2005 6(1) 207Farmeconomia e percorsi terapeutici 2005; 6 (3) © SEEd Tutti i diritti riservati F. Gianfrate Il federalismo in sanità: opportunità e rischi tra finanziamento, equità ed assistenza Fabrizio Gianfrate*§ ABSTRACT Federalism in Italy arised beginning ’90, pushed bipartisanly from establishment in order to contrast the succesfull poll of northern league party. Being about 80% of the regions budget for healthcare, federalism had its hard impact on it. Regions can manage autonomously their healthcare organization, adding to the State financial resources own money earning from other their services or coming from local taxes, on condition that they provide the State LEA (Essential Level of Assistance). That means a high level of responsabilization for local government for reaching a higher level of efficiency in allocation of resources and organizational models of production and erogation of healthcare, beside a better ability to catch local healthcare demand. Even if now the sharing of State financial resources are agreed between all regions and Government, it’s not clear for the future wheter each region will have to procure its own finance, introducing many problems for those southern regions unable to substain theirselves. It has still to be defined wheter and how reach regions will have to transfer part of their resources to the poor ones. That means a risk of iniquity of level in healthcare provision among regions of the same country, generating possible social conflict. Therefore federalism now has from a hand the opportunity to better tail healthcare on each local demand and, on the other hand, it risks to introduce social disparity and conflicts. Keywords: federalism in healthcare management, healthcare economics, pharmaceutical economics Farmeconomia e percorsi terapeutici 2005; 6 (3): 207-214 ATTUALITÀ *Università di Ferrara §SIFEIT, Società Italiana per Studi di Economia ed Etica sul Farmaco e sugli Interventi Terapeutici INTRODUZIONE Inserite nella complessiva turbolenza del- le democrazie industriali avanzate e dei loro sistemi di welfare, le problematiche del Sevizio Sanitario Nazionale italiano hanno profondi risvolti tanto economici, che sociali, tanto po- litici che istituzionali. La fase storica che sta attraversando adesso la sanità italiana è particolarmente delicata per i processi di rifor- ma ispirati al federalismo che, in atto da qual- che anno, ne stanno modificando sostanzial- mente i diversi aspetti organizzativi, gestionali e finanziari [1]. Appare ormai chiaro il contesto di percepi- ta perdita progressiva delle protezioni sociali dettata da un quadro macro-economico appa- rentemente impossibilitato a sostenere i mo- delli di welfare del passato. A meno di aumen- tare le risorse pubbliche incrementando la pres- sione fiscale, atto politicamente sempre diffici- le da compiersi e che comunque rischia di in- trodurre ripercussioni negative sui consumi delle famiglie e sugli investimenti delle impre- se. L’alternativa è privatizzare la spesa per al- cuni dei servizi spostandone l’onere economi- co direttamente sul paziente, rischiando però così di introdurre eccessive iniquità per reddi- to nell’accesso alle prestazioni. In questo con- testo appare necessario riflettere su quale sia o debba essere il diritto di soddisfazione dei bi- sogni sanitari da parte dello Stato. A tale pro- posito il ruolo di rappresentanza e di interpre- tazione delle comunità locali diventa cruciale, amplificando le capacità di focalizzazione e di adattamento dinamico alle esigenze della rispet- tiva collettività, aumentando il potenziale di ef- ficacia e di efficienza del sistema di tutela e cura della salute, così ritagliato sulle esigenze specifiche di quel territorio. L’introduzione del federalismo si propone di responsabilizzare i governi decentrati che, dovendo farsi carico degli eventuali deficit e rispondere delle proprie scelte di fronte ai cit- tadini elettori, saranno stimolati ad assumere comportamenti più efficienti grazie al confron- to diretto tra amministratori ed amministrati [2]. Tuttavia con buona pace dei padri del federalismo stesso, da Tocqueville a Cattaneo, in Italia la devoluzione dei poteri nasce preva- lentemente come comportamento non derivan- te da una specifica e maturata progettualità di evoluzione istituzionale da parte della classe politica quanto da una sorta di reazione tattica al successo elettorale leghista della metà degli anni ’90 e alla rincorsa di quella quota di elet- torato [3]. 