9© SEEd Tutti i diritti riservatiFarmeconomia e percorsi terapeutici 2011;12(Suppl 2) Aderenza e persistenza: due elementi chiave per la determinazione dell’efficacia terapeutica in usual care alla bassa aderenza [5]. Nel corso degli ultimi 5 anni diversi studi hanno confermato questi ri- sultati dimostrando una relazione dose-risposta tra sopravvivenza e aderenza ad antipertensivi, ipolipidemizzanti e antidiabetici in pazienti affetti da malattie coronariche [6], scompenso cardiaco [7] e diabete mellito [8]. Inoltre, diversi studi degli USA hanno dimo- strato che di tutti i ricoveri associati ai farmaci, la proporzione associata a una scarsa aderenza varia dal 33 al 69% con costi stimati in circa $ 100 miliardi per anno [1,9]. Alla luce di tali evidenze, l’Organizzazione Mondiale della Sa- nità ha pubblicato delle linee guida per medici e operatori sanitari con l’obiettivo di diffondere le strategie più adeguate per migliorare l’aderenza alla terapia farmacologica [10]. TECNICHE DI MISuRAZIONE I metodi disponibili per misurare l’aderen- za (o la persistenza) possono essere suddivisi in diretti e indiretti. I metodi diretti ricorrono alla misurazione dei metaboliti dei farmaci nel sangue e nelle urine e/o alla determinazione di marker specifici che stimano la concentrazione plasmatica del farmaco. Tale approccio, per quanto preciso, è estremamente costoso; esso pertanto può essere applicato soltanto in circo- stanze particolari (es. studi clinici), oppure in condizioni di usual care qualora il paziente sia in trattamento con farmaci a basso indice tera- peutico (es. warfarin, ciclosporina) che com- portano, in presenza di alterazioni del metabo- lismo, un serio fattore di rischio per la salute del paziente. Nei metodi indiretti l’aderenza viene stimata attraverso un’adeguata conoscenza del profilo prescrittivo di un soggetto. Tali stime possono essere ottenute attraverso due possibili fonti di informazione: richiedendo al paziente di trascrivere su que- - stionari o diario clinico tutti farmaci assunti in un dato periodo (nel passato e/o nel corso del follow up); utilizzando gli archivi elettronici delle pre- - scrizioni farmaceutiche. La richiesta diretta di informazioni al pa- ziente rappresenta un metodo piuttosto sem- plice e poco costoso per la determinazione del BACkgROuND L’aderenza (o compliance) al trattamento viene definita come la stima dello scostamen- to tra il comportamento di un paziente e delle raccomandazioni associate a uno specifico per- corso di cura. Il termine “aderenza” viene oggi preferito da molti operatori sanitari al termine “compliance” in quanto quest’ultimo suggerisce un approccio del paziente più passivo rispetto a un determinato piano terapeutico [1]. Generalmente ci si riferisce all’aderenza quando il paziente aderisce a un regime tera- peutico prescritto dal proprio medico, mentre il termine “persistenza” specifica implicitamente il mantenimento nel tempo di una terapia far- macologica. L’aderenza al trattamento delle patologie croniche appare particolarmente alta negli studi clinici, mentre i risultati provenienti da studi condotti in usual care hanno inequivo- cabilmente dimostrato stime significativamen- te più basse, in particolare nel corso del primo anno di trattamento [2]. Ad esempio, in uno studio condotto in Italia in una coorte di 13.303 nuovi casi di ipertensione i risultati hanno mo- strato che dopo un anno di follow up soltanto il 19,8% dei pazienti risultava in trattamento con il farmaco di prima scelta, il 22,1% aggiungeva un altro antipertensivo alla terapia di prima scel- ta, il 15,4% cambiava la terapia antipertensiva e il 42,6% interrompeva qualsiasi trattamento [3]. In un altro studio condotto negli USA in una coorte di 34.501 