139© SEEd Tutti i diritti riservatiFarmeconomia e percorsi terapeutici 2006; 7 (3) EDITORIALE Fattori razionali e irrazionali nella dinamica della spesa farmaceutica e nella contrattazione dei prezzi dei nuovi medicinali Mario Eandi della spesa farmaceutica si sia verificato no- nostante una sensibile riduzione del prezzo di alcune classi di farmaci di largo consumo e l’ampliamento del mercato dei farmaci “equi- valenti” o “generici”. Il rischio di dover dichiarare insostenibile, per il SSN e per la società italiana, l’attuale trend della spesa farmaceutica, oltre a spingere i politici e i decisori istituzionali a ricercare nuove strategie di confronto e di contrattazione con il sistema industriale farmaceutico, impo- ne anche l’urgente necessità di governare con maggiore efficienza la dinamica della spesa farmaceutica mediante scelte basate non solo sull’analisi dell’impatto sul budget ma anche sull’analisi costo-efficacia, soprattutto quando si devono prendere in considerazione farmaci innovativi o strategie di cura e prevenzione delle malattie basate sull’uso cronico di farmaci. Infatti, soprattutto in alcuni campi terapeutici, a fronte dell’incremento della spesa farmaceutica non sempre risulta chiaro quale sia il guadagno in salute, sopravvivenza e qualità di vita per i pazienti trattati con certi farmaci innovativi molto costosi o secondo strategie di preven- zione che producono un beneficio atteso in una ridotta percentuale dei soggetti trattati, mentre aggiungono a tutti un nuovo rischio di eventi indesiderati. Le tecniche di analisi costo-efficacia hanno come obiettivo principale quello di documentare il valore economico delle innovazioni in con- fronto con le strategie terapeutiche consolidate e di fornire al decisore i parametri di giudizio per realizzare un utilizzo più efficiente delle risorse sanitarie in funzione dell’insieme dei bisogni e della disponibilità a pagare un dato incremento di salute (willingness-to-pay o WTP). Sebbene orientata alla massima efficienza allocativa e non alla massima equità distributiva condivisa, l’applicazione ragionevole e consapevole del- l’analisi costo-efficacia può contribuire alla rea- lizzazione di un sistema sanitario che garantisca un più equo accesso alle cure in funzione delle limitate risorse concretamente disponibili. L’introduzione di alcuni farmaci, innovativi ma molto costosi, in campi terapeutici critici come quello dei tumori, dove le scelte sono fortemente condizionate da fattori emozio- La spesa sanitaria in Italia e nei paesi sviluppati continua a crescere con incrementi annuali (5-7%) nettamente superiori a quelli del Prodotto Interno Lordo (PIL) e tutti gli analisti del settore propendono a ritenere che tale trend non si fermerà a breve termine, aggravando ulteriormente la già precaria sostenibilità dei sistemi sanitari nazionali (SSN). Le principali cause di questa tensione, che rischia di mandare in crisi l’attuale assetto della protezione sociale anche delle nazioni più ricche, sono da ricercare nelle trasformazioni demografiche avvenute negli ultimi decenni (invecchiamento delle popolazioni) e nell’introduzione di tecnologie biomediche sempre più costose, troppo spesso utilizzate in modo inappropriato sotto la spinta di un irrazionale consumismo in aperto conflitto con i criteri della tanto invocata Evidence Based Medicine (EBM). La spesa farmaceutica italiana, pur non essendo la principale voce di spesa nell’am- bito dell’assistenza sanitaria, né come valore assoluto né come valore incrementale, continua ad essere il principale obiettivo delle manovre di contenimento e dei tagli resi necessari dalle esigenze di bilancio del SSN. In Italia, da pochi mesi era stata ripristinata la riduzione tempo- ranea del 5% del prezzo dei medicinali per ripianare il superamento del tetto programmato della spesa farmaceutica del 2005, quando la Legge Finanziaria 2007 ha introdotto un nuovo taglio di 800 milioni di euro, realizzato con l’im- posizione immediata di un’ulteriore riduzione temporanea del 5% del prezzo dei medicinali a carico del SSN. L’incremento della spesa farmaceutica ita- liana, che anno dopo anno continua a superare le previsioni nonostante le frequenti manovre di contenimento, è riconducibile principalmente a due fattori: l’introduzione di nuovi farmaci estremamente costosi indirizzati sia a malattie orfane sia a patologie molto diffuse, come quelle tumorali e immunitarie, e l’ampliamento del numero di pazienti trattati cronicamente a scopo preventivo, come nel caso, ad esempio, della prevenzione secondaria e primaria del rischio cardiovascolare (ipertensione, dislipidemia, ecc…) e delle fratture da osteoporosi. Si noti come lo sfondamento del tetto programmato Editoriale 140 © SEEd Tutti i diritti riservati Farmeconomia e percorsi terapeutici 2006; 7 (3) nali esterni alla logica scientifica, rischia