208 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2005; 6 (3)© SEEd Tutti i diritti riservati Il federalismo in sanità: opportunità e rischi tra finanziamento, equità ed assistenza La sanità diventa l’oggetto primario del cambiamento federalista non tanto perché esi- sta una effettiva esigenza di salute così diver- sa tra regioni in termini di epidemiologia o morbilità, quanto perché le regioni, investite non a caso dai nuovi poteri di autonomia [4], hanno circa l’80% del loro bilancio destinato alla sanità, dovendo garantire il più elevato grado di assistenza ma facendo quadrare i conti delle risorse disponibili. Il primo grande e spi- noso obbiettivo del federalismo diventa per- ciò proprio l’assistenza sanitaria. ALLE ORIGINI DEL FEDERALISMO Prima di affrontarne la componente legata alla sanità, vale la pena dare un’occhiata alle origini del federalismo. Il termine deriva dall’ag- gettivo francese fédéral, ma ha la sua radice etimologica nel vocabolo latino foedus, patto. Esso designa una dottrina e tendenza politica volta a organizzare lo Stato sulla base dei princi- pi dell’autogoverno, dell’autonomia e del più largo decentramento amministrativo, in contrapposizione allo Stato unitario accentra- tore. Lo Stato federale così formato è composto da una pluralità di Stati membri, ognuno con ampia autonomia legislativa, fatta eccezione per quelle materie di rilevanza internazionale (politi- ca estera, difesa, etc.) di esclusiva competenza dello Stato federale la cui legge, in caso di con- flitto, prevale sulla legge dello Stato membro. In ciò sta la differenza fra gli Stati federali e le altre unioni interstatali più o meno strette e durature - quali le unioni reali monarchiche o le confede- razioni di Stati - i cui membri mantengono sem- pre una loro individualità e capacità giuridica internazionale e, di riflesso, all’interno dell’unio- ne una maggiore libertà d’azione. Generalmente in uno Stato federale il potere legislativo federa- le viene esercitato da un Parlamento bicamerale, variamente chiamato: una Camera bassa, com- posta di rappresentanti del popolo; una Camera alta, composta di rappresentanti dei singoli Sta- ti membri. Il federalismo trae la sua origine da abbozzi di pensiero dei secoli scorsi: la dottrina elabo- rata dal tedesco Althusius nella Politica methodice digesta (1603), così come quella di Montesquieu nello Spirito delle leggi (1748) e di Kant nel saggio Sulla pace perpetua (1795). Cambiano in tali autori i valori di riferi- mento alla base delle loro concezioni: nel pri- mo è il rispetto del principio di consociazione, posto a fondamento della politica; nel secon- do è la libertà intrinseca a un modello costitu- zionale alternativo al dispotismo; nel terzo è la pace perpetua, che solo una repubblica fede- rale può salvaguardare. Il moderno federalismo, però, è nato di fatto soltanto con Jefferson e la formazione degli U.S.A. e con il serrato dibattito ideologico a essa collegato, intrecciato dai pubblicisti poli- tici americani A. Hamilton, J. Jay, J. Madison, che nel 1788 diedero mano alla raccolta di saggi The Federalist, ossia il Commento alla Costitu- zione degli Stati Uniti d’America. Partirono da una premessa: ad essi non bastò più il Parla- mento come organo di controllo unico del po- tere esecutivo e chiesero che lo Stato assu- messe una struttura federale in quanto, solo in tal modo, il cittadino avrebbe goduto di sicure garanzie grazie alle quali la politica non avreb- be potuto limitare la sua autonomia. Il pensiero politico federalista nacque pertanto in polemi- ca con la teoria dello Stato sovrano, accentrato e assoluto e come diretta filiazione delle cor- renti politiche liberali anglosassoni del XVII secolo. L’opera degli autori del Federalist fu davvero imponente per ampiezza e coerenza ed evitò la formazione di strapoteri volti a snatura- re le comunità di base e il governo federale. Un particolare significato del federalismo emerge dalle vicende della Rivoluzione france- se, e soprattutto dal contrasto tra girondini e giacobini: i primi reclamavano una struttura federale della Francia, al posto del regime ac- centrato voluto dai giacobini. In tal senso, il federalismo accentuava il suo orientamento autonomista e cantonalista all’interno di uno stato nazionale di tradizione fortemente unita- ria. Tale tendenza fu approfondita nell’800 da Proudhon in Francia, da Frantz in Germania, e da Cattaneo in Italia. Pur essendo Marx ed Engels contrari al federalismo, nel socialismo marxista della Seconda Internazionale vi fu una fioritura federalista con le opere di K. Renner e di O. Bauer per ciò che concerneva l’articola- zione dell’impero asburgico e la prospettiva dell’unità europea. Di coscienza europea inte- sa come grande comunità spirituale da con- trapporsi ai singoli Stati si può parlare fin dal XVIII secolo. Però, sebbene gli illuministi ab- biano in buona sostanza sentito e, di conse- guenza, abbiano cercato di rappresentare una grande società degli spiriti, un tipo di ampia “Repubblica europea dei letterati”, soltanto alla fine del ’700, con la Rivoluzione francese, un sentimento definibile di comunità continenta- le esplose e perciò, solo in seguito, pure l’azio- ne