163Farmeconomia e percorsi terapeutici 2004; 5 (3) © SEEd Tutti i diritti riservati ABSTRACT Bisphosphonates (BPs) are osteoclast-mediated bone resorption inhibitors and the nature of the groups at- tached to the central carbon atom determines the drug potency. Neridronate is an injectable amino- bisphosphonate, structurally similar to alendronate and pamidronate, authorized for the treatment of osteoge- nesis imperfecta (OI). This drug has often been used to treat other pathologies, as an off-label option, to increase tolerability and ameliorate compliance, partly because the management of orally administered bisphosphonates, with their gas- trointestinal side effects, results complicated. In this paper pharmacokinetic, pharmacodinamic and main placebo-controlled clinical trials on OI patients are reviewed. The available scientific evidence demonstrates the neridronate efficacy to improve spine and hip bone mineral density, to lower markers of skeletal turnover and to decrease fracture incidence, compared with controls. We also report clinical trials results and data about the effect of intravenous infusions of neridronate in pa- tients with postmenopausal osteoporosis, Paget’s disease and rheumatoid arthritis. Finally, we consider the economical impact of chronic and incapacitating pathologies, like osteogenesis imperfecta, on family’s total income and the influence of the disease on quality of life of pediatric and adult pa- tients. Farmeconomia e percorsi terapeutici 2004; 5 (3): 163-178 Neridronato nel trattamento dell’osteogenesi imperfetta: prestazioni cliniche ed economiche di un farmaco orfano Orietta Zaniolo*, Mario Eandi* INTRODUZIONE I bifosfonati sono analoghi del pirofosfato in cui il ponte P–O–P è stato sostituito con un ponte P–C–P, non idrolizzabile. Grazie alla loro particolare attività nel mantenere l’omeostasi minerale ossea, sono attualmente i farmaci più utilizzati nel trattamento dell’osteolisi tumorale con ipercalcemia e del morbo di Paget, oltre che nella prevenzione primaria e secondaria dell’osteoporosi. Il neridronato, un amino-bifosfonato di re- cente introduzione, è stato utilizzato con suc- cesso in alcuni trial clinici per il trattamento dell’osteoporosi post-menopausale, del mor- bo di Paget e soprattutto dell’osteogenesi im- perfetta (OI), malattia rara e gravissima contro la quale questo farmaco ha mostrato risultati molto incoraggianti. L’OI è una patologia ereditaria del tessuto connettivo, caratterizzata da fragilità ossea e fratture ricorrenti che, in molti casi, conduco- no a deformità scheletriche. La maggior parte dei pazienti con osteo- genesi imperfetta presenta una diminuzione della densità ossea anche se a volte, sia negli adulti sia nei bambini, l’aspetto radiologico ap- pare normale. La densitometria ossea a doppio raggio-X conferma la diminuzione della densi- tà dell’osso sia trabecolare (vertebre, coste) sia corticale (omero, femore), soprattutto in caso di gravidanza [1], dopo la menopausa e, negli uomini, dopo i 50 anni [2]. Pur trattandosi di una patologia eteroge- nea in termini sia di ereditarietà (dominante, recessiva, sporadica/nuova mutazione) sia di espressività fenotipica, gli individui affetti da *Farmacologia clinica, Università di Torino REVIEW 164 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2004; 5 (3)© SEEd Tutti i diritti riservati OI comunemente presentano bassa statura, sclere blu, dentinogenesi imperfetta, perdita di udito nell’età adulta, scoliosi e lassità lega- mentosa. Generalmente, sulla base delle caratteristi- che cliniche e genetiche, si distinguono quat- tro tipi di OI (Tabella 1). I soggetti affetti dalle forme più gravi pre- sentano fratture multiple sin dalla nascita e svi- luppano precocemente deformazioni scheletri- che: il decesso nella grande maggioranza dei casi avviene nelle prime ore o nei primi giorni di vita; la sopravvivenza oltre l’anno di vita è rara. Nelle forme severe (tipo III e IV) c’è sem- pre il rischio di complicazioni cardio-polmonari, dovute a deformità spinali e toraciche, che possono portare all’exitus durante l’infanzia [3]. Il numero e l’età di inizio delle fratture e delle deformità hanno un ruolo nel determi- nare il raggiungimento della capacità di cam- minare e quindi la futura autonomia del bam- bino [4]. La causa principale di questa patologia è da ricercare nella mutazione dei geni del collagene di tipo I [6]; non sono state rilevate, al momento, particolari correlazioni tra i fenotipi clinici e specifiche mutazioni, anche se sembra che quelle localizzate nella parte N-terminale dell’elica del collagene siano associate a fenotipi meno gravi, mentre quelle della parte C-terminale sarebbero associate a forme di malattia più gravi. Nei casi più lievi le deformità scheletriche non sono costanti, a dispetto delle fratture multiple, e l’altezza dei pazienti può essere qua- si normale [5]. In questo caso, la capacità motoria non è ridotta in maniera grave, per cui spesso è man- tenuta la possibilità di deambulare e di una vita autonoma. Invece quasi tutti i pazienti con OI tipo III e una buona parte dei pazienti con tipo IV sono costretti sulla sedia a rotelle, mal- grado gli ausili e una riabilitazione intensiva. PROFILO FARMACOLOGICO CLINICO DEL NERIDRONATO Farmacodinamica Il neridronato appartiene alla classe dei bifosfonati, composti che agiscono sul meta- bolismo osseo impedendo il riassorbimento, con conseguente diminuzione del turnover osseo. La struttura chimica P–C–P possiede gran- de affinità per il Ca++ (base della selettività per l’osso di questi composti) ed è molto resisten- te all’idrolisi in ambiente acido e all’azione del- le pirofosfatasi: caratteristiche fondamentali per l’azione farmacologica. Gli effetti scheletrici dei bifosfonati sono mediati da un’azione inibitoria diretta sul re- clutamento, la differenziazione, l’attività e il ci- clo vitale degli osteoclasti, nonché da un’azio- ne indiretta sugli osteoblasti, in cui induce una diminuzione nel rilascio dei mediatori che in situazioni normali attivano gli osteoclasti. Ciò determina una rapida inibizione dell’attività osteoclastica e un effetto, più ritardato nel tem- po, sulla deposizione osteoblastica [7-9]. Nel- la maggior parte dei casi, si ottiene un sostan- ziale incremento della densità minerale ossea [10]. Il meccanismo con cui questa classe di far- maci esplica i propri effetti non è completa- mente chiaro, ma pare che essi rallentino la formazione e la dissoluzione dei cristalli di idrossiapatite mimando l’azione del loro ana- logo naturale, il pirofosfato. In particolare, l’ele- vata affinità in vivo della struttura P–C–P per l’idrossiapatite induce la deposizione dei bifosfonati nella matrice ossea [11-13]. Si ipotizza che una volta incorporati nella matrice ossea, i bifosfonati siano inglobati du- rante i processi di riassorbimento osseo dagli osteoclasti maturi mediante endocitosi, iniben- do la loro attività mediante il blocco della pro- duzione di enzimi litici, delle secrezioni acide e Tabella 1 Classificazione dell�osteogenesi imperfetta (generalmente, sulla