2005 6(1) 289Farmeconomia e percorsi terapeutici 2005; 6 (4) © SEEd Tutti i diritti riservati L. Pradelli. M. Eandi Adefovir dipivoxil nella terapia dell’epatite B cronica: profilo farmacologico clinico ed economico Lorenzo Pradelli*, Mario Eandi# ABSTRACT Despite the fact that an effective vaccine against hepatitis B virus (HBV) has been available for over 30 years, the worldwide prevalence of this infection is still very high. Until recently, there were only two effective therapeutic options for chronic hepatitis B (CHB), interferon and lamivudine, but both are considered sub- optimal therapies, for different reasons. Adefovir dipivoxil (ADV) is the oral prodrug of adefovir, an acyclic nucleotide analogue that demonstrated virological and clinical effectiveness against HBV in experimental and real world settings. In this paper the main pharmacological and clinical evidence of ADV in CHB is reviewed. Health care economics data on the direct costs of CHB in different countries are presented and potential economical consequences of its introduction in Italy are discussed. Keywords: chronic hepatitis B (CHB), adefovir dipivoxil (ADV), health care economics Farmeconomia e percorsi terapeutici 2005; 6 (4): 289-300 REVIEW *Advanced Research Srl #Farmacologia clinica, Università di Torino INTRODUZIONE Nonostante un vaccino efficace sia dispo- nibile da oltre 30 anni, l’impatto dell’infezione da virus dell’epatite B (HBV) sull’intera popo- lazione mondiale rimane ancora oggi elevato. Il numero di soggetti sierologicamente positi- vi a uno o più marcatori dell’HBV è stimato in oltre 2 miliardi, e di questi almeno un terzo pre- senta replicazione attiva del virus [1,2]. Fino a poco tempo fa, i farmaci utilizzabili con successo nella terapia dell’epatite croni- ca B erano due, l’interferone e la lamivudina, ma entrambi, per ragioni differenti, sono con- siderate terapie sub-ottimali: l’interferone ri- sulta utile solo in gruppi selezionati di pazienti ed è scarsamente accettato per la frequente tossicità, mentre l’utilizzo della lamivudina, caratterizzata da un ottimo profilo di efficacia e tollerabilità, è limitato dalla comparsa preco- ce e progressiva di ceppi virali con mutazioni genetiche che conferiscono resistenza alla sua azione antivirale. La necessità di un’ulteriore opzione terapeutica per i pazienti con epatite B, in particolare per quelli in cui la terapia con lamivudina ha fallito, era dunque evidente ed è confermata dalla rapidità con cui le agenzie regolatorie (FDA – U.S.A.; EMEA – Unione Europea; TGA – Australia) hanno approvato l’introduzione sul mercato farmaceutico dell’adefovir dipivoxil, un analogo nucleotidico in grado di inibire efficacemente in vitro e in vivo la replicazione dell’HBV, sia selvaggio sia lamivudino-resistente. In seguito alla recente introduzione di questo principio attivo anche nel nostro Paese, presentiamo un profilo far- macologico clinico ed economico di adefovir dipivoxil. FARMACOLOGIA CLINICA Definizione del problema Il virus responsabile dell’epatite B è un hepadnavirus senza attività citopatica diretta. La storia naturale dell’infezione da HBV è in- fatti determinata dall’interazione tra la replicazione virale e risposta immune del sog- getto infettato e può essere schematizzata in quattro fasi: - fase della tolleranza immunitaria, tipica dei bambini con infezione acquisita nel perio- do perinatale, si caratterizza per la presen- za dell’HBeAg (antigene dell’involucro - envelope), elevati livelli di DNA virale (HBV DNA) e livelli di ALT nella norma; - fase dell’eliminazione immunitaria, che rap- presenta la seconda tappa nei bambini con infezione perinatale e la prima nei soggetti infettati nel corso dell’infanzia e dell’età adulta. Si caratterizza per la presenza di replicazione virale attiva (alti livelli di HBV DNA) e danno istologico (alti livelli di ALT). 