Nuovo-1 35Farmeconomia e percorsi terapeutici 2000; 1 (1) © SEEd Tutti i diritti riservati ABSTRACT Community-Acquired Pneumonia (CAP) is one of the major cause of death due to infectious diseases in developed countries. In Italy, about 18% of the patients with CAP are hospitalized, accounting for an annual health-care cost of more than 1.000 billion Lire. Overall, CAP represents an heavy burden to the society and the National Health-Care System. The managed-care of patients with CAP should be committed to find a balance between the individual health-care needs and the more general claims of a fair utilization and an overall efficiency of the health- care system. The comprehensive strategy of care should consider many decision nodes and the outcomes related with each different options. The diagnostic procedures (physical examination, chest radiography, microbiology, laboratory) should be oriented to obtain a robust differential diagnosis and to estimate the risk of mortality. Prediction rule are now available that help physicians to make more rational decisions about hospitalization for patients with pneumonia. The selection of antibiotic in the absence of an etiologic diagnosis is based on the epidemiological settings, the severity of the illness and other clinical conditions of the patients. Non concordant therapeutic recommendations are provided by the published guidelines. Decisions to be taken during the follow-up concern the switch therapy and the early discharge options, as soon as the patient stabilizes, or the admission to ICU in case of worsening. The length of hospital stay depends on the time to stability and the risk of mortality. However, socio-cultural factors and availability of outpatient care programs could facilitate the early discharge of patients and help to decrease the health-care costs of CAP patients. The results of the present review can be used as a background to implement a general decision model suitable to performe pharmacoeconomic analysis of the CAP therapy. Farmeconomia e percorsi terapeutici 2000; 1 (1): 35-52 INTRODUZIONE L’analisi farmacoeconomica richiede che vengano individuate tutte le alternative terapeutiche significative di una data malat- tia o sindrome clinica. Nella maggior parte dei casi la decisione fondamentale riguarda la scelta tra due o più farmaci, oppure la scel- ta tra una terapia farmacologica e altre tera- pie non farmacologiche, compresa l’opzione di non attuare alcun trattamento. In realtà la scelta di una terapia è quasi sempre condizionata da un precedente iter dia- gnostico e, d’altra parte, la conduzione della terapia richiede sempre un’attenta e precisa osservazione del paziente per monitorare l’an- damento clinico, evidenziare i segni di mi- glioramento o peggioramento al fine di poter prendere tempestivamente le decisioni di ri- considerare eventualmente la diagnosi e di modificare, se necessario, la terapia. Inoltre, le condizioni cliniche del pazien- te, il suo contesto socio-culturale, l’organiz- zazione dell’assistenza sanitaria nella zona in cui vive, così come le caratteristiche farmacologiche e terapeutiche dei farmaci di- sponibili, sono fattori che determinano le pos- sibili alternative strategiche di gestione complessiva di un paziente. L’analisi farmacoeconomica, pertanto, può svolgere completamente la sua funzione di supporto ai decisori istituzionali, rappresen- tati dalla Società e dal Sistema Sanitario Na- zionale (SSN), qualora il processo decisionale che riguarda la scelta del trattamento farmacologico venga inserito in un più com- plessivo percorso diagnostico-terapeutico del paziente affetto da una data malattia o sin- drome clinica. La polmonite acquisita in comunità (CAP) può essere presa come esempio paradigmatico per illustrare l’importanza che assume, per Percorsi diagnostico-terapeutici nella gestio- ne dei pazienti affetti da polmonite acquisita in comunità Mario Eandi* * Dipartimento di Ana- tomia, Farmacologia e Medicina Legale, Sezio- ne di Farmacologia, Università di Torino. PERCORSI M. Eandi 36 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2000; 1 (1)© SEEd Tutti i diritti riservati l’analisi farmacoeconomica, l’identificazione dei diversi possibili percorsi diagnostico- terapeutici attuati nella gestione dei singoli pazienti. La polmonite acquisita in comunità, no- nostante i progressi indotti dall’introduzione degli antibiotici, continua a essere un’infezione a incidenza annuale relativamente frequente che comporta una elevata morbilità e morta- lità e costi sanitari e sociali molto pesanti . Indagini effettuate negli Stati Uniti negli anni ’80 avevano evidenziato che la CAP ve- niva diagnosticata in circa 4 milioni di adulti ogni anno e che circa 600.000 di questi veni- vano ricoverati (1). Il costo aggregato annua- le della sola ospedalizzazione per CAP era stato allora stimato in circa 4 miliardi di dol- lari (2, 3). Nel 1994 il numero di ricoveri per polmonite negli Stati Uniti è stato di circa 1 milione per un costo di oltre 6 miliardi di dollari, pari a oltre 13 mila miliardi di lire attuali (4-6). Alcune stime condotte anche in Europa in- dicano in circa un ricovero ogni mille abitan- ti l’incidenza annuale di ricoveri ospedalieri per CAP (7). In Italia negli anni 1993-1995 il numero annuale di ricoveri per infezioni del- le basse vie respiratorie è stato stimato in cir- ca 450.000, dei quali circa 200.000 erano rappresentati da polmoniti acquisite in comu- nità. Complessivamente per la CAP sono sta- te consumate ogni anno oltre 2,5 milioni di giornate di degenza e il costo annuale soste- nuto dal SSN per pagare i ricoveri è stato sti- mato, utilizzando il valore delle tariffe DRG pertinenti, in oltre 1.000 miliardi di Lire (8). La percentuale di ricoveri per CAP varia molto da una nazione all’altra e da un’area geografica all’altra (9, 10). In Italia il ricove- ro ospedaliero per infezioni delle basse vie re- spiratorie avviene in circa il 2,8% di casi: si tratta di una frequenza nettamente inferiore alla media europea (4,5%), a quella francese (5,1%) e a quella del Regno Unito (9%) (10). La diagnosi di sospetta polmonite è una delle motivazioni più frequenti che induce al ricovero in ospedale: i soggetti con sospetta polmonite hanno una probabilità su sei di es- sere ricoverati e tale probabilità aumenta nei soggetti anziani e nei soggetti che presentano condizioni cliniche gravi. La variabilità delle percentuali di ricove- ro da zona a zona indica, tuttavia, che il me- d i c o n o n h a c r i t e r i u n i f o r m i , r o b u s t i e consolidati per decidere: egli spesso si basa sulla sua impressione soggettiva, talvolta ten- de a sovrastimare il rischio di morte del pa- ziente affetto da polmonite e spesso ricovera pazienti a basso rischio, trattabili a domicilio (6, 11, 12). Nonostante tutti i pazienti affetti da pol- monite siano trattati con antibiotici, essi, in termini prognostici, continuano ad avere una mortalità significativa che oscilla da circa il 5% per i pazienti ospedalizzati o ambulato- riali fino al 37% nei pazienti che vengono ri- coverati in terapia intensiva (13). Una recente indagine ha evidenziato che in Italia la mor- talità associata alla CAP è almeno tre volte più elevata nei soggetti compresi tra i 55 ed i 74 anni ripetto ai giovani (14). Analogamen- te, nel Regno Unito circa il 95% delle morti per polmoniti si concentra tra i pazienti che hanno oltre 65 anni di età (15). Tabella 1 Variabililità della gestione diagnostica e terapeutica del