101© SEEd Tutti i diritti riservatiFarmeconomia e percorsi terapeutici 2009; 10(3) EditorialE Per quanto riguarda i medicinali pagati di tasca propria (medicinali di fascia C, che include prodotti su ricetta medica, come gli ansiolitici, e tutti i prodotti di automedicazione), il 21% circa degli intervistati ha dichiarato di averne ridotto l’acquisto nell’ultimo anno, con quote del 23% tra i soggetti di 45-64 anni, del 23,4% tra i residenti nel Mezzogiorno, del 28% tra i residenti nelle grandi città e del 29% tra i sog- getti meno istruiti. Gli esperti prevedono che la domanda di prestazioni sanitarie pubbliche possa ancora aumentare nel prossimo anno, creando ulteriori difficoltà al bilancio del Governo e soprattutto delle Regioni. È in gioco la tenuta complessi- va del nostro Servizio Sanitario Nazionale che assorbe il 26,1% della spesa sociale (welfare), contro il 65,9% della previdenza (Rapporto Meridiano Sanità, The European House-Am- brosetti, 2009). Si deve, inoltre, considerare che la spesa sanitaria pubblica in Italia nel 2008 ha rappresentato il 6,8% del PIL, contro la media dei Paesi OCSE dell’8,9% e che ogni italiano ha a disposizione 447 euro in meno rispetto alla media degli altri europei per la cura della propria salute. Sul versante della spesa farmaceutica, il 2009 si chiuderà con uno sforamento comples- sivo di circa 1,15 miliardi di euro rispetto al tetto di spesa programmato. Questo risultato preoccupante è dovuto a una spesa farmaceu- tica ospedaliera che ha superato di circa 1,3 miliardi (70%) il tetto del 2,4%, a fronte di un risparmio sulla spesa farmaceutica territoriale che dovrebbe essere di circa 200 milioni. Nel prossimo anno sarà molto difficile contenere la spesa farmaceutica territoriale entro il budget stabilito perché il tetto di spesa verrà ulterior- mente ridotto dal 16,6% al 13,3% e in questa partita di conto verrà inserita anche la spesa dei gas medicinali (circa 400 milioni), diventati a tutti gli effetti “medicinali registrati” a carico del SSN. È ragionevole pensare che la crisi economica, riducendo l’acquisto di farmaci a pagamento induca una qualche lievitazione della spesa farmaceutica territoriale. A ciò si aggiunga che l’attuale tendenza dell’AIFA è quella di favorire la disponibilità sul territorio di farmaci innovativi importanti, prima riservati solo all’uso ospedaliero. La grave crisi economica mondiale che ha colpito anche l’Italia si ripercuote sulla quantità e qualità dei consumi compresi quelli dei beni e servizi destinati alla salute, confermando la legge macroeconomica secondo cui, in una na- zione, la disponibilità a pagare per la salute è proporzionale alla ricchezza prodotta. Situazio- ni oggettive di povertà relativa o assoluta nelle quali si trovano percentuali crescenti di italiani e diffuse inquietudini sociali per il manifestarsi di un incerto futuro hanno modificato, nell’ultimo anno, le modalità di gestione della propria salute da parte degli italiani. Secondo un’anticipazio- ne dei risultati dell’indagine annuale Monitor, prodotta dal Forum per la Ricerca Biomedica e dal Censis, in pubblicazione nei prossimi mesi, gli effetti della crisi economica sul rapporto degli italiani con la spesa per la salute si sono manifestati nella tendenza a contenere la spesa privata ricorrendo alla sanità pubblica più fre- quentemente che nel passato, anche accettando maggiori disagi e tempi più lunghi. Infatti, dai dati raccolti nel 2009 risulta che il 35% degli italiani, nell’ultimo anno, si è rivolto alle struttu- re sanitarie pubbliche, accettando liste di attesa più lunghe, per ottenere prestazioni (analisi, vi- site mediche, cure) che in altri tempi avrebbero acquistato direttamente da strutture private, pa- gando di tasca propria. Tale percentuale sale al 40% tra gli anziani, al 41% tra i residenti nelle regioni del Centro, e a oltre il 47% tra i soggetti meno istruiti, senza titolo di studio o con la sola licenza elementare. Inoltre, tra gli italiani si è anche accentuato il ricorso a una strategia del rinvio delle presta- zioni sanitarie meno urgenti che normalmente sono a carico parziale o totale del paziente. Infatti, nel 2009 circa il 18% degli italiani ha rinunciato a una o più prestazioni sanitarie (vi- site specialistiche, cure odontoiatriche, ecc.) per motivi economici. Tale quota aumenta a circa il 21% tra i residenti nelle regioni del Centro, al 23,5% nel Sud, al 24,2% tra i 45-64enni, al 27,2% nelle grandi città, al 31% tra i possessori di titoli di studio più bassi. A causa della crisi, il 7% circa degli italia- ni ha dovuto fare a meno della badante, per sé o per un familiare; la percentuale aumenta al 7,7% al Sud e al 17,3% nelle città con 100-250 mila abitanti. Crisi economica e consumo di risorse sanitarie degli italiani Mario Eandi 102 © SEEd Tutti i diritti riservati Farmeconomia e percorsi terapeutici 2009; 10(3) Editoriale Per quanto riguarda la spesa farmaceutica ospedaliera non è prevedibile che possa diminu- ire perché i farmaci innovativi ad alto contenuto tecnologico nella maggior parte dei casi ven- gono vincolati, almeno per un periodo iniziale, all’uso ospedaliero. Si consideri poi che la forza di penetrazione dell’innovazione farmaceutica è vincente anche in presenza di una crisi economi- ca grave come quella attuale: il settore produtti- vo farmaceutico è l’unico, o uno dei pochi, che ha continuato a crescere anche in questi ultimi anni di stagnazione o recessione. In sintesi, vi sono diversi motivi di preoc- cupazione per il 2010 perché la sostenibilità del SSN sembra essere sempre più fragile, il rispetto del tetto programmato della spesa farmaceutica sempre più difficile da perseguire e la concreta disponibilità economica dei cittadini a una so- stanziale compartecipazione alla spesa sanitaria sempre più precaria. Da più parti viene invocata la domanda di “rendere più efficiente la sanità pubblica” tagliando sprechi e sovrapposizioni, ma nella realtà concreta le Regioni, alcune più di altre, continuano a produrre deficit di bilan- cio e servizi poco efficienti, con la conseguenza ultima di una accessibilità sempre meno equa ai servizi sanitari pubblici da parte dei cittadini meno abbienti.