2005 6(1) 215Farmeconomia e percorsi terapeutici 2005; 6 (3) © SEEd Tutti i diritti riservati F. V. Costa, L. Pradelli I farmaci per lo scompenso cardiaco: criteri di scelta razionale e costo-efficace Francesco Vittorio Costa*, Lorenzo Pradelli§ ABSTRACT Chronic heart failure (CHF) is the final phase of many common cardiovascular diseases. Consequently, it represents a frequent clinical condition: it’s estimated that in developed countries, Italy included, its prevalence exceeds 3%. CHF is also burdensome from an economical point of view, as it absorbs more than 2% of the Italian total health care budget. The main cost driver in CHF, accounting for approximately two thirds of its total expense, is represented by hospital admissions for relapse. The most frequent reason for relapse, in turn, is inadequate treatment, intended both as low patient compliance to prescribed drug regimens and as inappropriate prescribing. Evidence-based guidelines for the optimal pharmacological treatment of CHF have been developed and are constantly updated, and it’s demonstrated that the stricter the adherence to these recommendations, the better the clinical and economic outcomes. Pharmacoeconomic studies conducted on the use of ACE-inhibitors and beta-blockers, in particular, have shown that correct therapeutic strategies can be cost-saving in CHF management, besides providing important clinical benefits. The expansion of generic drug market has brought by a reduction in pharmaceutical prices, allowing to offer the benefits of these highly effective, and cost-effective, treatments for CHF to a larger number of patients, without increasing the global pharmaceutical expense, but probably reducing the total economical burden of the disease. Keywords: chronic heart failure (CHF), ACE-inhibitors, beta-blockers, generic drugs Farmeconomia e percorsi terapeutici 2005; 6 (3): 215-226 REVIEW *Professore associato in Medicina Interna - Università degli Studi di Bologna §Centro di ricerche farmacoeconomiche - Advanced Research Srl INTRODUZIONE Lo scompenso cardiaco costituisce l’ulti- mo stadio di gran parte delle malattie cardio- vascolari, ed è quindi un evento clinico di ri- scontro assai comune. La sua incidenza è co- stantemente aumentata negli ultimi decenni fino a rappresentare oggi un vero e proprio problema di salute pubblica che assorbe un enorme e crescente impegno di risorse sanita- rie [1- 3]. Paradossalmente, l’incidenza dello scompenso cardiaco sembra aumentare con la riduzione della mortalità per infarto e per altre malattie cardiovascolari. Ciò è spiegabile con l’aumentato numero di soggetti che sopravvi- vono all’infarto con danni miocardici residui di una qualche entità e che, col tempo, svilup- pano un’insufficienza cardiaca. EPIDEMIOLOGIA L’incidenza dello scompenso sintomatico è attualmente pari allo 0,5%-1% e la prevalen- za pari all’1-2% della popolazione totale. Pre- valenza ed incidenza aumentano in modo qua- si esponenziale con l’età, per questo motivo l’età media d’insorgenza dei sintomi si colloca intorno ai 76 anni. La prevalenza dello scompenso cardiaco è pari all’ 1% nelle perso- ne di età compresa tra 50-59 anni, al 9% tra 80- 89 anni. Nel 1997 l’età media dei pazienti ricoverati in Lombardia con una diagnosi di scompenso cardiaco era di 71,8 anni per i maschi e di 78,3 per le femmine e il 70% dei ricoverati era costi- tuito da ultrasettantenni. Inoltre, mentre il nu- mero dei ricoveri in ospedale per scompenso cardiaco nei pazienti di età inferiore ai 65 anni è rimasto stabile, esso è raddoppiato nei più an- ziani. Attualmente, lo scompenso cardiaco è la prima diagnosi di dimissione per malattia car- diovascolare, rappresenta la causa più fre- quente di ricovero nell’anziano ed è la patolo- gia cardiovascolare più dispendiosa sul piano economico nei paesi occidentali. La ragione della frequenza dei ricoveri è riconducibile al fatto che lo scompenso cardiaco è una malat- tia di tipo cronico, caratterizzata dal succeder- si di periodi di stabilità e instabilità clinica, con frequenti recidive. 216 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2005; 6 (3)© SEEd Tutti i diritti riservati I farmaci per lo scompenso cardiaco: criteri di scelta razionale e costo-efficace I COSTI DELLO SCOMPENSO CARDIACO Dall’analisi delle schede di dimissione ospe- daliera risulta che in Italia nel 1999 tra le malat- tie dell’apparato cardiovascolare, classificate come MDC 5 (1.331.396), il DRG 127 (insuffi- cienza cardiaca e shock) risulta al primo posto per frequenza (175.420) e per numero di gior- nate di degenza (con una degenza media di 10,3 giorni) [4]. Il rischio di riospedalizzazione nei 6 mesi successivi ad un primo ricovero è elevato (36- 44% secondo le casistiche) ed è particolarmen- te frequente nei pazienti più anziani. A diffe- renza di altre cardiopatie di comune rilievo, la mortalità per scompenso cardiaco, corretta per l’età, è in aumento. La prognosi dello scompenso cardiaco ri- sulta infatti molto sfavorevole quando la cau- sa sottostante non sia correggibile. In circa la metà dei pazienti in cui sia stata posta diagno- si di scompenso cardiaco, il decesso avviene entro 4 anni, mentre in metà di quelli affetti da scompenso cardiaco grave il decesso avviene entro 1 anno. LA FORMAZIONE DEL COSTO DI MALATTIA In tutti i paesi occidentali i