pa- ziente affetto da in- fezione delle basse vie respiratorie (LRTI) e in partico- lare da polmonite acquisita in comuni- tà (CAP) in cinque Paesi europei. (Modificata da: Huchon GJ et al, 1996) (16) Percorsi diagnostico-terapeutici Italia Francia Spagna Germania Regno Unito Tutti % diagnosi CAP fatte dal medico di Med Generale 18 17 19 18 18 18 Richiesta di Rx, conta GB, esame sputo (% su LRTI) 24 21 36 43 18 29 Ricoveri in ospedale (% su LRTI) 3 5 3 3 9 5 Pazienti senza prescrizione antibiotica (% CAP) 3 8 7 23 16 13 Giorni terapia antibiotica (media ± SD) 7,4 ± 3,4 9,2 ± 3,0 9,8 ± 3,3 9,3 ± 4,8 6,4 ± 1,6 8,4 ± 3,6 Uso antibiotico per via parenterale (% CAP) 71 17 15 6 0 21 CAP = Polmonite acquisita in comunità; LRTI = Infezione della basse vie respiratorie 37Farmeconomia e percorsi terapeutici 2000; 1 (1) © SEEd Tutti i diritti riservati Questo alto rischio di mortalità evidenzia la necessità che il medico scelga attentamen- te come gestire il paziente affetto da polmo- nite e in particolare se trattarlo a domicilio o ricoverarlo in ospedale (6, 11). Le CAP, come tutte le altre infezioni delle basse vie respiratorie, vengono generalmente gestite inizialmente dal medico di Medicina Generale. Egli deve conoscere come utilizza- re al meglio l’esame clinico per identificare i pazienti a rischio di polmonite e poter arriva- re a una diagnosi definitiva. La corretta diagnosi clinica è anche una buona premessa per impostare un’appropria- ta terapia antibiotica che salvaguardi il pa- ziente senza aumentare eccessivamente il rischio di insorgenza di resistenze batteriche. Il trattamento antibiotico iniziale delle CAP è per lo più empirico-ragionato, ma il medi- co, oggi, ha un ventaglio molto ampio di an- tibiotici tra i quali scegliere. Inoltre ha la possibilità di optare per la via orale piuttosto che per la via parenterale. Le modalità di gestione di un paziente af- fetto da CAP variano sensibilmente nei diversi Paesi. Una recente indagine, condotta in cin- que nazioni europee, ha evidenziato come la probabilità che il medico di Medicina Gene- rale faccia diagnosi di CAP è sostanzialmen- te uguale (circa 18%), mentre variano discretamente le percentuali di ricorso a in- dagini radiografiche, microbiologiche e di la- boratorio e le percentuali di ricovero (vedi tabella 1). Trattare a domicilio o in ospedale condiziona l’accuratezza ed estensione della diagnosi, la modalità di trattamento e l’in- tensità delle visite e degli esami clinici. Significative sono, inoltre, le differenze di comportamento nella prescrizione di antibio- tici, nella scelta della via di somministrazione e della durata del trattamento (16). Negli ultimi anni diverse Società Scienti- fiche o singoli autori hanno pubblicato linee- guida per uniformare e razionalizzare la gestione del paziente affetto da CAP (17-24). Non abbiamo, al momento, indicazioni pre- cise circa il livello di accettazione e di appli- cazione di tali linee-guida nella pratica quotidiana. Il presente lavoro non vuole essere un nuovo tentativo di proporre una linea-gui- da per la CAP, ma, partendo da quelle già pub- blicate intende analizzare quali siano i nodi decisionali fondamentali che si incontrano nel percorso diagnostico terapeutico di un pazien- te affetto da CAP evidenziando in particolare quelle decisioni che sono rilevanti nel deter- minare un diverso consumo di risorse. Que- st’analisi è preliminare per costruire un modello decisionale farmacoeconomico che presenteremo nella seconda parte del lavoro. I NODI DECISIONALI E LE CONSEGUENZE La figura 1 riassume i principali problemi che il medico deve affrontare nella gestione dei pazienti affetti da CAP o a rischio di svi- luppare una polmonite, problemi che impon- gono di scegliere tra varie alternative, ognuna delle quali può comportare risultati clinici, sanitari ed economici specifici e differenti. Il medico ha il vincolo morale e deontologico di offrire a ogni singolo pazien- te un procedimento diagnostico, una condot- ta terapeutica e un follow-up personalizzati, in grado di proteggere al meglio la vita e la qualità di vita del proprio cliente senza, tut- tavia, perdere di vista l’ulteriore vincolo eti- Diagnosi Terapia Decorso Risultati e Conseguenze PROFILASSI CURA DELLA POLMONITE ACQUISITA IN COMUNITA’ Clinici (efficacia) Guarigione Morte Sequele, Invalidità Resistenza all’antibiotico Soggettivi (utilità) Qualità della Vita Gradimento della cura Economici (convenienza) Costi Diretti Sanitari Costi Diretti non Sanitari Costi Indiretti Costi sociali da resistenza Vaccinazioni antinfluenzale antipneumococco Clinica (presuntiva) gravità Laboratoristica gravità Microbiologica eziologica Radiologica differenziale Scenario Ter. Domiciliare Ric. Ospedaliero Unità Ter. Intensiva Antibiotico(i) orali o parenterali Altri Farmaci Altre Terapie (O2) Stabilizzazione (cambio a via orale) Miglioramento (dimissione) Peggioramento Complicazioni Nuovi accertamenti (Unità Ter Intensiva) Figura 1 Sinossi delle possi- bili decisioni medi- che nella gestione della CAP e delle relative conseguenze cliniche, sanitarie ed economiche. M. Eandi 38 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2000; 1 (1)© SEEd Tutti i diritti riservati co e deontologico che consiste nel ricercare la massima efficienza ed equità allocative delle risorse sanitarie del paziente, della società e del Sistema Sanitario Nazionale (SSN). L’analisi farmacoeconomica richiede ven- gano considerati i risultati clinici terminali e robusti della malattia. Nel caso della CAP ri- teniamo che il valore sanitario ed economico di una gestione del paziente debba essere va- lutato principalmente in base alle percentuali di guarigioni, di morti e di eventuali invali- dità permanenti. Accanto a questi risultati sono considerati centrali anche le modificazioni della qualità di vita e il livello di gradimento della cura. L’analisi dei costi dovrebbe essere esaustiva e non limitarsi ai costi diretti sani- tari, o peggio ancora, ai soli costi del tratta- mento antibiotico, ma riguardare anche i costi diretti non sanitari e i costi indiretti che pesa- no sul paziente e sulla società. L’uso degli antibiotici, soprattutto in patologie come le infezioni delle basse vie respiratorie, nel trattamento delle quali viene per lo più adottata una terapia empirica, com- porta il rischio di insorgenza di resistenze batteriche: questo tipo di risultato supera i confini del singolo paziente, ma ha conse- guenze sanitarie ed economiche rilevanti per la società e per i futuri pazienti. La discussione seguente terrà conto dei nodi decisionali che possono influenzare que- ste tipologie di risultati clinici, oggettivi e sog- gettivi, sanitari ed economici. In questo lavoro ci occupiamo essenzial- mente della cura della polmonite acquisita in comunità, ma è opportuno sottolineare come un nodo decisionale importante sia quello della profilassi. I vaccini antiinfluenzali e antipneumococco sono risultati efficaci nel li- mitare i casi di CAP e nel ridurne la gravità soprattutto nelle persone ad alto rischio di complicazioni e nel personale sanitario (23). Sui problemi della profilassi non ci soffermiamo oltre, ripromettendoci di appro- fondire i risvolti farmaceoconomici di questo tema in un prossimo lavoro. Le decisioni da prendere in relazione alla cura della CAP possono essere riferite a tre momenti differenti della gestione del pazien- te: la diagnosi, la terapia e il decorso dell’in- fezione. LA DIAGNOSI La CAP è definita come un’infezione acu- ta del parenchima