290 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2005; 6 (4)© SEEd Tutti i diritti riservati Adefovir dipivoxil nella terapia dell’epatite cronica B: profilo farmacologico clinico ed economico Nella variante “classica”, determinata dal virus selvaggio, i pazienti presentano positività per l’HBeAg; in Italia e in altre zone dell’area mediterranea e del continente asiatico, tuttavia, la forma di epatite cronica B più frequente (circa l’80% dei casi nel no- stro Paese) è determinata da un ceppo virale che presenta una mutazione nella regione genica pre-core che causa l’incapacità di sin- tesi dell’HBeAg. Le epatiti candidate alla terapia antivirale sono in questa fase; - fase residuale, successiva al passaggio, spontaneo (tasso annuale spontaneo del 5-15%) o indotto dalla terapia, dalla replicazione attiva allo stato di quiescenza del virus. Si caratterizza per la marcata ridu- zione degli indici di replicazione (DNA vi- rale), di danno epatocellulare (ALT) e per la sieroconversione HBeAg (scomparsa dell’antigene e comparsa dell’anticorpo HBeAb) nelle forme HBeAg-positive. I pa- zienti in questa fase sono “portatori inatti- vi” dell’HBV; - fase risolutiva, caratterizzata dalla scompar- sa dal siero dell’antigene di superficie (HBsAg) e dalla comparsa del corrispon- dente anticorpo. Si tratta di un evento piut- tosto raro sia nel corso dell’evoluzione na- turale dell’infezione, sia nei pazienti trattati. Oltre alla presenza/assenza dell’antigene dell’envelope, le forme HBeAg-negative si dif- ferenziano da quelle HBeAg-positive per l’età media più avanzata dei pazienti, per livelli infe- riori di HBV DNA e per la minor tendenza alla remissione, sia spontanea sia indotta dalla te- rapia. Entrambe le forme possono manifestarsi con una ampia gamma di gravità, dalla malattia stabile e asintomatica a forme gravi e rapida- mente progressive. Il mantenimento della replicazione virale è considerato il maggior fat- tore determinante la progressione del danno parenchimale, a sua volta responsabile delle manifestazioni cliniche delle fasi avanzate o complicate dell’infezione, come l’insufficienza epatica, la cirrosi e il carcinoma epatocellulare. Coerentemente, l’obiettivo primario della tera- pia dell’epatite cronica è l’inibizione della replicazione virale. Le strategie terapeutiche in grado di ottenere questo risultato sfruttano due approcci distinti: il primo si basa sulla stimolazione dell’immunità naturale dell’ospi- te e viene attuato con la somministrazione di interferone; il secondo si avvale della sommi- nistrazione di molecole ad attività antivirale diretta. Prima dell’introduzione dell’adefovir, l’unica molecola di questa classe era la lamivudina, un analogo nucleosidico dall’otti- ma tollerabilità ed efficacia a breve termine con- tro HBV. L’efficacia a lungo termine della lamivudina, tuttavia, è compromessa dalla ra- pida e progressiva comparsa di ceppi virali re- sistenti che sostituiscono il ceppo selvaggio, a un tasso annuale di circa il 15-20%, fino ad arrivare al 70-90% di pazienti resistenti dopo 4 anni di terapia [3-5]. Attualmente, in assenza di alternative, la