di rendere più problematica la fruizione sociale delle risorse destinate alla farmaceutica, sia sotto il profilo dell’efficienza che dell’equità allocativa. L’esperienza pratica (vedi il caso Di Bella) dimostra come sia molto difficile per il potere politico e per il gestore del SSN pubbli- co resistere alle pressanti richieste di ottenere terapie irrazionali non supportate dall’evidenza, quando queste riguardano pazienti affetti da malattie gravi, o percepite come tali, per le quali le persone direttamente o indirettamente coinvolte sono disposte a tentare ogni via, anche le più assurde e irrazionali secondo la nostra prevalente logica positivista, pur di evitare le conseguenze della malattia. Non è un caso che, quando si tratta di malat- tie oncologiche o di altre malattie che mettono a rischio la sopravvivenza o sono fortemente invalidanti, la percezione dell’utilità di un trat- tamento e la stima della WTP assumano valori nettamente superiori se vengono analizzate in un campione di pazienti o di parenti-amici coinvolti rispetto ad un campione di persone estranee rappresentative della società nel suo insieme. La letteratura farmacoeconomica abbonda di esempi su questo tema. Analizzando il trend di crescita vertiginosa dei prezzi richiesti e ottenuti dalle aziende farmaceutiche per i nuovi farmaci antitumorali (registriamo ormai prezzi generalmente superio- ri a 1000 euro/confezione, fino ad oltre 10.000 euro/confezione, difficilmente giustificabili sul piano razionale) e per alcuni nuovi farmaci biologici destinati ad altre patologie invalidanti, sembra di intravedere una strategia complessi- va che sfrutta abilmente i fattori emotivi che influenzano la percezione dell’utilità e la di- sponibilità a pagare delle persone direttamente o indirettamente coinvolte in alcuni settori terapeutici. È superfluo sottolineare come le aziende farmaceutiche si trovino oggettivamente in una posizione di forza nella contrattazione del prezzo di questi farmaci innovativi, sia perché il loro prodotto generalmente è unico e protetto da brevetti sia perché la quantità disponibile in un mercato globale può essere limitata, almeno transitoriamente, e quindi il prodotto viene offerto al miglior acquirente. Al contrario, le autorità istituzionali preposte alla contratta- zione del prezzo di questi medicinali (in Italia l’AIFA) si trovano in grande difficoltà perché devono subire le forti pressioni dei pazienti e delle organizzazioni che li rappresentano, niente affatto disposti a rinunciare a qualunque farma- co capace di mantenere accesa fino all’ultimo la speranza, neppure quando i costi proibitivi del prodotto rischiano di mettere in crisi il bilancio del SSN senza apportare significativi benefici ai pazienti. Nella contrattazione (al ribasso) del prezzo di certe classi di medicinali innovativi, come gli antitumorali, le autorità istituzionali finiscono, dunque, per essere quasi sempre perdenti nei confronti della controparte industriale, soprat- tutto quando assumono come unico riferimento il tetto di spesa programmato ed evitano o trascurano di prendere in considerazione le valutazioni derivanti da una corretta analisi costo-efficacia o costo-utilità, le sole tecniche analitiche capaci di evidenziare il valore della spesa, rapportandola alla WTP della società. Contrattare il prezzo di un nuovo medicinale sulla base della costo-efficacia incrementale significa ricondurre la contrattazione ad una logica trasparente, condivisibile ed equa, porre cioè al centro l’interesse comune che consiste nell’utilizzare le scarse risorse sanitarie nel migliore dei modi possibili, ovvero nel rispetto del criterio economico della costo-opportunità secondo priorità condivise; significa, quindi, dotarsi degli unici strumenti decisionali in grado di innalzare una barriera più efficace alle istanze emotive che supportano la richiesta del farmaco da parte dei pazienti e che spesso portano a introdurre livelli progressivi di iniquità e di inefficienza nel SSN. Non è un caso che le organizzazioni o agen- zie che si occupano di Health Technology Asses- sment (HTA) facciano uso costante e prevalente dell’analisi costo-efficacia nei loro elaborati: la loro impostazione è prevalentemente scientifica e indipendente. Non è neppure un caso che le tecniche di analisi costo-efficacia siano, invece, poco considerate, se non addirittura osteggiate, sia dagli organi pubblici sia dall’industria far- maceutica, quando vengano proposte come base per la negoziazione dei prezzi: in una dialettica contrattuale giocano molti fattori extrascienti- fici da entrambe le parti, fattori spesso tra loro conflittuali non solo tra le parti ma anche entro le parti, come, nel caso del SSN, l’interesse comune di non sfondare i tetti di spesa e quello di mantenere una sostanziale equità di accesso alle cure per tutti i pazienti.