costi relativi ai ricoveri ospedalieri costituiscono la spe- sa più rilevante nella gestione della malattia [5-7]. In Italia oltre 127.000 pazienti vengo- no ricoverati ogni anno in ospedale con dia- gnosi di scompenso cardiaco. L’insufficien- za cardiaca rappresenta il primo DRG, per numerosità, nell’ambito delle malattie tratta- te in Medicina Interna, costituendo l’8% di tutti i ricoveri. I costi stimati per l’assistenza ai pazienti con scompenso superano il 2% della spesa sanitaria globale e circa i due terzi di questa sono rappresentati proprio dai costi derivanti dai ricoveri. Uno studio condotto nelle Mar- che [8] ha evidenziato come lo scompenso as- sorba il 2,5-2,6% di tutte le risorse sanitarie, con un costo medio per paziente intorno ai 5.000 euro, di cui la spesa per il ricovero ospedaliero costituisce circa l’80% del totale (Figura 1). Esperienze analoghe sono state rilevate in molti altri paesi in cui il costo del ricovero ospedaliero costituisce dal 60 al 70% dei costi complessivi riferibili allo scompenso (Tabella I) [9]. STRATEGIE TERAPEUTICHE RAZIONALI: IL RUOLO DELLE LINEE GUIDA Appare dunque logico che ogni tentativo di controllo della spesa debba passare attra- verso la riduzione dell’incidenza delle riacutizzazioni, e quindi delle ospedalizzazioni. Ciò ottiene il duplice effetto di migliorare la qualità di vita dei pazienti e di far risparmiare risorse economiche, ma è ottenibile solo ottimizzando la terapia individuale e raggiun- gendo elevati livelli di compliance al trattamen- to. La causa più comune di riacutizzazione è, infatti, la cattiva aderenza al trattamento. Uno studio eseguito negli ospedali di Pordenone ha evidenziato come circa il 40% dei pazienti ricoverati per recidiva di scompenso dichia- rasse una scarsa aderenza al regime terapeutico e il 25% circa scarsa compliance ai farmaci [9] (Tabella II). Essendo noto che i pazienti tendo- no a sovrastimare la loro compliance, appare evidente che i dati reali sono probabilmente ancora peggiori e che l’aderenza allo schema terapeutico costituisce il vero problema nella gestione di questi soggetti. La terapia farmacologica dello scompenso cardiaco è rivolta a migliorare la sopravviven- za, i sintomi, la qualità di vita, i parametri emodinamici e la funzione ventricolare. Attual- mente questi obiettivi sono perseguibili trami- te l’azione combinata di vari farmaci capaci di ridurre il grado di attivazione neurormonale e di normalizzare le alterazioni del carico emodinamico. Le modalità per un corretto im- piego di diuretici, ACE-inibitori, beta-bloccan- ti, digitalici, spironolattone, nitroderivati, sono chiaramente e dettagliatamente esposte nelle linee guida prodotte dalle società scientifiche. È riconosciuto che tali linee guida abbiano dei limiti, dovuti soprattutto al fatto che esse si basano prevalentemente su studi condotti presso strutture cardiologiche ospedaliere, alle quali di solito afferiscono i pazienti più giova- ni, più complessi o più gravi. In altre parole, un sottogruppo selezionato di malati con scompenso cardiaco che è diverso dalla gran- de massa di pazienti scompensati. Va ricorda- Figura 1 Costo medio per paziente con scompenso cardiaco rispetto alla classe d’età [8] 0 1000 2000 3000 4000 5000 6000 7000 8000 0-18 19-50 51-55 56-60 61-65 66-70 71-75 76-80 81-85 86-90 90+ Classi d'età E u ro Specialistica Farmaci Ospedale 217Farmeconomia e percorsi terapeutici 2005; 6 (3) © SEEd Tutti i diritti riservati F. V. Costa, L. Pradelli to, infatti che nel nostro Paese (come negli altri Stati occidentali) circa l’80% dei pazienti con scompenso cardiaco non viene ricoverato in strutture cardiologiche, bensì di Medicina Ge- nerale o di Geriatria. Ciononostante, le linee guida per il tratta- mento dello scompenso cardiaco costituisco- no, vista la complessità della materia, uno stru- mento indispensabile per impostare una cor- retta terapia farmacologica [10,11]. Questi do- cumenti, aggiornati periodicamente, indicano i comportamenti da tenere, in linea con i risultati dei trial clinici randomizzati, e riportano i pareri degli esperti su argomenti ancora controversi. Una descrizione completa delle linee guida per la terapia dello scompenso esula dagli obiettivi di questa rassegna, ma è comunque opportuno evidenziare alcuni aspetti della te- rapia che dovrebbero e potrebbero essere mi- gliorati. La lettura dei dati forniti dall’Italian Network on Congestive Heart Failure IN-CHF database dell’ANMCO [12] consente oggi di formulare alcune considerazioni in merito al- l’approccio dei cardiologi nei riguardi di que- sta patologia. I pattern prescrittivi possono essere considerati adeguati rispetto alle linee guida, ma solo dal punto di vista qualitativo. itsociedaigoloimedipE enoizaN otsoC allaatuvod% enoizazziladepso asepsalled% elabolgairatinas )1991(otinUongeR inoilim063£ 06 2,1 )8891(adnalO inoilim064IF 07 0,1 )1991(aicnarF idrailim4,11FF 46 9,1 )9891(ASU idrailim9$ 17 5,1 Tabella I Costi dello scompenso cardiaco in vari paesi e % riferibile ai costi del ricovero Cardiopatie strutturali Sintomi refrattari di HF a riposo Sviluppo di sintomi di HF Stadio A Ad alto rischio di scompenso cardiaco ma senza cardiopatie strutturali o sintomi di HF Ad es. pazienti con: - ipertensione - malattia coronarica arteriosa - diabete mellito oppure Pazienti: - che usano