ultrasessantacinquenni, oltre la metà di questi soggetti interrompeva la terapia con statine nel corso dei primi 6 mesi di follow up [4]. Una bassa aderenza esercita un duplice ef- fetto sui costi sanitari, sia come conseguenza del costo di una prescrizione non efficace, sia in re- lazione a una mancata riduzione dell’incidenza di eventi cardiovascolari. In un recente studio di coorte, ad esempio, gli Autori hanno analizzato la relazione tra l’aderenza alla terapia antiper- tensiva e l’insorgenza di eventi cardiovascolari maggiori in una coorte di 18.806 nuovi casi di ipertensione senza patologie cardiovascola- ri pregresse, seguiti mediamente per 4,6 anni di follow up. L’aderenza ottimale alla terapia è stata associata a una riduzione del 38% del rischio di eventi cardiovascolari, in confronto Giampiero Mazzaglia (1), Ovidio Brignoli (1), Achille P. Caputi (2), Claudio Cricelli (1) (1)Health Search, Società Italiana di Medicina Generale (2)Dipartimento di Medicina Sperimentale e Farmacologia, Università di Messina 10 © SEEd Tutti i diritti riservati Farmeconomia e percorsi terapeutici 2011;12(Suppl 2) Aderenza e persistenza: due elementi chiave per la determinazione dell’efficacia terapeutica in usual care profilo prescrittivo, sebbene la raccolta puntuale nel lungo periodo sia inevitabilmente soggetta a errori, con potenziali fenomeni di sovrastima o sottostima dell’aderenza da parte del paziente [11]. Pertanto, nel corso dell’ultimo decennio, è ampiamente cresciuto l’interesse a utilizzare i dati di prescrizione farmaceutica raccolti su archivi elettronici per condurre studi di valu- tazione dell’aderenza e persistenza alle terapie croniche. L’uso di tali informazioni appare più affidabile nel fornire informazioni sul profi- lo prescrittivo di lungo periodo, sebbene esso parta dall’assunzione che a una prescrizione corrisponde l’effettiva ingestione del farmaco da parte del paziente [12]. L’aderenza viene comunemente stimata at- traverso il rapporto tra i giorni di esposizione a uno specifico trattamento e un dato periodo di osservazione, ovvero il cosiddetto Medical Possession Ratio (MPR). Tale indicatore, tut- tavia, nel lungo periodo non è in grado di de- scrivere adeguatamente le modalità di utilizzo di un determinato farmaco. Ad esempio, mol- teplici periodi di non-esposizione a breve ter- mine possono fornire lo stesso MPR rispetto a pochi periodi di non-esposizione a lungo termi- ne. Viceversa, in tali circostanze la persistenza potrebbe dar luogo a risultati sostanzialmente differenti (Figura 1). Contestualmente, la stima della persistenza è fortemente influenzata dai criteri con i quali essa viene definita; infatti, tra la fine di un episodio terapeutico e l’inizio di una prescrizione successiva, talvolta si può osservare un periodo cosiddetto di non-esposi- zione (gap). Molto spesso nelle analisi di per- sistenza i ricercatori considerano come periodo di esposizione continuativa anche i periodi di non-esposizione, qualora questo arco tempora- le non superi un determinato numero di giorni definito a priori. Questa assunzione nasce dalla difficoltà degli archivi elettronici di stimare con precisione l’effettiva dose assunta dal paziente giornalmente, nonché dalla constatazione che l’attività farmacologica di un data molecola, in base alla propria emivita, può manifestarsi per un periodo di tempo successivo alla fine dell’esposizione. La Figura 1B illustra come la definizione del cosiddetto “gap” sia in grado di modificare sensibilmente le stime di persistenza. Pertanto, Figura 1 Rappresentazione schematica dell’aderenza e della persistenza alla terapia cronica MPR = Medical Possession Ratio A – Molteplici periodi di non-esposizione a breve termine ____________________________________Aderenza (2 anni)___________________________________ MPR = (17/24 mesi) × 100 = 70,8% Persistenza (gap ≤ 1 mese) = (24/24 mesi) × 100 = 100% 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 B – Pochi periodi di non-esposizione a lungo termine ____________________________________Aderenza (2 anni)___________________________________ MPR = (17/24 mesi) × 100 = 70,8% Persistenza (gap ≤ 3 mesi) = (15/24 mesi) × 100 = 62,5% Persistenza (gap ≤ 1 mese) = (3/24 mesi) × 100 = 12,5% 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 Tempo (mesi) 11© SEEd Tutti i diritti riservatiFarmeconomia e percorsi terapeutici 2011;12(Suppl 2) G. Mazzaglia, O. Brignoli, A. P. Caputi, C. Cricelli alla luce di tali considerazioni, sia la scelta di tali indicatori sia il criterio metodologico possono dipendere dagli obiettivi dell’indagine e dalle caratteristiche farmacocinetiche delle molecole sotto osservazione. Attualmente, la mancanza di una definizione uniforme, nonché di un criterio standard di valu- tazione metodologica delle stime di aderenza e persistenza, rende piuttosto complesso confron- tare i dati di letteratura e considerare tali misure nelle valutazioni di costo-efficacia delle diverse terapie farmacologiche [13]. Recentemente è stata condotta una revisione sistematica della letteratura volta a descrivere tutte le tecniche utilizzate dai ricercatori per stimare l’aderenza e la persistenza alla terapia, attraverso l’analisi di dati di prescrizione provenienti da banche dati elettroniche [14]. Su 136 articoli selezio- nati, 77 (57%) hanno riportato come misura di aderenza il rapporto tra i giorni di esposizione a un trattamento (a partire dalla data della prima prescrizione fino alla fine del follow up) e uno specifico intervallo temporale (es. un anno). Di questi, 21 studi utilizzavano il termine Medica- tion Possession Ratio (MPR), mentre altri 54 utilizzavano 9 differenti definizioni correlate all’MPR. Altri 58 studi hanno valutato la per- sistenza a un trattamento a partire dalla prima prescrizione in un dato follow up, con un’ampia variabilità nella definizione del gap (range va- riabile da 7 a 180 giorni con un valore mediano di 30 giorni). FATTORI PREDISPONENTI Il paziente, il medico e l’organizzazione del sistema sanitario rappresentano i tre distin- ti livelli che interagiscono tra loro e nei quali è possibile ritrovare i motivi che ostacolano il raggiungimento di un’aderenza ottimale (Fi- gura 2). Il principale ostacolo è certamente rappre- sentato dalle attitudini del paziente, dalle sue caratteristiche demografiche e cliniche e dalla tipologia di farmaci che esso assume. In rispo- sta a un questionario che richiedeva le ragioni per cui il paziente non assumeva i farmaci pre- scritti, il 30% ha risposto che l’aveva dimen- ticato, 16% che aveva altre priorità, l’11% per una decisione personale di ridurre il dosaggio, il 9% per mancanza di informazione sui benefici della terapia, il 34% per altre motivazioni [15]. Si rende pertanto necessaria una focalizzazio- ne sul paziente come primo passo necessario per implementare strategie di miglioramento dell’aderenza. Tra i fattori demografici, l’età (> 65 anni), il sesso femminile e un basso livello socio-eco- nomico sono stati consistentemente associati a una scarsa aderenza, sebbene molto spesso la direzione dell’associazione (in particolare per l’età) mostra risultati discordanti [3,16]. Per ciò che riguarda le caratteristiche dei farmaci assunti, lo schema posologico e il profilo di tollerabilità sono i fattori predisponenti che in- fluenzano maggiormente l’aderenza terapeutica [17,18]. In una revisione sistematica della lette- ratura di 76 studi clinici gli Autori hanno infatti osservato una relazione inversa tra l’aderenza e la frequenza di