P. Marson, G. Pasero 15© SEEd Tutti i diritti riservatiFarmeconomia e percorsi terapeutici 2008; 9(1) (1)Unità di Aferesi Terapeutica, U.O. Immunotrasfusionale, Azienda Ospedale Università di Padova (2)Cattedra di Reumatologia, Università di Pisa ABSTRACT When considering the history of salycilates, it has to be underlined that a number of Italian scientists made significant contributions on such a topic. Among these, two pharmacists, Bartolommeo Rigatelli in Verona and Francesco Fontana in Lazise, carried out the first extraction of the active component of willow bark in 1824. Rigatelli named the drug “sale amarissimo antifebbrile” (“bitter febrifugal saline”). In his report some refe- rences of pharmacoeconomics are sketched out, thus indicating the attention that the Austrian government on the North Italian districts gave to the management policy. In fact, Rigatelli carried out an economic account of the use of salicin extracts as an antipyretic agent instead of the chincona bark which had been imported from South America at that time and was very expensive. This historical report gives rise to outline a brief history of pharmacoeconomics. Keywords: Salycilates, chincona bark, history of pharmacology, pharmacoeconomics La scoperta del “sale amarissimo antifebbrile” del veronese Bartolommeo Rigatelli, ovvero le origini della farmacoeconomia Piero Marson (1), Giampiero Pasero (2) Farmeconomia e percorsi terapeutici 2008; 9(1): 15-18 plicistica, aveva invece adottato la qualifica di “sostituto indigeno del solfato di chinina” [9] e quindi di “sale amarissimo antifebbrile” [10]. Il composto isolato da Fontana non sembra aver ricevuto una particolare eco, mentre quello di Rigatelli fu sperimentato da altri farmacisti, an- che se non sempre con successo [11-13]. La scoperta di Rigatelli è comunque molto interessante anche da un altro punto di vista. Un resoconto di quanto succintamente ripor- tato sugli Atti dell’Accademia d’Agricoltura, Commercio ed Arti di Verona (Figura 1) de- scrive l’analisi di alcuni commissari che ebbe- ro l’incarico di assistere all’intero processo di preparazione dell’estratto vegetale da parte di Rigatelli [14], che teneva allora ancora segretate le sue ricerche e i risultati di queste: “Particolari circostanze obbligarono l’inventore a non palesare ancora qual sia la pianta dalla quale si trae il nuovo feb- brifugo; ma incoraggiato dal buon esito di quelle esperienze che ci assicurano della sua efficacia nel vincere le febbri perio- diche, si presentò nell’aprile dello scorso anno all’Accademia, pregandola di eleggere una commissione che esaminasse l’inven- zione e il processo con cui si preparava, Nella letteratura relativa alla storia dell’aspi- rina, l’estrazione del principio attivo della cor- teccia di salice viene abitualmente attribuita ad Johann Andreas Buchner, professore di Farma- cia a Monaco di Baviera, che l’avrebbe realizza- ta nel 1828 [1], anche se, secondo alcune fonti [2,3], prima di Buchner l’isolamento dello stessa sostanza sarebbe stato ottenuto da due chimici italiani, Felice Fontana e Luigi Valentino Bru- gnatelli. In realtà, questa attribuzione è errata, in quanto nessuno dei due s’era mai occupato della corteccia di salice e del suo principio atti- vo, senza poi considerare che nel 1824, anno al quale sarebbero risaliti i loro primi contributi, Brugnatelli era già deceduto [4,5]. L’identifi- cazione del principio attivo della corteccia del salice spetta invece a due farmacisti, Francesco Fontana, di Lazise, sulla sponda orientale del lago di Garda, e Bartolommeo Rigatelli, “va- lente chimico” di Verona [6]. Fontana denomi- nò questa sostanza “salicina” [7], adeguandosi alla proposta del chimico francese Louis Joseph Gay-Lussac che, per uniformare la terminolo- gia chimica, aveva proposto la desinenza “-ina” per tutti i composti derivati da sostanze naturali – come, ad esempio, la morfina [8] - e che sarà identico al termine successivamente utilizzato da Buchner. Rigatelli, in maniera molto più sem- Corresponding author Dott. Piero Marson piero.marson@sanita.padova.it La scoperta del “sale amarissimo antifebbrile” del veronese Bartolommeo Rigatelli 16 © SEEd Tutti i diritti riservati Farmeconomia e percorsi terapeutici 2008; 9(1) ciò ch’ei chiama per ora salino amarissi- mo antifebbrile, dichiarando che agli esa- minatori avrebbe confidato il segreto sulla parola d’onore di non palesarlo senza il suo assenso” Nella sintesi della relazione presentata dai commissari alla stessa Accademia [14], si può leggere quanto segue: “che il vegetabile donde è estratto il nuovo salino è realmente comune ed indi- geno non solo della provincia Veronese e del Regno Lombardo-Veneto, ma dell’Eu- ropa tutta”; “che si ottiene con un processo sempli- cissimo, in dose molto considerevole rispet- to a quella del vegetabile impiegato, quindi di una spesa oltremodo tenue in confronto del solfato di china”; “che nulla contiene assolutamente che sia venefica, o in qualsiasi modo nocivo al- l’umana salute. Esso è una combinazione di un’acqua con un principio salificabile vegetale”; “che il nuovo salino offre, non polveriz- zato, i caratteri fisici, di un color di mattone, d’un aspetto e consistenza terroso-friabile, d’un sapore molto più intensamente amaro di quello del solfato di chinino, e legger- mente astringente, d’un odore poi erbaceo appena sensibile”; “che, polverizzato, ha gli stessi carat- teri, ma è prontamente solubile nell’acqua ed è di un color più biancastro”; 1. 2. 3. 4. 5. “che per l’analogia del salino col solfa- to di china, cui prevale in amarezza, e per gli attestati prodotti della sua utilità ne’ casi di febbri, equivalga esso al detto solfato, e possa usarsi in tutte le malattie nelle quali si prescrive la china, o il chinino”; “che anche per il pochissimo suo costo debba anteporsi il nuovo salino al solfato, principalmente nei pubblici stabilimenti di carità”; “che per dovere di sola giustizia enco- miano la scoperta, la quale a loro avviso è importante in medicina, e potrà divenirlo ancor più a bene di tutta Europa”. E ancora: “Giova sperare che dove il sig. Rigatelli trovi un adeguato compenso alle sue fatiche, proporzionato insieme all’importanza della scoperta, da sé stesso ne renderà in breve di pubblica ragione il segreto.” Nel resoconto veniva anche effettuato un calcolo sommario di quanto avrebbe potuto ri- sparmiare l’amministrazione del Regno Lom- bardo-Veneto se avesse adottato il suo “sale amarissimo” in sostituzione della corteccia di china, che in quel tempo era il prodotto più uti- lizzato come antipiretico: “L’economia del nuovo febbrifugo por- terebbe alla sola provincia un annuo van- taggio di lir. 60,000 circa, poiché non si consumano meno di libb. 7000 di corteccia di china all’anno. Calcolando il consumo di corteccia peruviana per tutta la monarchia 6. 7. 8. Figura 1 Resoconto della scoperta del “salino amarissimo antifebbrile” di Bartolommeo Rigatelli, Verona, 1824 – Memorie dell’Accademia d’Agricoltura, Commercio ed Arti di Verona (Biblioteca Universitaria di Padova) [5] P. Marson, G. Pasero 17© SEEd Tutti i diritti riservatiFarmeconomia e percorsi terapeutici 2008; 9(1) a fronte del nostro, l’introduzione di quel farmaco importerebbe un’annua perdita di denaro nazionale per circa 4,000.000. Col succedaneo del sig. Rigatelli cesserebbe non solo questa perdita, ma si avrebbe il vantaggio d’aver dato valore e commercio a un prodotto indigeno, e quindi procurato una nuova attività allo Stato.” Fino alla prima metà dell’Ottocento ed anche in seguito, la corteccia di china veni- va raccolta esclusivamente in Sudamerica, ed in particolare nelle Ande peruviane (da cui la denominazione spesso usata di “corteccia del Perù”), dove l’arbusto della china