per la ricerca di mutazioni. Si consiglia infine di eseguire una wbTAC/PET (whole brain TAC/PET), di dosare i livelli di LDH ed eventualmente una RMN encefalo [1].
L’uso di interferone come terapia adiuvante è consigliato nei pazienti allo stadio IIB (a basse dosi), IIC e III (a basse o alte dosi a seconda delle caratteristiche del paziente). L’uso di interferone può essere proposto anche a pazienti in stadio IIIC per secondarismi in transit operati e in stadio IV [1].
Trattamento del melanoma in stadio avanzato
Chirurgia
Anche nel melanoma in stadio avanzato (stadio IV-IIIC in transit) può essere consigliata la chirurgia [1]:
come terapia radicale se le metastasi sono presenti solo in uno o due organi; in questo caso si effettua successivamente una terapia adiuvante e, se è stato asportato un secondarismo in transit, si esegue la ricerca del linfonodo sentinella;
come chirurgia palliativa in caso di lesioni emorragiche gastroenteriche o con rischio di perforazione, occlusione o invaginazione;
allo scopo di preparare un vaccino autologo.
Se non è possibile eseguire la resezione chirurgica radicale o in caso di recidive a un arto è possibile ricorrere al trattamento perfusionale in ipertermia con melphalan + TNFα oppure alla elettrochemioterapia [1].
Immunoterapia
La terapia del melanoma avanzato è molto cambiata negli ultimi anni: data la scarsa efficacia dei chemioterapici, fino a poco tempo fa il trattamento in questo stadio era considerato quasi solo palliativo. L’immunoterapia e le terapie a bersaglio molecolare sono state responsabili dell’ottenimento di grandi vantaggi in termini di sopravvivenza [1].
Il primo farmaco immunoterapico approvato dall’FDA è stato l’interleuchina-2: benché sia in grado di far ottenere una percentuale di risposte obiettive del 16% [8], la sua elevata tossicità (edema polmonare, insufficienza renale, ipotensione e disfunzioni cardiache) ha impedito che venisse approvata dall’EMA e dall’AIFA.
Ipilimumab, invece, ha ottenuto l’approvazione di FDA, EMA e infine AIFA anche in prima linea nel melanoma avanzato. Si tratta di un anticorpo monoclonale che va a inibire il legame tra il recettore CTLA-4 dei linfociti T attivati e il suo ligando CD86, presente sulla cellula presentante l’antigene (in questo caso la cellula tumorale; Figura 1).
Figura 1. Legami che si creano tra i ligandi della famiglia B7 delle cellule presentanti l’antigene (nel caso di interesse si tratta di cellule tumorali di melanoma) e i recettori dei linfociti T attivati, tra cui vi sono i bersagli degli immunoterapici ipilimumab (legame tra CTLA-4 e CD86), nivolumab e pembrolizumab (legame tra PD-1 e PD-L1)
Generalmente questo legame consente alla cellula tumorale di spegnere l’attivazione immunitaria. Tale inibizione consente quindi di potenziare le difese immunitarie. Ipilimumab ha dimostrato di aumentare la sopravvivenza globale rispetto a un vaccino peptidico [9,10]. Ha inoltre dimostrato una miglior sopravvivenza globale e maggior sopravvivenza a tre anni in combinazione con dacarbazina rispetto a dacarbazina da sola [11]. Tra gli effetti tossici immuno-correlati, ipilimumab ha fatto registrare dermatite, diarrea con rischio di perforazione che può risultare fatale, endocrinopatie (ipofisiti e tiroiditi) ed epatite autoimmune. È stato approvato per l’uso negli adulti con melanoma avanzato [12].
Sono inoltre stati sviluppati alcuni farmaci che vanno a inibire un altro legame tra linfociti T attivati e cellule presentanti l’antigene: quello tra PD-1 e PD-L1, agendo in maniera simile a quanto sopra descritto per ipilimumab (Figura 1). Si tratta di due inibitori di PD-1, nivolumab e pembrolizumab. Nivolumab ha consentito di aumentare la sopravvivenza rispetto a dacarbazina, con pazienti vivi a due anni pari al 57,7% vs 26,7% [13,14]. Il vantaggio in termini di sopravvivenza è stato evidente sia nei pazienti con PD-L1 positivo, sia in quelli con PD-L1 negativo. Il tasso di risposte obiettive è stato del 40,0% vs 13,2% nei bracci di pazienti trattati con nivolumab e dacarbazina rispettivamente. In un altro studio [15] ha consentito di ottenere un tasso di risposte obiettive maggiore (31,7% vs 10,6%) rispetto a un trattamento a scelta dello sperimentatore in pazienti pretrattati.
È stata sperimentata la terapia di combinazione tra ipilimumab e nivolumab, che ha fatto registrare tassi di risposte obiettive tra il 52% e il 61%, facendo però rilevare una maggior tossicità rispetto a ipilimumab o nivolumab da soli (stessi effetti collaterali riportati sopra per ipilimumab, ma con una maggior incidenza e la possibilità di presentarsi contemporaneamente nello stesso paziente) [16-18]. Rispetto a ipilimumab da solo, la combinazione ha fatto rilevare un maggior tasso di sopravvivenza a due anni (54% per ipilimumab da solo vs 64% per la terapia di combinazione) [19]. Inoltre, rispetto a nivolumab in monoterapia, un aumento della Progression Free Survival (PFS) per la combinazione nivolumab con ipilimumab è stata stabilita solo in pazienti con espressione negativa del PD-L1 [18]. Il tasso di risposte obiettive è risultato pari a 57,6% vs 43,7% vs 19% rispettivamente nei bracci combinazione, nivolumab da solo, ipilimumab da solo. Nivolumab in monoterapia o in combinazione con ipilimumab è indicato per il trattamento del melanoma avanzato negli adulti [20].
Anche pembrolizumab, se confrontato con la chemioterapia, ha fatto registrare una percentuale di risposte obiettive maggiore, una migliore PFS e una minor tossicità [21]. Inoltre ha dimostrato superiorità rispetto a ipilimumab in termini di risposte, PFS e sopravvivenza globale (sopravvivenza a due anni: 55% di pembrolizumab vs 43% di ipilimumab) [22,23]. È indicato in monoterapia nel trattamento del melanoma avanzato nei pazienti adulti [24].
Terapia a bersaglio molecolare
La terapia a bersaglio molecolare va a colpire mutazioni specifiche a carico di chinasi appartenenti alla via di segnalazione di ERK/MAPK (Figura 2), che sono responsabili dell’attivazione costitutiva di tale via, coinvolta nella proliferazione cellulare, nell’invasione e nella resistenza all’apoptosi.
Figura 2. Via di segnalazione di ERK/MAPK e inibitori utilizzati per bloccarla nel melanoma avanzato
L’inibitore specifico vemurafenib è diretto contro la più comune mutazione della chinasi BRAF, cioè V600E: nei pazienti che la presentano, ha infatti consentito di ottenere risposte globali del 53%, una durata mediana di risposta di 6,7 mesi, una riduzione relativa del rischio di morte del 38% e del rischio di progressione della malattia del 66% rispetto ai pazienti trattati con la sola dacarbazina. Ha permesso anche di ottenere un aumento mediano di PFS di 4 mesi e di Overall Survival (OS) di 3 mesi rispetto a dacarbazina [25,26]. Nei trial clinici i farmaci a bersaglio molecolare sono stati generalmente confrontati con bracci di pazienti in trattamento con il farmaco chemioterapico dacarbazina. La tossicità prevalente è stata cutanea, ma anche artralgia e astenia sono state frequentemente riportate. Data la sua efficacia anche nei confronti delle mutazioni V600K e V600D, vemurafenib è stato approvato anche dall’AIFA nel trattamento del melanoma avanzato con mutazione V600 [27].
Anche l’inibitore di BRAF dabrafenib ha dimostrato di migliorare la PFS in modo significativo rispetto a dacarbazina [28]. Tra gli effetti collaterali più comunemente riscontrati, vi sono la tossicità cutanea, artralgia e astenia, oltre alla piressia. Data la sua efficacia, è stato anch’esso approvato dall’AIFA per il trattamento di pazienti adulti con melanoma avanzato positivo alla mutazione BRAF V600 [29].
Trametinib inibisce invece un’altra chinasi, MEK, appartenente alla stessa via di segnalazione e collocata a valle di BRAF (Figura 2). Anch’esso ha consentito di migliorare la PFS e l’OS rispetto a dacarbazina [26] e ha ricevuto l’approvazione dell’AIFA [30].