politica fu talvolta tesa ad un fine sovrana- zionale e unitario. In linea generale va ricordato che esistono diversi gradi di federalismo: gradi forti e gradi deboli. Fra i federalismi forti vanno citati gli Stati Uniti d’America, il Canada e gli altri gran- di stati federali del centro e del Sud America, come il Brasile, l’Argentina, il Venezuela e il Messico. Pienamente federali sono l’Austria, la Svizzera e, dal 1992, il Belgio, unico esempio di abbinamento fra monarchia e struttura fede- rale. Fra i federalismi deboli vanno indicati la Germania Federale e la Spagna, anche se i Lander e le Autonomie hanno comunque po- teri assai più incisivi di quelli delle nostre re- 209Farmeconomia e percorsi terapeutici 2005; 6 (3) © SEEd Tutti i diritti riservati F. Gianfrate gioni. Anche l’ex U.R.S.S., a suo modo, era uno stato federale, fino al suo scioglimento avvenuto nel 1991, mentre oggi la derivante Comunità degli Stati Indipendenti (C.S.I.) è confederale. IL FEDERALISMO SANITARIO Ci sono delle tappe normative che hanno segnato il processo di progressiva attribuzio- ne delle competenze e delle responsabilità in ambito sanitario alle Regioni [5]: - la Legge 502 del 1992: attribuisce alle re- gioni la responsabilità organizzativa dell’as- sistenza sanitaria; - la modifica del titolo V della Costituzione alla fine del 2000, al termine della preceden- te legislatura (votata con soli quattro voti di maggioranza la variazione di cinque arti- coli e confermata con il referendum del 7 ottobre 2001 e la conseguente legge n. 3 del 18 ottobre 2001, che definisce la con- correnza legislativa tra Stato e Regioni in materia anche di sanità); - il Dlgs 56/2000 sul federalismo fiscale, che prevede una ripartizione dei trasferimenti erariali alle regioni sulla base della compar- tecipazione all’IVA delle stesse: ogni regio- ne si “riprende” risorse in base a quante ne ha versate. È previsto un fondo di perequazione che riequilibra le risorse in- dirizzate alle regioni ricche ed a quelle po- vere. La normativa prevedeva una decor- renza graduale e progressiva con uno status di pieno regime nel 2013; - Legge 405 del 19.11.2001 (di conversione del Decreto 347) a recepimento dell’accor- do Stato-Regioni dell’agosto 2001 sulla spesa sanitaria e sul trasferimento alle Re- gioni di rilevanti funzioni gestionali ed organizzative, tra questi l’accesso a risor- se supplementari solo a Regioni finanzia- riamente virtuose; - il DCPM 29/11/2001 sulla nuova definizio- ne dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) volti a mantenere una sostanziale omoge- neità nella tipologia delle prestazioni sani- tarie erogate dalle diverse Regioni; - l’approvazione in prima lettura pochi mesi fa della riforma costituzionale che defini- sce una attribuzione non più concorrenzia- le delle competenze sanitarie tra stato e re- gioni. Esecutiva, previa conclusione del- l’iter parlamentare e referendario, non pri- ma del 2011. Intrapresa quindi la strada federalista, rite- nuta a ragione o a torto quella da seguire, la partita si gioca principalmente su terreni posti su livelli diversi ma contigui [6]. Uno è quello istituzionale-costituzionale e definisce la competenza e concorrenza legisla- tiva, i termini di sussidiarietà tra stato ed enti locali e i relativi meccanismi di controllo e co- ordinamento. Ciò a valle della modifica del ti- tolo V della Costituzione, ed in parte dell’ art. 117, che pone su un piano parallelo, perciò concorrente, e non più verticale, il potere cen- trale e quelli locali. Il punto chiave è nel limita- re o escludere sovrapposizioni nella legifera- zione tra stato ed enti locali e nel non dare luogo a conflittualità incrociate in una sorta di “sindacalismo” istituzionale. In merito, dal 2001 si sono moltiplicati i contenziosi alla Corte Costituzionale tra stato e regioni [7]. Un altro livello è quello equitativo e solidaristico, ovvero del mantenimento di una sostanziale omogeneità nella tipologia delle prestazioni sanitarie erogate dalle diverse Re- gioni e di conseguenza della re-distribuzione delle risorse finanziarie tra le regioni per garan- tire tale omogeneità [8]. Ad oggi le regioni si finanziano attraverso una sorta di trasferimen- to erariale da parte dello Stato centrale che vie- ne ancora definito convenzionalmente fondo sanitario nazionale (FSN). L’entità delle risor- se trasferite ad ogni regione è calcolata su cri- teri basati sulle quote capitarie, ovvero sul numero di abitanti indicizzato ad alcuni ele- menti di cui il prevalente è la presenza di anzia- ni. Le risorse al fondo sanitario nazionale [9], benché centralizzato, arrivano tuttavia soprat- tutto da fonti locali (Tabella I). Già la legge 405/ 2001 prevedeva una sorta di meccanismo fi- nanziariamente premiante con accesso a risor- se centrali aggiuntive, per le regioni capaci di rimanere nei rispettivi budget