cresceva (e cresce tuttora) spontaneamente, prima che ne iniziasse la coltivazione in Indonesia, che al- l’inizio della seconda guerra mondiale ne era la maggior produttrice [15]. La corteccia di china, raccolta appunto in Sudamerica, veniva quindi importata in Europa, inizialmente dai missionari gesuiti (non a caso veniva anche chiamata “corteccia dei gesuiti”) ed era ovviamente molto costosa [16]. Tra l’al- tro, l’importazione era divenuta assai difficol- tosa durante il periodo napoleonico per il bloc- co esercitato dalla flotta inglese, che impediva l’arrivo in Europa, ed in particolare in Francia, delle navi provenienti dal Sudamerica. Anche se negli anni ai quali si riferisce Rigatelli questa sorta d’embargo era ormai superato, l’importa- zione della corteccia di china, esercitata prati- camente in regime di monopolio, rappresentava un pesante onere finanziario [17]. La scoperta di Rigatelli cadeva quindi a proposito, ma non è questo il suo particolare interesse. A nostro parere, la stima economi- ca presentata nel resoconto dell’Accademia d’Agricoltura, Commercio ed Arti di Verona potrebbe costituire uno dei primi, se non il pri- mo, accenno nella letteratura scientifica ad una questione di farmacoeconomia, cioè relativo alla disciplina che, come ben sanno i lettori di questa rivista, considera il rapporto costo/be- neficio dei farmaci, analizzandone l’efficacia, la sicurezza e il relativo valore economico, a diversi livelli. La farmacoeconomia si è sviluppata negli ultimi 40 anni, come conseguenza, in primo luogo, del costante incremento della spesa pubblica per la sanità e la sicurezza sociale e, in secondo, della comparsa di farmaci sempre più efficaci, ma anche assai costosi [18]. Nel 1978 William F. McGhan, Clayton R. Rowland e J. Lyle Bootman introdussero i concetti di costo/beneficio e costo/efficacia [19] e, l’anno successivo, veniva pubblicata la prima analisi relativa all’impiego degli aminoglicosidi negli ustionati con sepsi da gram-negativi [20]. In effetti, un’analisi del rapporto costo/beneficio in materia sanitaria era stata proposta già negli anni Sessanta dello scorso secolo da Herbert E. Klarman [21]. Nel 1986 comparve per la prima volta il termine “farmacoeconomia”, coniato da Raymond J. Townsend [22] e, qualche anno dopo, il primo trattato “Principles of Pharma- coeconomics” [23]. Questa disciplina oggi ha finalità molto complesse [24], fra le quali: la descrizione e l’analisi dei costi e delle conseguenze dei diversi trattamenti farma- cologici riguardo ai sistemi sanitari e alle società; il confronto tra i costi (risorse impiegate) e gli effetti delle terapie basate sull’utilizzo dei farmaci; il giudizio di opportunità e di convenienza di una farmacoterapia nei confronti di possi- bili strategie alternative, sia di tipo curativo che preventivo; lo sviluppo e la standardizzazione di stru- menti per contribuire a decidere quando e come intervenire, con l’obiettivo d’identifi- care indirizzi più vantaggiosi per il paziente e per la società. Com’è facilmente intuibile, nel resoconto dell’Accademia d’Agricoltura, Commercio ed Arti di Verona tutti questi aspetti non vengono considerati, ma ugualmente ci piace pensare che la scoperta di Rigatelli sia stata il presupposto per una pionieristica analisi dei costi sociali della terapia delle febbri, anticipando di oltre un seco- lo la nascita e gli sviluppi di una disciplina oggi così importante, qual è la farmacoeconomia. 1. 2. 3. 4. BIBLIOGRAFIA 1. Schindler PE. Aspirin therapy: reducing your risk of heart disease. New York: Walker and Co, 1979 2. Provenzal G. Vita ed opere di R. Piria. In: Piria R. Lavori scientifici e scritti vari, raccolti da D. Mariotti. Roma: Tip. Editrice Italia, 1932:603-32 3. Hedner T, Everts B. The early clinical history of salicylates in rheumatology and pain. 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