terapia con lamivudina viene proseguita an- che dopo la comparsa dei ceppi resistenti, che pur possedendo un’attività replicativa inferio- re al ceppo originario causano una ripresa del- l’attività necroinfiammatoria e del danno pa- renchimale in pazienti precedentemente sotto controllo. L’interruzione della somministrazio- ne di lamivudina è infatti risultata associata a riacutizzazioni dell’epatite (flare) e ritorno del ceppo selvaggio, che presumibilmente coesi- ste con il ceppo mutato, ma rimane soppresso fintanto che viene mantenuta la terapia antivirale [6,7]. Farmacocinetica e farmacodinamica Adefovir dipivoxil è un pro-farmaco che viene rapidamente convertito ad adefovir a li- vello della mucosa intestinale, con una biodisponibilità relativa del 59%. Una volta as- sorbito, adefovir si distribuisce in un volume apparente di 400 mL/Kg di peso corporeo, rag- giungendo concentrazioni di picco medie di 18 ng/mL dopo una mediana di 1,75 ore in seguito all’assunzione di 10 mg di adefovir dipivoxil [8]. Adefovir non va incontro a degradazione meta- bolica e viene escreto immodificato per via renale, con un’emivita di eliminazione di circa 7,5 ore. L’emivita plasmatica, tuttavia, non riflet- te la durata dell’effetto clinico, poiché l’emivita intracellulare del metabolita attivo difosforilato è di 16-18 ore, sufficienti a consentire la mono- somministrazione giornaliera. Una volta incor- porato nella cellula, adefovir viene fosforilato da chinasi cellulari, con formazione del compo- sto attivo, adefovir difosfato. Adefovir difosfato inibisce l’azione della DNA-polimerasi virale (tra- scrittasi inversa) competendo con il substrato naturale, deossiadenosina trifosfato, e determi- nando l’interruzione della catena di DNA virale nascente una volta incorporatovi [9,10]. La costante di inibizione (K i ) dell’adefovir difosfato sul DNA di HBV è risultata di 0,1 µM, circa 10 volte inferiore alle concentrazioni ne- cessarie ad inibire le DNA polimerasi umane; in cellule di epatoma umano transfettate con HBV, la concentrazione di adefovir necessaria ad inibire il 50% della sintesi di DNA virale è risultata compresa tra 0,2 e 2,5 µM/L [8]. Efficacia clinica nell’epatite B cronica Studi clinici controllati - Pazienti non precedentemente trattati (treatment-naïve) I primi studi clinici di fase III per la valuta- zione dell’efficacia e della sicurezza di adefovir dipivoxil nel trattamento di pazienti treatment- naïve con epatite cronica da HBV sono stati controllati versus placebo, invece che contro 291Farmeconomia e percorsi terapeutici 2005; 6 (4) © SEEd Tutti i diritti riservati L. Pradelli. M. Eandi lamivudina, perché anche questa molecola era ancora in fase sperimentale al momento del di- segno e dell’avvio di questi studi. Marcellin et al. hanno reclutato 515 pazien- ti di entrambi i sessi e di età compresa tra i 15 e i 65 anni, affetti da epatite cronica B, definita dalla presenza di HBsAg da almeno 6 mesi, livelli sierici di HBV DNA di almeno 106 copie/ mL e concentrazioni di ALT tra 1,2 e 10 volte il limite superiore dell’intervallo di riferimento (ULN) e positivi per HBeAg in uno studio multicentrico, randomizzato e controllato versus placebo della durata di 48 settimane. I pazienti sono stati suddivisi in tre gruppi di trattamento, di cui uno ha ricevuto placebo e gli altri adefovir dipivoxil, alla dose di 10mg e 30 mg/die, rispettivamente. Le analisi principa- li sono state condotte sul confronto tra il grup- po placebo e quello che