polmonare, che si manife- sta in pazienti non ospedalizzati o residenti in strutture assistenziali da non oltre 14 gior- ni prima dell’esordio dei sintomi, caratteriz- zata da alcuni sintomi tipici di un’infezione acuta e dalla presenza di infiltrato a rapida comparsa, rilevabile con una radiografia polmonare o con l’auscultazione. La diagno- si clinica si basa sulla presenza di un certo numero (almeno due, secondo alcuni autori) di sintomi di infezione acuta delle basse vie respiratorie, come la febbre o l’ipotermia, la sudorazione, la tosse con o senza produzione di sputo o cambiamento di colore delle secre- zioni bronchiali, il dolore toracico e la com- parsa di dispnea. La maggior parte dei pazienti presenta anche sintomi aspecifici come affa- ticamento, mialgie, dolori addominali, anoressia e cefalea (23, 25). La comparsa acuta soprattutto dei segni specifici di infezione delle basse vie respira- torie dovrebbe far nascere il sospetto diagno- stico che si tratti di polmonite, ma la diagnosi Tabella 2 Discordanza tra me- dici nel rilevare e giudicare i segni dell’esame obiettivo polmonare (Modifi- cata da: Spiteri et al., 1988; citata da: Metlay JP et al., 1997) (26, 28) Percorsi diagnostico-terapeutici Reperto polmonare Concordanza media tra 2 medici - frequenza % Probabilità di concordanza casuale (k) Tachipnea 63 0,25 Ridotta espansione del torace 70 0,38 Fremito tattile aumentato 85 0,01 Ottusità della percussione 77 0,52 Riduzione del soffio respiratorio ---* 0,43 Sibili 79 0,51 Crepitii 72 0,41 Respiro bronchiale ---* 0,32 Murmure vescicolare ---* 0,11 * Non calcolata quando 2 o più medici in un gruppo non ne hanno riportato la presenza o l’assenza 39Farmeconomia e percorsi terapeutici 2000; 1 (1) © SEEd Tutti i diritti riservati definitiva spesso richiede l’esecuzione di una radiografia al torace. Sintomi banali, come la tosse, sono l’oc- casione per una visita ambulatoriale dal me- dico. Da un’indagine condotta negli USA risulta che nel 1994 il sintomo tosse abbia comportato l’effettuazione di oltre 10 milioni di visite dei medici di primo livello, pari al 4% di tutte le visite mediche ambulatoriali (26). La polmonite risultò essere responsabi- le della tosse soltanto nel 5% dei casi, collo- candosi al quinto posto dopo la bronchite, le infezioni delle vie respiratorie superiori, l’asma e la sinusite. La radiografia del torace è un esame standard per diagnosticare la polmonite ac- quisita in comunità e può fornire informazio- ni preziose anche sulla prognosi della malattia (27), oltre che a evidenziare condizioni coe- sistenti come un’ostruzione bronchiale o un versamento pleurico (19). La radiografia del torace è un esame mol- to affidabile, sicuro, generalmente disponibi- le e relativamente poco costoso: perciò viene considerato come un esame standard nella va- lutazione di un paziente con sospetta polmo- nite. Dal punto di vista logistico, tuttavia, l’effettuazione della radiografia richiede che il paziente si rechi in ospedale o in un centro radiologico e ciò può rappresentare un pro- blema oggettivo e/o soggettivo non trascura- bile per alcuni pazienti. Probabilmente alcuni medici continuano a far diagnosi di polmonite e a gestire pazienti affetti da polmonite senza l’ausilio di una ra- diografia del torace, mentre altri ricorrono di routine all’esame radiografico in ogni caso so- spetto. La situazione ideale sarebbe quella di un sistema validato di indicatori clinici capace di selezionare i pazienti per i quali l’esame radiografico è indispensabile da quelli per i quali è superfluo o inutile. Recentemente Metlay e collaboratori (26) hanno analizzato criticamente i lavori che avevano tentato di identificare una procedura diagnostica della polmonite basata sull’anamnesi e sull’esame oggettivo del paziente al fine di selezionare i pazienti da sottoporre ad esame radiografico. I medici spesso non concordano sulla pre- senza o assenza di un segno clinico indagato con l’esame obiettivo polmonare. La tabella 2 riporta, per ogni segno oggettivo indagato, le percentuali di concordanza di giudizio tra due medici come risultano da un’indagine ef- fettuata da Spiteri e collaboratori su un grup- po di 24 medici (28). La precisione del dato clinico oggettivo non è in genere molto ele- vata e rende incerto il valore diagnostico e prognostico del singolo reperto o dell’insie- me dei reperti. Analogo discorso si può fare per quanto riguarda la raccolta e l’utilizzo dei dati anamnestici. Data la non elevata accuratezza della rilevazione e del giudizio medico, singoli sin- tomi o segni oggettivi non sono in grado di supportare o escludere una diagnosi di pol- monite. Per tentare di superare queste diffi- coltà diversi autori hanno costruito algoritmi o regole predittive che utilizzano la presenza o assenza di vari dati anamnestici e dell’esa- me oggettivo (29-32). Emerman e collaboratori (33) hanno ana- lizzato comparativamente alcuni di questi algoritmi in relazione alla loro capacità di pre- dire correttamente i risultati della radiogra- fia. I risultati di questo studio, dove la prevalenza della polmonite era del 7%, han- no evidenziato che i medici, utilizzando il solo giudizio clinico e senza far uso di regole spe- cifiche, sbagliavano relativamente poco quan- do ritenevano che la radiografia non fosse necessaria, mentre l’errore aumentava quan- do ritenevano indispensabile l’esame radio- grafico per porre diagnosi di polmonite: questo risultato dimostra come vi sia un consumo in- dotto di esami radiografici non necessari. Ri- durre tale “spreco” non è tuttavia facile. L’uso di algoritmi validati, basati sulla pre- senza-assenza di vari sintomi o segni, con- sente di migliorare la stima della probabilità della diagnosi di polmonite senza ricorrere alla radiografia del torace: il più robusto di questi algoritmi richiede semplicemente l’as- senza di ogni anomalia dei segni vitali per escludere la diagnosi di polmonite (32). Non sono stati studiati algoritmi basati sul- l’uso combinato dell’anamnesi e dell’esame clinico oggettivo. Lo studio di Metlay e collaboratori (26) conferma, tuttavia, che, nel caso sia necessa- rio raggiungere un livello di certezza diagno- stica nella gestione di un paziente con sospetta polmonite, occorre effettuare una radiografia del torace. La diagnosi di gravità della polmonite è uno dei giudizi più importanti che deve dare il medico nel suo approccio iniziale al pazien- te. Infatti alla gravità della polmonite è correlato soprattutto il rischio di morte e dal livello di gravità spesso dipende, o almeno do- vrebbe, la decisione di ricoverare o meno il paziente. Lo sviluppo di modelli prognostici accu- rati e oggettivi può aiutare i medici a valutare il rischio dei loro pazienti affetti da polmoni- te e migliorare il processo decisionale che porta alla scelta del ricovero. Numerosi ten- tativi sono stati fatti in epoche recenti, ma i risultati sono stati deludenti per carenze di vario genere (34-40). M. Eandi 40 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2000; 1 (1)© SEEd Tutti i diritti riservati Fine e collaboratori (11) hanno sviluppa- to, in questi ultimi anni, un sistema di valuta- zione prognostica del rischio di morte per pazienti affetti da CAP, caratterizzato dall’uso di pochi parametri facilmente disponibili an- che a domicilio. Il metodo è stato sviluppato dapprima su un’ampia banca dati di oltre 14.000 casi e quindi validato utilizzando dati retrospettivi di oltre 38.000 pazienti ricove- rati in vari ospedali statunitensi e con