Nuovo-1 9Farmeconomia e percorsi terapeutici 2000; 1 (1) © SEEd Tutti i diritti riservati INTRODUZIONE Il titolo stesso di questo scritto, assegnato- mi dagli organizzatori del Convegno, con l’ac- costare l’analisi costo della malattia (Cost of illness, COI) all’analisi costo efficacia (Cost Effectiveness Analysis, CEA) mette in eviden- za, senza equivoci, che la sua funzione è so- prattutto didascalica. I due tipi di analisi seguono logiche e per- seguono obiettivi che sono largamente distin- ti: metterli in luce, delinearne il rispettivo ambito di applicabilità e di utilizzabilità, rimarcando le eventuali zone di convergenza o complementarietà costituisce pertanto l’obiettivo primario di questo scritto. Il lavoro non presenta studi originali, in nessuno dei due tipi di analisi ma, utilizzando una piccola parte di un’ormai vastissima let- teratura, prova a interpretare le relazioni pos- sibili tra i due filoni di analisi (il primo, per la verità, assai meno praticato del secondo), focalizzando l’attenzione sugli aspetti verso i quali si è coagulato un vasto assenso e distin- guendoli dalle aree tuttora aperte alla discus- sione e al dissenso (per fortuna, ancora nume- rose). Poichè altre relazioni esplorano in profon- dità specifici aspetti delle analisi economiche (della CEA, essenzialmente), l’attenzione sarà qui concentrata su alcuni aspetti metodologici generali e sul tema dell’utilizzabilità delle analisi. In generale si possono apprezzare le diffe- renze tra COI e CEA considerando che la CEA trovi una sua chiara collocazione nel noto sche- ma classificatorio delle tecniche di analisi eco- nomica in Sanità, costruito tenendo conto del diverso grado di completezza dell’analisi (si valutano i costi, i benefici dei trattamenti o entrambi?) e del fatto che l’analisi sia appli- cata o meno a più programmi alternativi di intervento (vedi Tabella 1 (9), (6)), mentre la COI invece non vi compare. La CEA è una delle tecniche di valutazio- ne tra alternative terapeutiche nella quale sono presi in considerazione, contemporaneamen- te i costi delle terapie e i benefici derivanti dalla loro adozione (questi ultimi non sotto forma monetaria, ma di risultato in termini di salute). L’analisi, pur di tipo positivo-descrit- tivo, ha immediato utilizzo in termini normativi (cioé per aiutare a effettuare scelte tra terapie alternative), a livelli che possono spaziare dal micro (singole unità operative), al meso (ad esempio un insieme di ospedali), al macro (un sistema sanitario). La COI, invece, è una tecnica economica mediante la quale si calcolano i costi (tutti o alcuni) che una determinata società sopporta per effetto dell’incidenza di una data patolo- gia. Lo scopo è di rappresentare la perdita di ricchezza che, a un livello territoriale suffi- cientemente aggregato (quello al quale sono disponibili dati epidemiologici significativi), la società nel suo insieme subisce come con- seguenza della patologia, a prescindere dalla possibilità e dalle modalità di affrontare con successo la patologia stessa. Si tratta pertanto di un’analisi positiva (cioé con scopi descrit- tivi o predittivi), condotta a livello macro e focalizzata sui costi ascrivibili alle malattie e non sulle terapie per affrontarle. ABSTRACT Aim of the paper is to compare and evaluate some of the main features of two different tecniques of economic analyses: cost of illness e and cost-effectiveness. The former is not so widely used in pharmacoeconomics, while the latter is dominant. Although their theory has recently much progressed, their practice is still hindered by some unresolved questions, to which the paper also addressess. Farmeconomia e percorsi terapeutici 2000; 1 (1): 9-18 METODI Le analisi costo della malattia e costo efficacia in farmacoeconomia. Ambiti di applicabilità, problemi, prospettive. di Piervincenzo Bondonio ¤ ¤ Università di Torino e Cresa. Relazione presentata al 1° Convegno nazionale della SIFE su: “Farmacoeconomia: dagli studi internazio- nali alla realtà italiana”, Milano, 18-20 febbraio 1999. P. Bondonio 10 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2000; 1 (1)© SEEd Tutti i diritti riservati Nota ii Più frequenti sono forse i casi in cui le società si muovono soprattutto sull’onda di fatti emotivi, che colpiscono la fantasia popolare e inducono a ritenere che “occorra fare qualco- sa” per porre rimedio al fenomeno negativo, inteso come manifesta- zione ingiusta di una natura matrigna (e non, magari, di umana insipienza passata, quale invece spesso è). LE ANALISI COSTO DELLA MALA TTIA: UTILI STRUMENTI CONOSCITIVI, MA DI UTILIZZO PROBLEMATICO Uno scenario Non diversamente da qualunque altro fe- nomeno complessoi, in grado di influire nega- tivamente sul benessere degli individui e del- la società, pur con tutte le peculiarità e le dif- ferenze di causa ed effetto, nelle società con- temporanee ed economicamente evolute si as- siste a diffusi tentativi di stimare, nel modo più accurato possibile, l’impatto economico delle patologie, a partire da quelle più diffuse e/o con gli effetti più gravi sulla salute umana. Il contesto nel quale tali stime si collocano è quello tipico dell’economia, caratterizzato dalla scarsità delle risorse disponibili rispetto alla pluralità delle loro destinazioni desiderabili e quindi dalla necessità di operare scelte nell’allocazione delle risorse e di cono- scere quali siano i problemi che, per vastità di implicazioni, meritano priorità di intervento. Conoscere la dimensione relativa dei pro- blemi non è, tuttavia, sufficiente per orienta- re i comportamenti allocativi: occorre infatti conoscere le strade per affrontarli, i costi ad esse associati e le rispettive probabilità di suc- cesso. Non sono pochi i casi, tuttavia, in cui è la percezione del costo sociale ii di un deter- minato evento negativo a indurre la società a dedicare risorse per affrontare comunque il