base delle caratteristiche cliniche e genetiche, si distinguono quattro tipi di OI) Neridronato nel trattamento dell’osteogenesi imperfetta: prestazioni cliniche ed economiche di un farmaco orfano enoizacifissalC IopiT erelcs,enegallocled)%05acric(ovitatitnauqticifednuadatazzirettarac,evargonemeetneuqerfùipamroF atuicsonocsimossepS.ataznavaàte'lleneaiznafni'lleneruttarfidaznedicniatatnemua,ulb IIopiT elatanirepetromnocevargùipamrofalÈ IIIopiT iedatividàtitnauqeàtilauqonanoizidnocehcehcirtelehcsàtimrofedivarg,arutatsassabnocarevesamroF attefrepmiisenegonitnedeulberelcs,itneizap VIopiT ehcirtelehcsàtimrofedetsedomeassabotsottuiparutatsnocIIIeIopitliartaidemretniamroF 165Farmeconomia e percorsi terapeutici 2004; 5 (3) © SEEd Tutti i diritti riservati delle prostaglandine. Inoltre essi indurrebbe- ro negli osteoclasti alterazioni morfologiche apoptotiche (retrazione, condensazione nucle- are, frammentazione cellulare) e biochimiche (frammentazione del DNA e attivazione delle caspasi), riducendo la durata media della vita di queste cellule e i correlati processi di riassorbimento. Un’altra possibilità è che il bifosfonato ac- cumulato all’interno dell’osso venga nel tem- po rilasciato in piccole quantità alle circostanti aree di elevato turnover; ciò spiegherebbe il fatto che, nonostante i bassi livelli di farmaco attivo circolante, una singola somministrazione spesso sia sufficiente a mantenere una sostan- ziale inibizione del riassorbimento osseo an- che per alcuni anni. L’azione indiretta svolta dai bifosfonati si esplica a livello degli osteoblasti, i quali, in condizioni fisiologiche, attivano, mediante un legante presente sulla loro membrana (RANKL), un recettore espresso sulla mem- brana del precursore emopoietico dell’osteo- clasta (RANK) inducendo la sua differenzia- zione e maturazione a osteoclasta attivo. Il far- maco probabilmente interferisce con questo meccanismo, inducendo la produzione di osteo- protegerina (OPG) da parte degli osteoblasti. L’OPG è una proteina naturale che, legandosi essa stessa al RANKL, impedisce l’azione del ligando sul RANK e la conseguente osteo- clastogenesi [14,15]. Analizzando le curve dose-risposta relati- ve al neridronato e agli altri bifosfonati è pos- sibile osservare che anche basse concentra- zioni di farmaco sono in grado di indurre gli effetti clinici desiderati; per esempio osteoblasti esposti per soli 5 minuti a una modestissima dose di bifosfonato sono stati in grado di ini- bire la maturazione osteoclastica [16,17]. Tali considerazioni suggeriscono l’esistenza di un recettore o di un sito di legame cellulare speci- fico per questa classe di farmaci, anche se a oggi esso non è stato ancora identificato. Studi in vitro e in vivo hanno dimostrato che il trattamento con neridronato comporta riduzioni significative dei parametri di riassorbimento e della fosfatasi alcalina indice di turnover osseo, senza però modificare il pro- cesso di mineralizzazione. I marker biochimici del riassorbimento subiscono decrementi mol- to rapidi (pochi giorni nel caso di sommini- strazione parenterale) anticipando di alcune settimane la riduzione della fosfatasi alcalina, che mostra un andamento più lento e gradua- le. La rapida inibizione del riassorbimento os- seo provoca un transitorio disaccoppiamento tra i processi di neoformazione e quelli di riassorbimento; questo stato perdura sino a quando non venga raggiunto un nuovo equi- librio, con l’adeguamento della neosintesi os- sea ad un livello di turnover più basso. La pre- valenza dei processi di osteosintesi durante la fase di disaccoppiamento determina la riduzio- ne dell’afflusso di calcio verso l’ambiente extracellulare e un temporaneo aumento della secrezione di paratormone. L’insorgenza di un iperparatiroidismo secondario permette di con- trastare l’ipocalcemia incrementando la sintesi di calcitriolo e stimolando l’assorbimento inte- stinale di calcio. Inoltre l’aumento del paratormone diminuisce il riassorbimento tubulare dei fosfati, diminuendone in tal modo la concentrazione sierica [18]. FARMACOCINETICA I bifosfonati hanno una bassissima biodisponibilità orale, peraltro condizionata dalla contemporanea assunzione di cibo o far- maci: dopo somministrazione per via orale solo una minima quantità di bifosfonato viene as- sorbita (biodisponibilità orale inferiore all’1% per i bifosfonati azotati). Questo è parzialmen- te spiegato dalla loro bassa lipofilia, dalla ele- vata carica negativa e dalla forma insolubile con cui si presentano a livello intestinale a cau- sa del legame con il calcio. Il contatto di questi farmaci con la mucosa dell’apparato digerente può provocare feno- meni irritativi [19,20]: risulta quindi importante assumere i bifosfonati con abbondante acqua demineralizzata calda, a completo digiuno (sia prima che dopo) e stando in piedi per almeno trenta minuti [21]. Al contrario, le formulazioni parenterali, come quelle con cui viene somministrato il neridronato, sono quelle che garantiscono una piena biodisponibilità del principio attivo nel caso di somministrazione endovenosa e, spes- so, anche intramuscolare. Le caratteristiche farmacocinetiche del sodio neridronato sono state valutate nel pla- sma e nelle urine di ratto dopo sommini- strazione endovenosa singola di 10mg/kg. I risultati dell’analisi hanno dimostrato una con- centrazione massima (0,06 mg/ml) raggiunta subito dopo la somministrazione, seguita da una fase rapida di riduzione delle concentra- zioni plasmatiche, dovuta ai fenomeni di distri- buzione tissutale e di eliminazione; nello stu- dio il 31,7% del farmaco veniva escreto nelle urine durante le 24 ore successive alla somministrazione. Nell’uomo l’infusione endovenosa lenta di 25, 50 e 100 mg ha mostrato una chiara linearità e proporzionalità fra le dosi; con la sommi- nistrazione intramuscolare, i profili di escre- O. Zaniolo, M. Eandi 166 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2004; 5 (3)© SEEd Tutti i diritti riservati zione, a parità di dose, sono confrontabili con quelli osservati dopo infusione endo- venosa [18]. Nel plasma i bifosfonati sono legati alle proteine, ma la rilevanza di questo legame va- ria a seconda del pH e della concentrazione di calcio: esso viene favorito dalla presenza di calcio e di pH elevati. Questa classe di farmaci tende a scompa- rire rapidamente dal circolo sanguigno: una percentuale compresa tra il 20 e il 50% della dose è captata dall’osso entro 12-24 ore; essi presentano un tropismo particolare per il tes- suto trabecolare, caratterizzato da un alto turnover [22]. In passato si è sempre pensato che questi farmaci si depositassero nelle zone ossee di neoformazione; recentemente però sono stati scoperti alcuni depositi di farmaco in siti di riassorbimento [9]. Pare che la distribuzione in una zona piuttosto che un’altra dipenda fon- damentalmente dalla quantità di farmaco som- ministrata: modeste quantità favoriscono l’ac- cumulo nelle aree di riassorbimento, mentre elevate quantità si distribuiscono abbastanza equamente nei due diversi tipi di siti. Solitamente i bifosfonati non si accumula- no