dati prospettici ottenuti su una coorte di circa 2.300 pazienti. (6, 11, 34, 41). Si tratta di un caso unico per dimensioni della casistica utilizza- ta e per rigore metodologico adottato. L’algoritmo sviluppato da Fine e collabo- ratori classifica i pazienti affetti da CAP in cinque classi di rischio di morte, in base a un punteggio ottenuto con la semplice somma di punti pesati attribuiti all’età del paziente, ad alcuni segni clinici oggettivi, ad alcune patologie concomitanti, all’esame radiogra- fico e a pochi parametri di laboratorio. La figura 2 riporta lo schema dell’algoritmo di predizione, i parametri da rilevare, i punteggi relativi ottenuti con la validazione statistica del sistema. La valuta- zione si svolge in due fasi: la prima fase si può attuare con soli dati clinici ed è sufficien- te per attribuire un soggetto alla Classe I° (ri- schio di morte <0,5%) evitando per la maggior parte dei soggetti trattabili a domicilio l’ef- fettuazione di esami di laboratorio e la radio- grafia del torace; la fase II°, invece, richiede l’effettuazione di pochi esami di laboratorio e dell’esame radiografico dei polmoni ma con- sente di discriminare accuratamente le Classi II°-V di rischio. Le cinque classi di rischio sono caratte- rizzate da un range di mortalità contiguo, cre- scente dai livelli molto bassi (<0,5%) della Classe I° fino a mortalità superiori al 10% della Classe V°. La tabella 3 riporta la distribuzione per- centuali delle mortalità osservate nelle coorti di pazienti utilizzate dal gruppo di Fine per sviluppare e validare l’algoritmo predittivo. La tabella 4 indica, invece, la distribuzione percentuale dei soggetti attribuiti in base all’algoritmo a una delle cinque classi di ri- schio. La possibilità di prevedere in modo robu- sto il rischio di morte di un paziente CAP con- sente di stabilire strategie decisionali che migliorino la qualità dell’assistenza e renda- no complessivamente più efficiente il siste- ma. In particolare la previsione del rischio di mortalità nel caso della CAP viene utilizzata per decidere quali pazienti ospedalizzare e quali trattare a domicilio. Non esistono indicazioni totalmente con- cordi e definitive su questo tema. Tuttavia la maggior parte degli autori ritiene che i sog- getti che ricadono nelle Classi I° e II° di Fine non debbano essere ricoverati; la maggior parte dei soggetti in Classe III° potrebbero non essere ricoverati, mentre i soggetti in classe IV° e V° devono essere ricoverati. L’algoritmo di Fine non viene utilizzato per decidere qua- li pazienti trattare in Unità di Terapia Inten- siva (UTI). Lo strumento messo a punto da Fine ap- pare molto robusto e si prospetta particolar- mente utile per la gestione dei pazienti affetti da CAP. Alcuni gruppi di clinici italiani han- no iniziato a utilizzarlo soprattutto per sele- zionare i pazienti da ricoverare. Sarebbe, Paziente con Presunta Polmonite Comunitaria Neoplasie Malattie epatiche Malattie cardiache Malattie cerebrovascolari Malattie renali Alterato stato mentale Frequenza respiratoria ? 30/min Pressione sistolica ? 90 mmHg Temperatura <35°C o ?40°C Frequenza cardiaca ?125/ min ? +30 ? +20 ? +10 ? +10 ? +10 ? +20 ? +20 ? +20 ? +15 ? +10 M= anni F = aa-10 pH sangue arterioso <7,35 Azotemia ? 30 mg/dl (11 mmol/L) Sodiemia <130 mEq/L Glicemia ? 250mg/dl (14 mmol/L) Ematocrito <30% pO2 <60 mmHg Versamento pleurico (Rx) NO Punti ? +30 ? +20 ? +20 ? +10 ? +10 ? +10 ? +10 Segni clinici oggettivi: Concomitanza di patologie: Parametri di Laboratorio e Rx: SI NO Età >50 anni NO CLASSE I R<0,5% ? 70 CLASSE II 0,5%? R<1% 71-90 CLASSE III 1%?R<4% 91-130 CLASSE IV 4%? R?10% >130 CLASSE V R>10% SI SI Punti SOMMA PUNTI Punteggio CLASSE Rischio Mortalità Figura 2 Algoritmo di Fine per la stima predittiva del ri- schio di morte nei pazienti affetti da CAP. Suddivisione del livello di rischio in cinque classi, de- finite mediante si- stema ponderato di punteggi validato applicabile in due fasi sequenziali (Modificata da: Fine MJ et al., 1997).(11) Percorsi diagnostico-terapeutici 41Farmeconomia e percorsi terapeutici 2000; 1 (1) © SEEd Tutti i diritti riservati tuttavia, opportuno che lo strumento venisse sottoposto a validazione in relazione alla po- polazione italiana. La classificazione di Fine non utilizza né la conta dei globuli bianchi, né esami microbiologici. D’altra parte l’obiettivo di questo strumento è quello di fornire una prognosi di mortalità affidabile e semplice da utilizzare. Il clinico nel suo iter diagnostico, soprat- tutto differenziale, su pazienti che manifesta- no segni di infezione delle basse vie respiratorie, spesso utilizza esami di labora- torio per definire lo stato infiammatorio e la gravità del paziente ed esami microbiologici per tentare di stabilire l’eziologia dell’infe- zione polmonare e stimare la sensibilità agli antibiotici dei patogeni eventualmente isola- ti. Per effettuare questi esami il paziente deve essere ricoverato, oppure deve recarsi in un laboratorio, a meno che non sia inserito in un programma di assistenza domiciliare che provvede all’effettuazione di questi esami sen- za dover spostare il paziente. I pazienti rico- verati sono sottoposti, anche per la loro gravità clinica, a una maggior quantità di esami e ad approfonsimenti diagnostici maggiori. Le diverse linee-guida pubblicate prendono in considerazione questi punti e non sempre con- cordano totalmente: per un’approfondita di- scussione si rimanda ai lavori originali (19, 20) Le linee-guida della British Thoracic Society prevedono che tutti i pazienti ricove- rati per sospetta CAP vengano sottoposti a una radiografia del torace, all’esame emocro- mocitometrico con conta completa e formula leucocitaria, all’esame delle urine, alla deter- minazione dell’azotemia e degli elettroliti, ai tests di funzionalità epatica, alla emocoltura e alla coltura dello sputo e del liquido pleurico se presente. L’emogasanalisi dovrebbe essere eseguita in tutti i pazienti che presentano una polmonite, tranne che nei casi di modesta gra- vità. Nei casi gravi, inoltre, si dovrebbe pro- cedere con maggior impegno alla ricerca Tabella 3 Correlazione tra le cinque classi di ri- schio definite secon- do l’algoritmo predittivo di Fine e le distribuzioni per- centuali della mor- talità osservata en- tro 30 giorni nelle tre coorti di pazienti affetti da CAP utiliz- zate per lo sviluppo e la validazione del modello prognostico (Modificata da: Fine MJ et al., 1997) (11) Tabella 4 Distribuzioni per- centuali entro le cinque classi di ri- schio definite secon- do l’algoritmo predittivo di Fine dei pazienti inclusi nelle tre coorti uti- lizzate per lo svilup- po e la validazione del modello prognostico (Modifi- cata e rielaborata da: Fine MJ et al., 1997) (11) M. Eandi Coorti MedisGroups Coorte Validazione PORT N. Pazienti Derivazione 14.199 Validazione 38.039 Ospedale 1.343 Domicilio 944 Totale 2.287 Classe Rischio Mortalità entro 30 giorni (Punteggio) % % % % % I° 0,4 0,1 0,5 0,0 0,1 II° (< 70) 0,7 0,6 0,9 0,4 0,6 III° (71-90) 2,8 2,8 1,2 0,0 0,9 IV° (91-130) 8,5 8,2 9,0 12,5 9,3 V° (>130) 31,1 29,2 27,1 0,0 27,0 Totale 10,2 10,6 8,0 0,6 6,2 Coorti MedisGroups Coorte Validazione PORT N. Pazienti Derivazione 14.199 Validazione 38.039 Ospedale 1.343 Domicilio 944 Totale 2.287 Classe Rischio Distibuzione percentuale intracoorte (Punteggio) % % % % % I° 9,7 8,0 13,8 62,3 33,7 II° (< 70) 17,0 15,2 17,3 25,9 20,9 III° (71-90) 18,5 17,8 18,9 7,6 14,3 IV° (91-130) 33,1 34,5 33,2 4,2 21,2 V° (>130) 21,7 24,5 16,8 0,0 9,9 Totale 