problema, prima che si conoscano i costi e le probabilità di successo. Metodo, contenuti e risultati della COI: un esempio Per illustrare i contenuti della COI si fa inizialmente riferimento a uno studio elabo- rato dal Cresa (10), relativo a una malattia a crescente impatto nella società italiana con- temporanea, caratterizzata dal progressivo in- vecchiamento della sua popolazione: la demen- za senile, una delle patologie degenerative più diffuse del sistema nervoso centrale. Si trattava in primo luogo di stimare l’im- patto quantitativo della patologia nella socie- tà italiana. Questa malattia interessa una quo- ta rilevante della popolazione anziana (dal 6 al 10% degli ultra65enni) e gli studi epidemiologici indicano una crescita della dif- fusione all’aumentare dell’età. Tale crescita è stata stimata in un raddoppio della prevalen- za, a partire dai 60 anni e fino ai 95, passando da una classe di cinque anni alla successiva. In assenza di dati statistici di base affidabili (non esisteva, per molte ragioni, un’anagrafe delle persone colpite dalla patologia) è stato necessario effettuare un’accurata analisi dei risultati delle indagini epidemiologiche con- dotte in Italia sulla demenza, per individuare quelli ritenuti più persuasivi (per metodo di indagine e per contesto di svolgimento) e ge- neralizzarne poi i risultati all’intera società ita- liana. Si è così pervenuti a una stima di inci- denza complessiva di circa 650.000 casi (350.000 dei quali classificabili come lievi). Successivamente si è valutato, a livello macroeconomico (in questo caso italiano) e con Tabella 1 Tipi di tecniche di analisi farmacoec- onomica (9) Nota i Ad esempio, fenomeni naturali come terremoti e innondazioni, o sociali come l’analfa- betismo, o economici come l’impatto del progresso tecnologico di altri sistemi econo- mici o la riduzione della domanda mondiale di un bene prodotto da un dato Paese. Le analisi costo della malattia e costo efficacia NUMERO DI ALTERNATIVE CONSIDERATE PARAMETRI ANALIZZATI DENOMINAZIONE DELLA TECNICA Analisi parziali considera una sola terapia analizza solo i costi descrizione dei costi considera una sola terapia analizza solo gli effetti descrizione degli effetti considera una sola terapia analizza sia costi che effetti valutazione dei costi e dei benefici confronta due o più terapie alternative analizza solo i costi analisi comparativa dei costi confronta due o più terapie alternative analizza solo gli effetti analisi comparativa di efficacia o di efficienza Analisi complete confronta due o più terapie alternative analizza sia i costi sia gli effetti - minimizzazione dei costi - analisi costi-efficacia - analisi costi-efficienza - analisi costi-utilità - analisi costi-benefici 11Farmeconomia e percorsi terapeutici 2000; 1 (1) © SEEd Tutti i diritti riservati riferimento alle principali categorie di costo, l’ammontare delle risorse impiegate dall’in- tera collettività nazionale per la diagnosi, il trattamento e l’assistenza dei dementi; in un’accezione più vasta, potevano essere an- che presi in considerazione i costi indiretti e quelli intangibili. I problemi metodologici da risolvere, in questo caso, non sono diversi da quelli che de- vono essere affrontati nella CEA (e nelle altre forme di valutazione economica): si tratta di decidere, infatti, quali costi prendere in con- siderazione e con quale metodologia valutar- li. Con riferimento a un’ampia gamma di co- sti che possono essere considerati in una tipi- ca COI, lo studio qui ricordato ha effettuato le sue scelte, giustificandole con ragioni di ca- rattere in parte generale e teorico, in parte pra- tico. In linea di principio, il punto di vista con- siderato (che accomuna la COI alla CEA) è quello collettivo o societario: i costi presi in considerazione sono quelli sostenuti da qua- lunque parte, non importa quale (l’organizza- zione sanitaria pubblica, il paziente e la sua famiglia - i caregiver -, la collettività più am- pia). Ciò implica, da un lato, un’estensione del campo di indagine, la cui attuazione può presentare tuttavia difficoltà pratiche, che pos- sono suggerire un successivo restringimento del campo di indagine nell’effettuazione dei calcoli; d’altro lato, invece, comporta l’elimi- nazione dai costi considerati di tutto ciò che presenta caratteristiche di spesa di trasferimen- to (che grava su alcuni soggetti, ma ne avvan- taggia altri). Nel caso dello studio qui consi- derato non tutti i costi potenzialmente rilevanti sono stati valutati, per ragioni legate alla di- sponibilità di informazioni adeguate e in qual- che caso, per la presumibile scarsa rilevanza di alcune voci. Di fatto, lo studio è pervenuto a una prima stima dei costi diretti sanitari, distinguendo tra spese: per l’attività diagno- stica; per il trattamento farmacologico (tratta- mento dei disturbi cognitivi legati all’invec- chiamento del sistema nervoso centrale); per i ricoveri ospedalieri (ordinari e in regime diur- Tabella 2 Tipologia di costi considerabili nella COI della demenza senile. (10) P. Bondonio COSTI DIRETTI: Sanitari: accertamenti diagnostici visite mediche trattamenti farmacologici assistenza infermieristica accessi a day hospital utilizzo di centri diurni ricoveri ospedalieri prestazioni di riabilitazione servizi preventivi e di profilassi protesi e ausili ricoveri in residenze sanitarie Non sanitari: trasporti (per accesso ai servizi sanitari) collaborazioni domestiche assistenza e sorveglianza modificazioni dell'abitazione e dell'alimentazione del paziente protesi e ausili servizi sociali ricoveri in residenze assistenziali COSTI INDIRETTI: tempo sottratto ad attività lavorativa (pazienti e loro familiari) tempo sottratto ad attività lavorativa (pazienti e loro familiari) perdita di produttività (pazienti e loro familiari) COSTI INTANGIBILI: sofferenza dovuta ad ansietà, dolore, inabilità, isolamento affettivo e sociale