Un altro inibitore di MEK, cobimetinib, in associazione a vemurafenib ha dimostrato miglioramenti in termini di risposte, PFS e OS rispetto a vemurafenib da solo [31]: la sopravvivenza globale dopo una mediana di follow-up di 18,5 mesi è stata di 22,3 mesi vs 17,4 mesi; la sopravvivenza a due anni è stata del 48,3% vs 38% [32]. Cobimetinib è indicato in associazione a vemurafenib per il trattamento di pazienti adulti con melanoma avanzato con mutazione BRAF V600 [33].
È stato rilevato che l’uso di inibitori di BRAF e di inibitori di MEK in monoterapia determina una risposta in meno del 53% dei soggetti con mutazione V600E di BRAF [27,34]. Inoltre, tra i pazienti che rispondono al trattamento, circa il 50% sviluppa resistenza dopo 6-7 mesi dall’inizio della terapia [26,28]. Pertanto è stata testata con successo in diversi studi la terapia di combinazione dabrafenib/trametinib, che ha dimostrato di ritardare l’insorgenza di resistenza, migliorare l’attività, la PFS (fino a 11,4 mesi), l’OS (a un anno fino al 74%), con un tasso di risposte obiettive del 71% [35-38]. Tale terapia di combinazione è risultata superiore a livello di efficacia e di attività nei confronti del solo inibitore di BRAF e ha mostrato di essere associata a un minor rischio di lesioni squamose iperproliferative e di altre tossicità cutanee, ricevendo anch’essa l’approvazione AIFA [29,30]. La terapia di combinazione tra inibitori di BRAF e inibitori di MEK costituisce il nuovo standard per il trattamento dei pazienti con melanoma avanzato con mutazione BRAF [2]. Si attendono i risultati degli studi di sequenza con la combinazione e gli immunoterapici al fine di stabilire il miglior approccio di cura in prima linea.
È stato studiato l’inibitore di NRAS binimetinib [39]: nei confronti di dacarbazina ha fatto rilevare una migliore PFS, effetto particolarmente marcato nei soggetti pretrattati con immunoterapia. Anche il tasso di risposte è stato maggiore, ma non ci sono state differenze significative nella sopravvivenza globale. Attualmente non è registrato in Italia.
Sono in studio inibitori di c-KIT, quali nilotinib e imatinib, nei pazienti con melanoma che presenta questa mutazione e dai primi studi di fase II sembrano essere promettenti [40,41].
Il trattamento con il chemioterapico dacarbazina era considerato il trattamento standard nei pazienti con melanoma avanzato prima dell’avvento dell’immunoterapia e della terapia a bersaglio molecolare. Fotemustina e temolozolomide sono altri due chemioterapici che hanno dimostrato di non essere inferiori a dacarbazina [41-43] e che risultano utili anche nel trattamento delle metastasi cerebrali per la loro capacità di attraversare la barriera emato-encefalica. Tuttavia i chemioterapici sono oggi utilizzati nei pazienti con melanoma avanzato solo dopo il trattamento con inibitori di BRAF/MEK o con immunoterapia (ipilimumab, nivolumab, pembrolizumab) [1].
Per il trattamento di secondarismi cerebrali multipli è utilizzato anche il trattamento radiale panencefalico (con possibilità di sovradosaggio con tecnica stereotassica), ma a scopo unicamente palliativo. La radioterapia è consigliata anche in caso di lesioni ossee sintomatiche o a rischio di frattura e in generale a scopo sintomatico [1].
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Efficacia e sicurezza della combinazione trametinib + dabrafenib
Introduzione
Trametinib è un inibitore altamente selettivo delle protein chinasi MEK1 e MEK2 [1]. In particolare, inibisce l’azione della proteina BRAF e la crescita delle linee cellulari di melanoma con mutazione BRAF V600 con l’obiettivo di rallentare la crescita e la diffusione del tumore. Dabrafenib è un inibitore selettivo dell’attività delle BRAF chinasi, la sua azione è rivolta al blocco dell’attività proliferativa delle linee cellulari mutate con conseguente regressione del tumore [2]. Trametinib e dabrafenib sono indicati in monoterapia o in associazione tra loro per il trattamento di pazienti adulti con melanoma inoperabile o metastatico positivo alla mutazione BRAF V600 [1,2].
L’efficacia e la sicurezza della combinazione trametinib + dabrafenib sono state valutate nello studio BRF113220 di fase I/II [3] e negli studi di fase III COMBI-d [4] e COMBI-v [5]. I principali risultati degli studi clinici condotti sulla combinazione trametinib + dabrafenib sono riportati in Tabella I.
Trial
Fase
Comparatori
PFS mediana (mesi)
OS
ORR (%)
BRF113220 [3,6,7]
I/II
Dabrafenib 150 mg BID + trametenib 2 mg QD vs dabrafenib 150 mg BID
9,4 combo vs 5,8 mono
OS mediana = 25 mesi con combo
Tasso OS combo = 80%, 51% e 38% a 12, 24 e 36 mesi, rispettivamente
76 combo vs 54 mono
COMBI-d [4]
III
Dabrafenib 150 mg BID + trametenib 2 mg QD vs dabrafenib 150 mg BID
9,3 combo vs 8,8 mono
Dati non maturi
67 combo vs 51 mono
COMBI-d (update) [8]
III
Dabrafenib 150 mg BID + trametenib 2 mg QD vs dabrafenib 150 mg BID
11,0 mono vs 8,8 combo
OS mediana: 25,1 mesi combo vs 18,7 mono
Tasso OS –1 anno: 74% combo vs 68% mono
Tasso OS – 2 anni: 51% combo vs 42% mono
69 combo vs 53 mono
COMBI-v [5]
III
Dabrafenib 150 mg BID + trametenib 2 mg QD vs vemurafenib 960 mg BID
11,4 combo vs 7,3 mono
OS mediana: non raggiunta nel braccio combo, 17,2 mesi in mono
Tasso OS – 1 anno: 72% combo vs 65% mono
64% combo vs 51% mono
COMBI-v (update) [9,10]
III
Dabrafenib 150 mg BID + trametenib 2 mg QD vs vemurafenib 960 mg BID
12,6 combo vs 7,3 mono
PFS – 3 anni: 25% combo vs 11% mono
OS mediana: 25,6 mesi combo vs 18 mesi mono
Tasso OS – 3 anni: 45% combo vs 32% mono
67% combo vs 53% mono (follow-up 3 anni)
Tabella I. Risultati degli studi clinici condotti sulla combinazione trametinib + dabrafenib nel trattamento del melanoma avanzato con mutazione BRAF V600
ORR = Objective Response Rate; OS = Overall Survival; PFS = Progression Free Survival
Studio BRF113220
Lo studio BRF113220 [3] è uno studio open-label disegnato per valutare la sicurezza, la farmacocinetica e l’attività clinica della terapia di combinazione con trametinib + dabrafenib in pazienti con melanoma metastatico con mutazione BRAF V600 non precedentemente trattati con inibitori BRAF. La parte A dello studio, condotta su 8 pazienti che hanno ricevuto dosi ripetute di trametinib e una singola dose di dabrafenib, ha confermato l’assenza di interazioni tra i due farmaci. Nella parte B 77 pazienti hanno ricevuto dosi crescenti di dabrafenib (75 e 150 mg BID) in combinazione con trametinib (1, 1,5 e 2 mg QD) al fine di determinarne il profilo di tossicità e la farmacocinetica. La parte C rappresenta la fase II dello studio e ha coinvolto 162 pazienti che sono stati randomizzati con rapporto 1:1:1 a ricevere la terapia di combinazione con dabrafenib (150 mg BID) e trametinib (1 o 2 mg QD) o la monoterapia con dabrafenib (150 mg QD). Nei pazienti che assumevano il dosaggio più elevato (dabrafenib/trametinib 105/2) la combinazione ha portato a un miglioramento statisticamente significativo della Progression Free Survival (PFS) (9,4 vs 5,8 mesi nel braccio in monoterapia; p < 0,001) e a una riduzione del 61% del rischio relativo di progressione (p < 0,001). La terapia di combinazione ha inoltre dimostrato migliori tassi di risposta al trattamento e una maggiore durata della risposta, con un ORR (Objective Response Rate) del 76% vs 54% riscontrato in monoterapia (p < 0,03). Il tasso di sopravvivenza (OS, Overall Survival) a 12 mesi è stato del 79% nel gruppo di combinazione 150/2 e del 70% nel gruppo in monoterapia, anche se circa l’80% dei pazienti che assumevano dabrafenib è passato alla combinazione 150/2 al momento della progressione di malattia. Un aggiornamento sui dati di sopravvivenza ha mostrato una OS mediana di 25 mesi per i pazienti trattati con la combinazione 150/2 vs 20,2 mesi per i pazienti in monoterapia [6,7]. Inoltre, i tassi di OS riscontrati a 24 e 36 mesi sono stati rispettivamente pari a 51% combo vs 44% mono e 38% combo vs 31% mono. Un tasso di OS superiore è stato associato alla presenza di metastasi in meno di 3 siti e a minori livelli di lattato deidrogenasi (LDH) al baseline, nel gruppo di pazienti in combo, infatti, l’OS a 3 anni era del 62% nei pazienti con livelli basali di LDH nella norma [7].