100,0 100,0 100,0 100,0 100,0 42 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2000; 1 (1)© SEEd Tutti i diritti riservati dell’agente eziologico mediante uno striscio dello sputo e colorazione di Gram e mediante indagini sierologiche, la ricerca di antigeni dello peumococco nello sputo, nel sangue e nell’urine. Indagini invasive possono essere prese in considerazione nei pazienti che per la gravità delle loro condizioni cliniche ven- gono trasferiti in UTI (20). Altre linee-guida sottolineano l’importan- za di eseguire, anche nei pazienti non ricove- rati, almeno un esame microscopico con colorazione di Gram per individuare i microrganismi presenti nello sputo (23). Le opinioni degli esperti sulla necessità di effettuare indagini microbiologiche e sulla loro costo/efficacia sono discordanti: la mag- gior parte dei lavori scientifici pubblicati evidenziano limitati vantaggi e non risulta che sia mai stata provata chiaramente una conve- nienza in termini di rapporto costo/efficacia. Tuttavia, generalmente è riconosciuta l’im- portanza di espletare ogni tentativo ragione- vole per giungere a stabilire una diagnosi eziologica della polmonite nei pazienti rico- verati, soprattutto con l’obiettivo di miglio- rare l’utilizzo degli antibiotici disponibili e di scegliere la strategia terapeutica maggior- mente costo/efficace. Secondo le recenti linee-guida ESOCAP, la maggior parte dei pazienti adulti affetti da infezione delle basse vie respiratorie acquisi- te in comunità possono essere gestiti senza ricorrere ad alcuna indagine strumentale o di laboratorio. Vengono, peraltro, fissate le con- dizioni che inducono a raccomandare o a non raccomandare l’effettuazione di una radiogra- fia del torace, di un esame microscopico sullo sputo, di altri esami ematochimici e microbiologici, nonché di funzionalità polmonare (24). Tali raccomandazioni sono riassunte nella tabella 5. L’IMPOSTAZIONE DELLA TERAPIA La strategia terapeutica complessiva della CAP si articola su alcuni nodi decisionali fon- damentali: trattare a domicilio o ricoverare il paziente e, in questo caso, ricoverare in cor- sia normale o in Unità di Terapia Intensiva; scegliere l’antibiotico o l’associazione di an- tibiotici; stabilire la posologia e le modalità di somministrazione orale o parenterale (intramuscolare, endovenosa a bolo o per in- fusione); considerare l’eventuale associazio- ne di altri farmaci o di altre terapie (ossigenoterapia). Ognuna di queste scelte comporta diffe- renti ripercussioni sul bilancio finale delle ri- sorse consumate. Evitare un ricovero comporta tendenzialmente un notevole rispar- mio per il SSN e per la società e anche signi- ficativi miglioramenti della qualità di vita del paziente e dei familiari. Come ripetutatmente osservato, la decisione di ricoverare una so- spetta polmonite di origine comunitaria do- vrebbe essere guidata essenzialmente dalla gravità della malattia e in particolare dal ri- schio di morte. A questo scopo sempre più fre- quentemente viene proposto di utilizzare l’algoritmo di Fine (11) per decidere razio- nalmente quali pazienti debbano essere rico- v e r a t i e q u a l i p o s s a n o e s s e r e t r a t t a t i a domicilio. È noto, tuttavia, che la decisione di ricoverare un paziente con sospetta CAP viene spesso condizionata da fattori socio-cul- turali e ambientali, come l’ansia evocata dal- Tabella 5 Raccomandazioni delle linee-guida ESOCAP sulle inda- gini radiografiche, microbiologiche, laboratoristiche e funzionali da effet- tuare, da non effet- tuare o da prendere in considerazione nei pazienti affetti da CAP in funzione di alcune condizioni o fattori di rischio (Modificata da: ESOCAP, 1998) (24) Percorsi diagnostico-terapeutici Rx torace Esame microbiologico dello sputo Conta GB, Proteina-CR, emocolture, sierologia, antigeni pneumococco e legionella Test funzionalità polmonare Nessun fattore di rischio per gravità infezione o patogeni inusuali NR NR NR NR Fattori di rischio per gravità infezione PiC NR PiC NR Fattori di rischio per patogeni inusuali NR R NR NR Insuccesso prima terapia empirica R R PiC PiC Segni di focolaio polmonare R NR NR NR Respiro asmatico, atopia NR NR NR R 43Farmeconomia e percorsi terapeutici 2000; 1 (1) © SEEd Tutti i diritti riservati l’idea della malattia, la disponibilità di ospe- dali nell’area geografica, la disponibilità del supporto collaborativo della famiglia o di gruppi di volontariato, la disponibilità di pro- grammi di assistenza domiciliare integrata (ADI). Talvolta nel decidere il ricovero gioca un ruolo critico la necessità di attuare una tera- pia antibiotica aggressiva per via endoveno- sa. Quando l’unico motivo per decidere il ricovero fosse quello della somministrazione parenterale, si dovrebbe prendere in seria con- siderazione l’opzione alternativa di trattare il paziente a domicilio utilizzando il supporto di programmi di assistenza domiciliare in gra- do di garantire la terapia antibiotica iniettiva anche per via endovenosa: questa strategia è sicuramente meno costosa del ricovero ospedaliero (42). La scelta dell’antibiotico o dell’associazio- ne di antibiotici da utilizzare inizialmente in un paziente affetto da CAP è uno dei nodi de- cisionali fondamentali. L’ampio ventaglio di antibiotici disponibili, l’evoluzione epidemiologica dei patogeni e delle resisten- ze e l’interferenza di innumerevoli interessi economici rende la scelta non facile. La terapia antibiotica iniziale delle CAP è nella stragrande maggioranza dei casi di tipo empirico-ragionato e solo eccezionalmente può essere mirata. Infatti, l’isolamento del- l’agente eziologico è difficoltoso e risulta pos- sibile soltanto in una percentuale limitata di pazienti (30-40%); inoltre richiede comunque tempi lunghi, quasi sempre non compatibili con l’esigenza clinica di iniziare tempestiva- mente la terapia antibiotica. La scelta empirica dell’antibiotico si do- vrebbe comunque basare sulle conoscenze dell’epidemiologia microbiologica locale delle polmoniti e sull’andamento locale delle resi- stenze batteriche ai vari antibiotici. Purtrop- po gli osservatori epidemiologici sui microrganismi patogeni non sono molti e spes- so non sono diffusi capillarmente sul territo- rio. Inoltre i dati prodotti non sempre sono omogenei e confrontabili e spesso non sono facilmente accessibili. In letteratura si trova- n o p u b b l i c a t e n u m e r o s e r i c e r c h e d i epidemiologia microbiologica, ma spesso con- siderano un solo patogeno. Come riferimento per la scelta empirica di un antibiotico vengono generalmente indi- cate alcune rassegne di epidemiologia microbiologica che forniscono dati talvolta vecchi, quindi non più aderenti alla realtà at- tuale, talvolta estremamente variabili. Nella tabella 6 riportiamo come esempio due delle rassegne più citate anche dalle linee-guida (43-44). Dati di questo tipo forniscono solo un quadro macroscopico del fenomeno e con- sentono di fare una prima cernita sulle classi di antibiotico da utilizzare nelle CAP, senza tuttavia aiutare nella scelta più specifica di quale antibiotico utilizzare come prima linea e soprattutto quale molecola scegliere in una classe di antibiotici. Le diverse linee-guida cercano di risolve- re il problema della scelta dell’antibiotico at- traverso operazioni di “consensus” tra esperti. Tuttavia, nella produzione di consensus su opinioni controverse e ricche di implicazioni economiche come queste, non sempre i crite- ri guida sono completamente espliciti e tra- sparenti. Le opinioni e le