conflitti familiari, modificazione degli stili di vita, ecc. 12 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2000; 1 (1)© SEEd Tutti i diritti riservati no; per i ricoveri in strutture residenziali (pub- bliche e private); per gli ausili per incontinenti. Tra i costi diretti non sanitari sono poi stati valutati gli assegni di accompagnamento a ca- rico del Ministero dell’Interno. L’ultima voce di costo considerata, che assorbe da sola quasi il 70% del COI totale stimato, è attribuita a una pur prudenziale valutazione del tempo de- dicato all’assistenza dai caregiver, normal- mente - in Italia - familiari degli anziani ma- lati. Tra i problemi insiti nella valutazione dei costi, quello che merita particolare attenzione è l a s c e l t a d e l p e r c o r s o d i a g n o s t i c o e terapeutico. Mentre nella CEA la contrapposizione di due o più percorsi costituisce la ragione d’es- sere dell’analisi (che intende, appunto, con- frontare i costi - ma anche i risultati - diffe- renziali di due o più percorsi, alla ricerca di quello “più costo-efficace”), nella COI la va- lutazione può prendere invece in considera- zione, alternativamente, il percorso più fre- quentemente utilizzato (o un mix ponderato tra i percorsi utilizzati, se l’informazione per effettuare la ponderazione è nota), oppure, se è stato selezionato sulla base dei risultati di CEA, solamente il percorso più costo-effica- ce. Nel primo caso la COI stimerà i costi di- retti di malattia conseguenti all’adozione dei percorsi diagnostico-terapeutici prevalenti, anche se economicamente non ottimali; nella seconda, quelli che scaturiscono dalle scelte diagnostico-terapeutiche economicamente più efficaci. Nella tabella 3 sono riportati i risultati fi- nali dello studio, ottenuti con riferimento agli aggregati di costo annuo per i quali è stata effettuata la stima, che non comprende né una valorizzazione della perdita di produttività (da parte dei pazienti e dei loro familiari), né dei costi intangibili; le due serie di valori rappre- sentano la forbice all’interno della quale si è ritenuto possa ricadere il valore “vero”. Sulla base di tali valutazioni lo studio pervie- ne alla stima di un costo annuo per paziente che si colloca tra gli 11 e i 15 mila dollari, dei quali una cifra compresa tra i 6.500 e i 9.700 dollari sono a carico delle famiglie. L’utilizzo e la diffusione della COI: prospetti- ve e problemi L’utilità potenziale della COI, con una per- cezione dei problemi che il suo utilizzo com- porta, sono bene evidenziati dagli studi che effettuano confronti diretti tra i costi annui me- diamente sostenuti per ogni paziente affetto da diverse patologie. Ad esempio la Tabella 4, ripresa da uno studio di Greenberg (12), compara il costo an- nuale negli USA di alcune malattie di rilevan- te peso sociale, mettendo in relazione tali co- sti con la prevalenza delle patologie conside- rate e con la sopravvivenza, la diagnosticabilità e la possibilità terapeutica. Gli autori, nel nostro caso medici psichia- tri, hanno buon gioco nel dimostrare che, sul- la base dei risultati COI integrati con altre in- formazioni rilevanti, “vale la pena” investire nella diagnosi e nel trattamento della depres- sione. Questa patologia coinvolge negli Stati Uniti 15 milioni di persone, per lo più giovani e inseriti in attività produttive, ed è una ma- lattia: ? con elevata sopravvivenza e curabile con ottimo successo; ? che assorbe una quantità di risorse pari a quella assorbita dalle malattie coronariche, no- nostante esse interessino meno della metà dei suoi pazienti; ? con un costo sociale pari al 43% del can- cro e al 67% dell’AIDS, i cui malati sono in- vece del 60 e del 98,7% meno numerosi. In questo caso, come in molti altri, lo stu- dio ha lo scopo di richiamare l’attenzione su un problema (qui la diagnosi precoce e la cura delle forme depressive) al quale “la società” Tabella 3 Costo annuo della demenza senile in Ita- lia (valori in milioni di dollari USA 1993, al tasso di cambio di lire 1650 per 1 dolla- ro USA; valori arrondati alla decina più vicina) (10) Le analisi costo della malattia e costo efficacia COSTI DIRETTI SANITARI accertamenti diagnostici 350 635 trattamenti farmacologici 150 210 ricoveri ospedalieri 20 30 residenze assistenziali per anziani 1.210 1.815 ausilii per incontinenti 300 420 COSTI DIRETTI NON SANITARI assegni di accompagnamento 240 360 Totale costi diretti 2.270 3.470 COSTI INDIRETTI assistenza dei familiari 4.850 5.450 COSTI TOTALI 7.120 9.920 13Farmeconomia e percorsi terapeutici 2000; 1 (1) © SEEd Tutti i diritti riservati dedica insufficiente attenzione (in questo caso rispetto a quella dedicata ad altre patologie, che hanno esiti più gravi - mortali - ma ri- guardano anche un numero minore, anche molto minore, di persone e, soprattutto, per le quali sussistono terapie meno efficaci e più costose). Ci si può chiedere chi siano i veri destinatari di studi di questa natura. In questo caso lo studio è stato pubblicato su una rivista scientifica disciplinare (il Journal of Clinical Psychiatry) e quindi si deve ritenere che i pri- mi destinatari siano i suoi abituali lettori. Tut- tavia è evidente che esso si rivolge a un pub- blico ben più vasto: a chi può, con il suo com- portamento e la sua capacità di influenza, con- tribuire a fare cambiare le decisioni collettive, nella direzione auspicata, dedicando più risorse alla diagnosi precoce e alla cura della depres- sione. Questa banale constatazione porta a qual- che riflessione aggiuntiva sul ruolo delle ana- lisi COI, su chi possa (debba?) realizzarle e sui suoi destinatari. La realizzazione di una buona analisi COI deve affrontare le stesse sfide insite in altri tipi di studi economici, come le analisi costi-be- nefici, costi-efficacia e costi-utilità. In parti- colare, deve individuare gli elementi di costo più rilevanti ai fini della valutazione econo- mica, precisarne