ha ricevuto 10 mg/die di adefovir. Endpoint primario utilizzato per la valutazione di efficacia è stato il miglioramen- to istologico, definito come la riduzione di al- meno 2 punti nello score necroinfiammatorio di Knodell, senza contemporaneo incremento dello score relativo alla fibrosi, dopo 48 setti- mane di terapia. Come endpoint di efficacia se- condari sono stati valutati l’evoluzione della concentrazione sierica di HBV DNA, la quota di pazienti con livelli di HBV DNA inferiori alla soglia di rilevazione, l’effetto del trattamento sulle concentrazioni di ALT e la proporzione di pazienti con perdita dell’HBeAg o sierocon- versione HBeAg (perdita dell’antigene e com- parsa dell’anticorpo). Al termine delle 48 settimane di studio, il miglioramento istologico era presente nel 53 e nel 59% dei pazienti trattati con adefovir dipivoxil 10 e 30 mg/die, rispettivamente, ri- spetto al 25% dei pazienti nel gruppo placebo (p < 0,001 per entrambi i confronti). Di conver- so, la quota di soggetti che ha presentato un peggioramento dello score necroinfiammatorio di Knodell al termine delle 48 settimane è stata significativamente superiore nel gruppo placebo (34%) che nei gruppi in trattamento attivo (13% e 10%, p<0,001 per entrambi i con- fronti). La risposta virologica ai trattamenti è risultata paragonabile a quella istologica: nei gruppi trattati con adefovir dipivoxil 10 e 30 mg/die la riduzione media della carica virale è stata di 3,52 e 4,76 log 10 copie/mL, rispettiva- mente, a fronte di un decremento di 0,55 log 10 copie/mL nel gruppo placebo (p<0,001). Nes- sun paziente nel gruppo placebo ha ottenuto la riduzione della carica virale al di sotto della soglia di rilevazione, mentre ciò è avvenuto nel 21 e nel 39% dei pazienti dei gruppi adefovir 10 e 30 mg/die, rispettivamente. La perdita di HBeAg si è osservata nel 24% dei pazienti trat- tati con adefovir 10 mg/die, nel 27% di quelli trattati con adefovir 30 mg/die e nell’11% nel gruppo placebo; la sieroconversione HBeAg è stata ottenuta nel 12, 14 e 6% dei pazienti adefovir 10, 30 mg/die e placebo, rispettiva- mente. Non è stata osservata alcuna mutazio- ne genetica che conferisse resistenza all’azio- ne antivirale dell’adefovir per l’intera durata del ciclo terapeutico. Il profilo di tollerabilità dell’adefovir, ai due livelli dose, è risultato ana- logo a quello del placebo, con l’eccezione di una maggior tendenza all’aumento dei valori di creatinina sierica nel gruppo che ha ricevu- to 30mg/die di adefovir dipivoxil [11]. Al termine delle 48 settimane di studio, i pazienti sono stati riassegnati a due gruppi di trattamento, 10mg/die di adefovir o placebo, secondo lo schema seguente: i pazienti prece- dentemente assegnati al placebo hanno tutti ricevuto 10 mg/die di adefovir, i pazienti prece- dentemente trattati con 30 mg/die di adefovir hanno tutti ricevuto placebo, mentre quelli nel gruppo adefovir 10 mg/die originale sono stati casualmente suddivisi nei due gruppi. A causa di un errore nell’assegnazione in cieco del far- maco in studio, tuttavia, lo studio è stato inter- rotto prematuramente e ai pazienti è stato pro- posto di proseguire la terapia con 10 mg/die di adefovir, con disegno sperimentale in aperto. I risultati ottenuti su 65 pazienti che con questa seconda fase hanno raggiunto la settimana 144 dello studio sono stati presentati al con- gresso dell’European Association for the Study of Liver (EASL), tenutosi a Parigi nel- l’aprile del 2005, e hanno dimostrato che il be- neficio clinico di adefovir nella terapia dell’epatite cronica B aumenta con l’aumenta- re della durata del trattamento, con incremento delle percentuali di pazienti con livelli non rilevabili di HBV DNA, normalizzazione bio- chimica e perdita/sieroconversione HBeAg (Figura 1) [12]. 