esperienze personali degli esperti, le condizioni e i vincoli del si- stema assistenziale sanitario, in cui si prospet- ta l’applicazione concreta delle linee-guida, Tabella 6 Distribuzioni per- centuali dei princi- pali patogeni re- sponsabili della CAP secondo due diverse rassegne sulla epidemiologia microbiologica pub- blicate negli anni ’80 e ’90. (43, 44) M. Eandi Microrganismi MacFarlane (43) Woodhead (44) (Casistiche varie) % <65anni % >65anni % Streptococcus pneumoniae 60-75 42 30 Mycoplasma pneumoniae 5-18 22 1 Haemophilus influenzae 4-5 4 8 Legionella species 2-5 6 2 Chlamydia psittaci 2-3 Chlamydia pneumoniae 1 1 Staphylococcus aureus 1-5 <1 3 Coxiella burnetii 1 Gram-negativi rari <1 17 Anaerobi rari Virus 10-16 10 12 44 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2000; 1 (1)© SEEd Tutti i diritti riservati Tabella 7 Scelta dell’antibioti- co nel trattamento domiciliare del pa- ziente con polmonite acquisita in comuni- tà secondo le linee- guida ISDA e ESOCAP (23, 24) Tabella 8 Scelta degli antibio- tici per il trattamen- to ospedaliero di pa- zienti affetti da pol- monite acquisita in comunità secondo le linee-guida ISDA e ESOCAP. (23, 24) Percorsi diagnostico-terapeutici Linee guida ISDA Linee guida ESOCAP Antibiotici di prima scelta Macrolidi Fluorochinoloni Doxiciclina Aminopenicillina Alternative alla prima scelta Amoxicillina/clavulanato Alcune cefalosporine orali (cefuroxime, cefpodoxime, cefprozil) Tetracicline Cefalosporine orali Fluorochinoloni Macrolidi Streptogramine orali Condizioni particolari Polmonite non grave in soggetti giovani adulti, specialmente durante epidemie di Mycoplasma Doxiciclina Macrolidi Elevata frequenza di ceppi betalattamasi- produttori (Haemophilus influenzae), BPCO o insuccesso con aminopenicillina Fluorochinoloni Amoxicillina/clavulanato Aminopenicilline + ßlattamasi- inibitore Linee guida ISDA Linee guida ESOCAP Pazienti in degenza ordinaria Una betalattamina ± un macrolide o un fluorochinolone da solo In alternativa: Cefuroxime ± un macrolide o Azitromicina da sola Una cefalosporina II° gen iv o una cefalosporine III° gen iv o una ß-lattamina/inibitore-ß- latt. iv od orale o Benzilpenicillina iv o Amoxicillina iv o Ampicillina iv ± un macrolide iv od orale Condizioni particolari Bronchiectasie o altre malattie con alterazione strutturale del polmone Penicilline antipseudomonali o carbapenemici o cefepime + macrolide o fluorochinolone + aminoglicoside Amoxicillina/clavulanato iv ad alte dosi Allergia alla penicillina Fluorochinolone ± clindamicina Clindamicina iv Sospetto di aspirazione Fluorochinolone + Clindamicina o una ß-lattamina/inibitore-ß-latt. Amoxicillina/clavulanato iv ad alte dosi Paziente in Terapia Intensiva Eritromicina o azitromicina o un fluorochinolone + cefotaxime o ceftriaxone o una b-lattamina/inibitore-ß-lattamasi Cefalosporine II° o III° generazione iv alte dosi + Fluorochinoloni o macrolidi iv ± Rifampicina iv 45Farmeconomia e percorsi terapeutici 2000; 1 (1) © SEEd Tutti i diritti riservati sono fattori che pesano nel determinare le in- dicazioni degli antibiotici da utilizzare come prima linea o come opzioni alternative o nei casi particolari. Nelle linee-guida pubblicate tale problema traspare nettamente. A tal pro- posito si confrontino le indicazioni sulla scelta degli antibiotici nella CAP delle due più re- centi linee-guida, quella dell’ISDA (23) pro- dotta negli Stati Uniti e quella dell’ESOCAP (24) prodotta in Europa (vedi tabelle 7 e 8). Le differenze di indicazione sono significati- ve sia per quanto riguarda il trattamento an- tibiotico dei pazienti CAP a domicilio sia per quanto riguarda i ricoverati. L’introduzione di linee-guida dovrebbe es- sere accompagnata da una validazione sul campo per accertare quale impatto sulla salu- te e sull’efficienza dell’assistenza comporti la loro adozione su ampia scala. Per quanto ri- guarda le linee-guida sulla CAP, scarsi sono i dati di verifica finora prodotti, i quali, tutta- via indicano come le conseguenze economi- che siano complesse e non facilmente prevedibili (45). Lo stile prescrittivo è solo in parte influen- zato dalla pubblicazione di linee-guida. D’al- tra parte esiste un’elevata variabilità nello stile prescrittivo degli antibiotici in generale e nel caso delle CAP in particolare. La differenza di stile prescrittivo è sicuramente elevata tra medici, in funzione della loro collocazione as- sistenziale e della loro qualificazione profes- sionale, ma è anche notevole nelle diverse aree geografiche e nelle diverse nazioni, come di- mostra un’indagine recente effettuata in cin- que paesi europei (16). È noto che i medici italiani hanno un com- portamento prescrittivo degli antibiotici signi- ficativamente diverso da quello di altri Paesi europei, anche confinanti. In generale, in Ita- lia si fa uso frequente di antibiotici per via intramuscolare e poco per via orale, soprat- tutto nel caso di infezioni ritenute gravi come le polmoniti: tale abitudine sembra prescin- dere da una valutazione oggettiva e pondera- ta della gravità del caso e dipende piuttosto dai livelli d’ansia che la malattia induce nel paziente e nel medico. Inoltre, in Italia è molto diffuso il convincimento che le malattie in- fettive che possono avere conseguenze gravi debbano essere trattate con antibiotici iniettivi, indipendentemente dalla concreta valutazio- ne del rischio nel singolo paziente. Nel trattamento antibiotico delle CAP, sia a domicilio sia in ospedale, il medico italiano sceglie prevalentemente di utilizzare una cefalosporina di terza generazione. Questo comportamento prescrittivo è nettamente in contrasto con le indicazioni delle linee-guida. Questa constatazione è generalmente occasio- ne per critiche alla classe medica italiana per- ché il suo comportamento sarebbe causa di costi farmaceutici non giustificabili e del ri- schio di insorgenza di resistenze. Su questo punto, tuttavia, sarebbe urgente avviare indagini per verificare le conseguen- ze sanitarie ed economiche di tale diffuso sti- le prescrittivo. La semplice constatazione che il comportamento prescrittivo dei medici ita- liani è nettamente diverso da quello dei colle- ghi inglesi non può, ovviamente, essere assunta come dimostrazione della tesi secon- do cui l’uso italiano di antibiotici sarebbe meno costo/efficace di quello inglese. I pochi dati comparativi disponibili, come quelli pro- dotti dal gruppo collaborativo ESOCAP, di- mostrerebbero semmai che la situazione italiana è nettamente migliore di quella in- glese per aspetti fondamentali come la mor- talità per infezioni polmonari e la percentuale di ricoveri tra i pazienti affetti da CAP (16). Inoltre, in Italia la prevalenza attuale di cep- pi di penumococco resistenti alla penicillina è nettamente inferiore a quella di altri paesi che prediligono gli antibiotici orali a quelli iniettivi. In definitiva, quindi, ogni giudizio sul comportamento prescrittivo di una classe medica potrebbe avere maggior peso se fosse s u p p o r t a t o d a u n a q u a l c h e v a l i d a z i o n e farmacoeconomica che valuti tutte le conse- guenze sanitarie ed economiche rilevanti. IL DECORSO Stabilita la diagnosi e la terapia iniziale, il paziente affetto da CAP deve essere monitorato attentamente, soprattutto durante i primi giorni di terapia per evidenziare l’evo- luzione positiva o negativa della situazione clinica e adottare le misure più idonee. I casi a evoluzione positiva tendono alla stabilizzazione clinica dopo pochi giorni di terapia per poi