sanitari. Mecca- nismo di identificazione del fabbisogno e con- seguente riparto delle risorse reiterato anche di recente [10] nell’avvenuto accordo Stato- Regioni (Tabella II). Sull’altro piatto della bi- lancia, quello delle prestazioni erogate, i LEA costituiscono lo strumento atto a garantire Tabella I Fonti di finanziamento della sanità pubblica (2003) [Fonte: Ministero dell’economia, Ragioneria generale dello Stato] etnoF otnemaiznanifled% PARI 1,93 elaicepSotutatSinoigeRenoizapicetraP 2,6 FEPRIelanoiziddA 2,6 eirporpilanoigeretartnE 9,2 aniznebasiccA 1,0 )angedraSeailiciSolos(oiratinasodnoF 7,3 AVI�llaenoizapicetrapmoC 7,14 elatoT 0,001 210 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2005; 6 (3)© SEEd Tutti i diritti riservati Il federalismo in sanità: opportunità e rischi tra finanziamento, equità ed assistenza omogeneità di diritti sulla salute per tutti i citta- dini italiani, a prescindere dal tipo di organizza- zione sanitaria preposta. Sono citati per la pri- ma volta dai decreti legislativi 502 e 517 del ’93 e oggetto di una ridefinizione nella cosiddetta riforma “Bindi” (D.Lgs. 229/99) e hanno trova- to una compiuta cornice legislativa nella stes- sa riforma costituzionale. Con il Dcpm del 29/ 11/2001 sui LEA si intende, nello spirito origi- nale del legislatore, dare luogo ad un riferi- mento nazionale omogeneo per l’offerta di ser- vizi sanitari, in termini sia quantitativi che qualitativi. Il documento sui LEA ha inteso ri- spondere a questo principio (Tabella III), indi- viduando liste negative di prestazioni e per- corsi terapeutici ottimali, anche attraverso la revisione degli attuali DRG, per l’assistenza ospedaliera e territoriale. L’equilibrio tra rispetto per i LEA e risorse concordate e disponibili rappresenta l’elemen- to di spinta ad una maggiore efficienza tecni- ca e allocativa da parte di ogni singola Regio- ne. I LEA incorporano praticamente tutte le prestazioni già precedentemente erogate dal SSN; è nella discrezionalità delle singole re- gioni modularne l’applicazione in modo effi- ciente e, almeno per quelle comprese negli allegati del relativo decreto (Tabelle IV-V), a seconda delle proprie disponibilità finanzia- rie e della propria volontà politica. I LEA rive- dono il concetto di uniformità territoriale nell’erogazione delle prestazioni, con le pos- sibili conseguenti implicazioni equitative che ne conseguono, aprendo così la strada alla formale ricerca di risorse aggiuntive in modo autonomo da parte di ogni singola Regione [11]. Da un paio di anni, infatti, stiamo assi- stendo all’aumento delle voci di finanziamen- to integrativo regionale: addizionale IRPEF, accisa sui carburanti, maggiorazione del bol- lo auto, IRAP, ticket, etc. L’EQUILIBRIO TRA RISORSE E LEA ATTRAVERSO L’EFFICIENZA DI DIFFERENTI MODELLI ORGANIZZATIVI TRA REGIONI Il raggiungimento del miglior grado di ef- ficienza tecnica e allocativa per il raggiungi- mento dell’equilibrio tra erogazione dei LEA e risorse disponibili passa attraverso la strut- tura organizzativa dei servizi [12]. Sono individuabili, di fondo, tre modelli principali di riferimento: quello basato sulla equiparazione competitiva degli erogatori (pubblici e privati/convenzionati) in cui la re- gione fa da arbitro-regolatore (ad esempio la Lombardia) che dovrebbe funzionare sulla concorrenza competitiva basata sulla effica- cia ed efficienza (costi, prezzi, qualità); quello della programmazione negoziata e contrat- tata tra regione e proprie unità funzionali erogatrici ASL ed Aziende Ospedaliere (ad enoigeR ongosibbaF % etnomeiP 226.6 7,7 atsoA�dellaV 381 12,0 aidrabmoL 536.31 68,51 onazloB 466 77,0 otnerT 117 38,0 oteneV 708.6 29,7 iluirF 058.1 51,2 airugiL 416.2 40,3 angamoRailimE 553.6 93,7 anacsoT 495.5 15,6 airbmU 823.1 45,1 ehcraM 303.2 86,2 oizaL 467.7 30,9 ozzurbA 849.1 72,2 esiloM 594 85,0 ainapmaC 269.7 62,9 ailguP 357.5 96,6 atacilisaB 388 30,1 airbalaC 719.2 93,3 ailiciS 712.7 93,8 angedraS 753.2 47,2 Tabella II Fabbisogno SSN 2005 [Fonte: Conf. Stato-Regioni 23/3/2005] areiladepsoaznetsissA ellusarvonameazzetairporppa�lledotnemercnI .)itnatibaellimrepottelitsop4(atreffoiderutturts àtiunitnocalledolleuqèovitteiboortlA oirotirretlaeladepso�lihgelehcaznetsissa�lled acitsilaicepsaznetsissA erotalcnemonledenoiznetunameenoizinifediR azzetairporppaidodargledotnemercni,oiraffirat inoizavonniellaitnemaugedailgnocotaguinoc ideigolodotemnoceehcigolonceteehcifitneics elauttertsidollevilaenoitsegidollortnoc acituecamrafaznetsissA iedosrobmirledtekcitnuclaaznesaiznaraG idàtlocaF.Aessalcallenisulcniicamraf nocacituecamrafaznetsissaalledenoizaludom :.se(evitazzinagrodetnemeyapociderusim alledotnemadna�llaenoizalerni)enoizubirtsid CaicsafalrepociracelatoT.aseps enoizargetni�lledaerA airatinas-oicos alledenoizazzinagrO.ivitargetnIidnoFidozzilitU àtiladomaenegomO.atreffoiderutturtselledeter