i metodi, identificarne limiti e potenzialità. Inoltre è necessario che dispon- ga di solide conoscenze epidemiologiche, per stimare correttamente la prevalenza delle patologie nel contesto in cui esse si manife- stano, e - come si è già accennato - conoscere il percorso diagnostico e terapeutico utilizza- to per affrontarle. In altre parole, è evidente che le analisi COI richiedono, come e ancora più che le altre valutazioni economiche, ap- porti pluridisciplinari: accanto all’economista sanitario e allo statistico dovranno operare il demografo e l’epidemiologo, il clinico e il farmacologo clinico. Probabilmene in ragione della loro mag- giore complessità, o della minore “appro- priabilità” dei risultati cui possono dare luogo, le analisi COI sono meno praticate, ad esem- pio, delle CEA iii. Anche se è nell’interesse ge- nerale che buone analisi COI siano periodica- mente effettuate, almeno con riferimento alle patologie di maggior impatto sociale. Tutta- via, alla definizione di regole da seguire nel- l’effettuare “buone” analisi COI non è stata dedicata analoga attenzione di quella impie- gata a costruire, ad esempio, linee guida per le analisi farmacoeconomiche di tipo CEA. Ciò non significa però che regole non esi- stano. Esse sono infatti ricavabili dai metodi che governano la ricerca scientifica nei rispet- tivi campi disciplinari che convergono negli studi COI. Chi può effettuare le analisi COI? La ri- sposta, oggi, sembra univoca: chiunque lo vo- glia, naturalmente, e qualunque sia l’interes- se che lo spinge a farlo. Sarà responsabilità della comunità scientifica valutare e validare le analisi effettuate - i cui realizzatori mettono peraltro in gioco la propria reputazione - alla luce dei criteri e dei metodi sviluppati negli ambiti disciplinari. Può tuttavia accadere (e mi pare che, in Italia, si sia prossimi a una situazione di que- sto genere) che le forze di mercato (anche del Tabella 4 COI e prevalenza di alcune patologia di rilevante interesse sociale caratterizza- te da diversa distri- buzione demografica, so- pravvivenza, diagnosticabilità e possibilità terapeutiche (12) Nota iii Mentre annualmente sono pubblicate, su ri- viste scientifiche medi- che, oltre un centinaio di analisi di tipo CEA (ma molto poche su ri- viste propriamente eco- nomiche), una ricerca condotta qualche tem- po fa su MedLine evidenziava la presenza complessiva, nella banca dati interrogata, di soli 236 lavori di tipo COI (19). P. Bondonio Depressione Malattia coronarica Cancro AIDS Prevalenza (milioni) 15 7 6 0,2 Distribuzione per età 70% (18-45 a.) 95% (>44 a.) 80% (20-40 a.) Distr. per sesso: uomini donne 29% 71% 56% 44% 50% 50% 89% 11% Sopravvivenza a 5 anni Alta Varia Varia Bassa Diagnosticabilità Bassa Alta Alta Alta Possibilità terapeutica Alta Varia Varia Bassa Costo annuo totale (miliardi US $) 44 43 104 66 Costo annuo/paziente (US $) 2.933 6.143 17.333 330.000 Rapporto del costo annuo/paziente rispetto a depressione 1 2,09 5,91 112,51 14 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2000; 1 (1)© SEEd Tutti i diritti riservati Nota v Il ragionamento si ap- plica anche alle misura alternative, o comple- mentari al QALY, che sono state sviluppate e sono occasionalmente utilizzate nella CEA (quali, ad esempio: healthy years equivalents, saved young life equivalents). Nota iv Questa visione, propria di filosofi sociali come Rawls (14), è associata all’idea che sia possibi- le prendere decisioni nel pubblico interesse. mercato della ricerca universitaria) non pro- ducano, in un dato momento, un flusso di ana- lisi giudicato adeguato, per quantità e qualità. Avvertire il problema è comunque la premes- sa per avviarlo a soluzione: se la collettività nazionale avesse coscienza di un tale proble- ma, le sarebbe possibile intervenire per risol- verlo, attraverso i normali canali di incenti- vazione della ricerca e attivando meccanismi di competizione tra ricercatori e centri di ri- cerca, senza escludere di assegnare un ruolo diretto - ma mai monopolistico - a organismi di ricerca pubblici (quali, ad esempio, l’Istitu- to Superiore di Sanità o il CNR). LE ANALISI COSTO-EFFICACIA: QUALE AUSILIO PER LE DECISIONI E A QUALE LIVELLO? Cos’è la CEA e come può essere usata Secondo una definizione molto generale, la CEA “is a method designed to assess the c o m p a r a t i v e i m p a c t o f e x p e n d i t u r e s o n different health interventions” (17). Essa è ba- sata sulla premessa che “for any given level of r e s o u r c e s a v a i l a b l e , s o c i e t y . . . w i s h e s t o maximize the total aggregate health benefits conferred” (18). Nella CEA ruolo centrale è giocato dal rap- porto costo/efficacia (C/E): nel confronto tra due o più alternative (ad esempio, tra un nuo- vo farmaco e il farmaco abitualmente usato, o un placebo, o il migliore farmaco prima di- sponibile), il rapporto costo/efficacia è calco- lato come rapporto tra la differenza nei loro costi e la differenza nella loro efficacia. Il rapporto C/E è quindi interpretabile come il costo sostenuto per ottenere un’unità di risultato, misurato in termini di salute (un anno di vita salvata, tipicamente ponderata per la sua qualità), da un certo intervento sanita- rio (ad esempio, una terapia che fa uso di un certo farmaco), nel confronto con uno o più interventi alternativi. Non sempre è necessario calcolare il rap- porto C/E. Non lo è quando un intervento è, rispetto a quello/i confrontato/i, insieme meno costoso e più efficace: in tale caso si dice che esso domina le alternative. In pratica, situa- zioni di questo genere sono tuttavia eccezio- nali: normalmente ci possiamo attendere, in- fatti, che un intervento analizzato (un nuovo farmaco) sia contemporaneamente più costo- so e più efficace delle alternative con le quali è confrontato. Gli interventi caratterizzati da un rappor- to C/E relativamente basso sono detti “conve- nienti” e meritano, per questo motivo, un’ele- vata priorità nelle decisioni allocative. La de- cisione che adottasse tutti gli interventi con rapporto C/E inferiori o eguali a un certo va- lore sarebbe economicamente ottimale, nel senso che: 1) gli interventi così realizzati ren- derebbero massimo l’effetto sulla salute conseguibile con le risorse disponibili, e 2) il risultato totale in termini di salute sarebbe conseguito con il minimo costo possibile (17). Una questione preliminare: quale prospettiva per l’analisi? Una soluzione, con qualche dubbio A risultati di questo genere la CEA non perviene tuttavia in modo né facile né indolo- re. Per influenzare le decisioni sociali la CEA deve possedere caratteristiche che rendono impegnativa la sua pratica e, in alcuni casi, ne mettono in discussione la teoria. Di segui- to sono discussi alcuni aspetti del problema. Un punto preliminare riguarda la scelta della prospettiva dalla quale le valutazioni devono essere condotte. Come è noto, è opi- nione prevalente che la CEA assuma il punto di vista societario: l’analista deve cioè pren- dere in considerazione tutti i costi (da chiun- que sopportati) e tutti i risultati sulla salute (da chiunque sperimentati, positivi o negativi che siano). Questa scelta può comportare che alcune decisioni siano in contrasto con gli in- teressi di persone alle quali, sulla base di con- siderazioni in parte derivanti da CEA, tali pro- grammi siano stati negati (ad esempio, l’ac- cesso a un trapianto renale di persone così an- ziane o in stato di salute così precario che il trapianto migliorerebbe di poco le loro aspet- tative di vita). La razionalità e l’accettabilità da parte di tutti di una scelta siffatta si fonda su una visione contrattualista del patto sociale iv. Ognuno, ignorando quale destino gli riserve- rà la vita, razionalmente desidera che le deci- sioni sull’allocazione delle risorse siano effet- tuate in modo tale da assicurargli un’adegua- ta assistenza qualunque problema di salute egli possa in futuro incontrare. In questo ambito, solo la prospettiva societaria è in grado di ga- rantire che non sia calcolato come vantaggio per qualcuno quello che è un danno per un altro. Naturalmente è legittimo effettuare ana- lisi C/E adottando punti di vista diversi e più ristretti, ad esempio, quello di specifiche cate- gorie di persone (i dializzati, le persone in at- tesa di trapianto, eccetera) o di una specifica organizzazione sanitaria, anche generale, come il SSN italiano. Non di meno, in tali casi, la valutazione condotta dalla prospettiva societaria sarà utile, in quanto permetterà di disporre di un termine di confronto per valu- tare le analisi particolaristiche. La priorità accordata alla prospettiva societaria ha evidenti implicazioni di princi- pio su quali costi e quali risultati la CEA deb- Le analisi costo della malattia e costo efficacia 15Farmeconomia e percorsi terapeutici 2000; 1 (1) © SEEd Tutti i diritti riservati ba valutare e come essi debbano essere misu- rati. Nel mondo reale, tuttavia, la prospettiva societaria può implicare considerazioni che non sono di fatto riflesse (e in qualche caso, neppure lo potrebbero) nelle misure di costo e di risultato della CEA (17). Con riferimento ai risultati, la più classi- ca misura “grezza” di outcome è l’anno di vita guadagnato o salvato. Esso, tuttavia, non è necessariamente l’unico risultato di un pro- gramma sanitario di successo, che potrebbe annoverare tra i suoi effetti positivi anche il sollievo dal dolore, il miglioramento delle pre- stazioni, una migliore informazione, il fatto di convogliare cura e attenzioni altrui. Il QALYv e le altre misure di outcome sviluppa- te cercano di tenere conto dei fattori qualitativi che connotano una maggiore durata della vita, senza tuttavia riuscirci del tutto. Inoltre si pone il “problema dell’aggrega- zione”, che considera quale sia il punto di equilibrio tra la somma di modesti benefici riguardanti molte persone e la somma di ele- vati benefici per un ristretto numero di perso- ne: supponendo pari numero di QALYs, la va- lutazione sociale è davvero la stessa? Dobbia- mo riconoscere che le società contemporanee si arrovellano su problemi di giustizia distri- butiva, alcuni dei quali sono lontani dal rice- vere soluzioni convincenti e durature, quindi il QALY e gli altri simili indicatori quantitativi, che potrebbero essere misure sod- disfacenti di risultato dal punto di vista societario solo se si fosse in grado di ponde- rarli adeguatamente, mancando tale possibi- lità non posseggono questa caratteristica (5)vi. E ancora: non tutti i valori pubblici di rilievo possono essere incorporati nella CEA: non lo è, ad esempio, il diritto alla privacy che im- pedisce, al di fuori di specifiche e limitate cir- costanze, la diagnosi obbligatoria dell’ HIV, anche in presenza di trattamenti in grado di prolungare la vita nei confronti dei pazienti diagnosticati precocemente. In tali circostan- ze, “le misure di risultato sanitario utilizzate nella CEA sono destinate a rimanere rappre- sentazioni parziali degli obiettivi e dei valori societari” (17). Con riferimento ai costi, la CEA dovrebbe prendere in considerazione anche il costo op- portunità delle risorse impiegate dal paziente e da chi gli fornisce assistenza gratuita (figu- rano entrambi tra i costi indiretti della tab. 1). Al di là delle difficoltà di calcolo, che pos- sono essere risolte con riferimento a valori salariali medi, intesi come proxy del costo op- portunità delle persone coinvolte, sorge il pro- blema del differente (minore) costo del lavoro femminile, problema che, se trascurato, intro- duce elementi di artificiosità nell’analisi e, se considerato, introduce un bias nei risultati del- l’analisi stessa (gli interventi riguardanti le donne dovrebbero essere considerati con mag- gior favore di quelli che riguardano uomini, perché – a