29 63 23 14 40 73 46 33 48 80 53 46 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 HBV DNA < 1000 copie/ml Normalizzazione ALT Perdita HBeAg Sieroconversione HBeAg % d i p a z ie n ti 48 settimane 96 settimane 144 settimane Figura 1 Efficacia progressiva di adefovir nello studio di Marcellin et al. 292 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2005; 6 (4)© SEEd Tutti i diritti riservati Adefovir dipivoxil nella terapia dell’epatite cronica B: profilo farmacologico clinico ed economico Dei 65 pazienti, trattati per una mediana per 135 settimane (range di esposizione al farmaco 88-179 settimane), 2 (3%) hanno presentato resistenza al trattamento in seguito alla com- parsa di ceppi virali con due distinte mutazioni geniche in grado di determinare una sostan- ziale riduzione della sensibilità all’adefovir. In caso di sieroconversione HBeAg con- fermata, il trattamento con adefovir è stato so- speso e i pazienti sono stati seguiti per verifi- care la durata della risposta virologica nel tem- po: dopo una mediana di 55 settimane (range 5-114) senza terapia antivirale, il 91% dei pa- zienti con sieroconversione documentata con- tinuava a presentare positività per l’anticorpo anti-HBeAg e negatività per l’antigene. Il pro- filo di tollerabilità del farmaco dopo 144 setti- mane è risultato paragonabile a quello registra- to dopo il primo anno di terapia. L’efficacia dell’adefovir dipivoxil alla dose di 10 mg/die nella terapia dell’epatite B HBeAg-ne- gativa è stata valutata in uno studio randomizzato e controllato versus placebo dal disegno speri- mentale simile al precedente (Figura 2) [13]. Le analisi principali sono state condotte, come nello studio precedente, sui primi 48 mesi di terapia e adottando come endpoint prima- rio di efficacia la percentuale di pazienti con miglioramento istologico, sempre definito come riduzione di almeno 2 punti dello score necroinfiammatorio di Knodell senza contem- poraneo incremento dello score relativo alla fibrosi. Dopo 48 settimane di terapia con adefovir, il 64% dei pazienti ha raggiunto l’endpoint primario, mentre nel gruppo placebo il miglioramento istologico è risulta- to apparente nel 33%; la riduzione mediana della carica virale è stata di 3,91 vs. 1,35 log 10 copie/mL; la proporzione di pazienti con cari- ca virale inferiore alla soglia di rilevazione (1000 copie/mL) è stata del 51% vs. 0%, e il 72% dei pazienti trattati vs. il 29% del gruppo placebo ha ottenuto la normalizzazione dei li- velli sierici di ALT (p<0,001 per tutti i con- fronti). Anche in questi pazienti, non si è os- servata la comparsa di mutazioni geniche di HBV in grado di conferire resistenza all’adefovir e il profilo di tollerabilità è risulta- to simile a quello del placebo. I risultati ottenuti alla settimana 192 (4 anni), gli ultimi a essere stati resi pubblici, indicano che anche nell’epatite HBeAg-negativa la pro- secuzione del trattamento incrementa il bene- ficio clinico, come indicato dal progressivo aumento della quota di pazienti con normalizzazione delle concentrazioni sieriche di ALT (Figura 3). La lunga durata del trattamento con adefovir nei pazienti HBeAg-negativi di que- sto studio è risultata associata allo sviluppo