L’analisi condotta sui 45 pazienti che sono passati alla combinazione dabrafenib/trametinib 105/2 in seguito a progressione di malattia durante il trattamento con dabrafenib in monoterapia ha evidenziato una PFS mediana di 3,6 mesi e una OS di 11,8 mesi [11]. I risultati di questa analisi sembrano pertanto suggerire che il regime di combinazione può essere una scelta appropriata nei pazienti che hanno precedentemente beneficiato di un trattamento con BRAF inibitore per più di 6 mesi, ma che hanno in seguito avuto una rapida progressione di malattia. La risposta al trattamento e la PFS sono risultate infatti superiori nei pazienti trattati con dabrafenib per 6 o più mesi, rispetto a coloro che erano stati in trattamento per meno di 6 mesi (PFS: 3,9 vs 1,8; PRR = 26% vs 0%) [11].
Studio COMBI-d
Lo studio COMBI-d [4] è uno studio randomizzato di fase III che ha arruolato 423 pazienti con melanoma non resecabile o metastatico positivo alla mutazione BRAF V600. I pazienti sono stati randomizzati 1:1 a ricevere dabrafenib (150 mg BID) + trametinib (2 mg QD) oppure dabrafenib (150 mg BID) + placebo al fine di valutare la PFS, la OS, il tasso di risposta e la sicurezza dei trattamenti. Le risposte sono state stratificate sulla base della concentrazione basale di LDH e del genotipo BRAF. Al primo cut-off (follow-up mediano = 9 mesi) la PFS mediana era di 9,3 mesi nel braccio combinazione e 8,8 mesi nel braccio dabrafenib, con una riduzione statisticamente significativa del 25% del rischio di progressione o morte (p = 0,03) e un tasso di risposta al trattamento del 67% e del 51% (p = 0,002), rispettivamente [4]. Al secondo cut-off (follow-up mediano = 20 mesi) [8] il 44% dei pazienti nel braccio di terapia di combinazione e il 36% dei pazienti in monoterapia erano ancora in studio e la PFS mediana riscontrata è stata anche in questo caso superiore nei pazienti trattati con trametinib + dabrafenib (11,0 vs 8,8 mesi), con riduzione statisticamente significativa del 33% del rischio relativo di progressione o morte (p < 0,001) [8]. I dati di sopravvivenza hanno mostrato un’OS mediana di 25,1 mesi per trametinib + dabrafenib e di 18,7 mesi per la monoterapia con una riduzione statisticamente significativa del 29% del rischio relativo di morte (p = 0,011) e maggiori tassi di sopravvivenza a 1 anno (74% combo vs 68% mono) e a 2 anni (51% combo vs 42% mono) [8]. Il beneficio in termini di sopravvivenza è stato confermato in tutti i sottogruppi di pazienti compresi quelli con elevati livelli di LDH e indipendentemente dal sottotipo di mutazione BRAF V600.
Lo studio COMBI-d ha valutato anche la qualità di vita correlata alla salute (HRQoL) nei pazienti trattati con trametinib + dabrafenib e in quelli trattati con dabrafenib in monoterapia [12]. L’analisi è stata condotta mediante EORTC Quality of Life Questionaire-C30 che ha valutato, al baseline, durante il trattamento, in progressione e in post-progressione, diverse dimensioni tra le quali salute globale/QoL, stato funzionale e impatto dei sintomi. Il punteggio di valutazione dello stato di salute globale è risultato significativamente migliore per i pazienti che ricevevano la terapia di combinazione alle settimane 8, 16 e 24 e anche la maggior parte dei punteggi funzionali (funzioni fisiche, sociali, emozionali e cognitive) mostravano un trend favorevole nei confronti della combinazione. Infine, il punteggio di valutazione del dolore è risultato significativamente migliorato e clinicamente significativo nei pazienti trattati con trametinib + dabrafenib rispetto a dabrafenib [12].
Studio COMBI-v
Lo studio COMBI-v [5] è uno studio randomizzato di fase III condotto su 704 pazienti con melanoma non resecabile o metastatico positivo alla mutazione BRAF V600 per valutare l’efficacia della terapia di combinazione con trametinib + dabrafenib vs la monoterapia con vemurafenib in termini di OS, PFS, ORR, durata della risposta e sicurezza. I pazienti arruolati sono stati randomizzati 1:1 a ricevere dabrafenib (150 mg BID) + trametinib (2 mg OD) oppure vemurafenib (960 mg BID). Al primo cut-off (follow-up mediano = 11 mesi combo, 10 mesi mono) la PFS è stata di 11,4 mesi nei pazienti in trattamento con trametinib + dabrafenib e di 7,3 mesi nei pazienti in monoterapia con vemurafenib, con una riduzione statisticamente significativa del 44% del rischio di progressione o morte (p < 0,001) e del 31% del rischio di morte (p = 0,005) nel braccio della combinazione. La risposta al trattamento è stata superiore nel braccio della combinazione (ORR = 64% vs 51%; p < 0,001) con una risposta mediana più lunga (13,8 mesi vs 7,5 mesi). In virtù della migliore efficacia riscontrata nel braccio di trattamento con trametinib + dabrafenib l’IDMC (Internal Displacement Monitoring Centre) ha raccomandato di fermare lo studio non ritenendo etico continuare a trattare i pazienti con vemurafenib, di conseguenza la OS mediana per il braccio trametinib + dabrafenib non è stata raggiunta mentre è risultata di 17,2 mesi nei pazienti in monoterapia. L’analisi dei dati di sopravvivenza in seguito a un follow-up aggiuntivo di 11 mesi [9], ha mostrato un miglioramento statisticamente significativo della OS (OS mediana = 25,6 vs 18 mesi), una riduzione statisticamente significativa del 34% del rischio di morte e un miglioramento della PFS (12,6 vs 7,3 mesi) nel braccio di combinazione rispetto alla monoterapia con vemurafenib [9]. Infine, i risultati emersi da un ulteriore update, che ha valutato i dati del follow-up a 3 anni [10], hanno dimostrato la migliore efficacia a lungo termine della combinazione trametinib + dabrafenib vs vemurafenib in termini di OS (45% vs 31%) e PFS (25% vs 11%).
Nello studio COMBI-v era presente, come endpoint esplorativo, la valutazione del trattamento sulla qualità di vita del paziente mediante il questionario EORTC QLQ-C30, l’EuroQoL-5D (EQ-5D) e il Melanoma Subscale of the Functional Assessment of Cancer Therapy-Melanoma (FACT-M) [13]. L’HRQoL globale e la maggior parte dei punteggi funzionali e sintomatologici hanno mostrato un miglioramento statisticamente significativo e clinicamente rilevante a favore di trametinib + dabrafenib vs la monoterapia con vemurafenib [13].
Profilo di sicurezza
La terapia di combinazione trametinib + dabrafenib ha mostrato, sia nel trial di fase I/II che nei due trial di fase III, un profilo di sicurezza generalmente gestibile, con eventi avversi riportati per lo più di entità lieve/moderata. In Tabella II sono riportati i principali eventi avversi riscontrati negli studi clinici condotti sulla combinazione trametinib + dabrafenib 105/2 [3-5,8-10].