cardiotossine - con FHxCM Terapia - Trattamento dell’ipertensione - Smettere di fumare - Trattamento dei disturbi lipidici - Esercizio fisico regolare - Riduzione del consumo di alcol e sostanze stupefacenti - ACE-inibitori in determinati pazienti Stadio B Cardiopatie strutturali ma senza sintomi di HF Ad es. pazienti con: - precedente MI - disfunzione sistolica LV - malattia valvolare asintomatica Terapia - Tutte le misure relative allo stadio A - ACE-inibitori in determinati pazienti - Beta-bloccanti in determinati pazienti Stadio C Cardiopatie strutturali con precedenti o attuali sintomi di HF Ad es. pazienti con: - riconosciuta cardiopatia strutturale - fiato corto e fatica, ridotta resistenza all’esercizio Terapia - Tutte le misure relative allo stadio A - Utilizzo routinario di: -diuretici -ACE-inibitori -Beta-bloccanti -Digitalici - Dieta iposodica restrittiva Stadio D HF refrattario che richiede interventi specializzati Ad es. pazienti che hanno marcati sintomi a riposo nonostante terapia medica massimale Terapia - Tutte le misure relative allo stadio A, B, C - Dispositivi biomedici - Trapianto di cuore - Infusioni endovenose continuate (non intermittenti) con agenti inotropici a scopo palliativo - Assistenza in hospice Figura 2 Stadi nell’evoluzione dello scompenso cardiaco e terapie raccomandate per singolo stadio HF = scompenso cardiaco; FHxCM = storia familiare di cardiopatia; MI = infarto del miocardio; LV = ventricolo sinistro esuaC % ocitueparetemigerlaazneredanoN 9,14 icamrafiosrevecnailpmocasracS 5,32 acidracoimaimehcsI 4,31 eimtirA 1,6 atallortnocnonasoiretraenoisnetrepI 6,5 ataugedaniaipareT 3,21 Tabella II Cause di riospedalizzazione in pazienti con scompenso cardiaco [9] 218 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2005; 6 (3)© SEEd Tutti i diritti riservati I farmaci per lo scompenso cardiaco: criteri di scelta razionale e costo-efficace Risulta infatti che le posologie dei trattamenti raccomandati sono inferiori a quelle utilizzate nei trial che ne hanno dimostrato l’efficacia e che una parte dei pazienti in cui ci sarebbe l’in- dicazione all’impiego di certi farmaci, in realtà non li riceve. Un qualche segno di migliora- mento è tuttavia rilevabile, in quanto prescri- zioni e relative posologie si stanno modifican- do nel tempo con un profilo che sembra via via più aderente alle linee guida. Uno studio recente ha valutato le conse- guenze dell’aderenza alle linee guida da parte dei cardiologi sullo scompenso e sul tasso di ricoveri. L’aderenza è stata valutata per le di- verse classi di farmaci utilizzati e si è osservato che risultava migliore per gli ACE-I (88%) o per i diuretici (82%) piuttosto che per i beta-bloc- canti (58%) i digitalici (52%) e lo spironolattone (36%). Si è anche osservato che, mano a mano che la compliance alle linee guida si riduce, il tasso di ricoveri cresce, passando dal 6,7% nei casi in cui le linee guida vengono seguite in maniera ottimale al 20,6% nei soggetti in cui non vengono applicate. Si dimostra così che l’aderenza alle linee guida da parete dei medici è un forte predittore delle ospedalizzazioni [13]. Questi risultati sono in linea con quelli ot- tenuti in un altro studio randomizzato condot- to nel Veneto [14], che ha valutato, in pazienti dimessi dall’ospedale per un episodio acuto di scompenso, gli effetti di un trattamento basa- to sulle linee guida applicate in maniera inten- siva e associato ad un programma di dieta e di informazione di pazienti e familiari. Si è osser- vato che nel gruppo trattato intensivamente rispetto ai soggetti seguiti in maniera standard, le recidive si dimezzano e i costi totali si ridu- cono di circa il 35% (Tabella III). Nel gruppo trattato intensivamente la spe- sa farmaceutica è stata circa il doppio di quella dei soggetti di controllo, e ciò a causa dell’im- piego in un numero maggiore di pazienti e a dosaggi più alti, di beta-bloccanti, ACE-inibitori, inibitori dell’angiotensina e spironolattone. Ciò nonostante, i costi globali si sono sensibilmen- te ridotti nei soggetti trattati in maniera più ag- gressiva. Questo studio conferma che il tratta- mento eseguito a dosi corrette e con i farmaci adeguati, consente, anche nel breve periodo, risparmi sensibili qualora si considerino tutte le voci di costo della patologia e non, come spes- so viene fatto dagli amministratori, la sola spesa farmaceutica, su cui spesso, sbagliando bersa- glio, ci si accanisce. Appare quindi evidente che il metodo migliore per migliorare la salute e la qualità di vita dei pazienti e al contempo di ri- sparmiare risorse finanziarie, è quello di trattarli in maniera adeguata e di facilitarne l’accesso a strutture ambulatoriali o di day-hospital in cui sia possibile prevenire i ricoveri mediante un controllo periodico e costante. PRINCIPALI CLASSI DI FARMACI DISPONIBILI: EFFICACIA E COSTO- EFFICACIA Esiste quindi, non un problema di eccessi- va spesa farmaceutica, ma semmai un proble- ma di sotto utilizzazione dei farmaci intesa sia come mancata prescrizione a pazienti che po- trebbero giovarsene, sia come utilizzazione di dosi inferiori a quelle di provata efficacia. oidutsidoppurG ollortnocidoppurG aznereffiD otsoC oiratinu .N otsoC elatot .N otsoC elatot ireiladepsoitsoC 492.23 295.18 892.94- 721GRDrepinoizazziladepsoiR 61 13 aznegedidetanroiG 00,912 631 487.92 563 