nei tessuti molli, tuttavia si può verificare un deposito a livello di stomaco, fegato e milza in particolari condizioni in cui, a causa di una somministrazione endovenosa troppo elevata o troppo rapida, si possono formare grossi complessi con il ferro e con il calcio, fagocitati poi dai macrofagi del sistema reticolo- endoteliale. Sempre a causa della formazione di questi aggregati insolubili, infusioni troppo rapide e dosi troppo alte possono risultare dan- nose anche a livello renale [22]. L’emivita di eliminazione è di circa 7 ore e, circa la metà della dose somministrata per infu- sione endovenosa o per via intramuscolare, viene escreta nelle urine dopo ogni sommini- strazione. Il farmaco in vivo non è metabo- lizzato, probabilmente a causa dell’elevata sta- bilità del legame P–C–P nei confronti degli enzimi idrolitici: esso viene escreto pressoché inalterato. L’eliminazione di questi farmaci è molto len- ta, infatti essi permangono a lungo a livello scheletrico; è stata calcolata un’emivita nello scheletro di diversi anni [23]. Non sono disponibili dati che rilevino il comportamento farmacocinetico del farmaco in soggetti con insufficienza renale o epatica. Efficacia terapeutica Sono oggi disponibili i dati relativi al trat- tamento dell’osteogenesi imperfetta con neridronato sia nei pazienti in età pediatrica che in quelli adulti [24,25]. 81 pazienti di ambo i sessi, 52 sopra i 20 anni (range 21-71) e 29 di età inferiore (range 5- 17), in gran parte affetti dalla malattia nella for- ma più lieve, ma con qualche caso di media (tipo IV=20) ed elevata (tipo III=10) gravità [26] sono stati trattati con un protocollo terapeutico che prevedeva la somministrazione trimestrale di una dose di neridronato compresa fra un minimo di 2 mg/kg e un massimo di 100 mg/kg. Nel gruppo pediatrico, in cui la dose som- ministrata è stata di 2 mg/kg di peso corporeo, si sono osservati i maggiori incrementi di mas- sa ossea, accompagnati da significativi miglio- ramenti a livello delle vertebre e di tutti i di- stretti studiati. Gli effetti, evidenti già dopo 6 mesi di terapia, sono stati osservati per tutta la durata del trattamento (Figura 1). Figura 1 Variazioni densitometriche in corso di terapia con neridronato in soggetti di età inferiore a 20 anni [26] Figura 2 Confronto tra il numero di eventi fratturativi verificatisi nei due anni precedenti il trattamento e durante i due anni di terapia con neridronato nel gruppo pediatrico [26] Neridronato nel trattamento dell’osteogenesi imperfetta: prestazioni cliniche ed economiche di un farmaco orfano 167Farmeconomia e percorsi terapeutici 2004; 5 (3) © SEEd Tutti i diritti riservati Sempre nel gruppo pediatrico, tra i due anni precedenti l’inizio del trattamento e i due anni di terapia si è verificato un calo di circa il 50% dell’incidenza di frattura (Figura 2). Oltre al miglioramento di tali parametri og- gettivi, i pazienti del gruppo pediatrico hanno riportato anche una notevole attenuazione dei dolori ossei, caratteristici della patologia, e un incremento della mobilità generale: aspetti da non trascurare in vista del considerevole im- patto che hanno sulla qualità della vita dei pa- zienti. Il protocollo clinico che prevede l’utilizzo del neridronato nel trattamento dei bambini af- fetti da OI, anche a partire da pochi mesi di vita, è stato valutato dall’équipe di Finocchiaro della Clinica Pediatrica dell’Università La Sa- pienza di Roma. In questo studio sono stati analizzati gli aminoacidi urinari, indici di meta- bolismo osseo come l’idrossiprolina e tutta una serie di altre molecole urinarie come il calcio, il fosfato, la fosfatasi alcalina, l’osteocalcina, la taurina, la prolina e il C-telopeptide/creatinina. Dopo due cicli di somministrazione è stato osservato un aumento del calcio sierico e una diminuzione del fosfato sierico, della fosfatasi alcalina e dell’escrezione del calcio urinario [27]. Per quanto riguarda il trattamento di sog- getti adulti sono disponibili i dati relativi ad uno studio controllato e randomizzato svolto da Adami e colleghi (università di Verona), in collaborazione con l’Associazione Italiana Osteogenesi Imperfetta. I pazienti sono stati randomizzati a ricevere trimestralmente 100 mg di neridronato ev (in 250 ml di fisiologica infusi in 30 minuti) o placebo, con un rapporto di 2:1. L’apporto dietetico di calcio è stato valuta- to regolarmente e mantenuto al di sopra di 1.000 mg giornalieri in tutti i pazienti. Supplementi di vitamina D 2 sono stati somministrati se i livelli ematici di 25OH-vitamina D scendevano al di sotto di 20 ng/ml: 5 pazienti hanno ricevuto supplementi di calcio o di vitamina D 2 . Dopo i primi 12 mesi di follow up, anche i pazienti del gruppo di controllo hanno iniziato la terapia con neridronato. Dei 78 partecipanti al trial, 46 hanno termi- nato lo studio (dopo due anni di follow up); di questi 31 erano stati randomizzati a ricevere neridronato, mentre i rimanenti 15 pazienti fa- cevano parte del gruppo di controllo [24]. Nel gruppo trattato con neridronato, dopo i primi 12 mesi di trattamento si è determinato un aumento del 3,0 ± 4,6% nei valori di densità ossea (BMD) della colonna e del 4,3 ± 3,9% in quelli dell’anca; valori che, nel corso del se- condo anno, sono ulteriormente aumentati ri- spettivamente al 3,9% e all’1,5%. L’analisi densitometrica dei pazienti del gruppo controllo, che durante il primo anno non ha mostrato variazioni significative, nel corso del secondo anno, e cioè dopo il pas- saggio alla terapia, ha mostrato valori molto simili a quelli ottenuti il primo anno dal gruppo randomizzato a neridronato (Figura 3). I valori dei marker di turnover osseo du- rante il trattamento con neridronato si sono ridotti significativamente; le riduzioni medie sono riportate nei grafici di Figura 4. Tutti i pazienti mostravano al baseline al- cune deformità delle vertebre toraciche e lom- bari, e in 21 di essi vennero trovate evidenti fratture (schiacciamento delle vertebre). Nei quattro anni precedenti l’inizio dello studio, 16 Figura 3 Variazioni della densità minerale ossea durante il trattamento con neridronato ev (linea continua) e durante il periodo di controllo (linea tratteggiata) [24] O. Zaniolo, M. Eandi 168 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2004; 5 (3)© SEEd Tutti i diritti riservati Figura 4 Variazioni della fosfatasi alcalina ossea (bAP), del livello sierico di telopeptide C-terminale (sCTX) e del rapporto deossipiridinolina libera urinaria/creatinina (ufDPD) durante il trattamento con neridronato ev (linea continua) e durante il periodo di controllo (linea tratteggiata)[24] pazienti avevano riportato complessivamente 18 fratture clinicamente evidenti di cui la più Neridronato nel trattamento dell’osteogenesi imperfetta: prestazioni cliniche ed economiche di un farmaco orfano recente si era verificata cinque mesi prima del- l’arruolamento. Nel gruppo di controllo, una frattura vertebrale e una frattura a un arto si sono verificate durante il primo anno, mentre nessuna durante il secondo anno di follow up. All’interno del gruppo randomizzato