Studio
Eventi avversi
BRF113220 [3]
AE di grado 3/4: 58% combo vs 43% mono
AE più comuni nel gruppo combo: piressia (ogni grado: 71%; grado 3: 5%) e brividi (tutti i gradi: 58%; grado 3: 2%)
AE di grado 3/4 più comuni gruppo combo: neutropenia (11%) con 1 caso di neutropenia febbrile
Carcinoma cutaneo a cellule squamose: 2% combo 150/1; 7% combo 150/2; 19% mono
COMBI-d [4]
AE di grado 3/4: 35% combo vs 37% mono
AE più comune nel gruppo combo: piressia (ogni grado: 51%; grado 3: 6%)
Carcinoma cutaneo a cellule squamose: 2% combo vs 9% mono
COMBI-d (update) [8]
AE di grado 3/4: 32% combo vs 31% mono
AE più comune nel gruppo combo: piressia (52%)
COMBI-v [5,9,10]
AE di grado 3/4: 52% combo vs 63% mono
AE più comune nel gruppo combo: piressia (ogni grado: 53%; grado 3: 4%)
Carcinoma cutaneo a cellule squamose: 1% combo vs 18% mono
Nel follow-up a 3 anni non sono emerse variazioni clinicamente significative nell’insorgenza di eventi avversi, confermando la sicurezza e la tollerabilità della combinazione anche a lungo termine [10].
Tabella II. Profilo di sicurezza della combinazione trametinib + dabrafenib sulla base degli eventi avversi registrati nei trial clinici
Conclusioni
Il trattamento con trametinib + dabrafenib ha dimostrato, nello studio di fase I/II e negli studi di fase III, una maggiore efficacia rispetto a dabrafenib e vemurafenib in monoterapia [3-5] in termini di OS mediana, PFS mediana, ORR e durata della risposta, e un profilo di sicurezza generalmente gestibile. Inoltre, nonostante la gravità della patologia, il trattamento con trametinib + dabrafenib ha dimostrato un miglioramento significativo della qualità di vita sia rispetto a dabrafenib che a vemurafenib in monoterapia [12,13]. In conclusione, alla luce delle evidenze la combinazione trametinib + dabrafenib presenta un positivo rapporto beneficio-rischio per il trattamento di pazienti con melanoma metastatico positivo alla mutazione BRAF V600.
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7. Long GV, Weber JS, Infante JR, et al. Overall Survival and Durable Responses in Patients With BRAF V600-Mutant Metastatic Melanoma Receiving Dabrafenib Combined With Trametinib. J Clin Oncol 2016; 34: 871-8; https://doi.org/10.1200/JCO.2015.62.9345
8. Long GV, Stroyakovskiy D, Gogas H, et al. Dabrafenib and trametinib versus dabrafenib and placebo for Val600 BRAF-mutant melanoma: a multicentre, double-blind, phase 3 randomised controlled trial. Lancet 2015; 386: 444-51; https://doi.org/10.1016/S0140-6736(15)60898-4
9. Robert C, Karaszewska B, Schachter J, et al. Two year estimate of overall survival in COMBI-v, a randomized, open-label, phase III study comparing the combination of dabrafenib (D) and trametinib (T) with vemurafenib (Vem) as first-line therapy in patients (pts) with unresectable or metastatic BRAF V600E/K mutation-positive cutaneous melanoma. Eur J Cancer 2015; 51 Supplement 3: S663. Abstract #3301; http://dx.doi.org/10.1016/S0959-8049(16)31820-2
10. Robert C, Karaszewska B, Schachter J, et al. Three-year estimate of overall survival in COMBI-v, a randomized phase 3 study evaluating first-line dabrafenib (D) + trametinib (T) in patients (pts) with unresectable or metastatic BRAF V600E/K-mutant cutaneous melanoma. Ann Onc 2016; 27 (supplement 6): vi552-87. Abstract #LBA40
11. Johnson DB, Flaherty KT, Weber JS, et al. Combined BRAF (Dabrafenib) and MEK inhibition (Trametinib) in patients with BRAFV600-mutant melanoma experiencing progression with single-agent BRAF inhibitor. J Clin Oncol 2014; 32: 3697-704; https://doi.org/10.1200/JCO.2014.57.3535
12. Schadendorf D, Amonkar MM, Stroyakovskiy D, et al. Health-related quality of life impact in a randomised phase III study of the combination of dabrafenib and trametinib versus dabrafenib monotherapy in patients with BRAF V600 metastatic melanoma. Eur J Cancer 2015; 51: 833-40; https://doi.org/10.1016/j.ejca.2015.03.004
13. Grob JJ, Amonkar MM, Karaszewska B, et al. Comparison of dabrafenib and trametinib combination therapy with vemurafenib monotherapy on health-related quality of life in patients with unresectable or metastatic cutaneous BRAF Val600-mutation-positive melanoma (COMBI-v): results of a phase 3, open-label, randomised trial. Lancet Oncol 2015; 16: 1389-98; https://doi.org/10.1016/S1470-2045(15)00087-X
Valutazione economica della combinazione trametinib + dabrafenib
Introduzione
La valutazione economica dell’utilizzo della combinazione trametinib + dabrafenib nella terapia dei pazienti italiani con melanoma avanzato non resecabile è stata condotta sia in termini di costo-efficacia sia d’impatto sul budget del SSN.
La valutazione è avvenuta mediante adattamento di un modello di simulazione internazionale, sviluppato da PAI, già adoperato per la valutazione del valore della strategia terapeutica in Gran Bretagna, USA e Canada, alla realtà italiana, con le proprie caratteristiche epidemiologiche, di prassi clinica e di costi unitari.
Terapia
Studio di riferimento
Trametinib + dabrafenib
COMBI-d [1], COMBI-v [2]
Dabrafenib
COMBI-d [1]
Vemurafenib + cobimetinib
Co-BRIM [3]
Vemurafenib
BRIM-3 [4], COMBI-v [2]
Ipilimumab
Hodi, 2010 [5]
Pembrolizumab
KEYNOTE-006 [6]
Nivolumab
Checkmate 66 [7]
Nivolumab + ipilimumab
Checkmate 66 [7]
Tabella I. Fonte dei clinici utilizzati nelle valutazioni economiche
Dati clinici
Gli studi clinici utilizzati per informare le variabili cliniche del modello di costo-efficacia e dell’analisi di impatto sul budget sono presentati in Tabella I.
Progressione e sopravvivenza
Per rappresentare in maniera analitica le curve di sopravvivenza libera da progressione nel modello è stata utilizzata una distribuzione log-normale che riproduce i dati a livello pazienti del trial COMBI-d [1] per la prima linea di terapia di combinazione trametinib + dabrafenib, e dall’applicazione di Hazard Ratio (HR) specifici per le restanti terapie. Gli HR derivano dai risultati di una network meta-analisi condotta sui risultati dei trial clinici [8], per le restanti prime linee di terapia, e dallo studio DESCRIBE II [9] per l’HR della seconda linea verso la prima, per ognuna delle terapie considerate.
Anche per l’OS, la distribuzione log-normale (Figura 1) ha dimostrato un ottimo fitting ai dati registrati nel trial COMBI-v dopo il primo anno [10]: essa è stata selezionata per alimentare il modello dai quindici mesi in poi, mentre i dati della Kaplan-Meier originale dello studio sono stati utilizzati per i primi 15 mesi dall’inizio del trattamento [2], data la difficoltà di adattare una distribuzione parametrica a questa fase (al momento della conduzione di questa analisi non era ancora disponibile l’update a 3 anni dello studio COMBI-v. Vedi Capitolo “Efficacia e sicurezza della combinazione trametinib + dabrafenib”). Per dabrafenib in monoterapia, vista la sostanziale sovrapponibilità dei risultati clinici ottenuti dai due BRAF inibitori, è stata utilizzata la medesima distribuzione dei tempi al decesso usata per vemurafenib, anche per evitare di attribuire vantaggi non dimostrati a uno dei due comparatori.
Figura 1. OS dopo il primo anno: curve empiriche e fitting della distribuzione log-normale
D = dabrafenib; KM = Kaplan-Meier; OS = Overall Survival; T = trametinib; V = vemurafenib
Dati di costo
La prospettiva di costo adottata nelle analisi è quella del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), per cui sono stati considerati esclusivamente i costi sanitari diretti a suo carico. Come prima conseguenza di questa scelta, è stato escluso il costo del test per la determinazione della mutazione genetica target (BRAF), in quanto non risulta differenziale tra i trattamenti. I costi considerati, invece, si riferiscono all’acquisto e alla somministrazione dei farmaci per la terapia del melanoma e alla gestione degli eventi avversi associati al trattamento.
Costi farmaceutici
Il costo di acquisizione dei farmaci è calcolato come il prodotto della dose consumata e del costo unitario. Nel caso base, la valutazione è stata condotta utilizzando i costi terapia al lordo di eventuali accordi di payment by results: valori ex-factory, al netto delle riduzioni temporanee di legge (-5%;-5%) e dell’eventuale sconto confidenziale concordato tra AIFA e aziende produttrici (Tabella II). Viene tuttavia presentata anche l’analisi considerando l’effetto degli accordi pay-for performance. La dose consumata è determinata sulla base della durata media di terapia, della posologia indicata e dell’intensità relativa del dosaggio (RDI).