ledenoizacifissalceongosibledenoizavelirid .aznednepidoazneiciffusotuanonidodarg orevvo,ilaicosàtiligarfellederovafainoizatserP itneizap,ilibasid,inaizna,ailgimaf,ennod,ironim ,looclaadaznednepidnocenosrep,icirtaihcisp nocenosrep,ilanimretitalam,icamrafeehgord viHadeigolotap Tabella III Principali criteri per la definizione dei Lea [Fonte: D.p.c.m. 29 novembre 2001 “Definizione dei livelli essenziali di assistenza” (mod.)] 211Farmeconomia e percorsi terapeutici 2005; 6 (3) © SEEd Tutti i diritti riservati F. Gianfrate esempio l’Emilia e la Toscana) nel quale l’ope- ratore privato accreditato può essere più o meno presente; quello a concorrenza passi- va (diverse regioni meridionali), con quantità di prestazioni non predeterminata e ad esito aperto, e con conseguente gestione dei bi- lanci a piè di lista. Nel modello “lombardo” di rapporto con gli erogatori privati di prestazioni sanitarie, al quale si è ispirata finora solo parzialmente qual- che altra regione, il coinvolgimento di erogatori privati prevede parità competitiva con gli erogatori pubblici, con uguali tariffe e rientranti in un unico budget funzionale. Il modello “programmatorio”, adottato ad esempio da Emilia-Romagna, Toscana ed Umbria, prevede l’accreditamento del privato in una logica subordinata alla programmazio- ne regionale, quindi alle esigenze specifiche nel rapporto domanda-offerta del SSN, ma su budget prefissati e con tariffe, per il privato, di solito inferiori a quelle adottate per le strutture pubbliche. Il modello della concorrenza passiva appa- re, per ovvi motivi, il meno controllato soprat- tutto sotto il profilo dei consumi e della spesa, tendenti alla crescita incontrollata. Va notato come le recenti decisioni delle regioni, in merito al rapporto con l’erogatore privato, rispetto al passato, tendano a conver- gere su posizioni più vicine e meno distanti tra loro, sia in chiave programmatoria che di con- trollo e verifica della spesa e della qualità delle prestazioni. Il modello orientato sulla libera concorren- za è solitamente più difficile da far funzionare perché l’offerta privata fa lievitare domanda e consumi. Richiede quindi un contesto di rego- le e, soprattutto, controlli di comportamento. L’esempio del condizionamento distorsivo dei comportamenti nell’erogazione delle prestazio- ni dopo l’adozione dei DRG fa lezione in merito [13]. Inoltre il modello “lombardo” funziona a fronte di una programmazione che deve essere totalmente indipendente dall’offerta, escluden- do quindi qualunque tipo di integrazione ver- ticale tra programmazione della domanda ed offerta, pena una commistione tra chi paga e chi eroga, che pur potendo mantenere un buon grado di efficacia annulla il beneficio di effi- cienza. Il modello della programmazione e condivisione delle responsabilità rappresenta il più tradizionale dei sistemi di Servizio Sanita- rio Nazionale, basati sul National Healthcare System britannico (NHS). Le varianti corrono sul gradiente di contrattazione e corresponsa- bilizzazione delle entità erogatrici delle presta- zioni verso il principale gestore del budget (fundholder) che nel nostro sistema è di fatto rappresentato dagli assessorati regionali alla sanità. Si va, in sintesi dall’estremo della pro- grammazione verticistica, imposta alle struttu- re, al modello di “quasi” mercato già proprio del NHS, in cui pur rimanendo all’interno del servizio pubblico c’è una sorta di mercato in- terno (internal market) tra i fornitori pubblici di servizi, con susseguente contrattualizzazio- ne tra fundholder ed erogatore e relativa condivisione e distribuzione del rischio [14]. .a oeittalam,itnedicniaetneugesnocnonacitetseaigrurihC etinegnocinoizamroflam .b elihcsamelautirenoisicnocriC .c elrepenoizecceattaf-arutnupoga(ilanoiznevnocnonenicideM ,acifosoportnaanicidem,aiparetotif,-ehcigoloisetsenainoizacidni ettutéhcnonaitapoetso,acitarporihc,aitapoemo,acidevruyaanicidem etaticetnemasserpsenonertlael .d oretse'llaonroiggosidenoisacconieirotagilbbononinoizaniccaV .e inoizutitsielladetseihcirelleuqidenoisulcsenoc(ehcideminoizacifitreC ia,innulairporpirepacitsinoganonacitarpalledinifiaehcitsalocs )0002/272.r.p.dled82.tra'llede0002/072.r.p.dled13.tra'lledisnes odnauqehcna,avittellocetulasalledaletutidinifaitnednopsirnon allaàtienodiidinoizacifitrecelesulcni(eggelidinoizisopsidadetseihcir ,ogeipmi'llaacisifàtienodi,noneacitsinoga,avitropsàtivittaidacitarp oicsalir,enoizoda'llaeotnemadiffa'llaàtienodi,elivicoizivreslaàtienodi .cce,imra'dotrop,etnetap .f :elairotalubmaavitatilibair,acisifanicidemidinoizatserpitneugeseL nieralocsavacitsannig,aiparetossamordi,auqcaniotitsissaoizicrese axomnocarutnupoga,ednoorcimeetrocednoaaimretaid,auqca ,anegosselfirelauttertsidaiparetossam,SANaimretrepi,etnavisluver aiparetorttele,etnettimretniaiparetosserpedosserpoaiparetosserp ,iserofonoi,acirtelehcsenoizart,aiparetonousartlu,aciglatna ,acitueparetiserofotof,aiparetosem,aciglatnaaiparetresal uS.aeroprocartxeiserofotof,aeroprocartxeaiparetoimehcotof aiparetorttele'1,aciglatnaaiparetresalalelanoigerenoizisopsid esulcnieresseonossopaiparetosemaleaiparetonousartlu'l,aciglatna AELiadesulcseetnemlaizrapinoizatserpelledatsiLallen Tabella IV Lista delle prestazioni totalmente escluse dai LEA [Fonte: D.p.c.m. 29 novembre 2001 “Definizione dei livelli essenziali di assistenza”, allegato 2A] .a ellaeitnetuidecsafellaetnematatimil:acirtaiotnodoaznetsissA evisseccuse2991/205.sgl.dled9.tra5ammoclaetacidniinoizidnoc inoizargetnieehcifidom .b onosivilauqelrepinoizidnocellaetnematatimilaessoairtemotisneD acinilcaicaciffeideznedive .c inoizatserpelledenoizagore'l:elairotalubmaavitatilibair,acisifanicideM inulatidaznetsissusallaatanoizidnocèacnarballeneserpmocir ilgedàte'l,itinifedicigolotapirdauqidazneserpalilauq(itsoppuserp etnedecerpallaottepsiropmetidollavretniourgnocnu,ititsissa .seda(enoizagoreidàtiladomehcificepsaorevvo).cce,enoizagore ertlanocenoizaicossanon,enoizatserpalledaminimatarud idatsiLallaotsiverpotnauqovlasottaf,).cce,etinifedinoizatserp )]fotnup,AELiadesulcseetnemlatotinoizatserp .d isacaetnematatimilelibagoreiremiccedaresalnocavittarferaigrurihC onossopnonehcoevargaiportemosinanocitneizapidiralocitrap ilaihccooottatnocaitneleratrop Tabella V Lista delle prestazioni parzialmente escluse dai LEA [Fonte: D.p.c.m. 29 novembre 2001 “Definizione dei livelli essenziali di assistenza”, allegato 2B] 212 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2005; 6 (3)© SEEd Tutti i diritti riservati Il federalismo in sanità: opportunità e rischi tra finanziamento, equità ed assistenza SOSTENIBILITÀ FINANZIARIA E PROGRAMMAZIONE LOCALE BASATA SUL PROCESSO DI RILEVAZIONE DEI BISOGNI Il processo federalista si è sviluppato in modo molto accelerato e disordinato con sog- getti, le regioni, chiamate a responsabilità, so- prattutto finanziarie, senza avere di fatto com- pletezza di strumenti normativi, fiscali e gestionali per assolverle. Sarebbe stato presumibilmente più funzionale creare prima l’infrastruttura istituzionale e legislativa di fon- do per definire competenze e responsabilità rispettivamente tra stato, regioni ed altri enti locali, capace di garantire il necessario grado di sussidiarietà verticale tra istituzioni. La sanità, pesando per oltre l’80% sui budget regionali è diventata forzosamente e all’improvviso il banco di prova del federali- smo. Oltre a fiscalità fortemente differenziate tra regioni, la variabilità più elevata si è avuta sull’assistenza farmaceutica, fortemente pena- lizzata nei modi più vari, pur rappresentando solo un sesto della spesa sanitaria pubblica ma permanendo estremamente variabile tra le regioni, in alcune delle quali sotto scarso con- trollo (Figura 1). La riforma costituzionale approvata in prima lettura, lungi dal divenire esecutiva, visto l’iter parlamentare e poi referendario ancora da se- guire, paradossalmente sembra centralizzare al- cune funzioni decisionali sulla salute, anziché decentrarle alle regioni alle quali competerebbe l’assistenza. Uno dei punti cruciali, tuttavia, è che non esiste ancora un indirizzo chiaro sul carattere solidaristico del federalismo fiscale, ovvero se e quanto regioni “ricche” debbano compensare finanziariamente regioni “povere”. Per ora, il faticoso abbandono del centrali- smo non ha ancora permesso di costruire un sistema alternativo caratterizzato da un buon livello di consenso culturale e politico e che abbia la concreta possibilità di raggiungere migliori risultati rispetto al passato sia sul pia- no degli output (la qualità organizzativa del sistema) sia su quello degli outcome (i risultati di salute), pur con tutta la difficoltà di rilevare questo dato in maniera da poterlo correlare con i servizi prestati. Il regionalismo, in teoria, pone alla propria base la possibilità che i sistemi di erogazione delle prestazioni siano strutturati in maniera diversa, richiesta che corrisponde alle più moderne teorie di governo dei sistemi complessi, le quali rifiutano la modellistica ri- gida e illuministica alla quale siamo abituati, per privilegiare sistemi non lineari, sensibili alla variabilità delle culture, delle professionalità, delle attese e delle speranze dei cittadini. È però indispensabile immettere nel siste- ma federale alcune premesse di carattere fon- damentalmente etico che, pur non interferen- do con le decisioni delle singole regioni, ga- rantiscano il cittadino su alcuni servizi irrinun- ciabili e su alcuni risultati di salute. Questo può rappresentare l’unica strada che - nel ri- spetto delle autonomie - garantisca sostanzial- mente il cittadino di fronte a diversi sistemi sanitari. Il regionalismo sanitario trova rispo- ste solo in una crescita civile che riconosca a tutti i cittadini di una determinata area diritti