539.97 151.05- )ero3idossecca1(latipsoh-yaD 09,651 61 015.2 0 0 015.2 )orevociraznes(osroccoSotnorPlaisseccA 01,672 0 0 6 756.1 756.1- ireiladepsoartxeitsoC 841.73 806.21 045.42 acigolocamrafaipareT 990.91 278.9 722.9 ehcigoloidracetisiV 06,81 026 235.11 63 076 268.01 immargoidracocE 03,301 93 920.4 02 660.2 369.1 )ero(ocitsireimrefniopmeT 05,21 991 884.2 0 0 884.2 elatoT 244.96 002.49 857.42- Tabella III Spesa sanitaria (euro) nel trimestre post-dimissione nel gruppo di studio e nel gruppo di controllo [14] 219Farmeconomia e percorsi terapeutici 2005; 6 (3) © SEEd Tutti i diritti riservati F. V. Costa, L. Pradelli Beta-bloccanti In particolare, l’uso dei beta-bloccanti è di molto inferiore al desiderabile anche se per questi farmaci esistono documentazioni inoppugnabili della loro efficacia in tutte le clas- si di scompenso e valutazioni di tipo farmaco- economico che ne dimostrano il favorevolissi- mo rapporto costo-beneficio. Una valutazione farmacoeconomica effettuata sull’impiego di carvedilolo [15] ha mostrato come nei soggetti trattati con il beta-bloccante, le giornate di degenza ospedaliera si riducono del 49%, con il 77% in meno di ricorso alla terapia intensiva e una riduzione del 27% dei costi ospedalieri complessivi (Tabella IV) Anche nello studio CIBIS II, l’uso di un altro beta-bloccante, il bisoprololo, ha portato ad una riduzione del 37% dei ricoveri e a un risparmio economico significativo [16] (Tabel- la V). Quanto alle eventuali differenze tra beta- bloccanti rispetto alla capacità di prevenire le recidive e quindi ridurre i ricoveri (e di conse- guenza i costi), è stato dimostrato che le pro- babilità di riospedalizzazione sono minori nei soggetti trattati con carvedilolo rispetto quelli che ricevono metoprololo [17] (Figura 3) In questo studio, anche se i costi di acquisto del carvedilolo erano superiori a quelli del metoprololo (1.667 dollari vs. 1332 per pazien- te) i costi totali sono risultati assai inferiori per il carvedilolo ($ 8.100) rispetto al metoprololo ($14.475; P = .025). I beta-bloccanti sono in grado di influen- zare positivamente non solo la qualità di vita dei pazienti scompensati (attraverso il miglio- ramento della classe funzionale e la riduzione del numero delle ospedalizzazioni), ma anche la sopravvivenza. Già nel 1996 l’US Carvedilol Study mostrava per la prima volta in maniera significativa che un beta-bloccante (carvedilolo) aumenta la sopravvivenza di pa- zienti con scompenso cardiaco stabile in pa- zienti in classe II-III [18]. In seguito, gli studi MERIT HF (metoprololo slow-release) e CIBIS II (bucindololo), confermano che nei pazienti in classe II-III. I beta-bloccanti riducono la mortalità totale rallentando la progressione dello scompenso e prevenendo al morte im- provvisa [19,20]. Lo studio COPERNICUS [21] conferma la riduzione della mortalità con carvedilolo in soggetti con scompenso grave (classe IV). Questo studio evidenzia che trat- tando per tre anni 1000 soggetti con scompenso grave si salvano 200 vite. In se- guito lo studio CAPRICORN [22] ha dimo- strato che il trattamento con carvedilolo in )893=n(obecalP )696=n(ololidevraC %aznereffiD P etneizapreP eladepsoniinroiG 27,11±80,3 07,5±65,1 %94- 910. UCC/UCIniinroiG 96,9±64,1 56,1±33,0 %77- 110. ireiladepsoitsoC 656.02±364.4$ 595.7±219.1$ %75- 610. orevocirreP eladepsoniinroiG 10,81±18,01 55,6±93,7 %23- 892. UCC/UCIniinroiG 79,81±16,5 85,2±94,1 %37- 940. ireiladepsoitsoC 773.53±624.61$ 403.11±813.9$ %34- 790. Tabella IV Effetto del carvedilolo sui ricoveri in ospedale e sui relativi costi [15] ICU/CCU = Intensive Care Unit/Critical Care Unit Le colonne relative a placebo e carvedilolo riportano i dati più o meno la deviazione standard obecalP ololorposiB aicnarF 900.53FF 267.13FF ainamreG 365.11MD 487.01MD otinUongeR 789.4£ 227.4£ Tabella V Valutazione dei costi dei pazienti arruolati nello studio CIBIS II in vari paesi europei [16] Figura 3 Percentuale di pazienti senza ospedalizzazioni a sei mesi nei trattati con carvedilolo o metoprololo P=.105 0,50 0,60 0,70 0,80 0,90 1,00 0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 200 Tempo (giorni) Carvedilolo Metoprololo % P a z ie n ti s e n z a o s p e d a li z z a z io n e 220 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2005; 6 (3)© SEEd Tutti i diritti riservati I farmaci per lo scompenso cardiaco: criteri di scelta razionale e costo-efficace soggetti con infarto recente e ridotta frazione d’eiezione (<40%) già in terapia con ACE- inibitore e con tutti i farmaci ritenuti utili, ri- duce il rischio di mortalità totale in maniera significativa (-23%). Più recentemente lo stu- dio COMET ha per la prima volta confronta- to due beta-bloccanti (carvedilolo vs. metoprololo) in soggetti con scompenso car- diaco. Lo studio ha dimostrato che il carvedilolo è superiore al metoprololo nel ri- durre la mortalità totale (-17%) e che ogni 60 pazienti trattati con carvedilolo si risparmia una vita rispetto a 60 trattati con metoprololo [23]. Al momento gli studi che hanno eviden- ziato l’efficacia dei beta-bloccanti nello scompenso sono relativi a tre farmaci: metoprololo slow-release, bucindololo e carvedilolo (quest’ultimo è il farmaco con il maggior numero di studi). Essendo i beta-bloc- canti una classe di molecole con differenze anche significative, è opportuno che l’impie- go