La durata media di terapia (non mediana come solitamente riportato nei trial) è calcolata come l’area sotto la curva (AUC) PFS – tempo per le terapie indicate fino a progressione, e come area sotto la curva PFS fino al termine dei 4 cicli terapeutici per ipilimumab. Le curve di PFS utilizzate per questo calcolo, come già descritto nella sezione sull’efficacia, derivano dal fitting di una distribuzione log-normale ai dati a livello paziente del trial COMBI-d per la prima linea di terapia di combinazione dabrafenib e trametinib, e dall’applicazione di HR specifici per le restanti terapie. Dalle curve di PFS così ottenute, oltre al consumo medio di farmaco, si è inoltre stimato l’effetto degli accordi pay-for performance, come illustrato graficamente in Figura 2. In Tabella II sono riassunti gli input utilizzati nelle analisi per il calcolo dei costi farmaceutici.
Figura 2. Calcolo dell’effetto degli accordi pay-for performance. Le linee tratteggiate rappresentano il momento del restaging (verticale) e la corrispondente percentuale di pazienti ancora liberi da progressione (orizzontale). L’area del triangoloide tratteggiato rappresenta il farmaco consumato dai pazienti non-responder (ovvero coloro che sono progrediti entro il tempo di restaging); il rapporto tra questa area e l’intera area sottesa dalla curva di PFS è l’effetto in termini di pay-back degli accordi
Terapia (confezione valorizzata)
Prezzo ex-factory (€) (-5%;-5%) [11]
Sconto confidenziale (%)1
PFS 1L (anni)
Impatto PbR 1L (%)
PFS 2L (anni)2
Impatto PbR 2L (%)
RDI (%)
Dabrafenib (75 mg, 120 cpr)
8.006,43
50
1,23
4,48
0,87
7,59
86
Trametinib (2 mg, 30 tabs)
4.628,57
50
NA
NA
NA
NA
91
Trametinib + dabrafenib
NA
NA
1,80
5,26
1,33
8,79
NA
Vemurafenib (240 mg, 56 cpr)
2.075,75
56
1,12
5,20
0,79
8,76
79
Cobimetinib (20 mg, 63 cpr)
5.232,70
20
NA
NA
NA
NA
91
Vemurafenib + cobimetinib
NA
NA
1,85
5,02
1,37
8,40
NA
Pembrolizumab (50 mg pol, 1 fl)
1.714,00
0
1,36
0,00
0,97
0,00
101
Ipilimumab (5 mg/ml, 1fl 10 ml)
3.835,63
30
0,60
5,81
0,46
8,26
91
Nivolumab (10 mg/ml, 1 fl 10 ml)
1.344,00
0
0,81
0,00
0,59
0,00
101
Nivolumab + ipilimumab
NA
NA
1,41
2,60
1,01
3,58
82
Tabella II. Parametri per il calcolo dei costi farmaceutici
1 Per dabrafenib e trametinib sono stati comunicati dall’azienda produttrice, mentre sono stati ipotizzati per le altre terapie
2 Inserita come input solo per l’analisi di budget impact, determinata direttamente del modello di costo-efficacia
1L = prima linea; 2L = seconda linea; Impatto PbR = payback da accordi payment by results; PFS = Progression-Free Survival; RDI = Relative Dose intensity
Costi di somministrazione
Dabrafenib, trametinib, vemurafenib e cobimetinib sono farmaci a somministrazione orale, per cui il costo di somministrazione è stato fissato a € 0. Per le terapie a somministrazione parenterale, è stato attribuito un costo di € 37 (10% della tariffa DRG 410) per somministrazione [12].
Costi di gestione della tossicità
Il costo per la gestione delle tossicità è stato stimato moltiplicando le frequenze degli specifici eventi avversi registrati negli studi clinici riportati in Tabella I, con i costi unitari specifici [12,13].
Analisi di costo-efficacia incrementale
Figura 3. Struttura del modello partitioned survival utilizzato nell’analisi e stati di salute considerati
PFS = Progression Free Survival; PPS = Post-Progression Survival
Struttura del modello
La struttura del modello utilizzato per valutare la costo-efficacia della terapia di combinazione trametinib + dabrafenib è quella del partitioned survival model, una variante dei modelli di transizione tra stati in cui è superata la necessita di un calcolo esplicito delle probabilità di transizione tra stati in corrispondenza di un tempo fisso, il cosiddetto ciclo dei più classici modelli di Markov. In comune con questi ultimi, i modelli a partitioned survival, particolarmente apprezzati in oncologia, suddividono l’esperienza clinica del paziente in un numero finito di stati discreti, mutuamente esclusivi e complessivamente esaustivi. In Figura 3 è rappresentata la struttura logica del modello adottato, i cui stati di salute possibili sono 3: vivo senza progressione, vivo dopo progressione e deceduto. Come nei modelli di Markov i costi e gli esiti stimati per i pazienti in ciascuna coorte sono funzione del trattamento ricevuto e del tempo di permanenza in ciascuno stato di salute considerato, caratterizzato da specifici valori di costo e utilità.
La proporzione di pazienti in ciascuno stato a ogni istante di tempo considerato è direttamente tratta dalle funzioni di sopravvivenza (libera da progressione – PFS, complessiva – OS) dei trattamenti considerati nell’analisi: il tempo atteso (medio e non mediano come riportato solitamente nei trial) di PFS è calcolato come l’area sotto la curva (AUC) PFS-tempo, la sopravvivenza attesa come AUC della curva OS-tempo e la sopravvivenza dopo progressione (PPS) come differenza delle due aree. Per ogni alternativa, il modello registra e memorizza il tempo complessivo trascorso dall’inizio del trattamento, suddividendolo in PFS e PPS. La permanenza in uno dei due stati e il trattamento ricevuto sono associati a specifici valori di costo e utilità, che permettono al modello di calcolare la sopravvivenza complessiva attesa, i costi totali e la sopravvivenza ponderata per la qualità di vita. A partire da questi tre indicatori primari, sono costruiti gli indicatori specifici di costo-efficacia incrementale: costo per anno di vita guadagnato e costo per QALY (Quality-Adjusted Life Year) guadagnato.
Trattamenti comparati
Il modello confronta gli esiti attesi con la terapia di combinazione trametinib + dabrafenib con quelli della monoterapia con i due comparatori valutati negli studi clinici di fase III: vemurafenib e dabrafenib.
Stato di salute
Media
SE
Fonte
Trametinib + dabrafenib PFS
0,84
0,005
Media ponderata di tutte le misure di utilità pre-progressione registrate dai pazienti nel braccio di combinazione del COMBI-v [14]
Vemurafenib PFS
0,75
0,006
PPS
0,69
0,011
Calcolato mediante random-effect meta-analisi sui valori di utilità post-progressione registrati nei trial BREAK-3 (0,6542) [15], METRIC (0,6489) [16], COMBI-d (0,6998) [17], e COMBI-v [14]
Tabella III. Valori di utilità per stato di salute
PFS = Progression-Free Survival; PPS = Post-Progression Survival; SE = errore standard
Ponderazione per la qualità di vita: valori di utilità
Il modello considera che la qualità di vita dei pazienti con melanoma avanzato venga influenzata principalmente dal profilo di tollerabilità del trattamento ricevuto e dall’evoluzione della malattia, esplicitando la perdita di utilità nello stato PFS, rispetto alla salute perfetta e l’ulteriore decremento conseguente alla progressione della malattia (PPS). In Tabella III sono riportati i valori di utilità per ogni stato di salute e le relative fonti.
Dati di costo
Nell’analisi di costo-efficacia, oltre ai costi sanitari diretti relativi all’acquisto e alla somministrazione dei farmaci per la terapia del melanoma e alla gestione degli eventi avversi associati al trattamento, vengono considerati anche follow-up, monitoraggio e altre terapie.
Alla progressione viene attribuito un costo una tantum per le terapie di seconda linea: tale valore è calcolato sulla base dei trattamenti ricevuti dai pazienti arruolati nel COMBI-v, valorizzati al costo per il SSN. Ogni mese trascorso nello stato di PFS comporta inoltre un costo di monitoraggio e follow-up di € 295, calcolato a partire dai dati dello studio Melanoma Management in Italy (MELODY) [18]. Analogamente, ogni mese di vita successivo alla progressione è associato a un costo di € 197 per il monitoraggio e la gestione terapeutica, calcolato sulla base dei dati di consumo di risorse sanitarie riportato dallo studio MELODY [18] e da Testori et al. [19], valorizzati alle tariffe vigenti [12]. Infine, al momento del decesso, al paziente viene attribuito un costo di € 4.029 per le cure di fine vita, calcolato valorizzando il ricorso all’assistenza domiciliare infermieristica (per il 75% dei pazienti, per una durata media di 60 giorni) e all’hospice (per il 25%, con degenza media di 22 giorni) [20-22].