parità di risultato – sarebbero meno costosi e quindi darebbero luogo a valori C/E più favorevoli). CEA e processo decisionale Ritenere che le decisioni allocative avven- gano, nella realtà, sulla base soltanto delle li- ste di priorità ottenute ordinando per valore crescente i rapporti C/E riferiti a un indicato- re ampio di risultato come il QALY. E assu- mendo una prospettiva societaria, costituireb- be oggi un’imperdonabile ingenuità, compren- sibile solo nei momenti eroici di fondazione della CEA (e delle altre tecniche di valutazio- ne, economiche e non solo)vii. La politica, in- fatti, mantiene le sue ragioni, che non posso- no essere completamente catturate dalle va- riabili prese in considerazione dalla CEA: aspetti di equità e accessibilità ai servizi sani- tari, benefici e costi esterni al settore sanitario ne rappresentano semplicemente esempi signi- ficativi. Per quanto sia tecnicamente possibile uti- lizzare in modo meccanico i risultati della CEA e rappresentarli sotto forma di “classifiche”, spesso risulta inappropriato farlo, in quanto la “CEA non è un processo decisionale com- pleto” (17). Ciò non significa, naturalmente, escludere l’utilità pratica della CEA. Le in- formazioni che essa ha permesso di raccoglie- re ed elaborare possono svolgere un utile ruo- lo nel contribuire a orientare i decisori, non diversamente delle informazioni fornite ai con- sumatori dalle riviste che comparano pregi e difetti della maggioranza dei prodotti (beni o servizi) presenti sul mercato. Non mancano inoltre i casi in cui una buo- na CEA è servita a capovolgere alcune cre- denze radicate, ad esempio che gli interventi di medicina preventiva siano sempre, per de- finizione, costo-efficaci ed ha contributo a ri- dimensionare alcuni programmi, inizialmen- te impostati con una frequenza di verifica “ec- cessiva” (dal punto di vista del costo-effica- cia). Ne è esempio lo screening per il cancro alla cervice dell’utero, che è risultato deter- minare costi per vita salvata in crescita esponenziale al ridursi dell’intervallo tra un esame e l’altro (11): tale conoscenza ha con- tributo a rivedere, negli USA, la modellizzazione dei programmi nazionali di prevenzione. In generale, si ritiene che il confronto di- retto tra i rapporti C/E possano avere un peso tanto maggiore nel processo decisionale quanto più simili sono gli interventi che si confronta- no e più omogenee le popolazioni cui gli in- Nota vi Il caso di ponderazione più noto è quello opera- to dallo Stato dell’Oregon che, parten- do da una valutazione dell’efficacia dei vari interventi sanitari, ha determinato l’elenco del- le prestazioni cui sono ammessi gratuitamente i beneficiari del program- ma di assicurazione pubblica. Oltre a quello dell’ aggregazione, Daniels (5) individua altri tre problemi irrisolti, che contribui- scono a delineare la complessità dei temi che devono essere affrontati nel valutare i risultati dei programmi sanitari: 1) il problema del con- trasto tra ricerca di ac- cettabile equità distribu- tiva e ricerca di risultati migliori: fino a quale grado dovrebbe essere favorita la produzione di risultati migliori piutto- sto che cercare di fornire a tutti i pazienti l’oppor- tunità di fruire delle ri- sorse limitate? Fino a che punto investire in ricerca innovativa e dif- fondere nuove tecnologie ad alto costo, quando ancora molti soggetti non possono fruire di servizi e prestazioni con- solidati ed efficaci a bas- so costo? 2) il problema delle prio- rità: quale grado di priorità dovremmo con- cedere al trattamento dei pazienti più gravi, ai pa- zienti disabili e/o porta- tori di handicap, ai pa- zienti con minore aspet- tativa di vita, ai pazienti affetti da patologie cro- niche, ai pazienti termi- nali? 3) il problema della de- mocrazia: possiamo usa- re un processo decisio- nale di tipo democratico per stabilire come allocare equamente le risorse o per giudicare se il razionamento ha pro- dotto risultati sanitari equi? (9). P. Bondonio 16 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2000; 1 (1)© SEEd Tutti i diritti riservati Nota viii La restrizione è più for- te che per gli altri tipi di ricerca originale, per i quali è solo richiesto di dichiarare le even- tuali sponsorizzazioni. Nota ix La Food and Drug Administration ameri- cana ha emanato rego- le precise (nel docu- mento: 21 CFR Part 314,126) per le aziende farmaceutiche riguar- danti le modalità di di- mostrazione della co- sto-efficacia dei propri farmaci, soprattutto per quanto riguarda la comparazione con i farmaci concorrenti (17). Nota vii Per una lucida lettura della recente storia del- la valutazione delle po- litiche pubbliche nel Paese ove esse hanno visto il maggior svilup- po (gli USA) e una per- suasiva periodizzazione della sua evoluzione si veda Stame (15). A un’iniziale (1960- 1975) atteggiamento ottimista verso la valu- tazione ha fatto seguito un atteggiamento pessi- mista (1975-1985), se- guito poi da un atteg- giamento più articolato e cauto (sono ora note le potenzialità, ma an- che i limiti, della valu- tazione). terventi sono somministrati. Nelle situazioni opposte, in cui la decisione coinvolge signi- ficative differenze nei trattamenti analizzati e nelle popolazioni di riferimento, i rapporti C/E continuano a rappresentare informazioni es- senziali, ma richiedono di essere valutate alla luce di circostanze e valori che non possono essere incorporati pienamente nell’analisi. Infine, anche facendo uso di metodi di ana- lisi fortemente standardizzati (per favorire la comparabilità dei risultati), vi sono situazioni nelle quali i rapporti C/E non sono in grado di fornire utili termini di confronto relativamen- te a tutti gli interventi sanitari: ad esempio, il confronto diretto tra costo per QALY nel trat- tamento della schizofrenia e delle malattie cardiache, per la radicale differenza nei risul- tati, costituirà probabilmente