di resistenze alla sua azione antivirale: l’inciden- za cumulativa di pazienti resistenti è stata del- lo 0 %, 3%, 11% e 18% dopo 48, 96, 144 e 192 settimane, rispettivamente [14]. Studi clinici controllati - Pazienti con HBV resistente alla lamivudina Adefovir è stato valutato nella terapia del- le epatiti croniche sostenute da HBV Adefovir 10 mg/die N = 123 Placebo N = 62 Adefovir 10 mg/die N = 80 Adefovir 10 mg/die N = 60 Placebo N = 40 Adefovir 10 mg/die N = 70 Adefovir 10 mg/die N = 55 Adefovir 10 mg/die per 2 anni ulteriori Settimane 0 Biopsia 48 Biopsia 96 Biopsia 144 Figura 2 Patient flow dello studio su epatite cronica B HBeAg-negativa 73 83 88 91 0 10 20 30 40 50 60 70 80 90 100 48 96 144 192 % d i p a z ie n ti c o n A L T n e ll a n o rm a Settimana di studio Figura 3 Progressivo aumento dei pazienti con epatite HBeAg-negativa con valori biochimici nella norma [14] 293Farmeconomia e percorsi terapeutici 2005; 6 (4) © SEEd Tutti i diritti riservati L. Pradelli. M. Eandi lamivudino-resistenti sia in monoterapia, sia in combinazione con lamivudina, mantenuta nonostante la comparsa dei ceppi mutanti, in accordo alla pratica clinica attualmente più dif- fusa, come discusso più sopra. Perrillo e coll. hanno reclutato pazienti di entrambi i sessi che ricevevano lamivudina da almeno 6 mesi, con presenza confermata di mutanti resistenti a una concentrazione sierica di almeno 106 copie/mL e livelli di ALT > 1,3 ULN in almeno due occasioni durante i sei mesi precedenti l’arruolamento. I pazienti sono sta- ti suddivisi in due gruppi in base alla gravità dell’epatopatia: quelli con malattia compensa- ta e positività per HBeAg sono stati assegnati al gruppo A, ulteriormente suddiviso in un gruppo di trattamento e uno di controllo, men- tre i pazienti con malattia scompensata (bilirubinemia ≥ 2 ULN e/o PT allungato di alme- no 3 secondi e/o albuminemia < 32 g/L e/o pregressa ascite, emorragia da rottura di varice gastro-esofagea o encefalopatia epatica) sono stati assegnati al gruppo B, che è stato studiato con un disegno sperimentale in aperto. Tutti i pazienti hanno continuato a riceve- re lamivudina 100 mg/die; ai pazienti del grup- po B e a quelli randomizzati al sottogruppo di trattamento nell’ambito del gruppo A è stato aggiunto adefovir 10 mg/die per 52 settimane, mentre il sottogruppo di controllo nel gruppo A ha un placebo. Nell’ 85% (39 su 46) dei pazienti con epatite cronica resistente alla lamivudina ed epatopatia compensata (gruppo A) l’aggiunta di adefovir 10 mg/die alla terapia con lamivudina ha deter- minato una risposta virologica, definita come una concentrazione sierica di HBV DNA ridot- ta di almeno 2 log 10 copie/mL o ≤ 10 copie/mL alle misurazioni effettuate alle settimane 48 e 52, contro l’11% (5 su 46) dei pazienti che han- no ricevuto lamivudina e placebo (p< 0,001). La variazione mediana dei valori di HBV DNA è stata di - 4,6 log 10 copie/mL e + 0,3 log 10 co- pie/mL nel sottogruppo che ha ricevuto adefovir e placebo, rispettivamente. La rispo- sta biochimica, definita come normalizzazione delle concentrazioni di ALT sia alla settimana 48 sia alla settimana 52, è stata registrata nel 31% dei pazienti in terapia combinata, contro il 6% di quelli cui veniva somministrata lamivu- dina e placebo, la perdita di HBeAg nel 15% contro il 2% e la sieroconversione HBeAg nel 8% vs 2%. Nei pazienti con malattia scompensata (gruppo B), la risposta virologica è stata osservata nel 92% dei pazienti, con una riduzione mediana