volgere verso un miglioramen- to progressivo, talvolta con qualche oscilla- zione, e approdare alla guarigione. Nel caso in cui il trattamento iniziale sia stato aggres- sivo e abbia comportato l’utilizzo di uno o più antibiotici per via parenterale, appena rag- giunta la stabilità clinica si deve considerare l’opzione di semplificare il trattamento anti- biotico riducendo il numero di farmaci e pas- sando alla via orale (46-49). Questa strategia, introdotta alcuni anni or sono e conosciuta c o m e “ s w i t c h t h e r a p y ” o “ t e r a p i a sequenziale”, comporta alcuni vantaggi rile- vanti anche sotto il profilo farmacoeconomico: semplifica il trattamento, facilita la dimissione e il trattamento domiciliare, migliora la qua- lità di vita del paziente, riduce i costi della terapia antibiotica perché risparmia sia sui costi d’acquisto dei farmaci sia sui costi di somministrazione. M. Eandi 46 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2000; 1 (1)© SEEd Tutti i diritti riservati I casi che non si stabilizzano in 2-3 giorni richiedono una revisione diagnostica ed even- tualmente terapeutica. Occorre, infatti, stabi- lire se la diagnosi iniziale è corretta oppure sbagliata, se sono insorte complicazioni, se l’antibiotico scelto e la posologia adottata pos- sono essere considerate adeguate nonostante il ritardo di comparsa della risposta, oppure se la scelta è stata inadeguata perché l’infe- zione è sostenuta da un patogeno non sensi- bile o divenuto resistente all’antibiotico (23). Alcuni casi si presentano immediatamente come gravi e altri evolvono più o meno rapida- mente verso condizioni cliniche critiche: in que- sti casi si pone il problema di decidere l’eventuale invio in Unità di Terapia Intensiva. Il concetto di stabilizzazione clinica del p a z i e n t e a f f e t t o d a p o l m o n i t e n o n è univocamente definito. Tuttavia, la maggior parte dei libri di testo e delle linee-guida fon- dano il concetto di stabilità clinica del paziente riferendosi alla normalizzazione della fre- quenza cardiaca, della pressione arteriosa sistolica, della frequenza respiratoria, della temperatura, dell’ossigenzazione, della capa- cità di alimentarsi e dello stato mentale (25, 50, 51). Recentemente Halm e collaboratori (50) hanno studiato, in una coorte di pazienti adulti affetti da CAP, il tempo necessario per la normalizzazione di questi parametri. Nella tabella 9 vengono riportate le percentuali di soggetti che presentano alterazioni dei para- metri vitali al primo giorno di trattamento e la distribuzione, espressa come mediana e come range interquartile, della durata (gior- ni) dell’instabilità. Come si può facilmente rilevare, la maggioranza dei soggetti recupera stabilità dei segni vitali entro 2-4 giorni dal- l’inizio del trattamento. La durata dell’instabilità clinica dipende dai criteri stabiliti per definire la stabilizzazione. Non c’è accordo universale sui livelli soglia di temperatura, frequenza cardiaca e saturazione di ossigeno da assu- mere come riferimento per la normalizzazione. Nella tabella 10 sono ripor- tate cinque differenti combinazioni (A-E) dei tre criteri fondamentali (temperatura, satura- zione di ossigeno e frequenza del respiro) come stabiliti da vari autori: ovviamente, as- sumendo criteri maggiormente restrittivi, la durata dell’instabilità aumenta. Inoltre, la du- rata del periodo di instabilità clinica è in qual- che misura direttamente correlata anche con la gravità iniziale della malattia, ovvero con il livello di rischio di morte secondo la classi- ficazione di Fine. Si noti come le prime tre classi di Fine, che rappresentano i pazienti con polmoniti di grado lieve-moderato per le quali non è generalmente richiesto il ricove- ro, siano accomunate in questa relazione: le differenze nella durata dell’instabilità emer- Tabella 9 Distribuzione della durata (giorni) di instabilità clinica dei pazienti affetti da CAP (modificata da: Halm EA et al., 1998) (50) Percorsi diagnostico-terapeutici Criterio di stabilità clinica Instabili I° giorno Durata dell'instabilità (giorni) % Mediana Range Interquartile Pressione sistolica >90mmHg 7 2 2-3 Frequenza cardiaca <100 b/min 56 2 2-3 Frequenza respiratoria < 24 resp/min 49 3 2-4 < 22 resp/min 71 3 2-6 < 20 resp/min 78 4 3-7 Temperatura corporea < 38,3 °C 46 2 2-3 < 37,8 °C 63 3 2-4 < 37,2 °C 80 3 2-6 Saturazione ossigeno < 90% 23 3 2-6 < 92% 31 3 2-6 < 94% 39 4 2-8 Capacità di alimentarsi 11 2 2-8 Stato mentale normale 8 3 2-4 47Farmeconomia e percorsi terapeutici 2000; 1 (1) © SEEd Tutti i diritti riservati gono con il passaggio alle classi IV° e V° di Fine. Il 14-15% circa dei pazienti in condizioni di instabilità clinica si aggrava fino a dover essere inviato in UTI. I dati riportati in tabel- la 11 indicano che tale percentuale non è pra- ticamente correlata con le differenti definizioni di stabilità clinica. Al contrario, la percentuale di pazienti (0,3-1%) che viene inviato in UTI dopo aver raggiunto la stabili- tà clinica è inversamente correlata con le dif- ferenti definizioni di stabilità: più i criteri sono restrittivi, minore è la probabilità che il sog- getto abbia un’inversione di tendenza e che peggiori fino a dover essere inviato in UTI. Passando dalla definizione A, meno restrittiva, alla definizione E, più restrittiva, la percen- tuale di pazienti che prolunga per più di un giorno la degenza in ospedale dopo aver rag- giunto la stabilità clinica e il numero di gior- ni di degenza dopo aver raggiunto la stabilità diminuiscono, mentre aumenta la percentua- le di pazienti che viene inserito in un pro- gramma di “switch therapy” entro un giorno dall’essersi stabilizzato (tabella 11). Tutte queste correlazioni indicano, nella sostanza, che le cinque definizioni di stabili- tà rappresentano realmente una differente gra- duazione clinica, percepita dal medico come parametro importante per prendere decisioni fondamentali nella gestione del paziente af- fetto da CAP, come quella di adottare la “switch therapy” o quella di dimettere il pa- ziente determinando, quindi, la durata del ri- covero ospedaliero (50). Queste decisioni, com’è intuitivo, dipendono dalla costatazione che le condizioni cliniche del paziente non solo sono stabilizzate ma sono anche in via di definitiva risoluzione. Il livello oggettivo di normalizzazione clinica non è, tuttavia, suf- Tabella 10 Uso di differenti cri- teri per definire la stabilità clinica e suoi effetti sulla di- stribuzione della du- rata (giorni) di in- stabilità clinica in funzione delle cin- que classi di rischio di morte definite se- condo l’algoritmo predittivo di Fine (Modificata da: Halm EA et al., 1998) (50) Tabella 11 Uso di differenti cri- teri per definire la stabilità clinica e suoi effetti percen- tuale di pazienti in- viati in UTI, sul pro- lungamento della degenza, nonché sulla percentuali di pazienti in “Switch therapy” entro un giorno dalla rag- giunta stabilità (Mo- dificata da: Halm EA et al., 1998)(50) M. Eandi Criteri stabilità A B C D E Temperatura (°C) <38,3 <37,8 <37,2 <37,2 <37,2 Saturazione O2 (%) <90 <90 <92 <92 <94 Freq Respiro (Resp/min) <24 <24 <24 <20 <20 Giorni di instabilità clinica: Mediane (range interquartile) Campione totale 3 (2-5) 3 (2-6) 5 (3-8) 6 (4-13) 7 (4-17) Rischio mortalità I°-III° classe 3 (2-4) 3 (2-5) 4 (3-8) 6 (3-12) 6 (4-17) IV° classe 3 (2-7) 4 (2-7) 6 (3-9) 7 (3-16) 9 (4-17) V° classe 5 (3-9) 6 (3-9) 7 (4-11) 10 (6-11) 13 (7-17) Criteri di stabilità A B C D E Temperatura (°C) <38,3 <37,8 <37,2 <37,2 <37,2 