Risultati
Analisi al lordo del payment by results
I risultati dell’analisi condotta senza considerare l’effetto degli accordi di payment by results sono presentati in Tabella IV, in cui sono riportati i valori attesi assoluti delle alternative valutate, e in Tabella V in cui sono riportate le differenze e i rapporti di costo/efficacia (ICER) e costo/utilità (ICUR) incrementali.
Il costo totale per ogni strategia è determinato in gran parte dal costo di acquisizione della prima linea (83%, per la combinazione, 60% per vemurafenib, 63% per dabrafenib) e per circa il 90% dalla somma dei costi dei farmaci di prima e seconda linea.
Trametinib + dabrafenib
Vemurafenib
Dabrafenib
Efficacia
PFS (anni)
1,82
1,26
1,36
PPS (anni)
2,72
1,84
1,74
Totale (anni)
4,54
3,10
3,10
QALY
3,41
2,22
2,28
Costi (€)
Terapia 1L
126.712
48.821
59.879
Eventi avversi
516
496
364
Altri costi in PFS1
6.438
4.446
4.816
Costi in PPS1
19.059
27.980
30.542
Totale
152.726
81.742
95.601
Tabella IV. Analisi al lordo del payment by results: efficacia e costi delle alternative
1 Follow-up, monitoraggio e altre terapie
1L = prima linea; PFS = Progression-Free Survival; PPS = Post-Progression Survival; QALY = Quality-Adjusted Life Year
Trametinib + dabrafenib vs
Vemurafenib
Dabrafenib
Efficacia incrementale
PFS (anni)
0,59
0,48
PPS (anni)
1,27
1,38
Anni di vita
1,86
1,86
QALY
1,49
1,43
Costi incrementali (€)
Terapia 1L
77.891
66.833
Eventi avversi
20
152
Altri costi in PFS1
1.992
1.622
Costi in PPS1
-8.921
-11.483
Totale
70.983
57.125
ICER (€/anno di vita)
49.407
39.761
ICUR (€/QALY)
59.599
50.713
Tabella V. Analisi al lordo del payment by results: differenze di efficacia e costi, costo/efficacia incrementale
1 Follow-up, monitoraggio e altre terapie
1L = prima linea; ICER = rapporto di costo/efficacia incrementale; ICUR = rapporto di costo/utilità incrementale; PFS = Progression-Free Survival; PPS = Post-Progression Survival; QALY = Quality-Adjusted Life Year
Analisi al netto del payment by results
I risultati dell’analisi condotta considerando gli accordi payment by results sono presentati in Tabella VI e Tabella VII. In questo caso il costo totale per ogni strategia, determinato in gran parte dal costo di acquisizione della prima linea, risulta inferiore e i rapporti di costo/efficacia e costo/utilità incrementale della combinazione vs le monoterapie, già positivi nell’analisi precedente, risultano migliorati.
Trametinib + dabrafenib
Vemurafenib
Dabrafenib
Efficacia
PFS (anni)
1,82
1,26
1,36
PPS (anni)
2,72
1,84
1,74
Totale (anni)
4,54
3,10
3,10
QALY
3,41
2,22
2,28
Costi (€)
Terapia 1L
120.047
46.282
57.197
Eventi avversi
516
496
364
Altri costi in PFS1
6.438
4.446
4.816
Costi in PPS1
19.059
27.980
30.542
Totale
146.061
79.204
92.919
Tabella VI. Analisi al netto del payment by results: efficacia e costi delle alternative
1 Follow-up, monitoraggio e altre terapie
1L = prima linea; PFS = Progression-Free Survival; PPS = Post-Progression Survival; QALY = Quality-Adjusted Life Year
Trametinib + dabrafenib vs
Vemurafenib
Dabrafenib
Efficacia incrementale
PFS (anni)
0,59
0,48
PPS (anni)
1,27
1,38
Anni di vita
1,86
1,86
QALY
1,49
1,43
Costi incrementali (€)
Terapia 1L
73.765
62.850
Eventi avversi
20
152
Altri costi in PFS1
1.992
1.622
Costi in PPS1
-8.921
-11.483
Totale
66.857
53.142
ICER (€/anno di vita)
46.535
36.989
ICUR (€/QALY)
56.135
47.178
Tabella VII. Analisi al netto del payment by results: differenze di efficacia e costi, costo/efficacia incrementale
1 Follow-up, monitoraggio e altre terapie
1L = prima linea; ICER = rapporti di costo/efficacia incrementale; ICUR = rapporto di costo/utilità incrementale; PFS = Progression-Free Survival; PPS = Post-Progression Survival; QALY = Quality-Adjusted Life Year
In Italia non sono mai state individuate dai decisori pubblici soglie di accettabilità per il valore di ICER, tuttavia in un lavoro italiano gli autori hanno considerato come intervallo accettabile un costo per anno di vita salvato compreso tra € 12.000 e 60.000 [23]. La terapia di combinazione trametinib + dabrafenib ha mostrato in quest’analisi valori che si possono dunque ritenere accettabili.
Analisi di budget impact
Le analisi di impatto sul budget (BIA) permettono di formulare dei giudizi sulla sostenibilità finanziaria delle tecnologie sanitarie e di quantificare i flussi finanziari, e ancor più la loro variazione attesa, in funzione di diversi scenari possibili di evoluzione degli schemi di trattamento di una particolare patologia.
Le analisi qui presentate si riferiscono all’impatto atteso dell’introduzione della terapia di combinazione trametinib + dabrafenib (Tafinlar® + Mekinist®) per i pazienti con melanoma non resecabile o metastatico positivo per la mutazione di BRAF in Italia. Il modello utilizzato per l’analisi calcola per ciascuno dei tre anni dell’orizzonte temporale di simulazione il totale dei costi annui previsti per il trattamento dei pazienti con melanoma non resecabile o metastatico, BRAF-mutato, diagnosticato e trattato con farmaci raccomandati. Lo scenario di distribuzione dei pazienti tra alternative terapeutiche successivo all’introduzione e all’espansione dell’uso della combinazione trametinib + dabrafenib viene confrontato con uno scenario di riferimento, in cui si assume che questa terapia di associazione non sia presente sul mercato.
Numerosità della popolazione
Nelle analisi di budget impact si parte dall’identificazione della numerosità della popolazione candidabile a ricevere la tecnologia sanitaria in studio. Come riportato nel capitolo dedicato all’epidemiologia all’interno de “I numeri del Cancro 2016”, si parla di 13.800 nuovi casi di melanoma attesi per il 2016, con un aumento d’incidenza da anni in costante ascesa sia negli uomini (+3,1%/anno), che nelle donne (+2,6%/anno) [24]. Per ammissione degli stessi autori e parere comune di molti clinici l’aumento dei casi incidenti sembra tuttavia correlato soprattutto ad un aumento dei casi diagnosticati nelle fasi precoci di malattia. Nello stimare il bacino di pazienti oggetto della valutazione economica, è stato di conseguenza ipotizzato che l’aumento atteso di incidenza di melanoma diagnosticato interessi solo parzialmente il sottogruppo dei pazienti con melanoma avanzato, che è stimato interessare una ogni 6 nuove diagnosi di melanoma nel 2016 (ossia un’incidenza di 4,3 casi per 100,000 abitanti).
Le informazioni epidemiologiche indicano una frequenza di mutazione BRAF nei melanomi avanzati di circa il 50%, quasi completamente rappresentata dalla mutazione V600: dall’applicazione di stime di frequenza dell’applicazione del test BRAF, del suo risultato positivo e della quota di pazienti avviati alla terapia di prima linea, si giunge alla numerosità della popolazione target.
Trattamenti comparati
Il modello considera i trattamenti indicati per la terapia di prima e seconda linea: la monoterapia con dabrafenib, vemurafenib, ipilimumab, pembrolizumab e nivolumab e la terapia di combinazione con trametinib + dabrafenib, vemurafenib + cobimetinib e nivolumab + ipilimumab.