clinico nello scompenso venga limitato ai farmaci per cui esistono studi controllati e non agli altri. È interessante notare l’impatto dei vari dosaggi dei singoli beta-bloccanti: nel caso del metoprololo e del bisoprololo l’obiettivo è stato raggiunto rispettivamente con 200 milligrammi/die del primo e 10 milli- grammi/die del secondo, mentre il carvedilolo è risultato efficace già alla dose di 6,25 milli- grammi due volte al giorno (Studio MOCHA) [24]. I beta-bloccanti sono quindi indicati in tutti i casi di scompenso cardiaco lieve, me- dio e severo in condizioni di stabilità clinica, dovuto a cardiomiopatia ischemica o non ischemica, con ridotta frazione di eiezione ed in classe NYHA II-IV, in terapia con ACE- inibitori e diuretici, a meno di con- troindicazioni. I beta-bloccanti sono anche indicati per la terapia a lungo termine in caso di disfun- zione ventricolare sinistra asintomatica dopo infarto miocardico. Uno studio recente ha calcolato che l’impiego di beta bloccanti au- menta la sopravvivenza media di 0,3 anni per paziente e riduce i costi sociali di circa 4.000 dollari per paziente in 5 anni [25]. ACE-INIBITORI Mentre per i beta-bloccanti non è possi- bile parlare genericamente di benefici di clas- se, in quanto esistono differenze farmacolo- giche e cliniche anche notevoli tra le varie molecole, diverso è il discorso per quanto ri- guarda gli ACE-I, che, a dosi equivalenti, pro- ducono tutti gli stessi benefici. Tutte le mag- giori linee guida raccomandano l’utilizzo di questi farmaci, senza particolare preferenza per una molecola in particolare, nei pazienti con scompenso cardiaco sintomatico, sulla base dell’inoppugnabile evidenza della loro efficacia in termini di riduzione della mortalità e del rischio di ricovero. Numerosi lavori han- no valutato se un approccio basato sulla som- ministrazione di ACE-I a tutti i pazienti con insufficienza cardiaca, oltre a essere efficace, fosse anche costo-efficace e sostenibile dal punto di vista finanziario. Glick e coll. [26], ad esempio, hanno trasferito i dati clinici da loro ottenuti nello studio SOLVD in un modello per l’analisi decisionale, alimentato con costi statunitensi, per valutare gli outcome clinici ed economici della somministrazione di ACE- I (nella fattispecie l’enalapril) a breve e a lun- go termine. Il modello matematico ha stimato che nei 48 mesi di durata dello studio il tratta- mento con enalapril risulta in un guadagno medio di 0,16 anni di vita per paziente, con un concomitante risparmio di circa 700 US$, con- figurando la situazione di dominanza farma- coeconomica (miglior efficacia ad un costo minore). Proiettando i benefici e i costi sul- l’intera durata residua della vita dei pazienti arruolati, il modello stima un vantaggio me- dio di 0,40 anni di sopravvivenza, ad un co- sto di 80 US$ per anno di vita salvato o di 115 US$ per QALY (anno di vita ponderato per la qualità) con l’uso dell’ACE-I, situando la te- rapia dello scompenso con queste molecole ai primi posti di un’ipotetica classifica degli interventi più costo-efficaci in cardiologia. L’influenza della terapia con ACE-I sulla formazione dei costi sanitari sostenuti per il trattamento dei pazienti con insufficienza car- diaca è stata anche analizzata in un setting non sperimentale, attraverso l’esame retro- spettivo delle richieste di rimborso per spese farmaceutiche e mediche di 1.573 pazienti in- clusi in un programma di assistenza sanitaria statunitense [27]. Dopo correzione per i fat- tori potenzialmente confondenti, i pazienti esposti alla terapia con ACE-I hanno mostra- to un rischio significativamente minore di es- sere ricoverati in ospedale (RR 0,65; p < 0,0001) e hanno assorbito meno risorse complessive, con un costo medio totale significativamente inferiore (-2.397 US$, p<0.001), a dispetto del superiore costo farmaceutico sostenuto. Anche per gli ACE-I valgono quindi le considerazioni già fatte a proposito dei beta- bloccanti: il problema principale da tenere sotto osservazione non è tanto l’eccessiva spesa farmaceutica, ma semmai la scarsa uti- lizzazione dei farmaci, intesa sia come manca- ta prescrizione, sia come utilizzo di dosi trop- po basse. Quest’ultimo aspetto è stato inda- gato dallo studio ATLAS [28], un trial multicentrico randomizzato e controllato con- dotto su oltre 3.000 pazienti con scompenso di classe NYHA II-IV e frazione di eiezione ventricolare < 30% che ha messo a confronto un regime a base di alte dosi (32,5-35 mg/die) di lisinopril, vicino a quello utilizzato nei trial e raccomandato dalle linee guida, con una 221Farmeconomia e percorsi terapeutici 2005; 6 (3) © SEEd Tutti i diritti riservati F. V. Costa, L. Pradelli posologia inferiore (2,5-5 mg/die), più prossi- ma a quella prescritta nella pratica clinica. I pazienti assegnati al dosaggio pieno hanno avuto meno ospedalizzazioni e meno giorni di degenza, e tali riduzioni sono risultate stati- sticamente significative in particolare per i ri- coveri attribuiti direttamente allo scompenso. Nei pazienti trattati ad alte dosi di ACE-I, la riduzione dei costi ospedalieri ha compensa- to l’incremento di spesa farmaceutica, con il risultato netto di un miglioramento degli outcome clinici senza aumento della spesa sanitaria sostenuta per la loro gestione. Come regola generale, la costo-efficacia di un trattamento tende