a neri- dronato si è verificata una sola frattura nel cor- so del trial, una riduzione statisticamente si- gnificativa dell’incidenza di fratture rispetto agli anni precedenti lo studio. Come si evince dai grafici riportati in Figu- ra 3, nei pazienti che non hanno seguito alcun trattamento non si sono verificate variazioni significative della densità ossea; al contrario, nei pazienti trattati, la massa è aumentata sia rispetto al valore iniziale che al gruppo di con- trollo, con una crescita confermata anche nel secondo anno di studio. Questi risultati som- mati all’aumento della mobilità, all’attenuazio- ne del dolore osseo e, soprattutto, alla diminu- zione del rischio di fratture, costituiscono un grosso beneficio per i pazienti affetti dalla pa- tologia. L’efficacia e la tollerabilità del neridronato sono state valutate anche nella terapia dell’osteoporosi nell’adulto, patologia estre- mamente diffusa fra le donne nel periodo post- menopausale, ma in progressiva diffusione anche fra i soggetti più giovani, sia donne che uomini. Il possibile utilizzo di un trattamento farmacologico endovenoso intermittente in questa patologia potrebbe aumentare l’adesio- ne alla terapia, rappresentando un considere- vole vantaggio per il paziente. I bifosfonati orali, pur essendo utilizzati con successo nella terapia dell’osteoporosi, sono poco assorbiti dal tratto gastrointestinale e la presenza di cibo nello stomaco abbassa ulte- riormente la percentuale di assorbimento; an- che la tollerabilità gastrointestinale è molto scarsa, infatti per ridurre gli effetti collaterali il farmaco deve essere ingerito con notevoli quantità d’acqua e mantenendo rigorosamen- te la posizione eretta per almeno mezz’ora: il che li rende totalmente inaccessibili a coloro che sono costretti a letto, anche solo tempora- neamente [28]. Per valutare l’eventuale possibilità di adot- tare una strategia terapeutica alternativa, ba- sata su neridronato somministrato in modo intermittente per via parenterale, è stato con- dotto uno studio su 78 donne in menopausa da almeno cinque anni, con un’età non supe- riore a 80 anni e riduzione della densità ossea del rachide pari ad almeno -2,5 [29]. Il razionale dell’utilizzo dei bifosfonati in maniera intermittente è basato sul fatto che anche una breve inibizione dell’attività osteoclastica la- scerà spazio a un periodo di attività osteo- 169Farmeconomia e percorsi terapeutici 2004; 5 (3) © SEEd Tutti i diritti riservati blastica incontrastata, con conseguente mi- glioramento del bilancio osseo. Le pazienti hanno ricevuto per due anni 50 mg ev di neridronato o placebo, in 50 ml di fisiologica ogni 2 mesi; inoltre, entrambi i gruppi hanno ricevuto un supplemento giornaliero di calcio e vitamina D per tutta la durata del trial. Tutte le pazienti del gruppo neridronato hanno completato lo studio, mentre quattro pazienti del gruppo controllo lo hanno abban- donato per cominciare un trattamento attivo. Nel gruppo neridronato i valori di densità os- sea sono cresciuti progressivamente nei due anni di trattamento e queste variazioni si sono mantenute costanti anche durante un ulteriore anno di follow up in cui è stato somministrato solo il supplemento giornaliero di calcio e vita- mina D (Figura 5). Nel gruppo neridronato, inoltre, la fosfatasi alcalina ossea si è ridotta significativamente (- 23±17%) nei confronti dei valori basali e del gruppo di controllo entro quattro mesi dall’ini- zio dello studio, restando soppressa per tutta la durata del trattamento. I valori sierici di CTX si sono ridotti in modo significativo già due mesi dopo la prima infu- sione. Dati clinici comparabili, in termini di incre- mento della BMD e di riduzione dei marker bio- chimici, sono stati ottenuti con cicli di somministrazione intramuscolare di neridro- nato: 25 mg ogni due settimane o 25 mg/die per sei giorni consecutivi ogni tre mesi [30]. In questo studio è stato rilevato un rapido incremento della densità ossea durante i primi sei mesi di terapia, con una tendenza all’incre- mento ancora evidente alla fine dei due anni di durata dello studio. Gli studi, di fatto, confermano la sostanzia- le equivalenza in termini di incremento di mas- sa ossea fra la somministrazione endovenosa e quella intramuscolare. Nonostante ciò, sem- brerebbe che il trattamento sia più efficace nel caso in cui venga adottato uno schema posologico più regolare: infatti i risultati in ter- mini di BMD a lungo termine (dopo 24 mesi) sono decisamente migliori [15] nel gruppo randomizzato a ricevere neridronato bisettima- nalmente. Questi studi hanno rilevato che le variazio- ni del BMD indotte da neridronato 50 mg/bi- mestre sono dello stesso ordine di grandezza di quelle ottenute mediante il trattamento orale con alendronato 10-20 mg/die [31]; queste va- riazioni appaiono, inoltre, superiori a quelle ottenute con altri aminobifosfonati sommini- strati con terapia intermittente endovenosa: 4 mg/anno di zoledronato o 8 mg/anno di ibandronato aumentano, nei 12 mesi, la BMD del rachide e dell’anca rispettivamente del 5% e del 1-3% [32-34], mentre con l’utilizzo del clodronato le variazioni di BMD registrate du- rante i trial clinici risultano essere ancora più basse [35-38]. Tali risultati collocano il neridronato tra le terapie più valide potenzialmente a disposizio- ne del sistema sanitario. Inoltre, dal momento che l’osteoporosi è una patologia cronica che va trattata per tempi molto lunghi, la collabora- zione del paziente riveste un ruolo fondamen- tale nel raggiungimento degli effetti sperati: alcune tipologie di pazienti (ad esempio allet- tati o con problemi gastrointestinali) trarreb- bero considerevoli benefici da una terapia en- dovenosa con ampi intervalli fra una somministrazione e l’altra, e ciò ne aumente- Figura 5 Variazioni % della BMD del rachide lombare e del femore a 6, 12, 18 e 24 mesi; la linea tratteggiata indica il periodo di follow up [29] O. Zaniolo, M. Eandi 170 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2004; 5 (3)© SEEd Tutti i diritti riservati rebbe notevolmente la compliance. Il neri- dronato è risultato essere efficace anche nei confronti di altri disturbi a carico dell’apparato Figura 6 Variazioni medie percentuali rispetto al baseline della fosfatasi alcalina totale (AP totale), ossea (AP ossea) e dell�escrezione di N-telopeptide (NTX/Cr) [41] Neridronato nel trattamento dell’osteogenesi imperfetta: prestazioni cliniche ed economiche di un farmaco orfano scheletrico, come ad esempio il morbo di Paget. Questa patologia, ad eziologia sconosciuta, è caratterizzata da un aumentato riassorbimento scheletrico con successiva formazione di tes- suto osseo patologico a causa del netto incre- mento della componente vascolare e fibrosa; secondo alcuni studi radiografici su pazienti con più di 45 anni la sua incidenza è compresa fra il 3 e il 3,7%. Le manifestazioni cliniche del morbo di Paget dipendono dall’estensione e dalla loca- lizzazione della malattia; la colonna vertebrale è una delle localizzazioni più tipiche di questa patologia (soprattutto il segmento lombare), così come il femore, la tibia e le ossa pelviche. La sintomatologia dolorosa può essere cau- sata da fratture locali, dall’aumento di dimen- sioni e di vascolarizzazione dell’osso o da com- pressione delle strutture nervose adiacenti al segmento interessato. La calcemia, la calciuria e la fosforemia sono in genere nella norma, ad indicare un aumento simile di distruzione e di sintesi del tessuto osseo, mentre si nota un’aumentata concen- trazione plasmatica delle idrossipiridinoline, delle lisilpiridinoline e di N-telopeptide. Parti- colare valore è da attribuire alla fosfatasi alcalina, i cui livelli sierici si correlano sia con l’estensione che con l’attività della malattia [39,40]. Uno studio condotto da Adami e colleghi aveva come obiettivo quello di valutare l’effi- cacia di una terapia endovenosa di breve du- rata, costituita da 2 infusioni consecutive di neridronato ev in pazienti affetti da morbo di Paget in fase attiva. 