Scenari di trattamento a confronto
Nella costruzione degli scenari, ci siamo basati sulle tendenze terapeutiche più recenti, come indicate nei dati di mercato e suffragate dall’opinione di clinici esperti nella cura della popolazione con melanoma metastatico, considerando le alternative terapeutiche disponibili, la loro percentuale di utilizzo attuale, nonché la disponibilità di trial clinici per la stessa tipologia di pazienti. Le principali assunzioni su cui si basa la ripartizione dei pazienti eleggibili tra strategie disponibili sono:
il 10% dei pazienti target sarà arruolato in studi clinici, per ognuno dei tre anni considerati;
l’utilizzo delle combinazioni BRAFi/MEKi rimpiazzerà quasi completamente le monoterapie;
nello scenario senza la combinazione trametinib + dabrafenib, le immunoterapie conquisteranno quote crescenti come terapia di prima linea. Tale tendenza è attesa essere mitigata in caso di disponibilità di entrambe le terapie target di combinazione trametinib + dabrafenib e vemurafenib + cobimetinib.
Costi complessivi per strategia di prima linea
Il costo associato a ogni scelta di prima linea è composto dal costo specifico della terapia, più il costo della seconda linea: sulla base dell’opinione degli autori clinici della nostra analisi, il 60% dei pazienti riceverà immunoterapia in seguito a progressione con BRAF-i (+/- MEK-i), e una percentuale analoga di trattati in prima linea con immunoterapia riceverà una strategia basata su BRAF-i (+/- MEK-i) in seconda battuta.
Come per la costo-efficacia, l’analisi è condotta valorizzando i costi farmaceutici sia al lordo che al netto degli accordi pay for performance. Per ogni anno considerato nell’analisi, il modello stima e confronta i costi attesi per ogni voce di costo nei due scenari confrontati. Nel calcolare l’impatto sul budget vengono considerati solamente i costi di acquisizione e somministrazione farmaceutica, e quelli legati alla gestione delle tossicità.
Risultati
La numerosità della popolazione esaminata e le quote di pazienti avviati alle varie terapie di prima linea negli scenari confrontati sono presentate in Tabella VIII e Tabella IX.
Anno 1
Anno 2
Anno 3
Incidenza MM avanzato (casi/100.000 abitanti)
4,35
4,38
4,41
Incidenti (n.)
2.643
2.663
2.683
Mutazione BRAF
%
50
50
50
n.
1.322
1.332
1.342
Profilo genetico (test BRAF)
%
90
90
90
n.
1.189
1.198
1.207
Terapia con farmaci - 1L
%
95
95
95
n.
1.130
1.138
1.147
Tabella VIII. Calcolo della numerosità della popolazione target a partire dalla popolazione residente in Italia al 1 gennaio 2015 (n= 60.795.612) [25]
Terapia 1L
Pazienti (%)
Scenario senza trametinib + dabrafenib
Scenario con trametinib + dabrafenib
Anno 1
Anno 2
Anno 3
Anno 1
Anno 2
Anno 3
Dabrafenib mono
2
1
1
1
1
0
Trametinib + dabrafenib
0
0
0
40
42
42
Vemurafenib mono
2
1
1
2
1
0
Cobimetinib + vemurafenib
56
47
42
18
13
10
Ipilimumab
7
5
4
6
3
2
Clinical Trial
10
10
10
10
10
10
Nivolumab
9
14
16
9
11
13
Ipilimumab + nivolimumab
5
8
10
5
8
10
Pembrolizumab
9
14
16
9
11
13
Tabella IX. Patient share negli scenari confrontati
Il costo annuo per paziente per l’acquisizione dei farmaci, calcolato sulla base della dose indicate in scheda tecnica (ossia al lordo della RDI) è presentato in Figura 4.
Il costo complessivo per strategia, ossia quello calcolato considerando costo farmaceutico (tenendo in conto gli sconti di legge e la RDI), di somministrazione e di gestione delle tossicità di prima e seconda linea, è riportato in Tabella X. Come si può notare, il costo complessivo delle strategie con un’immunoterapia in prima linea è diverso nello scenario con trametinib + dabrafenib, perché cambia il costo medio ponderato delle seconde linee a base di target therapy.
Infine, in Tabella XI vengono presentati i risultati delle analisi di budget impact, al lordo e al netto degli accordi di payment by results, a seguito dell’introduzione della combinazione trametinib + dabrafenib per la terapia dei pazienti con melanoma BRAF mutato non resecabile o recidivato gestiti in Italia.
Figura 4. Costi farmaceutici annuali delle terapie considerate al lordo della RDI e al netto (PbR) e al lordo (No PbR) degli accordi di payment by results
Terapia 1L + 2L
Costi complessivi (€)
Al lordo del PbR
Al netto del PbR
Senza trametinib + dabrafenib
Con trametinib + dabrafenib
Senza trametinib + dabrafenib
Con trametinib + dabrafenib
Dabrafenib
89.477
86.621
Dabrafenib + trametinib
160.337
153.361
Vemurafenib
114.145
109.644
Vemurafenib + cobimetinib
205.885
196.900
Ipilimumab
186.650
174.160
180.693
169.119
Nivolimumab
112.578
100.089
104.238
92.664
Ipilimumab + nivolumab
132.678
120.189
126.722
115.147
Pembrolizumab
183.359
170.870
175.804
164.229
Tabella X. Costi complessivi per strategia (prima + seconda linea; 1L + 2L) al netto (PbR) e al lordo (No PbR) degli accordi di payment by results
Costi (€)
Scenario senza trametinib + dabrafenib
Scenario con trametinib + dabrafenib
Budget impact
Anno 1
Anno 2
Anno 3
Anno 1
Anno 2
Anno 3
Anno 1
Anno 2
Anno 3
Al lordo del PbR
Trametinib + dabrafenib
953.768
1.548.866
76.722.673
31.331.020
62.711.644
76.722.673
-30.377.253
-61.162.778
-75.700.400
Vemurafenib + cobimetinib
58.555.053
103.736.081
109.153.514
19.402.119
32.095.081
29.579.819
39.152.934
71.640.999
79.573.695
Ipilimumab
4.950.060
7.495.594
5.701.779
4.006.546
4.797.784
2.755.789
943.513
2.697.810
2.945.989
Nivolimumab
7.277.171
16.904.694
22.467.710
7.098.414
13.275.050
16.581.553
178.757
3.629.644
5.886.157
Ipilimumab + nivolumab
4.935.267
11.173.195
17.412.791
4.935.267
10.855.042
16.512.444
-
318.154
900.347
Pembrolizumab
8.657.856
20.190.323
29.703.773
8.657.856
16.662.704
23.137.024
-
3.527.619
6.566.749
Totale
85.329.175
161.048.753
185.461.840
75.431.223
140.397.304
165.289.303
-9.897.952
-20.651.449
-20.172.537
Al netto del PbR
Trametinib + dabrafenib
911.429
1.505.336
989.601
29.699.419
59.618.168
73.373.760
-28.787.990
-58.112.833
-72.384.159
Vemurafenib + cobimetinib
55.623.097
98.737.203
104.514.682
18.429.909
30.570.765
28.368.517
37.193.187
68.166.439
76.146.165
Ipilimumab
4.621.539
6.929.837
5.274.219
3.742.069
4.425.604
2.545.932
879.470
2.504.233
2.728.287
Nivolimumab
7.191.922
16.310.592
21.532.187
7.026.254
12.796.397
15.944.987
165.668
3.514.195
5.587.200
Ipilimumab + nivolumab
4.880.967
10.897.891
16.815.076
4.880.967
10.603.033
15.980.653
-
294.858
834.423
Pembrolizumab
8.657.856
19.894.635
28.930.320
8.657.856
16.412.414
22.566.378
-
3.482.221
6.363.942
Totale
81.886.811
154.275.494
178.056.086
72.436.475
134.426.380
158.780.227
-9.450.335
-19.849.114
-19.275.858
Tabella XI. Analisi al lordo e al netto del payment by results (pbR): costi attesi in Italia
Figura 5. Analisi al netto degli sconti di payment by results: budget impact cumulativo nei primi 3 anni a seguito dell’introduzione di trametinib + dabrafenib
Osservando i risultati dell’analisi emerge come nei prossimi tre anni i costi a carico del SSN per la gestione del melanoma avanzato siano destinati ad aumentare progressivamente. L’aumento del costo farmaceutico delle nuove alternative terapeutiche, associato all’aumentata durata del trattamento in seguito alla riduzione del tasso del progressione, rappresentano i motivi principali dell’incremento di costo previsto nei prossimi anni. Tuttavia, dalle stime riportate risulta evidente l’effetto dovuto alla progressiva penetrazione della combinazione trametinib + dabrafenib che, in virtù del minor costo giornaliero, sopperisce in parte all’inevitabile aumento dei costi complessivi. In particolare, se si considerano i costi di acquisizione farmaceutica al lordo degli accordi di payment by results, il lancio della combinazione trametinib + dabrafenib in Italia, secondo la dinamica di diffusione tra i pazienti ipotizzata, produrrà un risparmio di circa il 13% sui costi sanitari, pari a 50,72 mln € in tre anni; considerando i costi al netto di ogni sconto e accordo, tale risparmio complessivo ammonta a 48,58 mln €, come mostrato in Figura 5.