irrinunciabili, dai quali conseguono comporta- menti anche visibilmente adeguati: l’attenzio- ne deve essere rivolta a bisogni primari quali l’accoglienza, la dignità nei rapporti personali, il rispetto della sofferenza e delle pressioni psicologiche e fisiche che questa impone. In termini di organizzazione e gestione l’in- certezza si riflette sulla programmazione sanita- ria, a tutti i livelli, primariamente regionale. I di- versi modelli di organizzazione osservati nelle varie regioni, compresi negli estremi del model- lo lombardo da un lato e quello toscano-emiliano dall’altro, iniziano a convergere nella valorizza- zione del processo programmatorio che tenga conto del doppio binomio offerta-risorse e do- manda-bisogni, in un processo di pianificazio- ne e monitoraggio dell’erogazione delle presta- zioni che parta dal “basso verso l’alto” (bottom- up) e sia capace di intercettare e rilevare speci- ficamente i bisogni e la domanda sanitaria loca- le. In una prospettiva sempre più credibile di integrazione tra servizi sanitari e sociali e di con- seguente spostamento sul territorio delle pre- stazioni, il ruolo degli enti locali, municipalità incluse, assume ulteriore centralità di indirizzo e contributo decisionale. 18,5 17,4 15,7 15,5 15,3 15,2 14,2 13,8 13,8 13,8 13,7 12,6 12,5 12,4 12,3 12,2 11,8 11,8 11,7 11,2 10,9 10,8 0 5 10 15 20 Lazio Sicilia Calabria Sardegna Campania Puglia Liguria Italia Basilicata Abruzzo Molise Marche Friuli V. Aosta Emilia R. Umbria Lombardia Piemonte Toscana Veneto Trento Bolzano Figura 1 Percentuale di spesa farmaceutica pubblica su spesa SSN totale [Fonte: Cergas – Bocconi, su Il Sole 24 Ore del 16/5/2005, pag. 23] 213Farmeconomia e percorsi terapeutici 2005; 6 (3) © SEEd Tutti i diritti riservati F. Gianfrate LA NECESSARIA MATURAZIONE DEL PROCESSO FEDERALISTA Si potrebbe essere preoccupati rispetto alla concreta prospettiva di sistemi regionali che tendono a differenziarsi, in termini di sosteni- bilità finanziaria, equità e socialità. Del resto la massa di innovazioni giuridiche e organizzative in corso cala su una realtà di SSN più nominale che sostanziale, plasmata da tempo su una pletora di modelli di sanità e su livelli di presta- zioni, di fatto, estremamente diversificati. Fi- nanziamento, regionalismo e politica potranno essere in sintonia se si perseguirà un sistema non guidato da una domanda che si auto-ri- produce, si auto-regola e perde ogni contatto con il vero bisogno. Prevale la sensazione che la responsabiliz- zazione locale sia un processo, volenti o nolenti, sostanzialmente irreversibile. Ci si chie- de se non sia strutturale al sistema l’impossi- bilità di delineare un quadro evolutivo chiaro e se la scelta di imporre un certo ordine sia illusoria e sbagliata: nei sistemi sanitari forse il compito della politica è quello di “governare il disordine”, rinunciando ad imporre modelli generali, ma limitandosi a dare alcuni confini ad un insieme di attività, ciascuna delle quali segue regole proprie, non sempre tra loro in accordo e non sempre rispondenti ai tradizio- nali modelli di razionalità. Sarebbe inutile fare una storia dei nostri servizi per la salute e met- terne in evidenza la storica incapacità di evolvere secondo regole predeterminate. Non vi è stato in passato alcun legame tra investi- menti e prodotto, tra spesa corrente e risultati, tra bisogno di salute e quantità di specifici ser- vizi. Il regionalismo pone alla propria base la possibilità che i sistemi di erogazione delle pre- stazioni siano strutturati in maniera diversa, cosa che corrisponde alle più moderne teorie di governo dei sistemi complessi, le quali rifiu- tano la modellistica rigida e illuministica per privilegiare i sistemi non lineari, sensibili alla variabilità delle culture, delle professionalità, delle attese e delle speranze dei cittadini. Tuttavia deve permanere intangibile il cri- terio che nel sistema federalistico siano ferme alcune premesse di carattere fondamentalmen- te etico che garantiscano il cittadino su alcuni servizi irrinunciabili e su alcuni risultati di sa- lute. Se la comunità, come mix tra enti locali e aggregazioni spontanee, interpreta le sogget- tività di un territorio con forti differenze con- crete sul piano geografico ed antropologico, può svolgere un ruolo partecipativo nella pro- grammazione, gestione e valutazione dell’as- sistenza. Questo permette anche di sfuggire a tentazioni di rigidità programmatorie estreme che troppo spesso rischiano di fallire in quan- to viziate dall’errore di voler imporre un “ordi- ne” dove invece la funzione di guida deve limi- tarsi ad aiutare la crescita di chi localmente esprime idealità, volontà e disponibilità di ser- vizio in ambito sanitario. Comunque, guardando a quei Paesi che già hanno adottato assetti federalisti [16], ed os- servando in particolare la gestione della mate- ria