Saturazione O2 (%) <90 <90 <92 <92 <94 Freq Respiro (Res/min) <24 <24 <24 <20 <20 Inviati in UTI (%) Durante l'instabilità 14 14 14 15 15 Dopo raggiunta stabilità 1 1 0,6 0,5 0,3 Prolungamento degenza >un giorno dopo raggiunta stabilità clinica % pazienti 86 83 77 66 65 Giorni degenza dopo raggiunta stabilità Mediana (interquartile) 4 (2-7) 4 (2-7) 3 (2-6) 3 (1-6) 3 (1-6) Pazienti in Switch Therapy entro un giorno dopo stabilità % pazienti 29 35 40 46 44 48 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2000; 1 (1)© SEEd Tutti i diritti riservati ficiente a determinare tali decisioni nel me- dico: egli deve convincersi, utilizzando la sua percezione soggettiva di questa evoluzione, che la terapia antibiotica può essere semplificata e che il paziente può essere dimesso senza che corra rischi inaccettabili. La letteratura internazionale e alcune ras- segne critiche evidenziano che la durata del ricovero di un paziente affetto da CAP varia molto non solo da nazione a nazione, da re- gione a regione, ma anche da ospedale a ospe- d a l e d i u n a s t e s s a r e g i o n e g e o g r a f i c a e addirittura da reparto a reparto all’interno di uno stesso ospedale (52-55). Queste differen- ze persistono anche dopo aver eliminato le in- fluenze della gravità della malattia, della comorbidità e delle caratteristiche dell’ospe- dale. Pertanto le differenze sono presumibilmente dovute all’incertezza clini- ca e/o alle differenze di stile nella conduzione clinica dei vari medici (53, 54, 56, 57). Inol- tre alcune volte il medico prolunga la degenza del paziente con polmonite oltre il momento della raggiunta stabilità clinica spesso per motivi non strettamente correlati all’evoluzio- ne dell’infezione. Un ricovero breve è senza dubbio conve- niente per l’ospedale e in definitiva per il SSN e la società, qualora tutto il sistema dell’assi- stenza sanitaria abbia raggiunto la masssima efficienza. D’altra parte il medico si pone il problema di capire se la dimissione precoce pregiudichi la futura evoluzione clinica del paziente affetto da polmonite e lo ponga in una condizione di rischio inaccettabile (52, 54, 55, 57-62). Una recente indagine ha evidenziato che ridurre i tempi di degenza e dimettere il paziente non appena stabilizzato non comporta alcun peggioramento degli esi- ti sanitari nei pazienti ricoverati per CAP (57). Viene, quindi, confermata l’opportunità di ridurre la durata media della degenza per CAP, utilizzando la semplice strategia di dimettere il paziente entro pochissimi giorni dalla stabilizzazione: il prolungamento della degenza, una volta che il paziente si sia sta- bilizzato, non corrisponde a esigenze di sal- vaguardia del paziente ma ad esigenze di ansia del medico e talvolta dei familiari del pazien- te. Questo obiettivo può essere realizzato più facilmente se tutti i medici coinvolti lavorano in team e se l’assistenza ospedaliera trova maggiore raccordi operativi e collaborativi con il territorio (63-65). INVIO IN UNITÀ DI TERAPIA INTENSIVA Quando le condizioni cliniche sono molto gravi si deve ricorrere alla gestione del pa- ziente in Unità di Terapia Intensiva. Le di- verse linee-guida sulla CAP considerano un insieme di parametri da valutare per prende- re tale decisione: i criteri variano per alcuni dettagli ma sono sostanzialmente omogenei. Il trasferimento in UTI è ritenuto necessario quando vi sia uno stato di grave insufficienza respiratoria o di grave instabilità emodinamica o quando compaiano gravi alterazioni meta- boliche, ematiche, renali o grave insufficien- za di altri organi. Nella tabella 12 vengono riportati i parametri suggeriti dal gruppo collaborativo europeo ESOCAP: l’invio in UTI è fortemente indicato quando esista o persista almeno una delle condizioni previste nella tabella (24). Tabella 12 Criteri di invio in Unità di Terapia In- tensiva (UTI) dei pa- zienti affetti da CAP grave e complicata (Modificata da: ESOCAP, 1998) (24) Percorsi diagnostico-terapeutici GRAVE INSUFFICIENZA RESPIRATORIA - Frequenza respiratoria > 30 resp/min - PaO 2 /FIO 2 < 250 mmHg (<200 mmHg se BPCO) - Necessità di ventilazione meccanica - Aumento opacità radiografica > 50% entro 48 ore GRAVE INSTABILITÀ EMODINAMICA - Pressione arteriosa sistolica < 90 mmHg o diastolica < 60 mmHg - Necessità di farmaci vasoattivi per oltre quattro ore - Diuresi < 20 ml/h (in assenza di ipovolemia) CRITERI METABOLICI O EMATOLOGICI - Grave acidosi (pH < 7.30) - Grave coagulazione intravascolare disseminata - Insufficienza renale acuta che richiede dialisi GRAVE INSUFFICIENZA DI ALTRI ORGANI 49Farmeconomia e percorsi terapeutici 2000; 1 (1) © SEEd Tutti i diritti riservati Come sembra ovvio, i soggetti che si tro- vano nella necessità di essere trattati in UTI hanno un rischio elevato di morte. La percen- tuale di soggetti inviati in UTI nel decorso della CAP è direttamente proporzionale al li- vello di rischio di morte stimato secondo le classi di Fine (11). La tabella 13 evidenzia come tale correlazione sia evidente e statisti- camente significativa sia per i soggetti tratta- ti inizialmente a domicilio che, peggiorando, necessitano di un ricovero in seconda istan- za, sia per i soggetti ricoverati in ospedale in prima istanza. D’altra parte l’algoritmo di Fine stima il rischio di morte del paziente uti- lizzando variabili che sono indicative del li- vello di gravità dell’infezione. La durata del trattamento in UTI viene, in genere, limitata al minimo necessario, ma varia molto da paziente a paziente ed in un certo numero di casi il paziente deve essere sottoposto a più di un ciclo di terapia intensi- va. In definitiva la gravità clinica ed il rico- vero in UTI condizionano la durata complessiva del ricovero ospedaliero dei pa- zienti CAP, come dimostrato nella tabella 13 (11). CONCLUSIONE La gestione efficiente ed eticamente com- patibile di un paziente affetto da CAP richie- de che il medico sappia prendere una serie successiva di decisioni cruciali che hanno con- seguenze rilevanti sull’evoluzione delle con- dizioni cliniche del paziente e sul bilancio economico del SSN, dell’ospedale, della so- cietà ed anche del paziente. In questo lavoro abbiamo identificato i nodi decisionali cruciali nel percorso asistenziale di un paziente affetto da CAP ed abbiamo cercato di evidenziare alcune rela- zioni fondamenali tra fattori che determina- no le scelte del medico, nonché alcune conseguenze sanitarie delle scelte stesse come appaiono da alcuni lavori pubblicati nella let- teratura internazionale. Il materiale che abbiamo selezionato ed esaminato e le considerazioni che abbiamo posto in discussione sono la piattaforma sulla quale costruirre un modello decisionale per verificare la costo efficacia delle diverse al- ternative gestionali e, più specificatamente, delle diverse alternative chemioterapiche. Nel- la seconda parte del lavoro (pubblicata nel prossimo numero) presenteremo tale modello decisionale e verificheremo criticamente l’applicabilità alla situazione italiana. Tabella 13 Correlazione tra classi di rischio de- finite secondo l’algoritmo predittivo di Fine e distribuzioni percen- tuali dei ricoveri in UTI e della durata (giorni) di degenza rilevati nello studio prospettico PORT (Modificata da: Fine MJ et al, 1997) (11) BIBLIOGRAFIA 1. Garibaldi RA. Epidemiology od community-acquired respiratory tract infections in adults; incidence, etiology, and impact. Am J Med 1985; 78: 32-37. 2. Dans PE, Charache P, Fahey M, Otter SE. 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