di HBV DNA di 4,6 log 10 copie/mL e la normalizzazione delle concentra- zioni di ALT nel 53% dei casi. [15] I risultati di questo studio mettono in evi- denza che l’aggiunta di adefovir alla terapia con lamivudina è un mezzo efficace e sicuro di soppressione della replicazione dell’HBV l a m i v u d i n o - r e s i s t e n t e i n p a z i e n t i c o n epatopatia compensata e scompensata, ma l ’ a s s e n z a d i u n g r u p p o d i p a z i e n t i i n monoterapia con adefovir non permette di valutare gli eventuali vantaggi della terapia combinata rispetto all’adefovir dipivoxil da solo. Questo problema è stato affrontato da Peters e coll. in uno studio multicentrico, randomizzato in doppio cieco, condotto su 59 pazienti con epatite cronica B HBeAg- positiva sostenuta da virus lamivudino-re- s i s t e n t i , c o m e c o n f e r m a t o d a l l ’ a n a l i s i genotipica della polimerasi virale e dalla pre- senza di ≥ 6 log 10 copie/mL nonostante la prosecuzione della terapia con lamivudina. I pazienti sono stati suddivisi in tre gruppi di trattamento: un gruppo in monoterapia con a d e f o v i r d i p i v o x i l 1 0 m g / d i e , u n o i n monoterapia con lamivudina 100 mg/die e l’ul- timo che ha ricevuto entrambi i farmaci in combinazione. In seguito all’introduzione di adefovir, da solo o in combinazione con la- mivudina, entrambi i gruppi hanno manife- stato una rapida risposta al trattamento, con riduzioni delle concentrazioni sieriche di HBV DNA di circa 2 log 10 copie/mL alla settimana 4, circa 3 log 10 copie/mL alla settimana 16 e circa 4 log 10 copie/mL alla settimana 48, men- tre nessuna riduzione significativa è stata osservata nel gruppo in monoterapia con lamivudina. La soppressione dell’attività replicativa con adefovir è risultata simile in monoterapia e in combinazione con lamivu- dina, suggerendo che quest’ultima conferi- sca un ridotto beneficio clinico dopo la com- parsa di ceppi mutati. [16] Questo risultato è in accordo con quelli presentati da Liaw et al. che hanno monitorato e confrontato il decorso clinico di 66 pazienti con HBV lamivudino-resistente che hanno prosegui- to la terapia con quello di altri 68 pazienti che l’hanno interrotta. In un periodo di 12 mesi, flare e decompensazioni epatiche sono avvenute in 67 e 11%, rispettivamente, dei pazienti che hanno proseguito la terapia, e Tabella I Eventi epatici nello studio di Liaw et al. [6] Risultati espressi come n (%) itnevE aniduvimalnocaipareT )66=n(ataunitnoC )86=n(attorretnI NLU5>TLA )76(44 )45(73 NLU01>TLA )93(62 )43(32 l/U0001>TLA )11(7 )9(6 ld/gm2>aniburiliB )41(9 )21(8 inoizasnepmoceD )11(7 )7(5 gAeBHinoisrevnocoreiS )91(75/11 )53(34/51 294 Farmeconomia e percorsi terapeutici 2005; 6 (4)© SEEd Tutti i diritti riservati Adefovir dipivoxil nella terapia dell’epatite cronica B: profilo farmacologico clinico ed economico in 54 e 7% dei pazienti che l’hanno interrot- ta. Il tasso di sieroconversione HBeAg è sta- to del 19% con lamivudina e del 35% senza. Dopo 12 mesi, le concentrazioni sieriche di HBV DNA sono aumentate nel 73% dei pa- zienti che hanno continuato lamivudina, con un incremento significativo del valore me- diano rispetto al basale; tra i pazienti che hanno interrotto la terapia, i valori di HBV DNA sono aumentati nel 33% dei casi e di- minuiti nel 50%, con una riduzione del valo- re mediano rispetto al basale. I principali eventi epatici registrati nei due gruppi sono riassunti in Tabella I. [6] Studi clinici in aperto - Pazienti con HBV resistente alla lamivudina Adefovir dipivoxil è stato valutato da Schiff et al. nella terapia dell’epatite B lamivudino- resistente in candidati al trapianto e in pazienti trapiantati con recidiva, due situazioni parti- colarmente a rischio in quanto la presenza di elevate concentrazioni di HBV DNA è associa- ta a un aumento del rischio di recidiva post- trapianto, a sua volta associata ad aumento del rischio di fallimento dell’impianto e morte entro il primo anno dall’operazione. 