ad aumentare insie- me alla gravità della malattia, a causa del mi- nor numero di persone che vanno trattate (NNT – number needed to treat) per riuscire ad evitare un evento clinico (ad esempio, un ricovero per scompenso). Ciò, in una situa- zione di risorse limitate che impone di effet- tuare scelte politiche sui pazienti a cui offrire la terapia, comporta la tendenza a privilegiare quelli più gravi, anche se non sempre questa logica coincide con le priorità cliniche. Lo stu- dio SOLVD, infatti, ha dimostrato che il tratta- mento con ACE-I è in grado di ridurre la morbilità e la mortalità anche nei pazienti con ridotta frazione di eiezione ancora asintoma- tici, che normalmente non vengono trattati con questi farmaci almeno fino allo sviluppo di insufficienza cardiaca manifesta. Sulla base di questi dati, l’agenzia governativa statuni- tense per la ricerca e la qualità dell’assistenza sanitaria (AHRQ - Agency for Healthcare Research and Quality) ha commissionato uno studio per indagare, oltre ad altri aspetti della terapia dello scompenso cardiaco, la conve- nienza ad adottare una strategia aggressiva nei pazienti con disfunzione ventricolare, ba- sata sulla somministrazione di ACE-I a tutti i pazienti con FE < 35 %, in presenza o in as- senza di sintomatologia. A tal fine, gli autori hanno modellizzato gli esiti clinici ed econo- mici a lungo termine di un’ipotetica coorte di pazienti 55enni trattati con due strategie al- ternative, di cui la prima prevedeva la terapia a base di ACE-I dal momento della diagnosi di ridotta funzionalità ventricolare, mentre l’al- tra posticipava il ricorso a queste molecole fino alla comparsa della sintomatologia. I ri- sultati della simulazione del modello indicano che, nel corso dell’intera durata della loro vita residua (media di 8,1 anni, con un tasso di mortalità e morbilità a 5 anni del 57% nei non trattati), i pazienti trattati precocemente han- no un guadagno medio di 8 mesi, in termini sia di sopravvivenza sia di sopravvivenza ponderata per la qualità di vita, ad un costo incrementale di 3.718 US$. Trasformati in rap- porti di costo/efficacia marginale, questi ri- sultati determinano valori di $5.802 US$/anno di vita guadagnato e di $5.644/QALY guada- gnato, dunque ampiamente entro i limiti con- siderati accettabili per le società avanzate, che convenzionalmente fissano in 20.000 US$/ QALY la soglia degli interventi sanitari con- siderati molto convenienti. Poiché l’individuazione sistematica di pa- zienti asintomatici richiede un metodo di screening, gli autori della ricerca hanno este- so l’analisi a un ulteriore scenario, in cui ven- gono confrontate le varie strategie di screening alternative. I risultati indicano che in una popolazione di 55enni asintomatici (pre- valenza di frazione di eiezione ridotta stimata al 2,7%) i migliori risultati clinici si otterrebbe- ro con l’utilizzo dell’ecocardiografia per lo screening universale. La gestione di questa popolazione con una strategia basata su uno screening iniziale con il BNP, seguito dall’ecocardiografia e dalla terapia con ACE- I nei casi positivi, migliorerebbe significati- vamente i risultati clinici, ad un costo di 18.000 euro/QALY guadagnato rispetto all’assenza di screening [29]. Diuretici La terapia diuretica ha costituito per lun- go tempo un pilastro del trattamento dello scompenso cardiaco. Insieme alla terapia digitalica, è stata ampiamente usata per risol- vere le crisi di scompenso cardiaco acuto e nella terapia di mantenimento [30]. Le due principali classi di diuretici disponibili sono quella ad azione sul tubulo distale e quella ad azione sull’ansa ascendente di Henle. Alla prima appartengono i diuretici tiazidici, clortalidone e indapamide. Questi inducono un modesto incremento della natriuresi, com- preso fra 5 e 10% del carico filtrato, e la loro efficacia viene nettamente ridotta in presenza di insufficienza renale, con filtrato glomerulare inferiore a 30 ml/minuto. Viceversa i diuretici attivi sull’ansa di Henle (furosemide e simili) provocano una natriuresi che può raggiun- gere il 25% del filtrato e sono in grado di man- tenere la loro efficacia anche per valori di fil- trato fino a 5 ml/min. L’associazione fra due diuretici a diverso sito di azione incrementa ulteriormente la diuresi. Negli ultimi anni l’ar- senale terapeutico a disposizione del medico per la cura del paziente scompensato si è no- tevolmente arricchito, con l’avvento di ACE- inibitori, beta-bloccanti, e inibitori dell’angiotensina II, che nel complesso han- no contribuito a ridurre la mortalità, le riospedalizzazioni, le recidive e la morbilità correlata a questa patologia. Benché l’uso dei diuretici sia tuttora fondamentale nella riso- luzione dello scompenso cardiaco acuto, il loro ruolo è stato ridimensionato nella fase di mantenimento, parallelamente ad una maggior conoscenza del quadro fisiopatologico alla base dello scompenso e del ruolo dell’attiva- zione del sistema neurormonale nel paziente 222 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2005; 6 (3)© SEEd Tutti i diritti riservati I farmaci per lo scompenso cardiaco: criteri di scelta razionale e costo-efficace con scompenso cronico. Questo sistema, in- fatti, reagisce alla terapia diuretica con l’au- mento del tono adrenergico e con l’attivazio- ne del sistema renina-angiotensina. Questo