solo uno dei fat- tori da considerare nella decisione, che dovrà essere assunta tuttavia sulla base di fattori non presenti nella CEA. Usi correnti e potenziali della CEA: quali re- gole per quali utilizzi? L’interesse verso le analisi CEA non sem- bra ridursi nel tempo ed è concentrato soprat- tutto nel settore dei farmaci. Notoriamente, questo sviluppo settoriale è favorito da molte circostanze, di natura sia tecnica (in primo luogo, la generale buona disponibilità di dati clinici sull’efficacia dei farmaci), sia politica (la pretesa restrizione nei finanziamenti pub- blici disponibili per i sistemi sanitari, che spin- ge verso l’applicazione di regole value for money nei confronti dei nuovi farmaci, sono sempre più costosi di quelli che tendono a so- stituire). La spinta più consistente deriva peraltro dalla condizione di concorrenza monopolistica tra le grandi multinazionali farmaceutiche, che le induce a puntare con decisione sul vantag- gio competitivo derivabile dalla (migliore) costo-efficacia dei propri prodotti: è questa si- tuazione di mercato a mantenere sostenuta la loro domanda di studi CEA. Finora in due soli paesi (Australia e Ontario) le richieste delle aziende per far inserire i propri prodotti nei formulari nazionali dei farmaci ammessi al rimborso pubblico devono essere esplicitamen- te corredati da CEA. E i paesi dell’UE, pur limitandosi a richiedere alle aziende documen- tazione del fatto che i nuovi farmaci “valgano il prezzo richiesto”, spingono anch’essi, seppure indirettamente, a sviluppare le CEA. Insomma, è evidente che gli interessi eco- nomici in gioco erano e restano altissimi. Tanto da indurre gli editors di The New England Journal of Medicine ad assumere un atteggia- mento rigorista nel definire i criteri di accettabilità di articoli originali su analisi co- sto-efficacia in tema di farmaci, ritenendo in tale modo di ridurre il rischio che conflitti di interesse abbiano ad influenzare le scelte metodologiche o a introdurre bias nella sele- zione dei dati oggetto di elaborazione: non vengono presi in considerazione gli articoli dei quali anche uno solo degli autori abbia una relazione finanziaria con una ditta sponsorizzatrice (13)viii. Ciò spiega la forte spinta a regolamentare, in modo più o meno dettagliato, le modalità di redazione degli studi CEA. A parte ogni altra considerazione, sembra utile invocare una ragione di buon senso a operare in questa direzione, come quella espressa dagli autori del più volte citato Rap- porto dell’US Department of Health and Human Services (17): “Differences in reported health outcomes, costs, and cost-effectiveness ratios should reflect, as much as practicably possible, true differences in the consequences of the interventions and not be artifacts introduced by unnecessary differences in method”. In questo contesto, ha senso porsi almeno due domande, simili ma distinte. La prima: è auspicabile, mediante la for- mulazione di dettagliate indicazioni metodologiche, vincolare i contenuti delle CEA utilizzate nei processi decisionali pub- blici (a fini di regolamentazione)? La seconda: sono maturi i tempi per una rigorosa standardizzazione della ricerca in ambito CEA? A parere di chi scrive, le due domande ri- chiedono risposte differenziate. La prima domanda si riferisce ai possibili utilizzi diretti dei risultati CEA, a fini di regolamentazione pubblica: le decisioni, cioè, (a livello di sistema Paese e/o di sistema sani- tario) di ammettere un nuovo farmaco e/o di determinarne il prezzo di vendita e/o di inse- rirlo/non inserirlo nell’elenco dei farmaci acquistabili/rimborsabili dall’organizzazione sanitaria pubblica (quest’ultima decisione può riguardare, con riferimento al SSN italiano, il livello nazionale, quello regionale e della sin- gola azienda sanitaria, locale oppure ospedaliera). Come sembrano indicare l’espe- rienza australiana (1) e quella canadese (4) e quella americana della Food and Drug Administration (peraltro più limitataix) pare difficile negare l’esistenza di prerequisiti suf- ficienti a fondare un insieme di regole vinco- lanti per le CEA, sottomesse a fini autorizza- tivi ad agenzie pubbliche (2). Se ciò fosse vero, perché non si è assistito a una generalizzazione di tali prassi? Una risposta schematica sottolinea il va- riegato potere di persuasione delle multina- zionali farmaceutiche, che temerebbero l’im- Le analisi costo della malattia e costo efficacia 17Farmeconomia e percorsi terapeutici 2000; 1 (1) © SEEd Tutti i diritti riservati patto di analisi CEA condotte con criteri vin- colanti sul comportamento delle autorità sa- nitarie nazionali, che potrebbero condurre, al limite, a selezionare per l’immissione sul mer- cato i soli farmaci con i migliori rapporti C/E. Una seconda risposta, più ponderata, sen- za negare totale fondamento alla considera- zione che precede, l’affiancherebbe con altri riferimenti, che possono indurre a una valuta- zione più sfumata e meno cinica. Mi limito a pochi accenni, ciascuno dei quali meriterebbe ampi sviluppi. Un primo fattore esplicativo è di ordine economico generale e richiama l’opportunità, nell’interesse pubblico (in una lettura di me- dio e lungo periodo), che gli investimenti del- le imprese farmaceutiche in ricerca e sviluppo mantengano nel tempo livelli sufficientemen- te elevati, come è consentito da livelli ritenuti “accettabili” non solo degli utili sulla produ- zione corrente, ma anche del livello di incer- tezza sulla possibilità che i nuovi prodotti sia- no immessi convenientemente sul mercato. Un secondo fattore è di natura tecnica e culturale: come la storia del progresso scienti- fico e tecnologico insegna, spesso si impara dagli errori passati e ci vuole tempo affinché siano riconoscibili tutti gli effetti dei farmaci (positivi e negativi) sulla salute umana. Le nostre società hanno smarrito l’arte dell’atte- sa: si pretendono decisioni