sanitaria, ad esempio in Canada, si evince come sia stato necessario un congruo numero di anni, di modifiche correttive e di passaggi conflittuali anche aspri per trovare l’assetto relativamente migliore. È quindi opportuno considerare la necessità di procedere con gra- dualità in un processo che richiede comunque tempi medio lunghi nei quali attraverso un monitoraggio attento ed oggettivo, dovranno essere via via apportate modifiche e cambia- menti progressivamente migliorativi. CONCLUSIONI Assorbendo gran parte delle risorse eco- nomiche regionali, la sanità costituisce di fatto il vero banco di prova del federalismo. La ridu- zione della distanze tra cittadini-elettori e pro- pri amministratori intende responsabilizzare maggiormente questi ultimi ad una gestione della sanità più efficace ed efficiente. La storia del federalismo nei paesi civilmente più avan- zati vede nell’equilibrio tra il potere centrale e i poteri locali l’elemento più cruciale, tema oggi ancora irrisolto in Italia. Maggiori responsabilità decisionali decen- trate possono dare il vantaggio di adattare meglio l’offerta di servizi alla specifica doman- da locale, anche grazie all’applicazione di mo- delli organizzativi diversi, sia in termini pro- grammatori che di rapporto tra erogazione dei servizi pubblici e privati. La principale criticità di tale decentramento consiste però nel mantenimento di una sostan- ziale uniformità nella tipologia delle prestazioni sanitarie erogate dalle diverse Regioni e di con- seguenza nella re-distribuzione delle risorse fi- nanziarie tra le regioni per garantire tale omoge- neità. È lo sforzo comune che oggi ruota intor- no ai LEA e agli accordi tra Stato e regioni. Ma nella disparità geografico-economica ti- pica del nostro Paese, per i servizi sanitari è particolarmente difficile, se non gradualmente e nel lungo periodo, conciliare socialmente la difforme autonomia finanziaria delle diverse re- gioni con lo storico carattere nazionale del si- stema, che si basa su radicate motivazioni di natura etica e distributiva. Pur in un generale contesto di crescente individualismo e di con- vivenza civica tendenzialmente declinante, l’“istituzione sanità” resta un caposaldo condi- viso di appartenenza e perciò di sicurezza so- ciale, specialmente in questi tempi di incertezza generalizzata e con una società come la nostra progressivamente più anziana e perciò fragile. Ciò rende non solo insopprimibile il ruolo di garanzia del livello nazionale ma, in tale otti- ca, ne reclama anzi un rafforzamento, soprat- 214 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2005; 6 (3)© SEEd Tutti i diritti riservati Il federalismo in sanità: opportunità e rischi tra finanziamento, equità ed assistenza tutto nel suo livello superiore di intervento rispetto alle competenze locali, sovrappo- nendosi ad esse quando occorra corregge- re le non infrequenti inefficienze, dispersio- ni e distorsioni esistenti sul territorio. Che proprio dal livello locale spesso sono in vario modo alimentate, con un risultato quindi paradossalmente in esatta antitesi proprio con i virtuosi princìpi ispiratori del federalismo stesso. BIBLIOGRAFIA 1. Gianfrate F., Economia del settore farmaceutico, ed. Il Mulino, Bologna, 2004, pag. 19-20 2. Malandrino C., Federalismo. Storia, idee, modelli, ed. Carocci, Roma, 1998, pag. 170 3. Gianfrate F., Federalismo Sanitario, La Repubblica 4 aprile 2002, Roma, in “Salute”, 2002, pag. 4-7 4. Fiorentini G., Interventi micro e riforme macro nel Servizio Sanitario Nazionale, in: I servizi sanitari in Italia, ed. Il Mulino, Bologna, 2004, pag. 9-41 5. G. U. della Repubblica Italiana, anno 2002 n. 33, 8 febbraio 2002 6. Gianfrate F., Analisi del federalismo sanitario e farmaceutico in Italia, in Financial Times Global Pharmaceutical Conference Proceedings, 6-7/11/ 2002, Londra, 2002, pag. 55-71 7. Rotelli E., L’eclissi del federalismo, ed. Il Mulino, 2003, Bologna 8. Collicelli C., Di Francia C., Regionalismo e Sanità, in Tendenze Nuove n. 1/2001, ed. Il Mulino, 2001, pag. 71-83 9. Ministero dell’ Economia , Relazione Generale sulla situazione economica del Paese, 2004 10. Conferenza Stato Regioni , Presidenza del Consiglio dei Ministri, Rep. 2276 del 23 marzo 2005 11. Arcà S. , I livelli essenziali di assistenza, in Tendenze Nuove n. 4-5/2003, ed. Il Mulino, 2003, pag. 355-373 12. France G. , I Livelli Essenziali di Assistenza, in: G. Fiorentini (a cura di): I servizi sanitari in Italia, ed. Il Mulino, Bologna, 2003, pag. 101-102 13. Brenna A., Manuale di economia sanitaria, CIS editore, Milano, 1999, pag. 393-398 14. Mapelli V., Il sistema sanitario italiano, ed. Il Mulino, Bologna, 1999, pag. 122-126 15. Cergas-Bocconi, “Il trend delle regioni”, su Il Sole 24 Ore del 16 maggio 2005, pag. 23 16. Arachi G., I difficili equilibri del federalismo sanitario, Keiron, 1999, 2: 134-145