83 pazienti sono stati randomizzati a ricevere 12.5, 25, 50 o 100 mg al giorno per due giorni consecutivi con com- plessive dosi totali rispettivamente di 25, 50, 100 e 200 mg e un follow up di 180 giorni. La variazione del livello sierico di fosfatasi alcalina, che durante il baseline era superiore alla norma almeno del 10%, costituiva l’end point primario dello studio, unitamente a quel- la del suo isoenzima osseo e all’escrezione urinaria di N-telopeptide. Tutte le dosi di neridronato hanno diminu- ito significativamente i marker biochimici di attività di malattia; in particolare, il nadir (la media dei tre valori più bassi registrati conse- cutivamente) dei livelli di fosfatasi alcalina to- tale era compreso tra –16% e –57,5% rispetto ai valori iniziali, con una significativa correla- zione alla dose somministrata; correlazione riscontrabile anche per quanto riguarda la per- centuale di pazienti che dopo sei mesi presen- tava ancora una risposta, sebbene parziale (Fi- gura 6). 171Farmeconomia e percorsi terapeutici 2004; 5 (3) © SEEd Tutti i diritti riservati La variazione della fosfatasi alcalina ossea e dell’escrezione di N-telopeptide, inoltre, è ri- sultata correlata alla diminuzione del dolore osseo collegato alla patologia, significativa- mente diminuito nei responders biochimici [41]. Un altro studio, condotto per un periodo di 12 mesi su 32 pazienti affetti da morbo di Paget, ha valutato l’efficacia di 200 mg di neridronato ev somministrato in singola dose, o in due dosi elargite in giorni consecutivi a pazienti che non erano mai stati trattati con agenti antiriassorbitivi (n = 15) e a pazienti che non avevano avuto risultati soddisfacenti tra- mite terapia con clodronato (n = 17). All’inizio della terapia non sono state rilevate differenze statisticamente significative nelle concentra- zioni dei marker biologici assunti come indica- tori del riassorbimento osseo (isoenzima os- seo della fosfatasi alcalina, deossipiridinolina, peptide N-terminale e C-terminale del collageno di tipo 1) fra i pazienti precedentemente in tera- pia con clodronato e quelli mai trattati. Dopo la prima somministrazione il neridronato ha indotto una diminuzione media percentuale dell’eccesso (definito come diffe- renza tra i valori misurati e il punto medio del range di normalità) di isoenzima osseo della fosfatasi alcalina (bAp) circa del 68% e dell’ec- cesso di deossipiridinolina, di peptide N-termi- nale e di peptide C-terminale rispettivamente di 68,1%, 60,6% e 86,7%. L’analisi ha rilevato che i marker di riassorbimento osseo diminuivano più lenta- mente nei pazienti che avevano assunto prece- dentemente clodronato, anche se l’entità della variazione appariva sostanzialmente uguale. In 15 dei 21 pazienti che facevano uso di analgesici per controllare il dolore correlato alla patologia, si è verificato un miglioramento sintomatologico con un controllo completo del dolore in otto pazienti; 21 pazienti hanno mani- festato remissione della malattia (rientro della bAp in un range di normalità), senza sostanziali differenze fra la somministrazione unica e quella in due fasi, e fra i pazienti precedentemente trat- tati e quelli non [42]. Questi dati confermano l’efficacia del neridronato nel trattare il morbo di Paget sia come bifosfonato di prima scelta, sia come tera- pia alternativa in caso di recidiva con clodronato. Oltre ad essere potenti inibitori del rias- sorbimento osseo, alcuni bifosfonati hanno di- mostrato di avere proprietà antinfiammatorie: in vitro, essi inibiscono la proliferazione linfo- citaria, la sintesi delle prostaglandine [43-45] e l’enzima collagenasi-3 [46]. Ad esempio, in un trial controllato, la somministrazione di alendro- nato per tre mesi in pazienti affetti da artrite reumatoide (RA) ha diminuito considerevol- mente i livelli sierici di IL-1, IL-6 e TNF-α [47]; in contrasto con questi dati, i risultati relativi ad uno studio svolto su 18 pazienti RA a cui e stato somministrato per via endovenosa pamidronato, un aminobifosfonato, non han- no rilevato nessun effetto antinfiammatorio. In considerazione di questi dati contrastanti e del fatto che recentemente alcune analisi in vitro e in vivo [48,49] hanno addirittura rileva- to una possibile azione proflogistica da parte degli aminobifosfonati (probabilmente median- te stimolazione della sintesi di istamina e della maturazione di macrofagi e granulociti), è sta- to svolto uno studio al fine di valutare se il neridronato potesse avere effetti sul sistema immunitario e, se sì, di quale entità. 45 pazienti con artrite reumatoide attiva sono stati randomizzati in doppio cieco a rice- vere una singola infusione di 25 mg (n = 15) o di 50 mg (n = 15) del farmaco in esame contro placebo (n = 15). Dopo 7 giorni dall’infusione, nel gruppo randomizzato a 25 mg, si è assistito ad un calo significativo della proteina C reattiva e della VES, mentre in nessuno dei tre gruppi si è ve- rificata una variazione nell’indice articolare di Ritchie (i tre parametri assunti come indicatori dell’attività della malattia) [50]. Tali risultati suggeriscono che il neridronato possa modulare la flogosi in modo diverso a seconda della posologia con cui viene assun- to; questo potrebbe rappresentare un fattore sfavorevole al suo utilizzo, anche se i risultati positivi ottenuti a livello di concentrazione di proteina C reattiva e velocità di eritrosedi- mentazione possono essere delle ottime basi per progettare studi più accurati volti a testare l’azione a lungo termine di questo farmaco. Recentemente è stato segnalato che il neri- dronato, e gli aminobifosfonati in generale, potrebbero inibire la sintesi dello squalene e del colesterolo, al contrario dei bifosfonati non contenenti un gruppo amminico, che non in- terferiscono nei processi di sintesi degli steroli. Per stimare la rilevanza di tale effetto, du- rante un trial volto a determinare gli effetti del neridronato sul riassorbimento osseo, sono stati monitorati i profili lipidici delle 87 pazienti incluse nello studio, randomizzate a ricevere 50 mg ev del farmaco ogni due mesi (n = 44) o placebo (n = 43). Il trattamento con neridronato ha determinato in