rapide, non si deve “fermare il progresso della scienza”. Da ciò discende che l’orizzonte temporale delle CEA, quali di fatto sono praticate, tende a essere più di breve che di lungo periodo ed è quindi coe- rente più con una valutazione dell’efficacy che della vera effectiveness dei trattamenti che vuole comparare. La consapevolezza del con- trasto tra i tempi della scienza e i tempi della decisione può spiegare la permanente riluttan- za ad assumere come vincolanti, nei processi decisionali collettivi, i risultati di analisi che, per quanto ci si sforzi di superane i limiti, sono tuttora incomplete e riferite a un orizzonte tem- porale e spaziale che si percepisce come trop- po limitato. Un terzo fattore riguarda i limiti del ruolo che la valutazione economica può legittima- mente rivendicare nei processi di decisione col- lettiva. Come si è cercato di rappresentare nel paragrafo precedente, la CEA non è oggi in grado di soddisfare (lo sarà mai?) tutte le esi- genze e rispondere persuasivamente a tutte le domande che i responsabili politici legittima- mente intendono tenere presenti nel decidere. Da questo punto di vista, voler forzare l’uti- lizzo della CEA fino a renderne assolutamen- te vincolanti i risultati potrebbe essere inter- pretato come un’indebita invasione del cam- po proprio della politica. La risposta alla seconda domanda (se sia- no maturi i tempi per una rigorosa standar- dizzazione della ricerca in ambito CEA) mi pare possa essere: solo parzialmente. Da un lato, infatti, si deve riconoscere che è venuta crescendo l’area di consenso scienti- fico sul disegno e sui contenuti metodologici e di merito dell’analisi. Fornisco qualche in- dizio in questo senso: ? uno degli economisti sanitari più noti in ambito europeo, l’inglese Mike Drummond, in due occasioni ha specificato, sotto forma di check-list, le domande cui una “buona” anali- si farmacoeconomica (sostanzialmente di tipo CEA) deve sapere rispondere. La prima check- list, del 1987 (6, 8, 20) comprendeva 10 pun- ti, che sono aumentati a 35 nella griglia pro- posta nove anni più tardi (7, 3), estesa ad aspet- ti prima trascurati; ? il rapporto finale redatto dal gruppo di esperti radunati dal Ministero della Sanità americano, al termine di oltre due anni di la- voro (17) comprende, in conclusione di otto dei nove capitoli tematici, altrettanti insiemi di raccomandazioni sulle caratteristiche che una buona CEA dovrebbe possedere e sui temi che richiedono invece ulteriore ricerca (per- ché su di essi non si è potuta realizzare unani- mità di consensi nel gruppo di lavoro). Una semplice notazione quantitativa: il rapporto formula 76 raccomandazioni “positive” e in- dividua 10 aree di dissenso, che richiedono ul- teriore ricerca. D’altro lato, il consenso si manifesta in rac- comandazioni di carattere piuttosto generale, non diverse da quelle proprie di ogni attività scientifica (che traducono in comandamenti dettagliati le regole generali della coerenza, della trasparenza e della replicabilità), seppure arricchite da un numero crescente di suggeri- menti dettati dall’esperienza. Su alcuni punti cruciali dell’analisi preva- le la consapevolezza che sarebbe estremamente pericoloso per gli sviluppi ulteriori della ri- cerca privilegiare sempre linee di condotta, metodi di indagine e scelta di parametri rigidi (ad esempio, sul tema centrale della misura- zione del risultato e della modellizzazione dell’incertezza) (17). Sintomatico di questo at- teggiamento complessivo è, nel rapporto ame- ricano, la proposta, formulata al fine di ga- rantire elevata comparabilità tra i risultati di CEA condotte in ambiti diversi, di sostituire un insieme vincolante di regole con un reference case, definito “a standard set of methodologic practices that an analyst would seek to follow in a CE study”x. La funzione assegnata al reference case è di costituire una sorta di duale (o termine di riferimento standard) per le ricerche che si al- lontanassero, per assunzioni formulate e me- Nota x Le due appendici finali del rapporto presenta- no esempi di reference case completamente elaborati relativi, il pri- mo, alla valutazione comparativa di strate- gie per prevenire i di- fetti al tubo neurale, il secondo, alle terapie farmacologiche e dietologiche alla ridu- zione del colesterolo nel sangue degli adulti. P. Bondonio 18 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2000; 1 (1)© SEEd Tutti i diritti riservati todi praticati, dalle raccomandazioni espresse nel rapporto. La possibilità di agire in difformità dalle “raccomandazioni” è quindi prevista e legitti- mata, anzi viene incoraggiata in vista degli utilizzi particolari cui le analisi possono, cor- rettamente, tendere. E ciò sembra convergere con un analogo atteggiamento di fondo cui è pervenuta la valutazione delle politiche pub- bliche, che ritiene il pluralismo dei metodi e l’attenzione alle legittime aspettative dei destinatari della valutazione la nuova ortodos- sia (15). D’altra parte, un apprezzabile grado di comparabilità (nei limiti in cui ha senso com- parare), tra i risultati di CEA condotte rispet- to a interventi di carattere estremamente ete- rogeneo (dalle norme di sicurezza ai farmaci, al controllo degli inquinanti) è ottenibile an- che ex-post, purché le indagini originali sia- no state condotte secondo regole condivise dalla comunità scientifica (16). BIBLIOGRAFIA 1. Australia Commomwealth Department of Health, Housing and Community Services (ACDHHCS): Guidelines for the pharmaceutical industry of submission to the Pharmaceutical Benefits Advisory Committee, Commonwealth Department, Canberra, 1992 2. Barosi M., Garattini L.: Confronto internazionale delle “guidelines” in farmacoeconomia, FarmEconomia, 1996, 2: 5-14 3. Bondonio P.: Tempo di linee guida per gli autori di FarmEconomia, FarmEconomia, 1996, 4: 5-10 4. 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