359 pazienti (128 pre-trapianto – pre-LT – e 196 post-trapianto – post-LT) sono stati arruo- lati uno studio multicentrico, internazionale, in aperto, e trattati con adefovir dipivoxil 10 mg/ die (Tabella II). Tra i pazienti con 48 settimane di trattamento, l’81% della coorte pre-LT e il 34% di quella post-LT hanno raggiunto concentra- zioni di HBV DNA inferiori alla soglia di rilevazione (400 copie/mL), con riduzioni media- ne di 4,1 e 4,3 log 10 copie/mL, rispettivamente. Le concentrazioni sieriche di ALT, albumina, bilirubina e il tempo di protrombina sono risul- tati normalizzati nel 76%, 81%, 50% e 83% dei pazienti pre-LT e nel 49%, 76%, 75% e 20% di quelli post-LT. La sopravvivenza ad un anno è stata dell’84% nei pre-T e del 93% nei post-T; il punteggio di Child-Pugh-Turcotte è rimasto sta- bile o è migliorato in oltre il 90% dei pazienti di entrambe le coorti. Nessuna mutazione genica in grado di conferire resistenza all’adefovir è stata identificata in questi pazienti [17]. Benhamou et al. hanno condotto uno stu- dio pilota in aperto su 35 pazienti HIV-positi- vi con epatite cronica B lamivudino-resisten- te, cui è stato somministrato adefovir 10 mg/ die per 4 anni. Tutti i pazienti erano già in trattamento con lamivudina 150 mg bid come parte della terapia anti-HIV combinata e tale regime è stato mantenuto per l’intera durata dello studio. All’arruolamento, la concentra- zione mediana di HBV DNA era 9,76 log 10 co- pie/mL, ALT 81 U/L, il 94% dei pazienti era HBeAg-positivo e il 22% presentava cirrosi. Dopo l’introduzione di adefovir, le concen- trazioni mediane di HBV DNA sono diminuite rapidamente e progressivamente nel corso della durata dello studio: - 4,7 log 10 , - 5,5 log 10, - 5,9 e - 6,2copie/mL dopo 48, 96, 144 e 192 settimane, rispettivamente. La riduzione della replicazione virale si è riflessa sui parametri biochimici: dopo un transitorio aumento del- le concentrazioni di ALT nelle prime 12 setti- mane dello studio, queste sono scese in ma- niera costante per il rimanente periodo, con normalizzazione dei valori nel 70% dei sog- getti alla settimana 192 (Figura 4). Al termine delle 192 settimane di studio, il 50% dei pazienti mostrava un miglioramento della fibrosi (METAVIR score) e solo l’8% un peggioramento; in 3 pazienti è scomparso 0 6 27 46 58 6 35 47 66 70 0 10 20 30 40 50 60 70 80 Basale 48 96 144 192 Settimana di studio % d i p a z ie n ti HBV DNA < 1000 copie/mL ALT nella norma Figura 4 Risposte virologiche e biochimiche nello studio di Benhamou et al. Tabella II Principali parametri di efficacia nello studio di Schiff et al. a Media ponderata per il tempo della variazione della carica virale dal basale alla settimana 48 b Il denominatore è rappresentato dai pazienti con ALT fuori norma al basale c Punteggio di Child-Pugh-Turcotte d Dati alla settimana 24 aicaciffe'dortemaraP otnaipart-erP otnaipart-tsoP N 821 691 GVAD 84 gol(anaidem 01 )Lm/eipoc a 4,3- 3,3- ∆ ottepsirANDVBHonaidem gol(elasabla 01 )Lm/eipoc 1,4- 3,4- Lm/eipoc004