queste pazienti una riduzio- ne significativa nelle concentrazioni sieriche di colesterolo LDL (-4% al secondo mese) e APO B (-6%), e aumenti rilevanti nei valori di APO A-1 e di colesterolo HDL (+4% al secon- O. Zaniolo, M. Eandi 172 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2004; 5 (3)© SEEd Tutti i diritti riservati do mese e +17% al 12º mese) [51]. Questi effetti potrebbero portare a lungo termine un rilevan- te miglioramento del quadro lipidico del pa- ziente, anche se nel confronto con i valori cal- colati al baseline o con quelli riferiti al gruppo placebo, non sempre si raggiunge la significatività (Figura 7). Sicurezza e tollerabilità L’acido neridronico è un aminobifosfonato con proprietà simili a quelle degli altri bifosfo- nati. Questi farmaci possono causare disturbi gastrointestinali quali dolore addo-minale, nau- sea e vomito, diarrea o stitichezza, ma nel caso di somministrazione parenterale, come per il neridronato, la reazione avversa principale è una sindrome simil-influenzale caratterizzata da febbre, malessere, brividi e dolori ossei o mu- scolari. Nella maggior parte dei casi, comun- que, non è necessario alcuno specifico tratta- mento e i sintomi regrediscono nel giro di po- che ore o giorni. Nel trial condotto da Adami e colleghi per il trattamento dell’osteo-genesi imperfetta, 13 pazienti sui 31 randomizzati a neridronato hanno segnalato questo genere di reazione avversa 24-36 ore dopo la prima infusione ev, la cui durata non è stata comun- que superiore alle 36 ore; di questi, quattro pazienti hanno riportato una reazione attenua- ta anche dopo la seconda infusione [24]. L’assunzione di neridronato ha causato una reazione di fase acuta (con dolore muscolare e febbre fino a 37,7 ºC) anche nel 13% delle pa- zienti affette da osteoporosi post-menopausale esaminate da Braga e colleghi, percentuale che supera il 19% fra i pazienti pagetici sottoposti a terapia endovenosa a breve termine [41]. Durante lo studio condotto da Mazzantini e colleghi al fine di valutare i possibili effetti del farmaco sulla risposta infiammatoria, due pazienti (n = 15) dopo aver ricevuto 50 mg di neridronato ev hanno riportato un innalza-men- to della temperatura, mentre nessuno dei pa- zienti randomizzati a ricevere 25 mg del farma- co ha riportato reazioni di questo genere dimo- strando un’apparente correlazione fra effetti indesiderati e dose somministrata [50]. Saltuariamente, durante il trattamento con questo farmaco, possono verificarsi anche di- sturbi elettrolitici, più frequentemente ipocalce- mia e ipofosfatemia; per tale ragione, durante il trattamento con neridronato devono essere monitorati la funzionalità renale, nonché il cal- cio e il fosfato sierici, anche se nessuno dei pazienti partecipanti ai trial sopracitati ha ri- portato questo genere di effetto indesiderato. Più raramente il farmaco può portare a vertigi- ni, cefalea, orticaria o ad altri rari effetti indesi- derati fra cui disturbi ematici, quali leucopenia, e alterazioni degli enzimi epatici. La sommini- strazione per via intramuscolare è spesso ac- compagnata da dolore al sito di iniezione, che comunque si attenua dopo pochi minu- ti: disturbo riportato dal 45% dei pazienti par- tecipanti al trial condotto da Filipponi e col- leghi [30]. In seguito alla somministrazione di bifosfo- nati recentemente è sorto un problema relativo alla comparsa di disturbi visivi, quali congiun- tiviti, uveiti, scleriti, fotofobia, ecc. Un elevato numero di segnalazioni di questo tipo è stato riportato sul New England Journal of Medici- ne a carico di pamidronato, alendronato, etidronato, risedronato e clodronato, con una numerosità che riflette la loro diffusione di uti- lizzo. Nel database del GIF (Gruppo Interregio- nale di Farmacovigilanza) sono presenti 10 segnalazioni di sospette reazioni avverse ocu- lari non gravi da acido alendronico (6 nel 2003) con disturbi dell’accomodazione, visione of- Figura 7 Variazioni % dei valori sierici delle lipoproteine nel gruppo neridronato (linea grigia) rispetto al baseline. I simboli (*p < 0,05; #p < 0,01; +p < 0,001) sopra la linea grigia indicano significatività statistica del gruppo neridronato rispetto ai valori basali, mentre quelli sopra la linea nera (gruppo controllo) indicano la differenza tra gruppi Neridronato nel trattamento dell’osteogenesi imperfetta: prestazioni cliniche ed economiche di un farmaco orfano 173Farmeconomia e percorsi terapeutici 2004; 5 (3) © SEEd Tutti i diritti riservati fuscata, dolore oculare, tre segnalazioni da acido clodronico e due da acido risedronico (una irite nel 2003). Anche se nessun caso di reazioni simili è stato riportato a carico del neridronato, questo tipo di evento collaterale va sempre tenuto sotto controllo [52]. La rea- zione infiammatoria non pare in relazione alla dose, alla via di somministrazione o alla gravi- tà della malattia che viene trattata. CONSIDERAZIONI FARMACOECONOMICHE In vista dei buoni risultati ottenuti in termi- ni di efficacia nel trattamento dell’osteogenesi imperfetta e dietro sollecitazione di alcune as- sociazioni di malati, il ministero della Salute italiano ha concesso l’autorizzazione al com- mercio del neridronato mediante le procedure preferenziali disposte per i farmaci orfani. Il far- maco è stato dunque collocato in fascia A, sen- za note CUF, per la cura dell’osteogenesi im- perfetta, prima che l’azienda produttrice termi- nasse la sperimentazione anche per l’oste- oporosi. Questa situazione ha generato un difetto di comunicazione tra ASL, medici e pazienti, in quanto alcuni specialisti, essendo a conoscen- za dell’efficacia del farmaco su pazienti affetti da OI, lo prescrivono off label anche per il trat- tamento dell’osteoporosi. Secondo il decreto-legge n. 23 del 17 feb- braio 1998 (convertito in legge l’8 aprile 1998), in singoli casi il medico può, sotto la sua diret- ta responsabilità e previa informazione del pa- ziente e acquisizione del consenso dello stes- so, impiegare un medicinale prodotto indu- strialmente per un’indicazione o una via di somministrazione diversa da quella autorizza- ta. Secondo questo decreto, è lecito effettuare tale scelta qualora il medico ritenga, in base a dati documentabili, che il paziente non possa essere utilmente trattato con medicinali per i quali sia già approvata quella indicazione terapeutica (o quella via o modalità di sommini- strazione), e purché tale impiego sia noto e conforme a lavori apparsi su pubblicazioni scientifiche accreditate in campo internazio- nale. In nessun caso il ricorso del medico alla prescrizione off label può costituire riconosci- mento del diritto del paziente alla erogazione dei medicinali a carico del Servizio sanitario nazionale, a meno che il farmaco non presenti caratteristiche particolari disciplinate dall’arti- colo 1, comma 4, del decreto-legge 21 ottobre 1996, n. 536. Per il neridronato è quindi ammessa la rimborsabilità del farmaco soltanto per il trat- tamento dell’osteogenesi imperfetta; per tali ragioni focalizzeremo la nostra attenzione sul- le conseguenze farmacoeconomiche derivanti