è il motivo per cui i diuretici non permettono di mantenere a lungo una stabilità emodinamica e di aumentare la sopravvivenza nei pazienti scompensati [31]. La terapia diuretica, tutta- via, è molto utile per il controllo della sinto- matologia, grazie alla riduzione della pressio- ne di riempimento del ventricolo destro e del- la pressione arteriosa polmonare, ed in misu- ra minore di quelle del ventricolo sinistro e arteriosa sistemica, cui consegue un miglio- ramento dei sintomi di congestione, come la dispnea. D’altro canto, una diuresi eccessiva può ridurre la pressione venosa e la pressio- ne di riempimento ventricolare, con riduzione della gittata cardiaca, ridotta perfusione tes- sutale, ipotensione arteriosa e segni di disidratazione. In particolare nell’anziano que- sto quadro clinico può essere responsabile di sincope, emoconcentrazione e insufficien- za renale. Per questo motivo uno schema fis- so di dosaggio è chiaramente insoddisfacen- te. Il dosaggio dei diuretici nella fase di man- tenimento deve essere aggiustato in accordo con le necessità cliniche e l’idratazione del singolo paziente. Anche i farmaci antialdosteronici, spironolattone o il suo metabolita canreonato, si sono dimostrati utili, a basse dosi, nell’au- mentare la sopravvivenza in pazienti con scompenso cardiaco congestizio, e nel ridur- re recidive di scompenso e riospedalizzazione [32]. Le nuove opzioni farmacologiche hanno pertanto ridefinito il ruolo della terapia diuretica, limitandola al controllo e alla ridu- zione della ipervolemia nello scompenso congestizio cronico, in associazione con far- maci che riducano l’attivazione neurormonale. La relativa diminuzione dell’interesse rivolto al ruolo dei diuretici nella terapia dello scompenso cronico, e in particolare l’assen- za di evidenze scientifiche robuste che ne di- mostrino i benefici in termini di mortalità o riduzione delle ospedalizzazioni, sono molto probabilmente la causa dell’assenza di studi farmacoeconomici di rilevo che ne analizzino l’impatto complessivo sul costo di malattia. Nel tentativo di razionalizzare il mercato farmaceutico e contenerne la spesa a carico del SSN, negli ultimi anni sono state introdot- te alcune innovazioni normative che hanno creato le condizioni necessarie per favorire lo sviluppo del mercato dei generici anche in Italia. Ogni prodotto farmaceutico, allo sca- dere della protezione brevettuale, può infatti essere riprodotto e commercializzato da azien- de farmaceutiche concorrenti. I farmaci “co- pia” possono essere registrati e commer- cializzati con un nome di fantasia (“generici branded”) o con la denominazione comune internazionale (DCI) seguita dal nome del pro- duttore (generici propriamente detti). Gli obiettivi principali della politica del ge- nerico sono di favorire un mercato farmaceu- tico maggiormente aperto alla concorrenza, di innescare una dinamica di riduzione dei prezzi dei medicinali e di consentire significa- tivi risparmi sulla spesa farmaceutica pubbli- ca permettendo, in ultima analisi, di liberare risorse da destinare ai farmaci innovativi più costosi. In Italia questi obiettivi vengono perseguiti mediante l’adozione di tre norme: a) il prezzo del generico deve essere almeno il 20% inferiore a quello del prodotto “originatore”. L’“originatore” può, a sua vol- ta, diminuire il prezzo anche sotto il livello dei generici, innescando in tal modo una dinami- ca di prezzi al ribasso grazie alla possibilità di entrare in un mercato concorrenziale; b) il prez- zo del generico, o il prezzo più basso tra quelli dei prodotti generici equivalenti, viene assun- to come prezzo di riferimento rimborsabile dal SSN per quel farmaco; c) il farmacista è tenu- to a dispensare un “generico” in sostituzione di un equivalente prodotto di marchio, salvo il caso in cui il medico specifichi il contrario o il paziente sia disposto a pagare l’eventuale differenza rispetto alla quota rimborsata dal SSN [33]. In Italia il mercato dei generici è iniziato da meno di 5 anni ed ha rivelato una dinamica di riduzione dei prezzi su base concorrenziale discretamente attiva, comportando per alcu- ni prodotti un abbattimento del prezzo inizia- le di oltre il 50%. In questi anni il mercato dei generici ha rag- giunto quote sensibili, benché non straordi- narie, e si tratta di un mercato in espansione, sia come volume complessivo di confezioni vendute sia come introduzione di nuovi pro- dotti. Il numero di prodotti generici disponibi- le è infatti relativamente elevato, particolarmen- te nelle patologie ad elevata prevalenza, come nel caso dello scompenso cardiaco (Tabella VI), ma anche dell’ansia, della depressione, del diabete, ecc. È dunque oggi possibile gestire intere popo- lazioni di pazienti, in accordo con le raccomanda- zioni delle linee guida, utilizzando i prodotti ge- nerici, con un contenimento dei costi e, soprat- tutto, un’amplificazione dei benefici, clinici ed economici, descritti nei paragrafi precedenti. Per quanto riguarda i farmaci utilizzati nel trattamento dello scompenso cardiaco, l’intro- duzione dei generici ha comportato una signi- ficativa riduzione dei prezzi, prossima al 50%. Nella Tabella VII abbiamo valorizzato in termi- ni monetari uno schema posologico “tipico” per un paziente scompensato trattato in accor- 223Farmeconomia e percorsi terapeutici 2005; 6 (3) © SEEd Tutti i diritti riservati F. V. Costa, L. Pradelli do alle linee guida (carvedilolo 25 mg due vol- te al dì + enalapril 20 mg/die + potassio canreonato 100 mg/die), in base ai prezzi vi- genti prima dell’introduzione del rispettivo generico e a quelli attuali. Come si può osservare, il costo farma- ceutico di un tale schema posologico si è ridotto del 45% dall’introduzione del generi- co. Abbiamo già discusso come la spesa per farmaci rappresenti una parte minore del co- sto complessivo dello scompenso cardiaco e che sarebbe necessario affrontare il tema della riduzione dei costi di malattia con ap- procci rivolti ad altre componenti di spesa. CTAecidoC ocamraF enoizefnoC )orue(otnemirefiridozzerP itaicossanonitnaccolb-ateB 70AA70C ololatoS gm08àtinu04 07,4 gm08àtinu05 86,5 20BA70C ololorpoteM gm001àtinu001 26,61 gm002àtinu82 96,8 gm001àtinu03 30,4 gm002àtinu03 10,7 gm001àtinu05 20,8 gm002àtinu05 20,31 30BA70C ololonetA gm001àtinu41 01,3 gm001àtinu24 57,6 gm001àtinu05 53,8 gm05àtinu05 10,6 20GA70C ololidevraC gm52,6àtinu82 00,5 gm52àtinu03 05,11 iciteruidaitaicossaitnaccolb-ateB 30BC70C enodilatrolC+ololonetA gm)52+001(àtinu82 00,8 gm)5,21+05(àtinu82 01,4 gm)52+001(àtinu03 25,8 gm)5,21+05(àtinu03 19,4 irotibini-ecA 10AA90C lirpotpaC gm05àtinu42 33,7 gm52àtinu05 21,8 20AA90C lirpalanE gm02àtinu41 05,5 gm5àtinu82 00,5 iciteruiD 10AC30C edimesoruF gm005àtinu02 02,71 gm52àtinu03 26,1 40AC30C edimesaroT gm01àtinu41 08,2 11AB30C edimapadnI gm5,2àtinu03 94,4 gm5,2àtinu05 00,7 20AD30C otaonernacoissatoP gm001àtinu02 08,4 30AA30C edizaitorolcordI gm52àtinu02 92,1 Tabella VI Confezioni e prezzi dei beta-bloccanti, ACE-inibitori e diuretici disponibili come generici in Italia [33] 224 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2005; 6 (3)© SEEd Tutti i diritti riservati I farmaci per lo scompenso cardiaco: criteri di scelta razionale e costo-efficace Tabella VII Confronto dei costi/terapia dello scompenso cardiaco prima e dopo l’introduzione dei generici (per spiegazioni più dettagliate si rimanda al testo) ololidevraC lirpalanE otanoernaCoissatoP ELATOT enoizefnoC gm52àtinu03 gm02àtinu41 gm001àtinu02 )orue(ocireneg-erpozzerP 8,91 3,11 3,8 )orue(ocirenegladozzerP 5,11 5,5 8,4 atazzirolavaigolosoP dibgm52 diugm02 diugm001 )orue(ocireneg-erpelisnemotsoC 5,93 2,42 5,21 2,67 )orue(ocirenegnocelisnemotsoC 32 8,11 2,7 24 itsocatleD %54- aznesilibattartivitnuiggaitneizaP asepsidossecce %28 Potrebbe dunque sembrare paradossale in- sistere sulla riduzione della spesa farmaceu- tica, vista la capacità dei farmaci di ridurre i costi associati. Riteniamo infatti che la chia- ve di lettura corretta sia un’altra e che il dato più interessante sia riportato nell’ultima co- lonna della Tabella VII: a parità di spesa far- maceutica, come noto regolata da norme su tetti di spesa e sforamenti che ne rendono difficile l’incremento anche a fronte della di- mostrazione di un beneficio economico com- plessivo, è oggi possibile trattare più pazien- ti con scompenso cardiaco (+ 82%, o 182 ogni 100 pazienti trattati ai prezzi pre-generi- co), estendendo le positive ricadute cliniche ed economiche di una terapia efficace a un numero maggiore di pazienti. CONCLUSIONI Lo scompenso cardiaco è una patologia grave che induce un elevato consumo di ri- sorse sanitarie. L’elevata prevalenza compor- ta un pesante onere economico per tutte le società industrializzate, che si prevede anco- ra maggiore nei prossimi anni, sia per l’au- mento dell’incidenza, sia per l’aumentata so- pravvivenza dei pazienti. Il principale cost- driver dello scompenso cardiaco è rappre- sentato dai frequenti ricoveri ospedalieri per recidiva. La prima causa di riacutizzazione del- l’insufficienza cardiaca è un trattamento ina- deguato, inteso sia come compliance insuffi- ciente allo schema terapeutico prescritto, sia come prescrizione di terapie sub-ottimali, a dispetto delle ampie evidenze di efficacia del- le terapie oggi previste dalle linee guida, in gran parte basate su ACE-inibitori, diuretici e beta-bloccanti. Beta-bloccanti e ACE-inibitori, inoltre, sono stati studiati anche dal punto di vista farmacoeconomico ed è dimostrato che il loro utilizzo è in grado non solo di aumenta- re la sopravvivenza e migliorare la sintomato- logia, ma anche di ridurre in misura sensibile le recidive e quindi i ricoveri, con l’effetto di ottenere un risparmio netto sul costo globale di patologia. Occorre poi ricordare che i beta- bloccanti e gli ACE-inibitori considerati il gold standard nella terapia dello scompenso sono oggi privi di copertura brevettuale e che, es- sendosi ridotto significativamente il prezzo d’acquisto in seguito all’introduzione dei pro- dotti generici, essi possono essere offerti a un maggior numero di pazienti senza incre- mentare la spesa farmaceutica, rendendo ancor più rilevanti i vantaggi economici del loro impiego per il SSN e la società nel suo complesso. 225Farmeconomia e percorsi terapeutici 2005; 6 (3) © SEEd Tutti i diritti riservati F. V. Costa, L. Pradelli BIBLIOGRAFIA 1. Ho KK, Pinsky JL, Kannel WB, Levy D. The epidemiology of heart failure: the Framingham Study. J Am Coll Cardiol 1993; 22 (Suppl A): 6A-13A. 2. Cowie MR, Mosterd A, Wood DA, et al. The epidemiology of heart failure. Eur Heart J 1997; 18: 208-25. 3. 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