assunzioni giornaliere, con una stima dell’80% per i pazienti che assumevano il farmaco una sola volta al giorno e del 50% per i pazienti con uno schema posologico di quattro assunzioni giornaliere [19]. Il medico rappresenta il secondo elemen- to del sistema e ha un ruolo determinante nel produrre effetti positivi sul paziente. Da un lato, l’uso di piani terapeutici troppo com- plessi, l’incapacità di spiegare gli effetti be- nefici dei vari farmaci in rapporto ai possibili effetti avversi, in particolare nel trattamento di patologie asintomatiche, e una scarsa con- siderazione dello stile di vita del proprio pa- ziente sono fattori che sembrano influenzare l’aderenza [1,3]. Dall’altra parte, i pazienti comunemente aumentano la propria aderenza in prossimità della visita negli ambulatori dei medici e nei 30 giorni successivi, a conferma dell’influenza dei medici come elemento di rinforzo di un comportamento appropriato da parte del paziente [20]. Infine, esistono diverse ricerche che attribu- iscono all’organizzazione del sistema sanitario e dei percorsi di cura del paziente un ruolo fon- damentale nel miglioramento del comportamen- to terapeutico del paziente. Un recente studio ha dimostrato che l’attitudine del medico (e di Figura 2 Determinanti della non aderenza e fattori di interazione 12 © SEEd Tutti i diritti riservati Farmeconomia e percorsi terapeutici 2011;12(Suppl 2) Aderenza e persistenza: due elementi chiave per la determinazione dell’efficacia terapeutica in usual care conseguenza del paziente) ad aderire alle linee guida aumenta tra i medici che utilizzano stru- menti di supporto informatico e tra i medici che aderiscono a modelli organizzativi complessi (es. medicina di gruppo, unità di cure primarie) [21]. Inoltre è stato chiaramente dimostrato che esistono alcuni elementi organizzativi che ridu- cono la performance del medico e del paziente nell’adesione a un determinato regime terapeu- tico. Esse includono: il carico di lavoro da parte del medico; - l’assenza di coordinamento dei percorsi di - cura tra i vari operatori sanitari che si pren- dono in carico un paziente affetto da pato- logie croniche; la mancanza di un monitoraggio attivo dei - pazienti; l’inadeguato addestramento dei pazienti a - gestire la propria patologia [22,23]. CONCLuSIONI La bassa aderenza alla terapia cronica ap- pare un problema rilevante di sanità pubblica e contribuisce in maniera sostanziale al peggio- ramento delle condizioni cliniche dei pazienti e all’aumento conseguente dei costi del sistema sanitario. L’obiettivo per i medici è da una parte il riconoscimento di questo elemento come un problema sanitario di rilievo e, dall’altra parte, l’individuazione degli strumenti più efficaci per migliorare l’aderenza. In questo senso, la sem- plificazione dei regimi terapeutici, l’utilizzo di strumenti tecnologici per il monitoraggio attivo e la riorganizzazione del sistema sanitario che permetta ai medici un approccio pro-attivo nei confronti dei propri pazienti sembrano essere gli strumenti più efficaci. È pertanto necessa- rio un approccio più collaborativo non soltanto tra il medico e il paziente, ma anche tra tutti gli operatori sanitari coinvolti a diversi livelli nella cura dei pazienti. BIBLIOgRAFIA Osterberg l, Blaschke T. Adherence to medication. 1. N Engl J Med 2005; 353: 487-97 Haynes RB, McDonald HP, Garg AX. Helping patients follow prescribed treatment: clinical applications. 2. JAMA 2002; 288: 2880-3 Mazzaglia G, Mantovani LG, Sturkenboom MC, Filippi A, Trifirò G, Cricelli C et al. Patterns of persistence with 3. antihypertensive medications in newly diagnosed hypertensive patients in Italy: a retrospective cohort study in primary care. 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