Bibliografia
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11. Informatore Farmaceutico 2016. Disponibile all’indirizzo www.codifa.it (ultimo accesso novembre 2016)
12. Tariffe delle prestazioni di assistenza ospedaliera per acuti (sistema DRG). Supplemento ordinario n. 8 alla Gazzetta Ufficiale Serie generale - n. 23 del 28-1-2013
13. GSK data on file 2013. INC Research GmbH for GlaxoSmithKline. Burden of Treatment-associated Side Effects: Medical Resources and Costs of Treating and Managing Side Effects and Adverse Events associated with Current Treatments for Metastatic Melanoma. Report. 0.2 del 26.07.2013
14. Grob JJ, Amonkar MM, Karaszewska B, et al. Comparison of dabrafenib and trametinib combination therapy with vemurafenib monotherapy on health-related quality of life in patients with unresectable or metastatic cutaneous BRAF Val600-mutation-positive melanoma (COMBI-v): results of a phase 3, open-label, randomised trial. Lancet Oncol 2015; 16: 1389-98; https://doi.org/10.1016/S1470-2045(15)00087-X
15. Grob JJ, Amonkar MM, Martin-Algarra S, et al. Patient perception of the benefit of a BRAF inhibitor in metastatic melanoma: quality-of-life analyses of the BREAK-3 study comparing dabrafenib with dacarbazine. Ann Oncol 2014; 25: 1428-36; https://doi.org/10.1093/annonc/mdu154
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20. Ministero della Salute, Direzione Generale Della Programmazione Sanitaria, Dei Livelli Di Assistenza E Dei Principi Etici Di Sistema. Commissione nazionale per la definizione e l’aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza. Roma, 2010
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24. AIOM, CCM, AIRTUM. I numeri del Cancro in Italia 2016. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore
25. ISTAT. Demografia in cifre. Disponibile all’indirizzo http://demo.istat.it (ultimo accesso novembre 2016)
Punti chiave
Il melanoma cutaneo rappresenta il terzo tumore più frequente in uomini e donne al di sotto dei 50 anni e i trend di incidenza mostrano un aumento del 3,1% e del 2,6% dei nuovi casi di melanoma in Italia negli uomini e nelle donne, rispettivamente, con 13.800 nuovi casi attesi nel 2016 [1].
Le evidenze disponibili in merito alle risorse consumate e ai costi associati al trattamento del melanoma, sono riferite a un approccio ormai superato. Tuttavia, danno alcune indicazioni sul driver di costo principale che, soprattutto nei pazienti in stadi avanzati, è rappresentato dai farmaci [2,3].
La terapia del melanoma avanzato è molto cambiata negli ultimi anni con l’utilizzo dell’immunoterapia e delle terapie a bersaglio molecolare che hanno portato a un aumento del tasso di risposta e della sopravvivenza.
Nei paziente con melanoma metastatico BRAF mutato, la somministrazione di un inibitore BRAF con un inibitore del segnale MAPK sembrerebbe in grado di superare i limiti della monoterapia, per lo più dovuti allo sviluppo di resistenza e alla riattivazione della via MAPK, e potenziarne l’attività con un ulteriore incremento nel tasso di risposta e nella sopravvivenza.
La combinazione di trametinib, un inibitore altamente selettivo delle protein chinasi MEK1 e MEK2, e dabrafenib, un inibitore selettivo dell’attività delle BRAF chinasi, è stata la prima combinazione a ricevere l’indicazione per il trattamento di pazienti adulti con melanoma inoperabile o metastatico positivo alla mutazione BRAF V600 [4,5].
Gli studi clinici di fase I/II e III hanno dimostrato una maggiore efficacia di trametinib + dabrafenib, rispetto a dabrafenib e vemurafenib in monoterapia [6-8], in termini di OS mediana, PFS mediana, ORR e durata della risposta, un profilo di sicurezza generalmente gestibile e un miglioramento significativo della qualità di vita rispetto alla monoterapia.
La combinazione trametinib + dabrafenib è soggetta a prescrizione medica limitativa da parte di centri ospedalieri specializzati e prevede la compilazione della scheda di monitoraggio AIFA. I vincoli prescrittivi e organizzativi previsti per trametinib + dabrafenib sono gli stessi cui devono sottostare vemorafenib e dabrafenib in monoterapia, pertanto, da questo punto di vista, non si prevede un aumento dell’onere a carico del SSN.
Un’analisi di costo-efficacia, condotta al fine di comparare esiti e costi della combinazione trametinib + dabrafenib con quelli di dabrafenib e vemuratenib in monoterapia, ha mostrato nel caso base, in cui sono stati utilizzati i costi di terapia al lordo di eventuali accordi di payment by results, come il costo totale per ogni strategia sia determinato in gran parte dal costo di acquisizione della prima linea (83%, per la combinazione, 60% per vemurafenib, 63% per dabrafenib) e per circa il 90% dalla somma dei costi dei farmaci di prima e seconda linea.
Nell’analisi condotta considerando gli accordi payment by results il costo totale per ogni strategia, determinato in gran parte dal costo di acquisizione della prima linea, risulta inferiore e i rapporti di costo/efficacia e costo/utilità incrementale della combinazione versus le monoterapie, già positivi nell’analisi precedente, risultano migliorati.
Un’analisi di budget impact, che ha valutato la sostenibilità finanziaria a breve termine dell’accesso al mercato della combinazione trametinib + dabrafenib, ha evidenziato un sostanziale e progressivo aumento nei prossimi tre anni dei costi a carico del SSN per la gestione del melanoma avanzato.
L’incremento dei costi sembrerebbe dipendere dall’aumento del costo farmaceutico delle nuove terapie. In virtù del minor costo giornaliero, la progressiva penetrazione della combinazione trametinib + dabrafenib attenuerebbe in parte l’inevitabile aumento dei costi complessivi.
Il lancio della combinazione trametinib + dabrafenib in Italia, secondo la dinamica di diffusione tra i pazienti ipotizzata, produrrà un risparmio pari a 50,72 mln € in tre anni, considerando i costi di acquisizione farmaceutica al lordo degli accordi di payment by results, e di 48,58 mln €. considerando i costi al netto di ogni sconto e accordo.
Conclusioni
La terapia di combinazione trametinib + dabrafenib, rispetto al trattamento con la monoterapia, rappresenta un’opzione efficace, sicura ed economicamente sostenibile per il trattamento di pazienti con melanoma metastatico con mutazione positiva BRAF V600.
Bibliografia
1. AIOM, CCM, AIRTUM. I numeri del Cancro in Italia 2016. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore
2. Johnston K, Levy AR, Lorigan P, et al. Economic impact of healthcare resource utilisation patterns among patients diagnosed with advanced melanoma in the United Kingdom, Italy, and France: results from a retrospective, longitudinal survey (MELODY study). Eur J Cancer 2012; 48: 2175-82; https://doi.org/10.1016/j.ejca.2012.03.003
3. Ascierto P, Bernardi D, Rielli R, et al.; per il gruppo di lavoro ARNO. I percorsi assistenziali della popolazione con melanoma. Journal of ARNO
4. Mekinist® – Riassunto delle caratteristiche di prodotto
5. Tafinlar® – riassunto delle caratteristiche di prodotto
6. Flaherty KT, Infante JR, Daud A, et al. Combined BRAF and MEK inhibition in melanoma with BRAF V600 mutations. N Engl J Med 2012; 367: 1694-703; https://doi.org/10.1056/NEJMoa1210093
7. Long GV, Stroyakovskiy D, Gogas H, et al. Combined BRAF and MEK inhibition versus BRAF inhibition alone in melanoma. N Engl J Med 2014; 371: 1877-88; https://doi.org/10.1056/NEJMoa1406037
8. Robert C, Karaszewska B, Schachter J, et al. Improved overall survival in melanoma with combined dabrafenib and trametinib. N Engl J Med 2015; 372: 30-9; https://doi.org/10.1056/NEJMoa1412690