dall’utilizzo del farmaco esclusivamente nel trat- tamento di tale patologia. Questo genere di analisi ha il fine di fornire al medico e agli altri decisori della spesa sanitaria gli strumenti adatti per scegliere razionalmente tra due o più stra- tegie terapeutiche o tra una terapia e il “non trattamento”; ciò vale in particolar modo per quelle patologie come l’osteogenesi imperfet- ta che, pur non avendo un’incidenza elevata, sono malattie gravi, croniche e, di conseguen- za, con un grande impatto sulla qualità della vita del paziente e dei suoi familiari. La maggiore conoscenza delle sue basi genetiche e l’aumento delle possibilità di dia- gnosi, anche in casi precedentemente inso- spettabili, hanno indotto il passaggio dell’oste- ogenesi imperfetta dallo stato di malattia ge- netica “rara” a quello di uno dei disturbi gene- tici rilevati con maggior frequenza nella popo- lazione; anche se le forme più gravi sono clini- camente evidenti sin dalla nascita, forme più lievi di OI possono non essere sospettate sino a età avanzata [53]. Sulla base di queste considerazioni, si sti- ma che attualmente negli Stati Uniti vi siano circa 50.000 individui affetti da OI, di cui il 60% con forme lievi; la forma letale più grave si ve- rifica in circa 3-4 casi ogni 100.000 nascite. Le stime basate sulla presenza di fratture alla na- scita variano da 1,6/100.000 a Singapore [54], 3,3/100.000 in Francia [55], e 15/100.000 nel Regno Unito [56], dati sottostimati a causa dei possibili aborti nei casi molto gravi, in cui per- tanto la diagnosi alla nascita non è possibile; nell’insieme si stima l’esistenza di circa 0,5 mi- lioni di persone con OI nel mondo (0.008%). In Italia ci sono circa 3.800 individui affetti da osteogenesi imperfetta in qualsiasi forma: la prevalenza è di circa 5 casi ogni 100.000 bam- bini nati [57]. Al momento sono disponibili tre tipi di trattamento: management non operativo (terapia fisica, riabilitazione, uso di busti orto- pedici e apparecchi gessati), approccio chirur- gico e approccio farmacologico. L’approccio chirurgico, previsto soprattutto nelle forme di OI più gravi, prevede principalmente il posizionamento intramidollare di chiodi e ha lo scopo di prevenire il rischio di fratture e garan- tire una migliore funzionalità degli arti inferiori. Questo tipo di intervento, sebbene produca un notevole miglioramento della capacità motoria e del conseguente livello di autono- mia del paziente, comporta un elevato tasso di complicanze. Innanzitutto finché il paziente ha un’età in cui permane una significativa cresci- ta ossea, risulta necessario infibulare l’osso con chiodi telescopici che, seguendo la cre- O. Zaniolo, M. Eandi 174 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2004; 5 (3)© SEEd Tutti i diritti riservati scita, possono essere tenuti in sede per un periodo più lungo rispetto ai chiodi non allungabili. Questo tipo di chiodi però richie- dono interventi più complessi e sembrano au- mentare il rischio di osteoporosi. Le complicazioni più frequenti sono la mi- grazione del chiodo, spesso associata alla per- forazione dell’articolazione, dell’osso e del tes- suto molle periarticolare o la frattura stessa dell’osso infibulato; il rischio che si verifichi- no questi eventi è maggiore nei pazienti di età inferiore ai 5 anni e nelle tibie rispetto ai femori. Dopo l’intervento è importante limitare l’immobilizzazione, per riprendere la riabilita- zione il prima possibile; l’intervento, infatti, non è un fatto isolato ma è solo una tappa del cam- mino riabilitativo [58] Nell’OI severa e moderatamente severa, i farmaci che agiscono favorendo la produzione di collagene tipo I, non rappresentano, in linea di principio, una terapia efficace. Al momento una terapia farmacologica eziopatogenetica non esiste, mentre sono di- sponibili alcuni trattamenti sintomatici; in pas- sato a tale scopo sono stati utilizzati gli steroidi anabolizzanti, la vitamina D, la vita- mina C, il fluoruro di sodio, l’ossido di ma- gnesio, i flavonoidi e la calcitonina, ma nes- suno di questi ha mai dato buoni risultati nel lungo periodo. Negli ultimi anni due sono i tipi di farmaci maggiormente usati nel trattamento dell’OI: i bifosfonati, di cui il neridronato è l’unico indi- cato per questa patologia, e l’ormone della cre- scita (GH). In letteratura si trovano pochi riferimenti relativi all’esperienza con GH soprattutto per quanto riguarda i trial controllati; dai dati ana- lizzati si può concludere che l’ormone della cre- scita è una terapia utile nei pazienti con forme moderate di OI, sui quali ha dimostrato un’azio- ne positiva sul turn over osseo, sulla densità minerale e sulla velocità di crescita; tuttavia i pazienti con scoliosi pre esistente o deformità ossee vanno trattati con particolare cautela visto il potenziale rischio di peggioramento di questi problemi [59]. I pazienti con OI grave non sembrano avere alcun vantaggio sostan- ziale da questa terapia [60-62]; inoltre, non sono noti i suoi effetti a lungo termine: il GH non ha ancora un’indicazione approvata per l’OI e i protocolli che lo utilizzano in associazione con altri farmaci nel trattamento di questa patolo- gia sono al momento solo alla fase iniziale di sperimentazione. Risultati più incoraggianti, come detto in precedenza, sono stati ottenuti con l’utilizzo dei bifosfonati e in particolar modo i derivati con un gruppo amino terminale: il neridronato ha dato ottimi risultati sia nei pazienti adulti che nel trattamento sintomatico dei bambini affetti da gravi forme di OI. Per capire l’importanza di questi dati oc- corre soffermarsi sul notevole abbassamento della qualità di vita di un bambino affetto da OI e della sua famiglia. Nelle forme più gravi il bambino, ammesso che riesca a sopravvivere al parto, frequentemente nasce già con frattu- re ed è costretto a convivere costantemente con il rischio di andare incontro a deformità dovute all’incurvamento delle ossa, a corro- sione dei denti e sordità e, ovviamente, a nuo- ve fratture. Ciò comporta tutta una serie di precauzioni che devono essere prese per evitare di esporre il paziente a ulteriori rischi, proteggendolo da situazioni che per le altre persone sono del tutto normali: il bambino affetto da OI difficil- mente potrà frequentare la scuola, fare sport, giochi di gruppo o attività esterne, e spesso non sarà neanche in grado di deambulare sen- za il supporto di una sedia a rotelle, con tutti i problemi di discriminazione, di insicurezza e di sfiducia che ne derivano [63]. Utilizzare un farmaco in grado di ridurre, anche solo parzialmente, questi gravi disagi significa migliorare notevolmente la qualità di vita del bambino e dei suoi familiari. Per le fa- miglie che hanno un bambino affetto da OI la situazione descritta porta a conseguenze drastiche anche sul piano economico. Circa il 67% delle donne con un figlio disabile non ha la possibilità di trovare un lavoro o di mante- nere quello che avevano prima della nascita del bambino [64], al contrario delle altre madri che, in seguito alla nascita del figlio, riescono a ritornare al lavoro nel 65% circa dei casi [65]. In media, questo tipo di introito rappresenta circa il 13% del reddito totale della famiglia e, in Inghilterra, esso risulta determinante affin- ché circa un milione di nuclei familiari non scen- dano sotto la soglia di povertà. Il motivo fondamentale per cui le madri di figli disabili sono impossibilitate a tornare al lavoro è certamente riscontrabile nel maggior bisogno di cure di cui essi necessitano [64]. Uno studio condotto in Gran Bretagna ha analizzato questa complicata situazione facen- do un confronto fra le esperienze di famiglie con bambini disabili e quelle di famiglie con bambini non disabili. L’analisi è stata svolta mediante l’utilizzo di un “event diary” nel qua- le è stato chiesto alle famiglie di annotare tutte le cure dedicate al figlio, intendendo per cure tutte quelle azioni svolte al fine di preservare Neridronato nel trattamento dell’osteogenesi imperfetta: prestazioni cliniche ed economiche di un farmaco orfano 175Farmeconomia e percorsi terapeutici 2004; 5 (3) © SEEd Tutti i diritti riservati la sua salute, il suo benessere e la sua educa- zione. Inoltre alle famiglie è stato richiesto di compilare un questionario dettagliato sulla loro situazione finanziaria, sulla composizione del nucleo familiare, sugli aiuti che ricevevano da parenti, amici e istituzioni, sulle visite ospeda- liere e sul tipo di diagnosi che era stata fatta al bambino (epilessia, autismo, osteogenesi im- perfetta, ecc.); tale questionario è stato compi- lato con l’ausilio di un intervistatore incarica- to della raccolta dei dati. Dai risultati di questo studio appare chiaro che i bambini invalidi necessitano di un nume- ro di cure per unità di tempo (waking hour) molto più elevato degli altri e soprattutto che, mentre per i bambini non disabili, questo nu- mero decresce con l’età, per i bambini affetti da patologie gravi e croniche, il bisogno di sorveglianza e di protezione rimane costante. Esso infatti dipende solo ed esclusivamente dalla gravità della malattia nel periodo consi- derato. Delle 16 madri con figli disabili intervistate, 12 hanno dichiarato di non aver potuto ripren- dere il lavoro; questo, come già accennato, è una grave perdita a livello di budget familiare, ma il problema risulta ancora più serio se si considera che la maggior parte delle famiglie con disabili, per fronteggiare i costi delle cure, ha riportato un esborso di denaro molto mag- giore rispetto a quelle con figli non disabili. L’ammontare di questa differenza di spesa è risultato in media di £ 97,450, delle quali £ 31,050 finanziate tramite sovvenzioni gover- native, £ 26,000 elargite da organizzazioni di beneficenza e £ 40,400 versate dalla famiglia stessa: come si può osservare quasi il 50% dell’ammontare resta a carico dei nuclei fami- liari, mettendo in grave difficoltà economica la maggior parte degli interessati [66]. In Italia l’osteogenesi imperfetta rientra nell’elenco delle malattie rare per le quali è ri- conosciuto il diritto all’esenzione dalla parte- cipazione al costo per le correlate prestazioni; l’assistito riconosciuto esente ha dunque di- ritto alle prestazioni, efficaci ed appropriate, incluse nei livelli essenziali di assistenza per il trattamento e il monitoraggio della malattia dalla quale è affetto e per la prevenzione degli ulte- riori aggravamenti [67]. La qualità di vita per il paziente e per la sua famiglia, così come la di- sponibilità economica, restano tuttavia deci- samente ridotte rispetto alla normalità: consi- derazione che sottolinea marcatamente la ne- cessità di avere a disposizione una terapia in grado di migliorare il quadro clinico e sintoma- tico del paziente. Una confezione di neridronato costa 16,82 euro e contiene una fiala iniettabile da 25 mg. La posologia orientativa è di 2 mg/kg di peso corporeo ogni tre mesi. Il costo per anno di terapia, assumendo che venga somministra- ta in tutti i casi la dose massima di 100 mg, risulta di 269,12 euro. Nel trial condotto da Adami et al [25], l’incidente di fratture registra- te nei pazienti affetti da OI durante i due anni di terapia aveva dimostrato un calo significati- vo del 45% rispetto al numero di fratture verifi- catesi nei due anni precedenti l’inizio del trat- tamento. Come si evince da questi dati, il costo del trattamento con neridronato risulta molto con- tenuto rispetto ai benefici derivanti dal suo utilizzo, soprattutto considerando che proprio la frattura rappresenta il maggior ostacolo che deve superare il paziente per potersi permette- re una vita “normale”. CONCLUSIONI Il neridronato è un aminobifosfonato di ul- tima generazione indicato nel trattamento dell’osteogenesi imperfetta, malattia rara e gra- vissima, per la cui indicazione è stato approva- to con la procedura semplificata degli “orphan drugs”. La sua particolare formulazione lo rende adatto ad una somministrazione trimestrale per via endovenosa: ciò migliora notevolmente la compliance del paziente visto che i bifosfonati per via orale richiedono particolare attenzione nell’assunzione (sono scarsamente assorbiti) e comportano svariati effetti collaterali, soprat- tutto a livello gastrointestinale. Dai trial effettuati, neridronato è risultato ben tollerato e molto efficace nell’aumentare la densità minerale ossea e nel diminuire il rischio di fratture nei pazienti affetti da osteogenesi imperfetta; inoltre la sua efficacia è stata testa- ta con buoni risultati anche su pazienti affetti da osteoporosi post-menopausale e morbo di Paget. Dal punto di vista economico, il prezzo di acquisto del neridronato è tra i più bassi della sua classe; se paragonato ai benefici pro- dotti in termini di innalzamento della qualità di vita questo dato rivela l’efficienza farmaco- economica del neridronato nella terapia dell’osteogenesi imperfetta. Infatti situazioni o movimenti che per una persona “normale” non rappresentano assolutamente un perico- lo, per gli individui affetti dalla patologia pos- sono diventare motivo di grave rischio: nelle forme più gravi la frequenza con cui avviene una frattura è elevatissima. Si può facilmente dedurre quanto questo condizioni le normali attività del paziente, so- prattutto perché una frattura rappresenta un evento traumatico sia dal punto di vista fisico O. Zaniolo, M. Eandi 176 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2004; 5 (3)© SEEd Tutti i diritti riservati che psicologico; inoltre spesso questo even- to richiede ospedalizzazione, con conseguen- te aumento drastico delle risorse consumate e dei mancati guadagni da parte della famiglia o del paziente stesso, se adulto. Un farmaco che è in grado di diminuire sostanzialmente l’inci- BIBLIOGRAFIA 1. Cole WG et al. Collagen genes: mutations affecting collagen structure and expression. Prog Nucleic Acid Res Mol Biol. 1994;47:29-80. 2. Paterson CR, McAllion S, Stellman JL. Osteogenesis imperfecta after the menopause. N Engl J Med. 1984 Jun 28;310(26):1694-6. 3. McAllion SJ, Paterson CR. Causes of death in osteogenesis imperfecta. J Clin Path 1996; 49: 627-30. 4. Shapiro F. 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